In risaia/XX
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XX.
Nel pomeriggio la Nanna stava alla fonte mondando gli ortaggi che la Maddalena doveva portare il domani al mercato, quando Pacifico uscì dalla cucina, ed andò alla fonte anche lui con un paniere, per lavare i cavoli e le zucche affettate, che aveva preparati per la minestra.
— Buondì Nanna, disse immergendo il paniere che si riempì d’acqua e risciacquandovi la verdura.
— Buondì. Fate da massaia eh, Pacifico? rispose la Nanna.
— Ma! Cosa farci? Poichè quello di lassù s’è voluto pigliare la mia, che era tanto buona....
— E lo sapete che mio fratello vuole ammogliarsi? domandò la Nanna interrompendo egoisticamente quello sfogo di dolore vedovile.
— Sì, colla Rosetta di Cerano. Sono io che gliel’ho fatta conoscere. È una bella giovine.
— Chi non lo sa? Sono soltanto le belle che vanno a marito.
— Ma che! ci vanno anche le brutte. Di carne al macello non ne avanza mai.
— Intanto io che sono brutta, non ho trovato nessuno sposo.
— E se ve lo trovassi io, Nanna?
Lei capì che il babbo gli aveva parlato, e si curvò verso la fonte senza rispondere, per dissimulare la gioia che la faceva sorridere suo malgrado.
— Dite, lo pigliereste, se ve lo trovassi, lo sposo? tornò a domandare Pacifico.
La Nanna si curvò maggiormente mordendosi le labbra. Gongolava. Era come un ammalato che torni alla vita dopo una lunga infermità della quale ha creduto morire. Riviveva all’amore, si rivedeva sposa, lei che aveva già perduto ogni speranza.
Pacifico, vedendo che rideva, prese un pezzo di zucca nel paniere e glielo gettò graziosamente tra capo e collo, ripetendo la domanda:
— Dite dunque, Nanna. Lo pigliereste?
— Provate a cercarlo e poi si vedrà, rispose la Nanna facendo la preziosa; e gli sorrise maliziosamente e fuggì in casa.
“Ha già posto gli occhi su qualcuno, pensava. Ecco sono sposa. Non è poi stato difficile come si credeva.
Ma tutta la settimana passò, senza che nessuno le parlasse di sposo. Che si fosse ancora illusa?
Intanto Pietro era sempre di malumore in casa, e stava spesso fuori, ed i vecchi dicevano:
— Bisogna finirla. Quel ragazzo non ha la testa a segno. E la Nanna tornava a vedere il fantasma della cognata, e tremava.
Finalmente, la domenica, uscendo dai vespri, Pacifico s’accostò a Martino con una cert’aria misteriosa che prometteva bene. La Nanna, che era indietro un tratto, s’affrettò per passare accanto agli uomini, nella speranza di cogliere qualche parola.
— Vi ho da parlare, diceva Pacifico. Volete che andiamo a berne un bicchiere?
La Nanna udì, e passò innanzi sogghignando senza guardarli.
— Buondì Nanna, le gridò Pacifico.
Si voltò, rise e tirò via. Il suo cuore esultava. Era sicura che lo sposo c’era. Finalmente non sarebbe più considerata come un rifiuto, diverrebbe una donna come le altre.
Quella sera, quando tutti si ritirarono all’ora della cena, prese il suo piatto di riso, ed andò a sedere in corte, sperando che il babbo andasse a dirle quanto aveva proposto Pacifico. Ma, invece, Martino la lasciò cenare in pace, e quando ebbe finito la chiamò in casa. Quel discorso solenne voleva farlo presente alla famiglia riunita.
— Ebbene, Nanna? le disse. Hai voglia o no di maritarti?
— Oh, per me.... disse la Nanna crollando le spalle e voltandogli il dorso in atto vergognoso; ma le brillavano gli occhi, e si vedeva vagamente dinanzi un giovinotto dall’aria spavalda, con un garofano all’occhiello ed il cappello sull’orecchio. La ragione non basta ad imbrigliare la fantasia.
— Lo sposo ci sarebbe, soggiunse il babbo.
La Nanna si appoggiò coll’immaginazione al braccio del giovinotto, dal lato opposto al cappello ed al garofano, e si ammirò nel suo vestito nuziale di lana e seta cangiante, e sorrise a quell’immagine.
Martino, dopo quelle parole, stava zitto tirando lunghe boccate di fumo dalla pipa. La Nanna era impaziente di saper altro. Si voltò a mezzo, e guardò il babbo sogghignando.
— E così? disse il vecchio.
— Ebbene, dite su, rispose la Nanna.
— Cosa vuoi che ti dica? L’hai pur veduto chi è che m’ha parlato dopo i vespri.
— Pacifico.
— Sì, Pacifico. Dice che con quella bimba da custodire non ha testa al lavoro; ed a lui converrebbe appunto una giovine matura, punto bella, che non avesse grilli in testa, e potesse far da mamma alla sua creaturina.
La Nanna si sentì venir freddo al cuore. Il giovinotto, il garofano, l’abito cangiante, le svanirono dagli occhi, come avvolti in una nube. Si vide brutta, col suo capo senza argento; vecchia accanto a quello sposo vecchio, che la domandava non per sè ma per la sua figliola, per farle fare da matrigna. Vide quelle nozze senz’amori, senza feste ed a due passi da lei, nella stessa corte, la cognata giovine e bella, trionfante nelle pompe e nelle gioie nuziali.
Provò una grande vergogna. Ebbe un gran dispetto contro Pacifico, contro il suo babbo, contro tutti. Proporle di sposare lui stesso, da parte di quel sensale, era quanto dirle:
— Non credo ci sia altri che vi voglia. E per colmo di oltraggio, diceva di pigliarla perchè era matura e punto bella.
La Nanna non era espansiva. Gioia, dolore, dispetto, racchiudeva tutto in sè. Sentì una fitta atroce al cuore, e le si empirono gli occhi di lacrime. Ma non fece altro che tirarsi giù sul volto la pezzuola che aveva in capo, e rimase muta, senza voltarsi, divorando le lacrime.
Martino fece spalluccie ed uscì nel cortile borbottando:
— Non si sa come pigliarla.
Pietro picchiava un piede in terra, e tentennava il capo con dispetto. Ma non disse nulla e continuò a sminuzzare un pezzo di pane col coltello. La mamma s’accostò alla Nanna, la prese per un braccio e le disse:
— Via, vieni qui; parla. Lo vuoi o non lo vuoi?
La Nanna strappò con mal garbo il braccio da quella stretta e gridò:
— Piuttosto morire, guardate, che pigliarmi un vecchio e fare la matrigna!
— Oh senti! disse finalmente Pietro. Pacifico non è punto vecchio. Ha trentasei anni, e tu ne hai ventisette. I signori si sposano sempre così; il marito più vecchio della moglie, magari di dieci anni. E poi Pacifico è un brav’uomo. Cosa vuoi trovare di meglio? È quello che ti conviene.
— Sì eh? Conviene a voi altri perchè se sposo un vedovo il letto lo ha lui, e non avete da rifarmelo. Ebbene, a me non conviene niente affatto.
— E fa come ti pare. Ma ricordati ch’io non voglio star senza moglie pei tuoi capricci. Ora lo sposo l’avresti. Se non lo vuoi, peggio per te.
— Sicuro, entrò a dire Martino, Pietro ha ragione. Di casa non ti si manda via. Ma non posso impedire che tuo fratello si faccia una famiglia. Se Pacifico non ti piace, non lo sposare; però se non andrai d’accordo colla cognata non lagnarti. Sarai stata tu a voler rimanere in casa.
— Io non starò in casa. Andrò a fare la serva a Novara.
— Questo poi no, ribattè Martino con una energia tutta nuova in lui. Di casa mia, nessuno è mai andato a servire. Può darsi che tu trovi ancora da maritarti; e, se troverai, il letto si farà; quello che è giusto è giusto. Altrimenti lavorerai in casa e fuori; ma a servire in città, dove ci sono servitori, soldati, bottegai, tutti sfaccendati che insidiano le ragazze, signora no; non si deve andare.
La Nanna non era donna da prendere una risoluzione da sè. Tenne il broncio per parecchi giorni, e rimase più cupa di prima. Ma stette in casa. Ed il matrimonio di Pietro si concluse; Martino andò con Pacifico a Cerano a domandare la mano della Rosetta. Poi i due sposi coi babbi andarono a Novara a comperar l’oro. La Maddalena fece imbiancare la stanza accanto alla sua, dissopra alla cameretta della Nanna ed al forno, lavò il pavimento e dispose tutto per ricevere il letto e la cassa della sposa.