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vatta di seta nera discompostamente messa intorno al eolio; una veste da camera che tutta covriva l’alta persona, indicavano abbastanza la straordinaria lotta di pensieri alla quale testé era stato in preda.
Entrando il marchese, Beatrice avea chiuso il quaderno del suo giornale, ed avea salutato il padre con graziosità. S’intende già che con quel tatto morale così maraviglioso, onde i ciechi indovinano l’individuo che entra nelle loro camere, Beatrice non Scambiava mai il padre pel cav. Amedeo, o Geltrude per la cameriera.
— Buon giorno, figlia mia.
— Sei commosso, papà! sciamò la fanciulla, e il suo volto si alzò verso di lui, quasi avesse voluto guardarlo in viso.
— Sì, figlia mia, tel confesso... non intendo dissimularti lo stato della mia anima...
— E che avvenne, mio Dio!
La giovinetta imbiancò in volto, e restò in quella posizione immobile e quasi stupida, in cui sogliono restare i ciechi ne’ momenti in cui la loro anima è più in movimento.
Il marchese intanto avea chiusa la bussola della camera, ed era venuto a sedersi dappresso alla figliuola.
— Ascoltami, figlia mia... Quello che debbo dirti, e che in questo momento cotanto mi agita, è tal cosa che dovrà decidere del destino dell’intera tua vita.
— Parlate, padre mio, sono tranquilla e rassegnata alla volontà vostra che è pur quella di Dio.