Istoria delle guerre persiane/Libro secondo/Capo XIII
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Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
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CAPO XIII.
I. Cosroe avuto da Giustiniano il ratificamento degli accordi stabiliti dall’ambasceria1, accomiatò subito gli ostaggi e si diresse altrove.
II. Fece di poi mercato dei prigionieri condotti da Antiochia, a pro de’ quali mostraronsi gli Edesseni di una carità oltra ogni esempio, tutti indistintamente accorrendo alla chiesa con offerte in prezzo del riscatto loro, molti entro i limiti delle proprie facoltadi, e taluni operando eziandio, in apparenza almeno, sforzi di esse maggiori; fin le donne pubbliche che v’apportavano i loro ornamenti, ed i contadini privi di danaro supplivano con asinelli e con montoni. Ragunossi per simil guisa grande quantità d’oro, d’argento e di altri effetti, ma disgraziatamente nulla di tanto andò a benefizio dei prigionieri in causa dello scellerato Buzez, il quale anelante di trar vantaggio da sì copiose ricchezze, s’oppose al desiderio commendevolissimo degli abitatori ed instigò il Persiano a tutte rapirle.
III. I Carreni2 anch’essi mandarono ambasceria a Cosroe offerendogli danaro per redimersi dal saccheggio, ma egli trovatone il maggior numero avvolto nelle superstizioni del paganesimo, ricusollo, accettando per lo contrario l’offerta della città di Costantina avvegnachè vantasse diritti sopra di lei, e prendo a scriverne la cagione.
IV. Il genitore suo, conquistata Amida3, risolvè espugnare Edessa e Costantina; pervenuto adunque vicino alla prima ed accennando colla mano le mura interrogò i maghi se giugnerebbe a superarle? «Mai più, quelli risposero, stata essendo l’azione della tua destra segno piuttosto di conservamento e salvezza, che non di rovina e desolazione.» Allora il duce prestando fede ai loro detti marciò verso Costantina, e fattolesi d’appresso rinvenne terreno opportuno a mettere il suo campo. Baradote intanto, vescovo di lei, pietosissimo, in molta estimazione per l’efficacia delle sue preghiere, e spirante nel volto ogni maniera di virtù, andògli innanzi con vino, fichi, miele e pane, supplicandolo premurosamente di non molestare coll’esercito una città abbandonata dai Romani, di nessun conto, priva di fortificazioni e di presidio, ed abitata da ben poche miserabili persone. Il re non pago di secondarne la dimanda volle di più che avesse in dono tutta la vittuaglia raccolta pel sostentamento dell’esercito durante l’assedio, e poscia abbandonò il suolo romano; ora questo generoso tratto inducevalo ad annoverare tra le città sue la beneficata Costantina.
V. Venuto di là a Dara4 fece le opportune disposizioni per l’assedio, e Martino comandante delle truppe romane quivi di guarnigione apparecchiossi alla difesa. Due muri proteggono all’intorno la città, dei quali altissimo l’interno, ed il più bello di quanti sia dato vederne, elevandosi cento piedi le sue torri e sessanta le cortine tra l’uno e l’altro poi evvi l’intervallo di cinquanta piedi, e qui pongono in salvo i cittadini l’armento all’uopo di qualche assedio. Cosroe attaccò dal lato occidentale quello esterno, e discacciatine a furia di saettame i difensori arse una delle porte, ma non v’ebbe Persiano cui bastasse l’animo di penetrarvi. Ordinò quindi una mina verso oriente, unico luogo adatto alle scavazioni non avendovi nel resto dappertutto in giro che scogli. Data pronta mano all’opera in vicinanza della fossa, giunsero i guastatori a tale profondità da riuscire invisibili al presidio. Oltrepassate così le fondamenta di quel muro, ed inoltratisi eziandio gran pezza sotto il terreno destinato al pascolo degli animali, s’accostavan di già alla seconda cinta per modo che non poteva ormai fallire il colpo di superarla in breve, quando, nè dir saprei per quale fatalità che doveva impedirne la conquista, uscì del campo loro sul meriggio un uomo, seppure uom era, a fine di ricogliere le saette vibrate dai Romani contro de’ suoi, e fatto principio dal motteggiare il nemico, finì coll’avvertirlo dell’insidia e di porvi subito riparo; il perchè gli assediati presto mandarono copia di minatori nell’antedetto intervallo, e coll’opera di essi aventi a capo Teodoro, eccellente architetto, mentre che le truppe nemiche proseguivano il rettilineo scavo, fu approntata altra fossa di traverso, dove precipitarono molti Persiani, giuntandovi i primi la vita, e gli altri salvandosi per indulgenza del presidio, non disposto a molestarli tra quelle tenebre. La cattiva riuscita di questa impresa tolse al re ogni speranza di espugnare la città, e indusselo, ottenute per capitolazione due mila libbre d’argento dagli assediati, a retrocedere nelle sue terre. L’imperatore intrattanto udita la nuova di quell’assedio protestò di non voler più soscrivere gli accordi, e richiamossi altamente che il monarca vi si fosse accinto in contravvenzione della pace. Queste furono le romane vicende nella prima scorreria de’ Persiani.
Note
- ↑ Anni dell’era volgare 543, e 16.° dell’imperio di Giustiniano.
- ↑ La costoro città Carra, o Charran secondo l’idioma orientale, è antichissima, e fin creduta da alcuni storici quella da dove partì Abramo per andare nella terra di Chanaan. Ella ricettò eziandio entro le sue mura Crasso fuggente con tutto l’esercito dopo la rotta avuta per opera di Surena, duce de' Parti.
- ↑ V. lib. I, cap. 7, di queste Istorie.
- ↑ V. lib. i, cap. 10, testo e nota.