Istoria delle guerre persiane/Libro secondo/Capo II

Capo II

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CAPO II.

Ambasceria di Vitige re dei Goti a Cosroe. — Aringa degli ambasciadori. — Il persiano, geloso dell’imperiale prosperità, ne approva i richiami.

I. Compievansi le cose antedette quando Vitige1 re dei Goti, cui mal riusciva la rotta guerra, inviò due ambasciadori al monarca persiano per esortarlo ad armarsi contro l’imperio; nè i suoi messi eran già nazionali per tema non iscompigliassero discoverti la faccenda, ma liguri sacerdoti lasciatisi adescare dalla promessa di molto danaro; il più ragguardevole di essi procedeva con abito e titolo vescovile, sebbene mancante della sacra unzione, ed il compagno siccome diacono seguivalo. Venuti di questa maniera nella Tracia stringono, prima di valicarne i confini, amicizia con altro individuo opportunissimo all’uffizio di turcimanno, per la molta sua perizia nelle lingue greca e siriaca, e fattolo della consorteria giungono in Persia non osservati dai Romani, che in grazia della pace guardavano men rigorosamente la frontiera; introdottisi quindi nella reggia espongono con questi accenti la mandata loro:

II. «Siamo al tuo cospetto, o re, inviati da Vitige [p. 145 modifica]dominator de’ Goti e degli Italiani non già per occuparti de’ nostri particolari interessi, come è il costume delle altre ambascerie, ma per ragionare di quelli concernenti la stessa tua repubblica, imperciocchè non la sbaglierebbe di certo chiunque dicesse e te ed il regno tuo traditi da Giustiniano, sendo connaturale a questo principe la inclinazione alle novitadi, il desiderio di possedere l’altrui, il violar senza scrupolo i giurati accordi, e la smania di soggiogare tutte le monarchie per reggere da solo il mondo. Consapevole però della sua impotenza per attaccare alla scoperta i Persiani, o, questi opponendosi, qualsivoglia altro popolo, tenta gabbarti con vana apparenza di pace, ed accumula a danni tuoi le forze delle vinte nazioni, tra cui sin da ora è uopo annoverare i Vandali ed i Maurusii: che se un instante finge amicizia cogli altri Goti, sì adopera temendo arrestarsi per loro il corso delle sue imprese, e volge i proprii tesori a rovinarli. È poi verità incontrastabile che egli, ove aggiunga il suo scopo, varrassi di noi e di tutti i popoli debellati per abbattere il tuo regno; nè ratterrallo punto il rimorso di violare i convenuti patti e la giurata alleanza. Non voler tu dunque, o re, concorrere alla nostra non meno che alla persiana schiavitù, non essendo ancora in noi spenta ogni lusinga di riuscita; ravvisa negli oltraggi a noi fatti l’imagine di quelli che ti sovrastano, e persuaditi che i Romani, spogli affatto di amicizia per te, appena addivenuti certi di non operare indarno aprirannoti i perfidi loro [p. 146 modifica]divisamenti. Ad evitarne pertanto le triste conseguenze usa di tutti i mezzi sin che n’hai il destro, acciò non debbali, perduti, inutilmente cercare, sendo ben malagevol cosa il mettere riparo ad una opportunità fuggitaci di mano, ed assai prudente consiglio il profittare del tempo ad antivenire il male, ed a tenere indietro le molestie d’un oppressore nemico».

III. Il Persiano rimaso persuasissimo delle ammonizioni di Vitige, quasi sprone a corrente destriero, vie più s’accese nella sua brama di romperla con Giustiniano, non consentendogli la gelosia che animavalo contr’esso di por mente alla origine loro, da popoli vo’ dire avversi a’ Romani il perchè rinvenutele conformi alle inclinazioni dell’animo suo vi prestò ferma credenza, come appunto fece per riguardo alle ambascerie dei Lazj e degli Armeni, futuro argomento della mia istoria. Ma questi tutti per sottrarsi dall’imperatore adducevano pretesti tali, che avrebbero potuto di leggieri meritar luogo tra gli encomj grandissimi d’un principe generoso, non mordendo effettivamente in noi che la voglia di aggrandire e procacciare maggior lustro al suo imperio, accuse applicabili eziandio al re persiano Ciro ed al macedone Alessandro2. Ma, [p. 147 modifica] comunque si fosse la cosa, egli è fuor di dubbio che l’odio, non potendo strigner lega colla giustizia, indusse Cosroe a dare il bando alla pace.

Note

  1. Questo re fatto quindi prigioniero da Belisario fu condotto in Bizanzio, ove il duce nel giorno del suo trionfo insieme con quello de’ Vandali Gelimero, e con altra caterva di schiavi, presentollo supplice ai piedi di Giustiniano.
  2. Le qui dette monde lievissime e quasi virtù osserva ora come vengono rappresentate nella Storia Segreta (cap. 20) «Giustiniano fu quegli che di continuo eccitò l’incendio della guerra, non avendo mai voluto nelle cose consultare l’opportunità del tempo, e tutto anzi intraprendendo fuor di proposito. In seno della pace, e in mezzo alle tregue, con mala arte cercar sempre contro i confinanti pretesti di guerra; a guerra dichiarata imprudentemente arrestossi, e, per avarizia non provvedere l’occorrente che tardi; invece perdersi dietro vani studj, e scrutare con dannata curiosità la natura di Dio; intanto per crudeltà e tirannide non volere abbandonare le armi, nè debellare il nemico, sordidamente risparmiando quanto a tal uopo dovea aver pronto: ecco la sua condotta. Perciò regnante lui per l’universo mondo scorse a fiumi e a laghi il sangue de’ Romani, e di tutti i barbari».