Jacopo III Mandelli, Conte di Maccagno, e le sue monete

Carlo Kunz

1864 Indice:Rivista italiana di numismatica 1896.djvu Rivista italiana di numismatica 1896 Jacopo III Mandelli, Conte di Maccagno, e le sue monete Intestazione 21 giugno 2018 75% Da definire

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OPERE NUMISMATICHE


di


CARLO KUNZ.

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OPERE NUMISMATICHE

di

CARLO KUNZ




Avvertimento.


Le opere numismatiche di Carlo Kunz, assai pregevoli e per la quantità di nuove monete italiane che illustrano e per le interessanti notizie che le accompagnano, videro la luce dal 1864 al 1882, parte in fascicoli separati e parte inseriti in Periodici varii, quali la Rivista della Numismatica antica e moderna di Asti, il Periodico di Numismatica e Sfragistica di Firenze, l’Archeografo triestino, il Bullettino di Numismatica italiana di Firenze ed altri. Tutti questi lavori, tirati a pochi esemplari, sono ormai divenuti rarissimi, e alcuni di essi affatto irreperibili, tanto che pochissime biblioteche pubbliche e private possono vantarsi di possederne la serie completa.

Nell’intento di riuscire utili agli studiosi ed ai raccoglitori, abbiamo quindi creduto opportuno di raccogliere quelle operette e ripubblicarle riunite in questa Rivista, in ordine cronologico, coi loro disegni e le loro tavole riprodotte dagli eccellenti disegni originali, eseguiti dallo stesso Kunz, e riteniamo che i nostri lettori ce ne sapranno grado1.

[p. 472 modifica]Per questa ristampa era necessaria l’autorizzazione del ch. prof. Alberto Puschi. direttore del Museo civico di Antichità di Trieste e dell’Archeografo triestino. Egli non solo ci accordava il chiesto consenso, ma ci usava la somma cortesia di procurarci alcune di quelle operette che mancavano alle nostre biblioteche. Ci sentiamo perciò in dovere di rendere pubblicamente all’egregio Signore le nostre più vive grazie.


La Direzione.               

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JACOPO III MANDELLI CONTE DI MACCAGNO


E LE SUE MONETE2




Sull’estremo limite occidentale della Lombardia, presso al confine della Svizzera, alle sponde del lago Verbano giustamente anche denominato Lago Maggiore, il quale riflette nelle limpide sue onde le incantevoli bellezze del suolo di Italia non meno che i selvaggi orrori delle Alpi elvetiche, giace il distretto di Maccagno, composto di due villaggi omonimi distinti coi titoli di Superiore ed Inferiore, Capoluogo n’è il primo, il quale viene anche variamente denominato Maccagno di sotto, Maccagno Imperiale e Corte regale.

Quest’ultima denominazione venne a quella terra dal Primo Ottone imperatore il quale, tornando nell’anno 962 da Roma, dove erasi recato ad assumere la corona imperiale, e tenendo assediata nell’isola di San Giulio, sul lago d’Orta, Villa, donna crudele, moglie di Berengario II, prendea stanza in Maccagno colla sua Corte, trattandovi i negozii di pace e di guerra, ed onoravalo con quel titolo di Corte regale, concedendolo in feudo, al dire del Morigia3, siccome Contea, a Tazio e Rubaconte fratelli Mandelli ed ai loro discendenti in ricompensa dei molti servigi da essi a lui ed ai suoi figli prestati.

Antichissima certamente e distinta tra le famiglie milanesi era quella dei Mandelli, poichè già nell’anno 375 il santo arcivescovo Ambrogio accordava ad essa l’onore della difesa [p. 474 modifica]della porta di Giano bifronte. Che se durante le dominazioni dei re Goti, Franchi e Longobardi ne rimangono interrotte le memorie dei Mandelli, risorgono queste più sicure e continue dopo i privilegi ad essi accordati da Ottone, e dagli imperatori Enrico IV, Federico I, Carlo V, Rodolfo II, confermati4.

Grande fu il numero degli uomini distinti usciti di questa famiglia, e molti ne ricorda la storia fra i più famosi nelle armi e nella politica. Ma poichè più che le arti guerresche e diplomatiche noi ammiriamo quelle della pace, godiamo ricordare Rubaconte II Mandelli, il quale, essendo pretore di Firenze nel 1236, pose la prima pietra del ponte che già da lui prese il nome, ed ora è meglio conosciuto con quello di Ponte alle Grazie costrutto sul disegno dell’architetto Lapo, e Giovanni Mandelli, governatore di Pavia nel 1351, al quale quella città deve la costruzione del ponte sul Ticino, come attestano l’iscrizione e l’arme Mandella che tuttora lo adomano.

Fra i monumenti che ricorderanno ai lontani questa nobile Casa accenneremo ancora al palazzo che ne porta il nome nella città di Piacenza, mole sontuosa come poche, sebbene non scevra dai vizii architettonici dell’epoca in cui fu innalzata.

Oltre al feudo del borgo di Maccagno furono ai Mandelli da varii dominatori concessi quelli del borgo di Mandello e delle terre e castelli di Fornovo, Mozzanica. Villanterio, Gudo, Atebiago, Pioverà, Rivellino, Piceto, Pavone, e di altre ville annesse a queste terre e castelli.

Scrissero di questa dinastia Morigia5, Gandolfini6, Crescenzi7, Vagliano8, Tettoni e Saladini9, ed altri.

[p. 475 modifica]Il borgo di Maccagno, feudo principale dei Mandelli, ebbe l’onore della zecca. Di tale privilegio fu insignito il Conte Jacopo III Mandelli, nato nel 1582 di Tazio Mandelli e Lucrezia Beolca, dall’imperatore Ferdinando II, il quale per importanti servigi a lui prestati, nominavalo inoltre ciambellano e vicario imperiale. Col diploma 16 luglio 1622, dato da Presburgo, questo imperatore concedevagli per sè e suoi discendenti la facoltà di battere moneta: " Officinam monetariam fabricandi et extruendi cudendique sive cudi faciendi monetam auream et argenteam, et aeream cuiuscumque generis et valoris, armorum suorum insiniis et nominis ac cognominis inscriptione signatam „10.

Tale facoltà della quale, come vedremo dalle monete, quel conte non indugiò di approfittare, venne poi confermata ai successori di lui dagli imperatori Ferdinando III e Leopoldo I, ma sembra ch’egli soltanto n’abbia fatto uso. Morì questo conte nell’anno 1645, ed il feudo di Maccagno restò in possesso dei Mandelli fino al io dicembre dell’anno 1692, in cui il conte Giambattista Mandelli lo vendette al conte Carlo VI Borromeo di Renato.

Portavano i Mandelli per arme di rosso con tre leopardi d’oro. Bartolomeo Cassaneo11 afferma che tale arme, analoga a quella della reale Casa d’Inghilterra, fosse stata ad essi concessa da Odoardo III e confermata da Riccardo II.

Per ciò che riguarda le monete della zecca di Maccagno troviamo le più antiche notizie di esse in una tariffa d’Anversa dell’anno 163312, la quale riporta tre zecchini del conte Mandelli, colla falsa denominazione di fiorini d’oro della Mirandola13.

[p. 476 modifica]In un bando di Milano dell’8 Gennaio 1637, trovansi nominate doppie da due e doppie semplici, ducatoni, mezzi ducatoni e quarti di ducatoni, ongari e ducati d’oro di Maccagno.

Nel catalogo figurato delle monete d’oro del gabinetto imperiale14 osservansi due ongari di questa zecca15 ed un ducatone in quello delle monete d’argento dello stesso gabinetto16.

A Guid’Antonio Zanetti ricorreva probabilmente alla mente la prima di queste opere allorché, scrivendo degli ongari o bragoni battuti nelle zecche d’Italia, notava come anche nella zecca di Maccagno si fosse fabbricata tale sorta di moneta, ma la promessa di trattarne in una delle susseguenti dissertazioni rimase sgraziatamente inadempiuta17.

Il Carli ch’ebbe sott’occhio il privilegio, col quale l’imperatore Ferdinando II accordava il diritto della zecca al conte Jacopo III Mandelli, omise di riportarlo18.

A compiere le promesse del Zanetti di una continuazione alle illustrazioni delle zecche d’Italia, attendeva alacremente Giorgio Viani, ma egli pure ne fu impedito da troppo sollecita morte. L’abate Sebastiano Ciampi, il quale dettò le notizie della vita letteraria del Viani19, rilevò fra i manoscritti da questo lasciati, esservene stato uno che illustrava alcune monete di Maccagno.

In tempo a noi più vicino l’illustre commendatore barone di Koehne contribuì più che altri a divulgare la conoscenza dei prodotti di questa zecca, pubblicando in un sol tratto tre auree monete di essa, che serbavansi nella ricca raccolta del defunto barone Reichel di Pietroburgo20. Che se due [p. 477 modifica]di esse erano molto prima comparse nella ricordata tariffa fiamminga, ciò non iscema a lui il merito, poiché opere di quella fatta sono di consueto rarissime e note a pochi.

Il chiarissimo R. Chalon nella Rivista numismatica belga, periodico del quale egli è il più solerte collaboratore, poneva in luce altro ducato appartenente alla sua raccolta21.

Né andò guari che il distinto nummografo Morel-Fatio divulgò nuovo e singolare tipo di moneta di basso argento fatta coniare dal Mandelli ad imitazione dei batzen di Lucerna, in una interessante Memoria che comprende altre strane contraffazioni di monete estere uscite da zecche italiane22.

Finalmente, a chiudere la serie delle monete fino ad ora scoperte e pubblicate di Maccagno, ecco il già lodato commendatore di Koehne palesarci altro ongaro, diverso dai precedenti, nel nuovo giornale di Numismatica e Sfragistica da lui fondato23.

Per tale modo le scoperte dei monumenti di questa effimera ma importante zecca italiana seguironsi rapidamente, come in ordine di cose più sublime avvenne dei corpi celesti, dagli astronomi denominati asteroidi planetarii.

E poiché la numismatica dell’Italia è un campo non meno ubertoso di quello delle felici sue campagne, portiamo fede che le scoperte nella zona cui alludiamo non saranno per anco al termine, e ci lusinghiamo inoltre che questo rapido cenno indurrà i cultori della scienza ed i possessori di monete di questa zecca a farle di pubblica ragione. Sia intanto a noi concesso di giovarci di questo periodico, al quale auguriamo le più prospere sorti, per porgere notizia di qualche altra moneta di essa zecca, aggiungendo a modo di riassunto la descrizione di tutte quelle per lo innanzi illustrate.

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SERIE DELLE MONETE DI MACCAGNO.


1. — Doppia da due
D. — iacobvs . mandellvs . c . m . Busto antiato a destra e sotto di esso: 1625.
R. — sacriqve . rom . imperii . vic . p . Scudo coronato, partito perpendicolare ed interzato per fascia, 1 e 6 con una torre, 2 e 5 con un leone, 3 e 4 con un biscione; il tutto tramezzato da un palo diviso, nei primo punto del quale i tre leopardi dei Mandelli e nel secondo un’aquila con un capo caricato da un palo con tre bisanti.

Questa moneta che non ebbi il piacere di vedere in alcuna delle raccolte che esaminai, mi venne detto essere così raffigurata nei manoscritti del Viani, colla indicazione che sia stata posseduta nel principio di questo secolo dal conte Tazio Mandelli di Piacenza.


2. — Doppia semplice.

Nominata nel bando di Milano dell’otto gennaio 1637, dovrebbe essere simile alla doppia da due.


3. — Ongaro.

D. — iac . ta . man . fi . in . mac . re . c. com . (iacobus tatii mandelli

filius in machaneo regalis Curiæ comes). Figura ritta del Conte in completa armatura, stringente colla destra il bastone di comando e tenente la sinistra appoggiata all’elsa della spada.
R. — vicar . perpet . sacriq . rom . imp . Scudo ovale ornato di cartocci, tripartito retto e perpendicolare di nove punti, i, 3, 7 e 9 giglio, 2 e 8 tre bisanti, 4 e 6 due aquile una sopra l’altra, 5 leone saliente. Inferiormente piccola armetta, probabilmente marca dello zecchiere.

Conservasi nel gabinetto imperiale di Vienna e vedesi raffigurato nel catalogo delle monete d’oro di esso a pagina 257. I differenti punti di tale arma alludono forse ai feudi posseduti dai Mandelli, od a parentele?


4. — Ongaro.

D. — ong . iac . man . co . mac . c . r . Figura armata del Conte, che regge colla destra una alabarda, appoggia la sinistra sovra [p. 479 modifica]l’impugnatura della spada, ed ha fra i piedi un piccolo grifo, al certo impresa del coniatore.
R. — sacriqve . rom . imp . vic . perpet . Entro uno scudo frastagliato tre leoni leopardati in iscambio dei tre leopardi che compongono Tarme Mandella, errore o capriccio del coniatore. Lo scudo è sormontato dalla corona comitale e dall’anno 1622.

Nel detto gabinetto imperiale e pubblicato nel catalogo di esso come nel precedente.


5. — Ongaro.
D. — ong . iac . mand . co . mac . c . r . Figura armata come in quello che precede, con alabarda d’altra forma e senza il piccolo grifo.
R. — Il rovescio ne è pure simile, colla sola differenza della parola per invece di perpet.

È uno dei tre recati dal Koehne nelle Memorie accademiche di Pietroburgo.


6. — Ongaro.
D. — mo . no . av . lac . mand .c. m. c. r. v. i. f. Scudo coi tre leoni, coronato e sormontato dall’anno 1622, come nel rovescio dei due precedenti.
R. — s . stephan . prot . mach . Il santo Stefano genuflesso di faccia colle braccia protese.

Comparso da prima nella tariffa d’Anversa, indi con più giusta attribuzione nella lodata dissertazione del comm. de Koehne. Stimiamo essere pura innavvertenza la lettera finale del dritto F · invece di P ·


7. — Ongaro.
D. — mon . avr — iac . man — c . mac . i . c. rs. r. i. v. p (moneta . avrea . iacobi . mandelli . comitis . machanei . inferioris . curiæ . regalis . sacrique . romani . imperii . vicarius . perpetuus), in quattro righe, entro un quadrato incorniciato da frastagli.
R. — con . s . d . genit . sw . b . tvvm . perr . La Vergine assisa col figlio fra le braccia.

Imitante nei suoi due lati i tipi notissimi dell’Olanda e dell’Ungheria, fu pubblicato questo ongaro dal ch. de Koehne nel periodico numismatico di Berlino. La leggenda del rovescio, che per la strana forma lasciò il Koehne incerto del [p. 480 modifica]suo significato, e forse appariva tale per mancanze o raddoppiature prodotte dal conio, potrebbe per avventura significare: conserva sancta dei genitrix sub tvvm presidium.


8. — Zecchino ducato d’oro.
D. — mon . n . av . iac . r . c . mac . com . ia . q . r . i . f . i . Busto ammantato del conte a destra. In principio della leggenda piccolo grifo.
R. — ferdi . ii . roma . impe . sem . avg . Aquila bicipite coronata con una croce nascente fra le due teste.

Al pari del n. 6. vedesi nella tariffa fiamminga ed è uno dei tre che il Koehne chiariva nelle Memorie accademiche di Pietroburgo.


9. — Zecchino.
D. — mo . no . av . iac . r . e . mac . com . ta . q . m . f . Busto come nel precedente e nel giro lo stesso piccolo grifo. Le ultime abbreviature di questa leggenda ci porgono la vera lezione di quello, che forse non era di perfetta conservazione, e permettono la interpretazione: moneta nova avrea iacobi regalis curiæ machanei comes tatii quondam mandelli filius.
R. — Il rovescio offre il globo imperiale crocifero entro un fregio gotico formato da tre semicerchi e tre angoli sporgenti, e nel giro, preceduta da altro piccolo grifo, la leggenda: ferdi . ii . roma . impera . sem . avg . (Tav. VIII, N. 1).

Esiste presso di me, e vedesi raffigurato nella più volte nominata tariffa d’Anversa colla falsa attribuzione a Mirandola.


10. — Zecchino.
mone . avre . co . in . ma . (moneta avrea comitis in machaneo). 1622. I tre leoni leopardati entro uno scudo ritondato, sormontato da elmo chiuso di fronte, coronato con leone nascente per cimiero e lambrechini. Il rovescio eguale in tutto al precedente.

Ce lo fece conoscere il ch. Chalon nella Rivista belga.


11. — Zecchino.

D. — mo . n . a . iac . t . e . mac . c . t . q . m . f . Santo togato, stante, nel quale crediamo ravvisare S. Iacopo, patrono nominale del nostro conte, colla destra appoggiata ad uno scudo portante i tre leoni leopardati, e sott’esso: 1622.

R. — Il rovescio è in ogni parte uguale a quello del n. 8, [p. 481 modifica]coll'aquila imperiale ed i titoli dell’imperatore Ferdinando II. La croce sorgente fra le teste dell’aquila apparisce doppia e patriarcale. (Tav. VIII, N. 2).

Già presso di me, serbasi ora nel patrio museo di Brescia, nella cospicua raccolta legatagli dall’ottimo cittadino il defunto Camillo Bruzzoni.

Il peso sì di questo che dello zecchino descritto sotto il n. 9 arriva ai 16 carati della marca di Venezia o di Colonia (3 grammi e 2 decigrammi); l'oro poi del quale sono formati apparisce di titolo scadente.


12. — Ducatone.
D. — iacobvs . mandellvs . com . mac . i . c . r . Busto a destra vestito di ricca armatura e collare a lattuca.
R. — sacriq . romani . imp . vicar . perpe . Sotto corona principesca uno scudo ornato di rabeschi inquartato, nel 1 e 4 con tre leopardi, nel 2 e 3 con un’aquila semplice cui sovrasta un capo con tre bisanti, disposti 1 e 2.

In quest’arme sono veramente raffigurati i leopardi dei Mandelli che nelle altre vedemmo sostituiti da leoni. Non so spiegare la seconda inquartatura la quale entra a comporre anche l’arme più complicata della doppia. Il ch. di Koehne giudicò poter essere l’arme di Maccagno, ma forse è di parentado. I tre bisanti, o palle che siano, compariscono senza accompagnamento dell’aquila nell’arme del primo ongaro.

Questa bella moneta si conserva nel gabinetto imperiale di Vienna e vedesi effigiata in quel suo catalogo delle monete d’argento.


13. — Ducatone.
Col dritto perfettamente uguale al precedente, mostra al rovescio la stessa arme coronata entro uno scudo diversamente ornato, e la leggenda, abbreviata in questo modo: sacriq . rom . imp . vic . perp . lascia libero lo spazio dell’esergo nel quale leggesi in due righe: ducatone — 1626. (Tav. VIII, N. 5).

Come la doppia da due, questa varietà, posseduta dal conte Tazio Mandelli di Piacenza, fu descritta nei manoscritti del Viani.

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14. — Mezzo ducatone.

Riproduce in proporzioni minori i tipi del primo ducatene, colle leggende: iacob . mand . co . mach . inf . cvr . regal . — sacriqve . rom . im . vicar . perpet .

Posseduto ugualmente da quel conte e ricordato dal Viani.


15. — Quarto di ducatone.

Che abbia esistito ce ne dà fede il bando di Milano già citato, e possiamo credere che offrisse le stesse particolarità dei pezzi che precedono.


16 — Soldo. (?)
D. — mon ♦ com . mac . i . cvr . r . (moneta comitis machanei inferioris cvririæ regalis), Aquila bicipite coronata e sott’essa l’anno 16-23 * a’ lati di uno scudetto partito perpendicolare, forse impresa del coniatore.
R. — ♦ sanct ♦ alodivs ♦ def . Mezza figura di un santo vescovo di prospetto con baculo o trapano nella destra e pastorale nella sinistra.
Questa moneta di basso argento si palesa per una servile imitazione dei batzen di Lucerna, coniati verso la fine del secolo XVI, sul rovescio dei quali sta raffigurato San Leodegario che stringe nella destra il trapano, istromento del suo martirio.

Come di già avvertii, dobbiamo la conoscenza di questa moneta al ch. Morel-Fatio, e vidi un esemplare di essa nella preziosa raccolta del distinto cavaliere N. Bottacin di Trieste.


17. — Quattrino di lega.
D. — iacobvs . mandell . c . Busto a destra.
R. — † avxilivm . mevm . a . dno . Crocc oHiata. (Tav. Vili, N. 3).

Imita un quattrino di Milano di Filippo III. Già da me posseduto ed esiste in parecchie raccolte.


18. — Quattrino di rame.
D. — . . . vs . mande . . . Busto c destra.
R. — de ... ma .(?).. . Campo inquartato, nel 1 e 4 aquila, 2 e 3 leone saliente. (Tav. VIII, N. 4).

Imitazione di quattrini di Milano di Filippo III e [p. 483 modifica]Filippo IV. Incontrasi spesso, ma quasi sempre di così negletto lavoro da lasciare dubbio sulla sua attribuzione, e credo che alcuna di cotali contraffazioni possa essere uscita da qualche altra zecca.

Sono queste tutte le monete del conte Jacopo III Mandelli venute a mia conoscenza per relazione d’altri o per propria esperienza.

Potrebbe per avventura sorgere il dubbio che alcune delle descritte monete siano state battute per convenzione ed a risparmio di spese in qualche officina più operosa d’altro principe, ma l’ispezione materiale dei tipi e della fabbrica di quelle che potei vedere mi persuase che furono lavorate in Italia da artefici italiani. Fra le analogie che mostrano piacemi notare quella dei ducatoni del duca di Savoia Carlo Emmanuele I. Se potrò raccogliere nuovi elementi per la illustrazione di questa zecca farò seguire una aggiunta al presente articolo.

Venezia, 16 giugno 1864.







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RIVISTA ITALIANA DI NUMISMATICA


Anno IX, 1896. Tav. VIII.


C. KUNZ. — Jacopo III Mandelli Conte di Maccagno e le sue monete.

Note

  1. In questa ristampa ci limitiamo a pubblicare le sole operette d’indole strettamente numismatica lasciando da parte quelle che trattano di archeologia in genere o di sfragistica.
  2. Questo lavoro fu pubblicato nella Rivista della numismatica antica e moderna di Asti (Anno 1864, Vol. I, pag. 147-157, tav. IV, n. 1-5) (Nota della Direzione).
  3. Historia delle nobili et degne qualità del Lago Maggiore, Milano, 1603, pag. 214.
  4. Morigia, loc. cit.
  5. Oltre nell’opera già citata, nella Storia di Milano. Milano, 1592, e nella Nobiltà di Milano. Milano 1595.
  6. Compendio dell’origine antichità et dignità dell’illustrissima casa Mandelli. Milano, 1614.
  7. Corona della nobiltà d’Italia, ovvero Compendio dell’istorie delle famiglie illustri, Bologna 1639-42.
  8. Le rive del Verbano. Milano 1710.
  9. Teatro Araldico, Lodi, 1841-48.
  10. Noi pubblichiamo soltanto la parte del Diploma che riguarda alla concessione della moneta, sperando che l’intiero documento verrà presto fatto di pubblica ragione dal chiarissimo prof. cav. Tettoni in un’opera ch’egli tiene in pronto per la stampa. E gli porgiamo pubbliche grazie della gentile comunicazione che volle farcene per mezzo del cav. Maggiora Vergano.
  11. Catalogus gloriae mundi, Venetiis, 1569.
  12. Ordonnancie ende Instructie voor de Visselaers, ossia: Decreti ed istruzioni per i cambiamonete.
  13. Vedansi più avanti n. 6, 8 e 9.
  14. Monnaies en or qui composent une des différentes parties du Cabinet de S. M. l’Empereur, Vienne, 1759, pag. 259.
  15. Vedansi i num. 3 e 4.
  16. Catalogne des monnaies en argent qui composent une des différentes parties du Cabinet Impérial, Nouvelle éditon. Vienne, 1769, pag. 468.
  17. Nuova Raccolta delle monete e zecche d’Italia, Tomo III, pag. 44.
  18. Opere. Edizione di Milano, tomo III, pag. 183.
  19. Firenze, 1817.
  20. Mémoires de la Société Imperiale et Archeologie de Saint-Petersbourg. Vol. IV, 1850.
  21. Revue de la numismatique belge. III Sèrie, tome IV, 1860 pag. 256.
  22. Indicateur d’histoire et d’antiquités suisses, N. I, 1862. E nuovamente con lezione più integra, nella stessa memoria stampata a parte.
  23. Berliner Blätter für Münz- Siegel- und Wappenkunde. T. I, 1863, pag. 53.