XXII. Faccio delle avances

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XXI XXIII

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XXII.


FACCIO DELLE AVANCES.


L’altra mattina, domenica, l’avvocato mi ha voluto condurre su al primo piano a vedere la sua libreria con “i suoi cari libri„, i libri “del suo caro babbo,„ con il ritratto “del suo caro nonno„; e appunto ho sorpreso Oretta nel così detto salotto che spolverava e rassettava. Non era ancora pettinata, e così, un po’ discinta, in gonnellino, ed un fazzoletto rosso annodato in testa, era in istile: pareva una beduina.

Nel passare le ho detto: — Oh, che brava massaia! Ma tenga un paio di guanti vecchi per non guastarsi le manine.

L’avvocato mi presenta i suoi cari libri, a cui suo padre, quando era vivo, “faceva caro„ con la mano, e anche lui “fa caro„.

— Questa è un’intera biblioteca. Legati molto bene, — osservo io.

Mi presenta anche l’avo, cioè il ritratto: una faccia liscia come un cammeo, che usciva da una gran cravatta girata attorno al collo.

— Bel quadro! Già allora usavano le cravatte così. Come si vede l’uomo posato!

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— Eppure era un’anima da artista.

Ascolto la biografia degli antenati.

— Questa stanza — osservo io — si potrebbe chiamare la galleria degli antenati.

— Ogni famiglia — risponde l’avvocato — dovrebbe avere una specie di sacrario in casa.

— Con gli affitti così cari, è impossibile! Però constato con piacere che tutti i suoi antenati sono vecchi.

— Siamo infatti piuttosto longevi in famiglia.

(Ecco un particolare interessante per l’erede).

— Del resto, anch’io in un libro che ho scritto....

Pare che l’avvocato si meravigli.

— ....modestamente, sì: un libro di igiene, dove sostengo il dovere di arrivare ai novantanove anni, che, del resto, è l’età stabilita da Mosè per le persone per bene.

— Bisognerebbe non inquietarsi mai....

— Ecco appunto quello che io sostengo: avere sempre una visione serena della vita.

L’avvocato spalanca il balcone. Splendido panorama!

— Guardi, da quassù, come si vede il mio chalet! — dico io.

— E si sente! — dice l’avvocato. — L’altra sera hanno dato trattenimento sin tardi. Non credevo che lei si occupasse di poesia, cavaliere.

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— Affatto, — e spiego come è andata la cosa.

— Quel Cioccolani! — dice l’avvocato — Sa come lo chiamano in paese? Theobroma, bevanda degli Dei. Io rideva l’altra sera, ma mia moglie era furibonda: “Quell’imboscato! e quella matta in casa mia!„ Le donne, sa bene, bisogna lasciarle dire. Certo se l’equilibrio mentale della contessa Ghiselda fosse pari alla bellezza, ella sarebbe una creatura perfetta: ma forse non avrebbe il fascino che ha. Io non mi vergogno di dirle, che, molte volte, quando la incontro, mi domanda a che cosa serve il nostro codice.

Mi congratulo con l’avvocato. Anche lui, alla sua età, ha il culto della bellezza.

— E tanto più — dice lui — che, poverina, ella è vittima di se stessa. La nobiltà della razza c’è sempre in fondo a tutte le sue stravaganze.

— Oh, si vede il tipo aristocratico! Guardi il naso. E quel Cioccolani è così ricco per darsi il lusso di fare il poeta?

— Suo padre, come già le dissi, è un modesto proprietario, che ha la disgrazia di aver quel figliuolo. Il vecchio dice che gliel’hanno cambiato a balia; ma intanto bisogna che se lo sopporti. Ma sciagurato! Se vuoi fare della poesia, va nei campi di tuo padre. No, lui cerca la poesia a Roma, a Milano, a Parigi, come fanno le [p. 166 modifica]modiste per i cappellini. La poesia sta nella realtà, mica nei fogli di carta!

— Perfettamente la mia opinione.

— Aver figli, oggi, è disgrazia — conclude sospirando.

— Ma lei, scusi — osservo io — ne è esente: lei ha una figliuola sola, e un modello.

— Per un altro verso — dice lui — è un pensiero anche questo. Ma scusi, ma dica, cavaliere, ai tempi che corrono una figliuola come Oretta, di un sentire così delicato, che avvenire ha? Prima di questa guerra Oretta veniva qui in questa stanza, io le insegnavo qualche cosa, leggevamo buoni libri. Mi pareva che i miei morti stessero a sentire. Era una delle più care gioie della mia vita. Ma adesso non so, non so più cosa dire, cosa insegnare a mia figlia. È così cambiato il mondo! Sii buona? sii pietosa? sii pudica? Sì, pudica! Non dire bugie? Spesso Oretta mi dice: “Papà, perchè non mi chiami più a studiare?„ Io trovo la scusa che non ho tempo, ma sapesse che pena nel cuore!

Condivido i suoi lodevoli sentimenti.

— Anch’io — dico — , quand’ero piccino, mi ricordo che mia madre mi diceva: “Ginetto, sii buono, sii pudico, non dire mai bugie!„ Ma poi quando si diventa grandi, creda che si trovano [p. 167 modifica]degli accomodamenti con queste cose, e tutto va a posto. Ma volevo domandarle, scusi, sa: lei non ha mica destinata la sua signorina al celibato?

— Perchè? — mi domanda stupefatto.

— Perchè la signorina dovrà pur prendere marito....

Gli ho toccato la piaga segreta del cuore.

— È ancora così bambina — dice.

— Capisco: ma cresce notte e giorno. La bambina un bel giorno si sveglia, ed è un dovere provvedere a tempo.

— Le pare facile a lei?

— Eh, un po’ difficile! La guerra sta provocando una vera crisi nella disponibilità dei giovani. Aggiunga poi il fatto economico: lei comprende benissimo, avvocato, che se prima della guerra una moglie costava per uno, oggi costa per due, e domani costerà per tre. Il matrimonio è oggi una istituzione un po’ barcollante.

— Pur troppo! E il vizio che fa strage nella nostra gioventù?

— Perfettamente, avvocato. Evitare il vizio! Esso è il più grande alleato contro la perfetta salute. Un giovane solido, lei deve cercare. Solido, ma equilibrato....

— E dove si trovano, che sono tutti dal più al meno squilibrati?

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— Però se ne trovano. E lavoratore, perchè, creda, avvocato: l’ozio, come diceva mia madre, è il padre di tutti i vizi. Naturalmente non povero, perchè la povertà è una specie di malattia.

— Ma lei mi propone l’araba fenice, — dice l’avvocato.

— Perchè? Tutto si trova. È questione di avere la vista perspicace. Certo, un giovane con queste belle qualità, che porti stampato sul suo biglietto di visita: Io cerco moglie! rappresenta un tesoro. Ma si trova! E allora lei oltre alla collezione degli antenati, fa anche la collezione dei posteri. E il giorno in cui dovesse chiudere gli occhi, sentirebbe dal suo mausoleo i figli dei figli che fanno caro a lei come lei fa caro ai libri del suo riverito antenato, qui presente.

— Mi pare che lei, cavaliere, sia di temperamento allegro.

— È un dovere, caro avvocato.

*

Ma un forte abbaiamento di cane Leone interruppe il nostro colloquio.

— Mi pare, avvocato, che ci sia un guerriero laggiù al cancello.