L'autobiografia, il carteggio e le poesie varie/Nota/I. Autobiorafia
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Non è il caso di narrare per filo e per segno la genesi delX Autobiografia, che il lettore può agevolmente ricostruire da sé da quanto se ne dice qua e lá nell ’Autobiografia stessa e nel Carteggio , e nelle nostre annotazioni a quei luoghi. Semplicemente per fissare qualche data, va messo in rilievo che un primo pezzo del manoscritto (fino al racconto della disavventura universitaria del 1723) fu inviato a Venezia prima del 23 giugno 1725, e che soltanto tre anni dopo (jo marzo 1728) il Vico spedi al Porcia un manoscritto supplementare, contenente:
a ) il brano finale della Vita propriamente detta (dalle parole «Ma non altronde si può intendere...»), relativo alla mancata stampa della Scienza nuova in forma negativa e alla conseguente composizione e pubblicazione della Scienza nuova prima, cioè ad avvenimenti posteriori all’invio del primo manoscritto;
b ) tutto o parte del Catalogo degli scritti, indicante anche la Scienza 7 iuova prima (ottobre 1725) e a dirittura l’orazione in morte della Cimmino (1727);
c ) un elenco piú o meno lungo di giunte e correzioni al pezzo spedito nel 1725: tra le prime delle quali fu, quasi certamente, il riassunto della prolusione intercalato alle pp. 13-5; e tra le seconde non fu, e sarebbe dovuta essere, la rettifica d’un piccolo particolare divenuto anacronistico, giacché nel 1728 non si poteva piú, come nel 1725, dire «or principe della Roccella» Vincenzo Carafa, morto, come il Vico ben conosceva, fin dall’aprile 1726.
Ignote le vicende della stampa, che, a giudicarne dalla scelleraggine dell’edizione, tanto deplorata dallo stesso Vico, venne affidata esclusivamente al tipografo, senza alcuna sorvegliane a letteraria; e ignota altresí la data precisa di pubblicazione, che fu forse il secondo semestre del 1728, fors ’anche il primo del 1729
(a Vienna, per lo meno, il volume giunse soltanto nel luglio 1729). Comunque, la data del 1728 reca il primo tomo della Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici di Angelo Calogerá (in Venezia, appresso Cristofaro Zane), ove, preceduto da una lettera del Calogerá ad Antonio Vallisnieri, piena di elogi pel Vico, si trova (pp. 143-256) la Vita di Giambattista Ileo scritta da se medesimo , con annesso Catalogo delle opere.
Si sono giá viste le trattative corse nel 1730 tra il Muratori e il Vico perché quest’ultimo inviasse al padre Bulgarelli un compendio della propria vita letteraria; e s’è anche accennato alla probabilitá che dalle insistenze del Muratori il filosofo fosse indotto a tornare sulla propria autobiografia. Come che andassero effettivamente le cose, alla morte di lui si trovarono fra le sue carte tre quaderni autografi, contenenti:
il primo, con numerazione (per fogli e non per pagine) da a 44, una copia a penna del testo Calogerá, corretto di tutti gli errori di stampa, e, come avverte il Vico medesimo nel secondo quaderno, «in alquanti luoghi migliorato e accresciuto»; luoghi che non si sa quali siano, perché quel primo quaderno, prestato poi da Gennaro Vico a un «uomo d’alto affare», che non lo restituí, è andato disperso;
il secondo, con numerazione da 45 a 56, la minuta d’un’aggiunta o supplemento (fino ai primi mesi del 1731) alla parte giá stampata;
il terzo (con numerazione che oggi non va oltre il numero Vili, ma che ai tempi del Villarosa conteneva qualche carta in piú, oggi dispersa), la traduzione italiana integra delle due recensioni del Ledere e (ciò che oggi manca) copia della lettera di ringraziamento del Vico: due documenti, che, come dice una postilla dell’autore, si sarebbero dovuti, nella bella copia del tutto, inserire al folio 38 tergo del primo quaderno disperso, ov’era un particolare segno di richiamo.
Il secondo e terzo quaderno superstiti (serbati giá, con le altre carte vichiane, in casa dei marchesi di Villarosa e, presentemente, nella Nazionale di Napoli, in apposita busta) non recano alcuna data di composizione. Ma che il secondo (l’aggiunta) fosse preparato nell’aprile o maggio 1731 (e il quaderno disperso, conseguentemente, poco prima) appare dal fatto che il Vico vi allude alla sua nipotina Candida, nata non prima del 5 aprile 1731, e vi afferma ancora «poche» le Correzioni, miglioramenti e aggiunte
terze alla seconda Scienza nuova , divenute per contrario moltissime, allorché, in calce al non piccolo manoscritto che le contiene, l’autore scrisse: «Terminato la vigilia di santo Agostino ( 27 agosto), mio particolare protettore, l’anno 1731».
O che il Vico inviasse effettivamente al Bulgarelli o al Muratori la bella copia del materiale ora descritto (nel qual caso, resterebbe un filo di speranza di ritrovarla un giorno o l’altro a Modena o a Urbino) o che (cosa pur possibile, quantunque poco spiegabile) non vi sia alcun nesso tra gl’inviti del Muratori e codesto rifacimento d n\\’ Autobiografia, certo è che a una degna riedizione dell’opera non si pensò se non, tra la fine del Settecento e i primi dell’Ottocento, da Francesco Daniele e Carlantonio De Rosa marchese di Villarosa. I quali, naturalmente, si rivolsero per nuovi materiali a Gennaro Vico, allora ancor vivo; ma, causa la dispersione giá ricordata, non poterono avere altro da lui che l’aggiunta e il quadernetto integrativo del primo pezzo. I! Daniele, che (con qualche ragione per taluni brani, a gran torto per altri, quali p. e., la dedica epigrafica al padre Lodovico e il capoverso finale) giudicava quella giunta assai infelice, avrebbe voluto che la si ponesse a profitto soltanto come una serie di appunti, che gli editori avrebbero dovuto rielaborare. Ma il Villarosa, che, morto il Daniele (14 novembre 1S12), restò solo a preparare quell’edizione, segui altro criterio. E, previe inutili ricerche del primissimo autografo (quello del 1725-8), fatte compiere a Venezia da Iacopo Morelli (1S16), ristampò prima di tutto il testo Calogerá, introducendovi correzioni tipografiche e non tipografiche non sempre felici, sostituendo al breve riassunto ivi dato delle recensioni del Ledere il testo integro di queste e la relativa lettera del Vico, e sopprimendo del tutto il Catalogo : indi pubblicò per intero, ma non senza illegittimi ritocchi di forma, la ricordata minuta dell’Aggiunta, alla quale fece seguire una sua continuazione della vita del Vico fino al tempo della morte, e sessantaquattro diffuse annotazioni, due delle quali (la xlvi e la lxiii), se non anche altre, erano state scritte dal Daniele.
Preceduta da tre ristampe materiali (1801, 1811 e 1816) e da una traduzione tedesca (1817), con note, di Guglielmo Ernesto Weber, del testo Calogerá, e seguita da un’altra ristampa materiale di questo (1821), l’edizione Villarosa, inserita nel primo volume degli Opuscoli del Vico (Napoli, xSiS), fini col divenire la Volgata. La ristamparono infatti, introducendovi sempre nuovi
errori, il Corda, che die’ anche una scelta delle note, e, senza note (o, meglio, con non piú di due o tre), il Predari, il Ferrari (tre volte), il Iovene, il Pomodoro, il D’Ancona, il Viazzi; e altre due volte essa vide la luce oltralpe in una traduzione o, meglio, rimaneggiamento francese del Michelet. Ma, troppo difettosa, arbitraria e invecchiata, non poteva essere riprodotta senza mutamenti fondamentali nella nostra riedizione, che, pubblicata primamente nel 19x1 in questa medesima collezione, e spesso ristampata materialmente in testi scolastici o a dirittura plagiata, ricompare ora la seconda volta con alcuni ritocchi e parecchie giunte.
I. — Vita scritta da se medesimo. — Siamo risaliti anche noi al testo Calogerá, il quale, scorretto che sia, è sempre il solo che derivi direttamente dal primo manoscritto del Vico. E abbiamo rifatto il lavoro di revisione tentato giá dal Villarosa. In alcuni casi le sue correzioni ci sono parse evidenti o accettabili: p. es., c corpo» in «corso» (10.2); «iocale» in «ideale» (11.19); «fisico» in «metafisico» (12.3); «avesse» in «avvezza» (13.15), che sará stato «avezza»; «rintraziato» in «rinunziato» (23.33), che sar ^ stato a sua volta «rinnonziato», «Nuovo mondo» in Nuovo Organo (32.10); «scrisse» in «scrivesse» (38.17); «esser tessuti» in «tessuti» (43.24); «discesa» in «distesa» (48-6); «Forvo» in «Torno» (48.29); «acconcio» in «accorcio» (49.19); «spoglio di tempo» in «spazio di tempo» (49.21); «lascio» in «Lazio» (5X-32); «Euclidi» in «Eraclidi» (52.7); «Erosio, Sceldeno e Pusandorfio» in «Grozio, Seldeno e Pufendorfio» (53.21); «maestá» in «maestra» (53.24), e simili. Ma molte altre volte le correzioni del Villarosa ci sono sembrate errate o inutili: p. es., «Geronimo Rocca» (9. 25), che si chiamava proprio cosi, trasformato in «Giambattista»; «con quanto guasto, con che cultura», mutato in «con quanto cattivo gusto, con che disordinata cultura» (13.30); «vuoto interspersovi» (16.11-2) in «vuoto interpostovi»; «ittico vi concorresse» (24.14) in «il Vico vi concorresse»; «impiego» (23.28) in «incarico»; «che poi ne diede alla luce» (36.22) — ed è evidente che si parla del Liber metaphysicus, pubblicato nel 1710 — in «che poi non diede alla luce»; «Nino dalla monarchia» (50.21) in «Nino fondatore della monarchia»; e cosi continuando; per non elencare taluni errori materiali commessi dall’amanuense o dal tipografo del Villarosa. Superflua, anzi arbitraria, abbiamo stimata qualsiasi correzione linguistica o grafica; e, correggendo a nostra volta il Villarosa, che le ammodernò e corresse sempre, abbiamo costan
temente restituite certe forme antiquate, fiorentineggiami o insuete, assai care al Vico («arebbe * e simili; «priegò», «niegò», «ritruovò», «appruovò», «leggé»,e simili; «suppremo», «oppinione» o «oppenione», «diffendere» , «proccurare», «mattematica», «auttore» e simili; «dopoi» e simili, ecc.). Altre volte ci è parso che il Villarosa s’avvedesse dell’errore, ma non fosse felice nell’emendarlo; come, p. es., lá dove, a proposito della fisica epicuraica e delle parti ultime dei corpi (16.12), corresse «finse legi indivisibili» in «finse pezzi indivisibili», mentre con la semplice sostituzione d’una «s» a una «g» s’ha quella che è certamente la vera lezione: «finselesi indivisibili»; o dove (51.34) corresse «asiari» in «assiri», ch’era da correggere, invece, in «asiani», giacché Scoverta delle repubbliche eroiche uniformi tra ’ latini, greci ed asiani suona appunto il titolo del xxxiv capitolo del secondo libro della prima Scienza nuova. Analogamente (p. 7), c’è parso impossibile, come credè il Villarosa, che il tipografo veneziano leggesse ben quattro volte «il Maria» lá dove il Vico avrebbe scritto «il Gianattasio»: abbiamo creduto invece che il Vico, designato la prima volta quell’avvocato col nome e cognome («Nicolò Maria Gianattasio»), lo indicasse le quattro volte successive col semplice nome, preceduto due volte dall’articolo (anche parlando di sé dice piú d’una volta «il Giambattista»), e scrivesse abbreviativamente «il N. Maria*: da che la svista del tipografo, che, non comprendendo il valore di quella «N.» e sopprimendola, converti il povero Gianattasio in ermafrodito. Altre volte infine, malgrado la necessitá della correzione, il Villarosa lasciò inalterato il testo (e l’abbiamo perciò emendato noi): come p. es., «non tutti» in «ma tutti» (31.34); «teologia» in «filologia» (39.16); «filosofia» in «filologia» (41.16); «astronomia» in «geografia» (49,35-6) ecc. Noteremo ancora che per motivi di coesione sintattica, s’è qui, in pochi periodi, aggiunta o soppressa o lievemente mutata qualche parola: p. 3, 1. io «per gli cui molti», soppresso «cui»; p. 16, 1. 7 «niegando» corretto in «niegava»; p. 35, 1. 28 «e fondarvi», corretto e supplito «fu mosso a fondarvi»; p. 36, . 25, supplito «mostrò». Tuttavia è probabile che quei periodi senza verbo principale fossero congegnati proprio cosi dall’autore, nei cui scritti italiani se ne trovano di analoghi: sicché le nostre correzioni, in questi casi, potranno valere come semplici glosse di chiarimento, libero il lettore di non tenerne conto. Di altri minuscoli ritocchi, e particolarmente di parecchi supplementi o
soppressioni di particelle non diamo notizia, bastando il giá detto a fare intendere il metodo adottato in questa nostra edizione, che riproduce, insomma, il testo Calogerá, emandandolo soltanto ove la correzione è sicura o altamente probabile.
Per la parte relativa alle recensioni del Ledere, ci è parso preferibile attenerci alla breve redazione primitiva, quale si legge nel testo Calogerá, perché il sostituirvi, come fece il Villarosa, le recensioni per intero e le altre notizie fornite dal terzo quaderno, turba gravemente le proporzioni dell ’Autobiografia, e introduce un cuneo cosi sconcio tra il racconto della disavventura universitaria del 1723 e quello, strettamente connesso, della composizione della Scienza nuova in forma negativa , da rendere inintelligibile, a tanto grande distanza, il riattacco col primo capoverso della pagina 48. Nè, allo stato dei documenti, è sostenibile che siffatto turbamento di euritmia fosse pur voluto dal Vico, giacché, essendosi perduto il testo compiuto della nuova redazione, s’ignorano e il punto preciso dove le recensioni e il resto si sarebbero dovute intercalare, e i mutamenti o adattamenti introdotti dall’autore nel suo primo scritto per potervi inserire, senza troppo danno, una cosi lunga citazione. E se, in ultima analisi, la laudum immensa cupido, agendo da cattiva consigliera, avrá magari indotto il Vico a guastare quelle sue pagine, generalmente cosi rapide e dense, è sempre lecito a noi attenerci alla forma primitiva, dando in appendice, come s’è fatto, la posteriore e non opportuna giunta.
Ter ultimo, abbiamo riveduto sull’autografo la lettera del Ledere (pp. 42-3), aggiungendo in nota i brani omessi dal Vico; restituita (p. 15) una nota che era nell’edizione Calogerá e fu soppressa dal Villarosa; e riferita in nota la principale variante d’un brano (p. 17), che il Vico inserí’, qua e lá mutato, anche nelle ricordate Correzioni , miglioramenti e aggiunte terze alla Scienza nuova.
II. — Aggiunta dell’autore. — Invece di saldarla, come i precedenti editori, alla Vita propriamente detta, la abbiamo data a parte, a guisa di supplemento, come appunto la concepí il Vico. Il quale, a capo della minuta autografa, avverte: «Fin qui è scritta la Vita letteraria del Vico, che va nella Raccolta degli opuscoli eruditi del padre Calogerá, al tomo primo, stampato in Vinegia; la quale, ora di moltissimi e spesso gravi errori di stampa corretta e in alquanti luoghi migliorata ed accresciuta, supplirassi del rimanente». Naturalmente, abbiamo seguito col maggiore scrupolo
l’autografo, rifiutando tutte le correzioni, per lo piú di lingua, introdotte arbitrariamente dal Villarosa, e rispettando altresí qualche spagnolismo, che il Villarosa emendò e che non è facilmente intelligibile al lettore moderno; come (p. 59, 1. 4) «e privava appo ’l signor cardinale», che è il privar spagnuoto net significato di «essere in familiaritá» o «in favore». La collazione sull’autografo ci ha dato anche modo di leggere sotto le non rare cancellature piccoli ma notevoli brani, che abbiamo riferiti in nota. Le varie lettere inserite dal Vico nel testo sono state rivedute, sempre che si serbassero tra le carte vichiane, sugli originali: con che abbiamo potuto anche integrarle, riferendo in nota i brani omessi o dati dal Vico per semplice riassunto. Cosi del pari a p. 55, 11 . 10-1, ove, per momentanea amnesia, l’autore aveva lasciato uno spazio in bianco, s’è supplito «Amsterdam».
Ma l’innovazione principale, che compare per la prima volta in questa nostra seconda edizione, si riferisce alle pp. 63-74. Nella minuta autografa, dopo le parole «due scudi ed ancor di vantaggio* (p. 63, 1 . 12), il Vico, senza continuare nell’elaborazione letteraria, si contenta d’avvertire: «Qui, istoricamente, in terza persona e di tempo passato lontano, si rapporta (sic per «rapporti») ciò che si narra n e\Y Occasione di meditarsi quest’ opera, che va innanzi alla Scienza nuova della seconda impressione [/7J0], con queste cose che vi sí aggiungono o si trallasciano», e delle quali segue l’elenco. Codeste istruzioni furono eseguite dal Villarosa, e poi nuovamente, nella prima nostra edizione, da noi, che ricollazionammo, e non senza frutto, i brani sull’edizione originale del 1730, valendoci altresi di qualche correzione a penna introdotta dal Vico in due esemplari postillati dell’opera, posseduti dalla Nazionale di Napoli. Ma non ponemmo mente che sulla ricordata Occasione (soppressa nella redazione definitiva del 1744) il Vico tornò due volte: nelle Correzioni, miglioramenti e aggiunte terze, terminate, come s’è visto, qualche mese dopo la presente Aggiunta, e nelle Correzioni, miglioramenti e aggiunte quarte , preparate nel 1732 o ’33; e che in queste due redazioni i brani, che il Vico voleva rifusi nell’ Autobiografia, riappariscono arricchiti da giunte cosi belle e importanti, da potere, in certo senso, essere definite il testamento scientifico dell’autore della Scienza nuova. Prescinderne, dunque, sarebbe significato interpetrare le citate istruzioni del Vico nella lettera, non nello spirito, ch’era quello di dare, in questa Aggiunta, la storia compiuta della seconda
Scienza nuova : ragion per cui abbiamo preso a fondamento, non piú la breve redazione della Scienza nuova seconda , bensí quella piú ampia delle Correzioni quarte (l’ultima volontá dell’autore), non senza introdurvi quei piccoli ritocchi sintattici e adattamenti, consentiti, anzi prescritti, dal Vico medesimo.
III. — Aggiunta del Vi/ lanosa. — Fa parte di ogni edizione da\\’ Autobiografia, e non poteva mancare in questa nostra. Senza dubbio, oggi, quel racconto è non poco corroso dalla critica, che ne ha mostrate parecchie parti o incompiute o inesatte. Senonché, quasi tutto materiato, quale esso è, da quanto, tra la fine del Settecento e i principi dell’Ottocento, narravano sul Vico alcuni vecchi che, giovani, avevano vissuto della sua vita (il padre Gherardo degli Angeli, Gennaro Vico, Carlantonio De Rosa seniore e l’avvocato Donato Corbo), esso rappresenta sempre la tradizione orale o sia pure, in qualche parte, la leggenda vichiana. Una leggenda assai gentile e a volte poetica, che ha dato luogo a componimenti drammatici e pittorici, e di cui, a conti fatti, non era né lungo né difficile indicare a suo luogo (come abbiamo fatto nella sezione quinta) í punti non confermati o contradetti dai documenti. Pel testo, abbiamo seguita l’edizione del 1818, rivedendo, per altro, il biglietto del Montealegre su una copia di Francesco Daniele, esistente nella biblioteca della Societá napoletana di storia patria (codice segnato xxi, A, io), e le due iscrizioni (quella nella chiesa dei Gerolamini e l’altra apposta in Arcadia) sulle lapidi originali.
IV, r. — Cataloghi delle opere. — Il primo è stato riprodotto, naturalmente, sul testo Calogerá. Per l’altro, compilato dal Vico, a quanto sembra, fin dal luglio 1734, ma consegnato a monsignor Celestino Galiani, che lo allegò a una sua relazione ufficiale, non prima del luglio 1735, s’è tenuta presente una copia del Daniele, serbata nel codice sopra citato e pubblicata fin dal 1904 dal Croce.
IV, 2. — Traduzione delle recensioni del Ledere. — Prima di tutto, la versione italiana di queste recensioni (pubblicate nella Bibliothèque ancienne et moderne pour servir de suite aux Bibliothèques universelle et choisie par Jean Lk Clerc, tome XVIII pour l’année MDCCXXll, Partie seconde, A Amsterdam, chez les frères Wetstein, MDCCXXll, pp. 417-433) è essa opera del Vico? oppure egli s’avvalse d’una traduzione commessa a qualche amico? A credere al Vico medesimo, che si vantò sempre, e col maggiore compiacimento, di non aver voluto mai conoscere una parola
sola di francese, bisognerebbe aderire senz’altro alla seconda ipotesi. Ma, poiché quella sua ostentazione d’ignoranza sembra un’espressione immaginosa del suo aborrimento verso la mentalitá e cultura francese, non è da escludere che diretto traduttore delle recensioni fosse il Vico medesimo. E, in ogni caso, anche se egli si fece prestare qualche aiuto, sua è certamente la rielaborazione letteraria, giacché certe forme grafiche ( «auttore» e simili), certi arcaismi ( «continovo» e simili), certe parole tecniche (tra le altre, «conato», nel significato particolarissimo che il Vico dá alla voce), certi giri di frase e anche la frequente sostituzione di un unico periodo a largo respiro a quattro o cinque di quei periodetti francesi a lui tanto invisi, sono tutte tracce ben visibili del fare vichiano. Comunque, la traduzione è stata pubblicata da noi sull’autografo, non senza, tuttavia, riscontrarla sul testo francese: con che s’è constatato che, sebbene il Vico la esibisca come letteralissima, sovente essa non è tale, e che anzi il testo francese, pure essendo talvolta felicemente migliorato (sopra tutto dove il Ledere non aveva capito bene il pensiero del Vico), talaltra è stato frainteso, come, tra molte quisquilie che si sono tralasciate, appare, a suo luogo, dalle varianti soggiunte a piè di pagina. Avvertiamo per ultimo che, poiché, come s’è detto, il quaderno consacrato a queste recensioni manca oggi dell’ultimo pezzo contenente la lettera del Vico al Ledere con le poche parole di cornice (pp. 102-4), ci siamo valsi, per esso, della stampa del Villarosa, correggendo qualche errore evidente di quest’ultimo, come (p. 103, 11 . 1S-9) philosophiam in philologiam e (104, 21) oocfoug in aocpofs.
V. — Annotazioni. — Nella prima edizione del presente volume avevamo conservate, spesso abbreviandole, le note del Villarosa, arricchendole di tutte le altre notizie e documenti giá pubblicati dal Croce, sopra tutto nella Bibliografia vichiana (1904) e nei due Supplementi (1907 e 1911) comparsi fino a quel momento, e aggiungendovi i risultati di nuove e apposite indagini. Ma da allora a tutt’oggi (settembre 1929) è sorta, per dir cosi, una «filologia vichiana», che, quale argomento precipuo delle sue indagini, ha scelto la vita interiore ed esteriore del filosofo. Impossibile dunque lasciare inalterate le Notizie e documenti del 1911 e porle al corrente mercé giunte e correzioni, senza raddoppiarne o triplicarne la mole. Prendendole pertanto come punto di partenza, le abbiamo rifuse stringatissimamente coi risultati di tante ricerche nuove,
col fermo proposito dí non tralasciare nulla d’ importante, e pure non superare, o superare di pochissimo, il numero di pagine consacrate alla presente sezione nella prima edizione (0. Ci lusinghiamo d’essere riusciti nell’intento e d’avere, per tal modo, offerto al lettore una compiuta silloge di quanto altro si conosce finoggi sulla vita del Vico per documenti di archivio, per ragguagli scritti di contemporanei e anche per tradizioni orali trasmesse alle prossime generazioni.
(i) Siffatto lavoro è stato compiuto dal Nicolini, estensore altresi delle due ap pendici aggiunte al Carteggio, delle Notizie posse in fine delle Poesie varie, del rifacimento della presente Nota bibliografica e dell’indice dei nomi (Nota di B. Croce).