La chioma di Berenice (1803)/Coma Berenices/Versi 49-52
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Et qui principio sub terra quaerere venas
Institit, ac ferri fingere duritiem. 50
Abjunctae paullo ante comae mea fata sorores
Lugebant, quum se Memnonis Æthiopis 52
varianti.
Verso 50. Tutti frangere. Santeno infringere. Mss. Ambrosiani Y fringere, A fingere, lezione restituita dal Vossio ed ormai la volgata. — Verso 51. Scaligero e Vossio abruptae per abjunctae; ma il Vossio nelle note torna alla nostra.
note
Institit. Attese studiosamente. D’onde viene agli italiani la frase istituto della vita. Di questo verbo molti esempj reca il Volpi, e più l’interprete di Livio Drackenbork lib. xxx cap. 12.
Fingere. Foggiare, dar forma.
Duritiem ferri. Per duro ferro. Lucrezio lib. 11. 493.Conlabefactus rigor auri solvitur aestu,
Tum glacies aeris fiamma devicta liquescit. Volpi. —
Così in tutta l’Odissea μένος Ἀλκινόιο invece di Alcinoo possente: maniera frequente ne’ libri ebrei. Anche Pindaro ode pitica ii verso 22 σθένος ἵππειον, ove dice che Mercurio giunge al cocchio la forza equina anziché dire i forti cavalli.
Abjunctæ comæ. Discompagnate. Le chiome meno cospicue non vennero sacrificate da Berenice.
Paullo Ante. Il che mostra che la chioma fu rapita dal tempio poco dopo che fu recisa; forse nella notte di quel medesimo giorno.
Sorores. Ovidio chiama fratelli i libri da lui scritti. Stazio. — Questa espressione è affettuosa e fa più verisimile il lutto delle chiome. Così Virgilio citato da tutti i commentatori in questi celebri versi delle georgiche iii verso 517.
— It tristis arator
Mocrentem abjungens fraterna morte juvencum etc.
E gli affettuosi versi che sieguono sono tolti di peso da Lucrezio lib. ii verso 355 e seguenti, i quali io ti prego , o lettore, e per l’amor mio e per l’amor tuo di rileggere. — Anche Plauto nel Cartaginese att. i, scen. 3 chiama sorelle le mani, il che gli venne da Euripide, Oreste verso 222, o piuttosto da qualche proverbio a me ignoto degli antichi. Il Pope imitò questo pensiero, Canto iv.
Pendean vezzosamente i cari ricci
E bellezza accresceano al bianco collo.
Or solitario l’altro riccio siede
E nel destin del suo compagno amato
Prevede il proprio; e rabuffato chiede
La forbice fatal.
Ma il poeta greco sopprimendo le idee intermedie fa più profondo e passionato il concetto, il che, pel genere del poema, non si concedeva forse all’inglese.
Memnonis æthiopis. Congiungi questo pentametro al seguente distico: eccoti l’ordine. Quum unigena Memnonis Æthiopis, equus ales Arsinoes Locridos, impellens aera pennis nutantibus obtulit se. — Mennone fu figliuolo di Titone re di Etiopia o di alcuna altra regione orientale, fa confederato de’ trojani, ed ucciso da Achille. Vedeasi la sua sepoltura nell’antica Troade presso la foce del fiume Esepo onde quella terra si chiamava Meunonia. Questa storia fu poi convertita in favola, e traslata dalla terra al cielo. Sapeano poco gli antichi greci del sito e de’ costumi dell’Etiopia, e n’è prova quel passo dell’Iliade lib. i verso 423 ove si dice che Giove andava a celebrare conviti per dodici giorni presso gli Etiopi. D’onde venne che il Mennone de’ trojani fu poi da’ poeti-teologi e storici fatto figliuolo dell’Aurora perchè la vedeano uscir d’oriente; o piuttosto perché Mennone morì prematuro, dopo avere promesse grandi speranze di se. Perciò la madre, e gli augelli nati dalle faville del suo rogo lo piangeano sul mattino dall’oriente, e tutti gli anni radunavansi a sacrificargli lutto sul suo sepolcro (Mosco Idil. iii verso 42. Ovid, metam. xiii. 576 e seg.). La gioventù caduta nel fiore della sua fama si procaccia più agevolmente commiserazione, perchè non dà campo alla sazietà ed alla invidia degli uomini. Ma fors’anche Mennone derivante dalla parola μέμνω aspettar coraggiosamente oppure da μνήμον memore poiché i mortali ristorati dalle cure e dalle fatiche col sonno si ridestano con più serenità di mente. Onde come l’Aurora ebbe Mennone per figliuolo, ebbe anche per marito Titone re di una nazione d’oriente allora poco conosciuta. Tacito annali lib. ii cap. 16. Germanicus aliis quoque miraculis intendit animum quorum praecipua fuere Memnonis saxea effigies, ubi radiis solis icta est vocale sonum reddens. Della quale statua saprai nella considerazione viii ove si tratta più a fondo di Mennone.