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LIBRO PRIMO 41

là viene allegrato l’occhio da una larga campagna, a dovizia provveduta d’acqua sorgente, pascolo ottimo pe’ cavalli. Quivi appunto stanziano gli Unni, procedendo sino alla Palude Meotide1, i quali per assalire le terre persiane o le nostre escono della prefata porta con eccellente cavalleria, e senza far giravolte, salite o discese, compiuti appena i cinquanta stadj, metton piede nei confini dell’Iberia. Che se prendono altra via hanno molte fatiche a sostenere, dovendo abbandonare i proprj cavalli, perdersi in continui andirivieni, e calare stentatamente al basso da’ precipizj. Alessandro di Filippo, consideratane la posizione, ordinò che fosservi erette alcune porte ed un forte2, i quali passando col volgere dei tempi da pos-

    l’Armenia sotto Corbulone mandarono a levare la pianta delle vicine contrade. In origine poi riducevansi ad una strettissima gola, cui Plinio dà 8 miglia di lunghezza ed è traversata dal letto del fiume Terki, nei monti che dividono l’Armenia dalla Partia. Quindi però concorsevi l’arte a renderle più forti, per impedire alle molte vuoi sarmatiche vuoi unniche genti sparte in quelle pianure l’ingresso nell’Iberia (V. Pl., lib. vi, 17; Solino, cap. 50). Tatar (o Tartar) Topa è il presente lor nome in Asia.

  1. Temerinda, o sia madre del mare, quasi generatrice di esso versandovi le sue acque, veniva nomata dagli Sciti, secondo la testimonianza di Plinio (lib. vi, 7) e di Erodoto (iv, 86), il quale pretende altresì essere ben poco minore in grandezza del Ponto Eussino. Polibio dice che di per sè sola gira 8000 stadj (lib. iv, 39). Ora il suo nome e mare d’Azof, o delle Zabacche.
  2. Detto Cumania.