Il ventre di Napoli (1906)/L'anima di Napoli/Il padre del popolo
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Il padre del popolo
I miei occhi hanno visto l’imponente e toccante spettacolo; e il fremito che danno le cose grandi e sincere, ha sconvolto il mio spirito. Un popolo ha urlato di disperazione, ha gridato di collera, ha pianto di dolore, perchè Ettore Ciccotti non è più deputato di Vicaria: e per tre giorni e tre notti, questo furore di popolo, pieno di singulti e pieno di lacrime, si è espresso nelle forme antiche, puerili e semplici, della rivolta popolare: il sasso raccolto nelle vie suburbane e che fende l’aria, fischiando, il pezzo di legno greggio che non è neppure un bastone ma che difende ed offende, il vaso di fiori lanciato dalla finestretta del tugurio: e un desiderio folle, funebre, di morire, spingendosi avanti, contro le armi cariche e pronte a far fuoco, spingendosi avanti, le donne sotto i piedi dei cavalli dei soldati, cosi, ebbre di morte! Se più tragica, se infinitamente più tragica non fu l’avventura del popolo di Vicaria, si deve al medesimo Ettore Ciccotti che consigliò, a voce, per lettera, la calma, la pace, in nome del profondo vincolo fra lui e questo popolo di Vicaria: si deve alla sua partenza, alla sua assenza, atto di altruismo tenerissimo, con cui si sottrasse al terribile entusiasmo e ne placò, cosi, anche il disegno di rivoluzione e di morte: ancora una volta, egli salvò il quartiere Vicaria dal sangue e dalla strage. E l'ira folle, lentamente, si è sedata, poiché questi possenti impeti delle masse non possono e non debbono aver durata: ed è restato, dovunque serpeggiante, in cento episodii commoventi, il dolore di aver perduto Ettore Ciccotti, come deputato di Vicaria. Nei crocicchi, un organino si ferma e l’uomo dalla manovella, comincia a macinare una musica bizzarra: un altr’uomo canta: e la canzone parla di Ciccotti, il padre del popolo, e tutti si mettono a cantare, un coro, crescendo la folla: delle cartoline col ritratto di Ciccotti circolano, fra la gente: le donne le afferrano, le baciano, le conservano nel seno. Un venditore di giornali passa, è un vecchio: ha la testa fasciata: fu ferito, in una di quelle notti: e camminando a passo lento, con voce fioca, grida il giornale e aggiunge, come ritornello: ann’acciso u padre nostro Ciccottù In un angolo di Porta Capuana, una donna parla, fra un gruppo di donne: è eccitata, ha le lacrime agli occhi, narrando non so quale benefizio che ella ebbe da Ciccotti: e le altre, a poco a poco, si mettono a gemere, intorno: e come se qualcuno fosse morto, esse esclamano: avimmo perdute nu patre, nu patre. Altrove, un uomo vestito bene, un signore, infine, ma noto nel quartiere, è circondato da altre donne, che gli raccontano le loro disgrazie, ed egli ascolta, pensoso, crollando il capo: e il ritornello, più malinconico, più triste, ricomincia, ancora: ce l’hanno levato, signò, ce l'hanno levato. Entrate, non nelle botteghe della borghesia di Vicaria, ma nei bassi di san Giovanni a Carbonara, di via Santi Apostoli, delle traverse del Nuovo Corso Garibaldi, di Porta Capuana, e in ognuna di quelle tane ove manca l’aria e manca la luce e ove il popolo napoletano vive, per colpa dei suoi mali governanti, come se non fosse uomini e non fosse cristiani, e voi troverete il ritratto di Ettore Ciccotti, accanto a quello della Madonna. Nominate a uno di quei popolani, a una di quelle donne, quest'uomo: e vedrete il volto loro infiammarsi ed esaltarsi, poiché voi avrete loro nominato il padre, non quello che dette loro la natura, ma il padre della loro miseria, della loro abbiezione, del loro dolore!
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E costoro, in Vicaria, non sono elettori: sono popolo. E un'altra cosa. È una folla di sventurati che sono nati con le mille eredità del morbo, della povertà e del vizio e per cui nulla e nessuno si mosse mai, perchè questi sventurati fossero, in nome di Dio, in nome della natura, considerati come fratelli, più infelici, più disgraziati ma fratelli; sono sventurati, a cui nessuno pensò di dar pane e lavoro, poiché prima che il pane e il lavoro giungano sino ad essi, mille ladri eleganti lo debbono sottrarre o taglieggiare : sono sventurati a cui nessuno dà una scuola, poiché i signori del Comune delirano per gittare un milione a una società, che sta per fallire e non provvedono, a che le scuole sieno aperte: sono sventurati a cui il lavoro pesa, sulla vita, raro a trovarsi, difficile a durare, malissimo compensato, precario, incerto, irrisorio: sono sventurati che, spesso, vengono dal crimine o ci vanno, ma non per colpa loro, per colpa di tutta un’altra società, cieca, sorda, indifferente, dura come una roccia.
Non elettori! Popolo: popolo vero, folto, oscuro, a masse paurose, con volti ove si manifestano gli stenti e le tristezze, con voci roche, velate dalla fame e dalle malattie, con i germi ereditarii che un atavismo, ahi, di povertà, vi mise, con gli istinti del male esaltati dalla lunga esistenza di miserie e di pianto, con l’inclinazione al male, sì, al male, che vi pose questo centennale e crudele abbandono ostinato della loro truce sorte; e la Società infame si vela gli occhi per non vedere questo popolo e fugge via, per obbliarne l’esistenza e crede che la fuga sia la salvezza. Oh voi non fuggiste, Cristo Signore, questo popolo che, nel tempo dei tempi, era oppresso da ogni male e schiacciato dai possenti e dai protervi! Voi lo cercaste, dapertutto: ovunque vi fosse un misero, un sofferente, un peccatore, un malato, un criminale, voi gli tendeste la mano, lo abbracciaste, lo chiamaste figliuolo: voi lasciaste che la donna del male, emblema, di tutte le peccatrici, di tutte le criminali, si curvasse ai vostri {{a destra|13|2em} piedi, domandando perdono e perdonaste, in lei, tutti i peccati delle povere creature muliebri, fiacche, caduche, fragili e che la virtù non le sorregge.
Ah voi non fuggite, questo popolo, o Leone Tolstoi, o il più cristiano fra i cristiani, voi che avete salutato, come fratelli, solo quelli che soffrono, voi che avete rinfacciato alla società ipocrita e perversa tutti i suoi inganni e tutte le sue infamie, voi che siete sceso in mezzo a tutti i disgraziati e le disgraziate, e solo essi, nei vostri libri, salirono all'onore della vostra pietà e della vostra tenerezza. Padre del popolo, era il Signor Nostro Gesù: e padre fu ognuno che disprezzò i ricchi e i malvagi e che curò le piaghe fisiche e morali degli infelici: e padre sarà chiamato, nella vita nostra, chi si curerà solo di asciugar le lacrime di chi piange, di sollevar le anime depresse, di ridare una coscienza morale a coloro che l’ebbero distrutta, dal loro destino. Questo nome di padre ìl popolo di Vicaria lo ha dato ad Ettore Ciccotti, perchè egli non ha messo le mani sui suoi occhi, per non vedere l’orrore di quelle esistenze, perchè egli non è fuggito, via, compreso da un senso di terrore e d’impotenza: perchè egli è restato, coraggioso, paziente, indulgente, dove consolante, dove beneficante, dove cercando di rialzare lo spirito, dove soccorrendo il corpo: perchè egli ha avuto pietà, ma non una pietà pomposa e oltraggiosa, non una pietà sterile e infeconda, ma una pietà umile e fraterna, ma una pietà efficace e operosa, ma una pietà civile e gentile. Mille volte, questo popolo di Vicaria obbliato, abbandonato, tradito, ha trovato in Ettore Ciccotti non l'ipocrita che mette mano al portafogli e dà due lire, e compera due lire di tranquillità di coscienza, ma un cuore paterno, pieno di quella celestiale indulgenza che è la forza dei soggiogatori del popolo, ma un’anima virile che, nell’istesso tempo, ha detto la parola che solleva e ha prestato l’opera che redime, che ha consolato il dolore e ha aperto gli spiriti alla speranza di una vita più cosciente e più civile. Non vi stupite se le donne violenti di Porta Capuana e le male donne di via Martiri d’Otranto lo adorino! Così la Maddalena adorò Cristo: così la Maslova, perduta e criminale, adorò Tolstoi. Il vincolo sociale è fondato sull’alta e nobile e riabilitante carità fraterna: il miracolo sociale, è creato solo da un sublime e ardente sentimento di pietà e di amore. E che gli importa di esser deputato di Vicaria a Ettore Ciccotti? L’uomo, in lui, è superiore a questa carica tenuta, spesso da gente vile o sciocca. La beltà della sua anima non soffre miscela di ambizione puerile: egli non è un arrivista: il socialismo non gli è servito per emergere: per cento altre forze intellettuali e morali, che sono in lui, egli sarebbe emerso. E non fu sempre socialista: e la sua storia della sua via di Damasco, tutta a onor suo, è il romanzo di uno spirito retto e puro che si ribella, d’un colpo solo, alla infamia sociale, in tutti i ceti, infamia che non colpisce lui, ma chi sta intorno a lui: è la ribellione onesta e impetuosa di un altruista.
Sia, sia, sempre il padre del popolo di Vicaria, Ettore Ciccotti! Non dimentichi questo popolo che egli ha amato, che lo ama: non lo abbandoni, di nuovo, alla sua sorte tetra e truce: apporti, egli, la luce della parola, la bellezza dell’esempio, la efficacia dell’azione a quella gente sventurata che, pure, è umana, è cristiana, ha i segni della intelligenza e del sentimento, nella persona. A ciò, non serve esser deputato. E, forse, domani, Ettore Ciccotti lo sarà di nuovo, se il giovine patrizio che ne prese il posto, non si decida, e forse è capace di farlo, a diventare, di Ettore Ciccotti, scolaro, cooperatore, fratello, in quartiere Vicaria. Il titolo di padre, è così bello, è così degno! Niuno che lo pronunzii, senza esserne commosso: ed in bocca a un popolo, esso significa preghiera e benedizione.
Napoli, Novembre del 1904.