Istoria delle guerre persiane/Libro primo/Capo X
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Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
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CAPO X.
I. Il monte Tauro1 di Cilicia estendesi in prima nella Cappadocia e nell’Armenia per quindi trascorrere i cosiddetti Persameni, Albani ed Iberi, ed ogni altra gente, sia libera o soggetta al trono persiano, che portane il nome, occupando vasto terreno e s’allargando ed elevandosi in affatto straordinario modo. Passate le frontiere dell’Iberia vedi un sentiero angustissimo, che dilungatosi ben cinquanta stadj mette ad un poggio scosceso, inaccessibile, e dove non s’appresenta allo sguardo uscita, fuorichè una gola, opera della natura, nomata da tempo assai remoto Porta Caspia2. Al di là viene allegrato l’occhio da una larga campagna, a dovizia provveduta d’acqua sorgente, pascolo ottimo pe’ cavalli. Quivi appunto stanziano gli Unni, procedendo sino alla Palude Meotide3, i quali per assalire le terre persiane o le nostre escono della prefata porta con eccellente cavalleria, e senza far giravolte, salite o discese, compiuti appena i cinquanta stadj, metton piede nei confini dell’Iberia. Che se prendono altra via hanno molte fatiche a sostenere, dovendo abbandonare i proprj cavalli, perdersi in continui andirivieni, e calare stentatamente al basso da’ precipizj. Alessandro di Filippo, consideratane la posizione, ordinò che fosservi erette alcune porte ed un forte4, i quali passando col volgere dei tempi da possessore in possessore, capitarono alla per fine sotto il dominio di Ambazuco5, unno ed amico intimo dei Romani.
II. Arrivato questi alla decrepitezza, e vedendo assai vicino il morir suo mandò offerendole ad Anastasio per qualche danaro. Ma l’imperatore, assuefatto a ben ponderare ogni sua azione, considerando malagevol cosa di mantenere un presidio in paese deserto, sterile ed assai lontano, ringraziò l’Unno dell’amichevole proposta senz’accettarla.
III. Morto ben presto Ambazuco di malattia, Cavado, mandatane fuori la prole, usurpossi il dominio di quelle Porte.
IV. Conchiusa da que’ di Persia la tregua co’ Romani6, l’imperatore Anastasio fortificò il borgo Dara convertendolo in bellissima città, e dando a questa il nome suo7. Da lei a Nisibi è la distanza di novantotto stadj, e non havvene oltre a diciotto per giugnere ai limiti delle due monarchie. Nè vi voleva meno della guerra cogli Unni per istogliere i Persiani dall’impedire quanto bramavano la nuova fortificazione. Laonde Cavado appena deposte le armi spedì ambasciadori a querelarsi co’ Romani dell’operato da loro in contraddizione ai trattati, afforzando una città sulla frontiera8. Ma Anastasio con minacce, con preghiere, e soprattutto con danaro procurò calmarne lo sdegno, e spegnere in lui ogni vendetta.
V. L’imperatore inoltre ridusse allo stesso splendore di Dara un altro armeno borgo a confine della Persarmenia, innalzato sol di nome a città da Teodosio, e chiamatolo Teodosiopoli9; lo cinse di forti mura, e lo pose in istato, non men dell’altra, di tenere in freno i Persiani, essendo entrambe opportunissime allo scorrazzare le terre loro.
Note
- ↑ Su di questo monte V. l’Ortelio, Thes. Geograph.; Arriano, Spediz. di Aless., tom. i, lib. v; Curzio, lib. vii, § 11.
- ↑ Queste porte, dette altrimenti ed a miglior titolo caucasie, vennero nomate Caspie dai Romani, allorchè guerreggiando nell’Armenia sotto Corbulone mandarono a levare la pianta delle vicine contrade. In origine poi riducevansi ad una strettissima gola, cui Plinio dà 8 miglia di lunghezza ed è traversata dal letto del fiume Terki, nei monti che dividono l’Armenia dalla Partia. Quindi però concorsevi l’arte a renderle più forti, per impedire alle molte vuoi sarmatiche vuoi unniche genti sparte in quelle pianure l’ingresso nell’Iberia (V. Pl., lib. vi, 17; Solino, cap. 50). Tatar (o Tartar) Topa è il presente lor nome in Asia.
- ↑ Temerinda, o sia madre del mare, quasi generatrice di esso versandovi le sue acque, veniva nomata dagli Sciti, secondo la testimonianza di Plinio (lib. vi, 7) e di Erodoto (iv, 86), il quale pretende altresì essere ben poco minore in grandezza del Ponto Eussino. Polibio dice che di per sè sola gira 8000 stadj (lib. iv, 39). Ora il suo nome e mare d’Azof, o delle Zabacche.
- ↑ Detto Cumania.
- ↑ In uno scritto armeno ha nome Hounora-Kert.
- ↑ Anni dell’era volgare 510.
- ↑ Così il N. A. parla nel libro degli Edifizj di tal fortificazione:« Per questo (temendo cioè non i Persiani fatta di subito pace cogli Unni venissero a molestarli nell’opera loro) i Romani affrettandosi fecero le mura, che doveano essere pe’ nemici inespugnabili, alte appena quanto bastasse; e non avean ben disposte nel debit’ordine le pietre, non secondo la giust’arte costrutto il lavoro, e nemmeno i materiali bene uniti colla calce. Laonde parecchie torri non potendo resistere nè alle nevi, nè ai cocenti calori del sole, pel cattivo modo con cui si era fabbricato, in breve tempo sdruscirono». Dara è città della Mesopotamia, al mezzogiorno dell’Osroene e pochi stadj lontana dai Nisibi. Sotto l’imperatore Giustino II essa fu presa dal re di Persia Cosroe Anushirvan, ed ora le sue poche vestigia hanno nome Dara-Kardin.
- ↑ Trattato di pace stipulato tra Vararane, e Teodosio col mezzo dell’imperiale ambasciadore Anatolio. V. cap. 2, § 4.
- ↑ Tale borgo celebre per le molte sorgenti nomavasi in addietro dagli Arabi Ras-Aïn, cioè testa di fontana; ora è detto Hassan-cala, o Cali-cala, voce che noi tradurremmo il bel castello.