L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie/Nota/II. Carteggio
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II
CARTEGGIO
I. — Carteggio. — Delle lettere del Vico o al Vico, dopo che qualcuna ne era stata pubblicata sparsamente, la prima raccolta è quella contenuta nel secondo volume degli Opuscoli editi dal Villarosa (Napoli, 1818) e riedita dal Corda, la quale, diversamente ordinata o disordinata, passò poi nel sesto volume della prima edizione ferrariana delle Opere (1836) e in quelle che ne derivano (lovene, Ferrari II, Pomodoro). Posteriormente all’edizione Villarosa, videro la luce, qua e lá, altre lettere, delle quali (tranne d’una restata sconosciuta fino al 1914) e di parecchie altre inedite fu fatta nel 1904 una seconda raccolta da Benedetto Croce (. Bibliografia vichiana , pp. 95-109). E questa raccolta del Croce e l’altra del Villarosa furono fuse nella prima edizione del presente volume ( 1 9 1 1 ), nella quale, mercé l’aggiunta d’altre sette lettere pubblicate dal Vico stesso in calce al De constantia iurisprudentis , d’un abbozzo di lettera e di due suppliche giá edite, e di altre tre lettere al Vico o intorno al Vico ancora inedite, trovò posto, in ordine cronologico, quanto fino allora si era rinvenuto del carteggio vichiano.
Non molto abbondanti le scoperte posteriori: due lettere ai Crescimbeni (vi e vii), di cui una, inedita, rinvenuta e pubblicata dal Donati (1921); l’altra, pubblicata giá in un opuscolo e ripubblicata dal Croce (1914); — due, inedite, al Magliabechi (1 e 11), rinvenute dal Nicolini e pubblicate parimente dal Croce (1918); — un frammento d’una lettera ad Alfonso Crivelli (lxxxviu) edito fin dal 1703 dal Gioitila e ripubblicato altresí dal Croce (1918); due, infine, inedite, al Ledere (xxxiv e xxxvi), rinvenute ad Amsterdam dal Baldensperger, e pubblicate e illustrate dal Nicolini (1929). Inoltre il Donati, avendo ritrovato nell’Estense di Modena l’autografo, che si riteneva disperso, della lettera xxxv, ne ha data (1921) un’edizione diplomatica, ben diversa dal testo, assai alterato, che se ne trova nell’edizione Villarosa (e, non per nostra colpa, nella prima nostra) U); e lo Schlosser ha rinvenuta nella Nazionale di Vienna, e
(1) Ecco un saggio degli arbitri o errori delPedizioue Villarosa, che il testo DoG. B. Vico, Opere - v. 25
ci ha cortesemente comunicata, la stesura definitiva della lettera xxrii, nota finora soltanto attraverso la minuta, pubblicata primamente dal Villarosa e poi da noi. Di siffatti trovamenti abbiamo tenuto conto in questa nuova edizione, la quale, riveduta ancora una volta e pel testo e per l’ordinamento, comprende ormai ottantasette lettere (a prescindere dalle tredici intercalate o citate ne\Y Autobiografia), due frammenti e un biglietto, cioè, in unum, trentasei numeri in piu dei cinquantaquattro della vecchia edizione del Villarosa.
Circa il testo, basterá dire che esso è stato coliazionato sugli autografi o apografi, se conservati, o, in mancanza, sulle prime stampe, giusta il seguente elenco:
I. — Dagli autografi o apografi del fondo Villarosa (Biblioteca Nazionale di Napoli): vili, x, xi, xiv, xvm, xix, xx, xxi, xxn, xxv, xxvi, xxix,
XXX, XXXI, XXXII, XXXVIII, XXXIX, XLIII, X LI V, X L V, XLVII, XLVIII, L, LI, LII, LVI, LVI1I, LIX, LX, LXI, LXIJ, LXIII, LXV, LXVII, LXVIII, LXIX, LXXI, LXXII, LXXIV, LXXVI, LXXVIII, LXXXI, LXXXIIII, LXXXV, XC.
II. — Dagli autografi o apografi sparsi: i e n (Nazionale Centrale di Firenze); vi (Archivio del conte Gilberto Borromeo di Vitaliano, in Mi nati ci ha dato modo di correggere in questa seconda nostra: pres. ediz. «la consaputa opera de’ Principi dell’umanitá», ediz. Vili, «la consaputa opera»; — pres. ediz. «quanta mai ne potrebbe», Vili. «quanto ne potrebbe»; — pres. ediz. «l’oppenione di averla io mandata al diserto», Vili. «l’opinione ch’io l’abbia mandata», ecc.; — pres. ediz. «legger paragrafi», nel significato tecnico di «far lezione su paragrafi di leggi»; Vili. «trattar paragrafi»; pres. ediz. «sembra tutta rigor di giustizia», Vili. «sembra tutta severa giustizia»; — pres. ediz. «nii piace stimarlo vero»; Vili, «mi piacerebbe che fosse vero»; — pres. ediz. «non giá uomini recitatori de’ libri altrui; non quei che marciscono le notti nella venere o ’l vino; o sono agitati da infeste meditazioni», che sono, come si vede, tre categorie diverse di persone, ma che nell’ediz. Vili., divengono, con grave offesa al senso e al buon senso, una sola: «non giá uomini recitatori de’ libri altrui, che marciscono le notti nella venere e ’l vino o in infeste meditazioni sono agitati»; — pres. ediz. «scannare l’altrui credito. benché tra le tenebre», Vili. «scannare il di loro credito, ma tra le tenebre»; pres. ediz. «questo mio forse ultimo, ma certamente piú di tutti tenero parto», Vili- «questo mio ultimo e piú di tutti tenero parto»; — pres. ediz. «Napoli, 25 ottobre 1725»; Vili. «Napoli, 25 novembre 1725». E un’altra ventina di quisquilie. Forse di questi errori o correzioni in peggio è responsabile non il Villarosa, ma il Cassitto, dal quale pare che il Villarosa avesse copia delle lettere al Giacco, e che a ogni modo, ebbe tra le mani le carte del Giacco, facendole poi andare disperse. Ma appunto perciò noi restiamo assai esitanti di fronte al testo di quelle, fra le cosi importanti lettere del V. al suo amico cappuccino, delle quali si sono perduti gli originali; per quanto, d’altra parte, ci siamo ben guardati dal mettere in esse le mani, per timore di non guastarle peggio.
lano); xxm (Nazionale di Vienna, e copia diplomatica nella Collectio viciana del Croce); xxiv e xxxvi (carte Ledere ad Amsterdam); xxvm (Universitaria di Bologna); xxxv, lvi (Estense di Modena); xxxill ( Collectio del Croce); xxxiv (presso la famiglia Esperti di Barletta); xxxvil (Corsiniana di Roma); xlv, xlix e lxxxix (Nazionale di Napoli); lxv e lx xxxill (Archivio di Stato di Napoli); lxx (presso il barone Gennaro Serena di Roma).
III. — Dalle prime stampe sparse: V, ix, x, xii, xv, XVI, xvil (edizione originale del De constantia iurisprudentis)\ vii (ristampa del Croce nella rivista La Critica)-, xli (rivista napoletana intitolata Scelta miscellanea, anno 1783); xlii (opuscolo pubblicato da Francesco] S[averio] E[sperti], s.l.a., ma Napoli, 1787 circa); lxxx ( Orazione di Giuseppe Pasquale Cirillo, ecc., citata a p. 294), lxxxviii ( Elogi del Gimma).
IV. — Dall’edizione Villarosa: in, iv, xm, xxvn, xl, lui, i.iv, lxxiii, LXXV, LXXVII, LXXIX, LXXXII, LXXXVI, LXXXVII.
V. — Mercé una ricostruzione su varie fonti (cfr. p. 291), essendosene smarrito il testo: lxiv.
Codesta revisione ci rese possibile, fin dal 1911, non solo di restituire molte parole e forme sintattiche del Vico e dei suoi corrispondenti, ammodernate o fraintese dai precedenti editori (p. es., p. 197, I. 19 «aventino», plurale participiale, mutato in «aventi o no»); non solo di supplire qualche frase o periodo o brano tralasciato per incuria o altra cagione; ma anche di correggere parecchi errori che tradivano affatto il senso. E qualcuno, perpetuato per disattenzione nella nostra prima edizione, è stato ora emendato in questa (p. es., p. 186, 11 . 27-8 «Quando Vostra Signoria... il primo di ottobre... sará in Roma ritornata» corretto, poiché la lettera è del 18’ ottobre 1725, in «il primo di decembre (Xbre)» ; — p. 215, 1 . 30 «inutili i prezzi» corretto, come vuole il senso, in «inviliti i prezzi», ecc.
Avvertiamo inoltre che per la lettera xlv, diffusa manoscritta dal Vico medesimo e della quale restano, entrambe erronee, due copie, esemplate rispettivamente da Gennaro Vico e da Francesco Daniele su due diverse redazioni provenienti dal Vico medesimo, ci siamo attenuti alla prima, che dalla maggiore cura dello stile ci è parsa piú vicina all’ultima volontá dell’autore, pure ricorrendo alla seconda per una variante, e cioè per il «Cardinal Del Bosco», giacché del Dubois, morto nel 1722, e non, come scrive Gennaro per una cattiva lettura di «de Boá», del «Cardinal di Rohan», morto nel 1749, voleva discorrere indubbiamente il Vico. E quanto poi alla lettera lv, s’è seguito l’autografo vichiano, sebbene essa
fosse stampata nel 1736, vivente il Vico, innanzi al libro del Russo, con lievi varianti provenienti forse dallo stesso Vico.
Ma se, nel render conto di tutto ciò, abbiamo creduto poter procedere per semplici accenni o esempi, reputiamo invece necessario entrare in maggiori particolari circa i mutamenti o supplementi introdotti, tanto nella prima edizione quanto ancora piú in questa, nelle date e negli indirizzi delle lettere che seguono.
VI. — Anepigrafa e senza data. Il Donati (Autografi vichiani cit., p. 77) supplí senz’altro «Napoli, 5 luglio 1710», data d’una lettera del Maioli d’Avitabile al Crescimbeni (presente volume, p. 299), in cui questa del Vico è preannunziata. Ma, poiché il Maioli dice «il sig. Vico... questa sera o l’entrante [settimana] vi scriverá», la lettera potrebbe essere anche del 12 luglio.
XXIII. — Senza data. Ma la lettera accompagnava un esemplare del De uno e del De constantia (settembre 1721) tutto gremito di postille marginali del Vico, il quale, d’altra parte, ricorda nelle Noíae al Diritto universale (giugno 1722) che le «Notae asterisco signatae adscriptae sunt margini codicis qui nunc est in Bibíiolheca serenissimi Eugenii Sabaudiae principisi- Dunque, la lettera è della fine del 1721 o dei primi mesi del ’22.
XXVIII. — Anepigrafa. Ma che sia diretta al Monti si ricava dalle prime righe della lettera xxxvn.
XXIX. — Senza data. S’è accettata quella proposta dal Gentile {Studi vichi ani 2 , p. 214 sgg.).
XXX. — Anche per questa, seguendo il Gentile (1. c.), la data s’è mutata, da «26 deceinbre 1725» stile comune, in «26 decembre 1725 ab Jncarnatione», cioè 1724.
XXXI. — Nell’originale ha la data del 1726: anno che anche qui è da computare ab Jncarnatione, e che perciò è stato corretto in 1725 (cfr. Gentile, 1. c.).
XXXII. — Anepigrafa. Ma che destinatario sia l’Esperti appare dall ’Autobiografia, pp. 62 e 67.
XXXIII. — Nella nostra prima edizione recava la data del 18 novembre 1725. Ma l’autografo, che abbiamo rivisto con la maggiore attenzione, ha chiarissimamente «8bre». E «18 ottobre 1725» riscrisse a sua volta sul dorso Celestino Galiani. Né, tenendo conto che fin dai primi dell’ottobre 1725 il Vico cominciò a ricevere dal tipografo g’i esemplari della Scienza nuova prima (la licenza del Collaterale è del 3 ottobre), ci sembra necessario congetturare che il Vico scrivesse distrattamente «ottobre» invece di «novembre».
XXXV. — Pubblicata dai precedenti editori e nella nostra prima edizione con la data dei 25 novembre 1725, che il Donati (Autografi cit.,
pp. 149-51), ha corretta, secondo l’autografo, in «25 ottobre 1725» (cfr. quassú a proposito della lettera xxxm).
XXXVIX. — La data del 1725 stile comune, ora accettata anche dal Gentile (Studi vichiani, p. 217, n. 1 . ), che precedentemente aveva opinato pel 1725 ab Incarnatione, è tanto piú sicura in quanto la lettera è scritta sullo stesso foglio contenente quella del Corsini dell’8 decembre 1725 coi ringraziamenti per l’esemplare ricevuto della Scienza nuova prima. Evidentemente, il Vico, serbando tra le sue carte l’abbozzo d’una precedente lettera ufficiosa non inviata (xxix), si valse l’anno dopo di alcune frasi di essa.
XLI. — La data è della prima stampa.
XLII. — Senza data; ma che sia responsiva a una lettera di augúri pel Natale appare dalle prime parole, e che codesto Natale sia quello del 1725, dal fatto che si discorre della Scienza nuova prima come d’un libro pubblicato di recente.
XLVI. — Senza data nella minuta autografa. Il Villarosa segna quella del 20 febbraio 1726; con che pone congetturalmente la lettera a un mese di distanza dall’altra a cui essa risponde. Ma pare difficile che il Vico, rispondendo a un cardinale, e per cosa che gli stava cosi a cuore, lasciasse correre tanto tempo.
XLIX. — Di quest’ importantissima lettera è andata dispersa cosi la minuta come la grossa. Bensí nel cod. vichiano della Nazionale di Napoli segnato XIII. H. 59 un foglietto intercalato, scritto da mano aliena, dice: «Acchiudo qui una copia di una lettera del sig. Giambattista Vico, tale quale 1’ I10 trovata»; copia rilegata nel medesimo codice e da cui appare che destinatario della presente lettera è un «signor don Francesco», senza indicazione di cognome. II Giordano, che la pubblicò pel primo, indi il Villarosa e i posteriori editori, e anche noi nella nostra prima edizione, la credemmo concordemente diretta a Francesco Solla, che il Villarosa (Opuscoli del Vico, II, 363) afferma nato a Montella in anno incerto, avvocato per qualche tempo a Napoli, ove avrebbe contratta dimestichezza col Vico, ritiratosi indi a Montella, ove il Vico gli avrebbe indirizzata la presente lettera, e finalmente, stanco dalle persecuzioni d’un potente del suo paese, trasferitosi a Roma, ove avrebbe scritta (la fece scrivere invece da un suo fratello chiamato Nicola) una vita del Vico, che, come ha mostrato il Croce ( Bibliografia , pp. 45-6), è quella che, con l’errata attribuzione a un inesistente «Nicola Sala», fu pubblicata nel Giornale arcadico del 1830. Senonché ora, meglio riflettendo, ci siamo convinti che il «signor don Francesco», a cui scriveva il Vico, non è giá Francesco Solla, ma Francesco Saverio Estevan, mittente, a sua volta, delle lettere xlviii e l e d’una terza intermedia, ora smarrita. E invero: a) II Vico rimprovera al destinatario di stimare l’orazione per la Cimmino la migliore delle opere vicinane, «di che — soggiunge — io avevo certamente oppenione affatto con
traria»; e l’Estevan nella lett. l non fa se non deplorare che le sue ingenue lodi di quell’orazione avessero potuto far credere al Vico ch’egli presumesse diroccare la «tanto ben fondata vostra opinione». b) Il Vico afferma di non essersi voluto informare del giudizio dei dotti sull’anzidetta orazione, perché «persuaso che ne dovessero giudicare come d’un’operucciuola fatta per passatempo»; e 1’ «operucciola ch’altri giudicarebbe da passatempo» ritorna nella seconda lettera dell’Estevan (l). c) Il Vico scrive che s’era sparlato tanto della Scienza nuova perché «’l comune degli uomini è tutto memoria e fantasia»; e l’Estevan, nell’accennare ai detrattori della Scienza nuova, parla anche lui «di quel che voi dite ’raccordarsi 5 e ’fantasia 5». Pertanto, senza continuare in altri raffronti che il lettore può facilmente compiere da sé, resta assodato che il Vico, nel lodare, com’egli scrive, «codesta vostra solitudine», intendeva alludere, non giá, come pensò il Villarosa a Montella, patria del Solla, ma al villaggio di Cicciano presso Caserta, ove il napoletano Estevan s’era ritirato per motivi di salute (lett. XLVIil).
LII. — Che la lettera fosse scritta nel 1729 appare dal fatto che in quell’anno il padre Michelangelo predicò a Napoli la quaresima; che da Reggio, dalle parole «giunto appena in patria»; che dopo il 18 giugno, dalle altre «a 18 giugno giunsi in Modena».
LIV. — Come senza data e di tempo incerto, la si è collocata in coda alle altre che restano del carteggio tra il Vico e il Giacco.
LV. — Il Villarosa adottò la data del 7 maggio 1735, eh’ è quella della redazione, lievemente modificata, pubblicata nel 1736 nell’opera del Russo (cfr. pp. 287 e 289). Noi abbiam creduto restare piú fedeli alla veritá storica serbando la data della minuta autografa.
LVIII-IX. — Nell’edizione Villarosa e nelle seguenti hanno (certamente per errore materiale del Villarosa) la data del 1734; ma negli autografi si legge quella, adottata da noi, del 1732.
LXI. — Senza data, ma posteriore, certamente, di qualche giorno appena alla lettera lx.
LXII. — Che la lettera fosse scritta da Napoli, mostra il testo medesimo confrontato con quello della lettera lxix; che nel 1733, la lettera lxiii; e che nella quaresima, il fatto che il padre Daniele Concilia, quaresimalista famoso, non poteva trovarsi a Napoli se non per predicarla.
LXIV. — Che questa supplica sia anteriore di pochi giorni al 5 luglio 1734 (non possono essere molti per ragioni storiche fin troppo ovvie) risulta dal parere che su di essa die’ in quel giorno monsignor Celestino Galiani (cfr. p. 305).
LXVIII. — Anche questa volta il Villarosa segna, per errore materiale, la data del 1739 invece di quella del 1734, recata dall’autografo.
LXXVI. — Poiché la lettera risponde indubbiamente a quella del Gaeta del 28 settembre 1737 ed è a sua volta quella a cui il Gaeta ri
sponde il 5 ottobre, non le si può assegnare altra data che quella del t» o 2 ottobre, sebbene sembri inverisimile che, con le strade e coi mezzi di comunicazione di allora (e coi briganti!), bastassero soli otto giorni (28 settembre-5 ottobre) per inviare una lettera da Bari a Napoli e ricevere la risposta. Ma quel vanitoso del Gaeta, ch’era anche ricco, avrá potuto servirsi magari d’un corriere speciale.
LXXVIII. — La lettera, responsiva a quella del Gaeta del 5 ottobre 1737, suscitò la replica del Gaeta del 25: donde la data approssimativa del 15ottobre 1757.
LXXX-XXXI. — Per la data si tenga presente che il matrimonio di Carlo di Borbone ebbe luogo nel maggio 1738. Che la lettera lxxxi, anche anepigrafa e non firmata, fosse diretta dalla D’Erce al Cirillo è stato mostrato a p. 294.
LXXXIII-IV. — Per le date cfr. Gentile, Sludi vichi ani, pp. 228-33 e presente voi., pp. 306-7.
LXXXV-VI. — La data dell’anno (sola che si possa supplire) è desunta da quella di pubblicazione del libro del Serao. Quasi certamente la risposta del Vico è dello stesso giorno delia proposta del Serao e venne consegnata allo stesso «mancipium», che gli aveva recata questa e i dolci.
II. — Appendici. — Ne)) a prima, comparsa giá ne Da nostra prima edizione e in questa seconda assai arricchita, s’è seguito lo stesso criterio adottato nelle Annotazioni soggiunte all’ Autobiografia. Nella seconda appendice, che compare ora per la prima volta, abbiamo voluto raccogliere, per brani tesritaJi o per riassunti, quanto si dice del Vico nei carteggi (anche ufficiali) di contemporanei di cui avevamo notizia. Circa le fonti messe a profitto nei dieci paragrafi ond’essa consta, vedere:
I. — Crock, in Ct ilica, XVII (1918), 155; Nicolini, Nuove ricerche cit., pp. 48-9.
II. — Donati, Autografi cit., pp. 87-102.
III. — Vico, Orazioni inaugurali ecc., ediz. Gentile-Nicolini, p. 287 (e cfr. pp. 239-41); Nicolini, Per una nuova ediz. dell’ Autobiografia cit., p. 235 sgg.
IV. — Carte vicinane giá appartenute alla famiglia Villarosa e ora nella Nazionale di Napoli.
V. — Archivio di Stato di Torino, Ministri a Napoli, marzo 7; Nicolini, G. B. Vico nella vita domestica, p. 17.
VI. — Croce, Bibliografia vichiana, p. 40; Critica, XVI, 295; Quarto supplemento, pp. 7-8.
VII. — Nicolini, Una visita di G. N. Bandiera a G. B. Vico cit.
Vili. — Croce, in Critica, XV (1917), 294-5.
IX. — Croce, Bibliografia mchiana, pp. 85-6; Gentile, Studi vichiarii, pp. 230-4; Scandone, op. cit. a p. 135 e relativa recensione del Nicolini; C. Galiani, Carteggio inedito, in Soc. nap. di st. pat., codice segnato XXXI. A. 3, f. 370; e, per la lettera del Montealegre al Galiani del 2 luglio 1735 (p. 305 sg.), sfuggita fin qui ai ricercatori, la copia che ne fece il V. stesso, serbata ora nella Nazionale di Napoli, tra le carte vicinane donate dalla famiglia Villarosa.
X. — Croce, Bibliografia vichiana , p. 41 sgg.; B. Tanucct , Lettere a F. Galiani, ediz. Nicolini, (Bari, Laterza, 1914), II, 21-2.