Il mondo della luna/Atto III

Atto III

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Atto II Nota storica
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ATTO TERZO.

SCENA PRIMA.

Camera in casa di Ecclitico con tre sedie.

Lisetta con Paggi.

Olà paggi, staffieri,

Camerieri, braccieri,
Datemi da sedere. Arricordatevi 1
CH’io son la monarchessa.
Voglio esser2 obbedita e rispettata,
E se farete ben, vi sarò grata.
Sopra tutto avvertite
Di nulla riportarmi
Di quel che fa il mio sposo;
E nulla a lui mai riportar di me,
Mentre ognuno di noi pensa per sè.
Avete a dormir poco,
Avete a mangiar freddo;
E nell’ore dell’ozio
Vuò che l’astrologia tutti studiate,
Acciò saper possiate
Quello che far vi tocca,
Senza che a comandarvi apra la bocca.
Se qualchedun sospira
Per le bellezze mie, ditelo in modo
Di non (armi arrossir. Se la fortuna
Aiutar vi vorrà con delle mancie,
Un occhio serrerò,
Nè la vostra fortuna impedirò.
Ma che vedo? Son qui le mie padrone?
Che padrone? son io la Maestà;
Mi metterò in contegno e gravità.

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SCENA II.

Flaminia, Clarice e detta.

Flaminia. (Divertiamoci un poco). (a Clarice

Clarice.   (È tanto sciocca,
Che il sognato piacer si gode in pace).
Flaminia. (Facilmente si crede a quel che piace).
Lisetta. (Che dicono? Che fanno?
All’uso femminil, mormoreranno).
Flaminia. Signora, mi consolo,
Della vostra fortuna.
Lisetta.   Vi ringrazio.
Clarice. Me ne consolo anch’io.
Viva vostra Maestà.
Lisetta.   Ragazze, addio.
Flaminia. Si ricorda, signora,
Quand’era nostra serva?
Lisetta.   State zitta.
Del nostro primo mondo mi scordai,
Come se non ci fossi stata mai.
Clarice. Quest’è l’uso comune;
Chi sorte ha migliorato,
Non si ricorda più del primo stato.
Lisetta. Come vi piace il Mondo della Luna?
Flaminia. È bello, è bello assai.
Lisetta.   Sediamo un poco.
Clarice. Lei ci fa troppo onore.
Lisetta. Sì, sì, vi voglio far questo favore.
Flaminia. (E ridicola invero).
Clarice.   (Io me la godo).
Mi favorisca, lei
È provveduta ancor di cicisbei?
Lisetta. Oh, che diamine dite?
Oggi ho preso marito.
Clarice.   In questo mondo,

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Per quel che m’hanno detto,

Insegna della luna il galateo
Essere posto in uso il cicisbeo.
Flaminia. Quest’è comune usanza;
E saria il non averlo una increanza.
Lisetta. Ma il marito?
Clarice.   Il marito,
Fra i lunatici umori il più corrente,
Tacerà, soffrirà, non dirà niente.
Flaminia. Il lunar cicisbeo
Pria che siate levata,
Verrà a bever da voi la cioccolata.
Lisetta. E il marito?
Clarice.   E il marito
Col medesimo gioco
Andrà a beveria anch’egli in altro loco.
Lisetta. Ma io che son novella,
Trovarmi non saprei
Di questi cicisbei.
Clarice.   Fate così:
Ditelo al vostro sposo.
Un marito amoroso
Alla moglie prudente
Trova egli stesso il cavalier servente.
  Un parigin che serva
  Per mera civiltà,
  Col suo servir conserva
  Le leggi d’onestà.
  Guardatevi da quelli
  Che voglion comandar.
  Già so che m’intendete,
  Nè voglio mormorar.
  Vi basti un solo laccio,
  Che è quel del vostro sposo,
  Fuggite il duro impaccio

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  D’un cicisbeo geloso.

  Se docile è il servente,
  Si puole sopportar;
  Ma quando è impertinente,
  Si manda a far squartar. (parte

SCENA III.

Flaminia e Lisetta.

Flaminia. Possibile, o Lisetta,

Che ti lasci acciecar dall’ambizione?
E non vedi che questa è una illusione?
Lisetta. Olà, come parlate? (si alza
Flaminia. Si fan delle risate
A causa della tua sciocca credenza.
Lisetta. Cos’è questa insolenza?
Lo so che per invidia voi parlate.
Io sono imperatrice, e voi crepate.
Flaminia. Tu sei pazza...
Lisetta.   Tacete.
Flaminia. Lo vedrai...
Lisetta.   Non v’ascolto.
Flaminia. Cecco è l’imperator.
Lisetta.   No, non è vero.
Flaminia. Il lunatico impero
Terminerà in fischiate.
Lisetta. Io sono imperatrice, e voi crepate.
Flaminia.   Ah pur troppo il nostro core
  Che mal regge i propri affetti,
  Ingannar da falsi oggetti
  Sempre mai si lascierà.
  Or la gioia, or il dolore,
  Forsennato in se comprende,
  Ma nè l’un, nè l'altra intende,
  E scoprire il ver non sa. (parte

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SCENA IV.

Lisetta sola.

Oh guardate, garbata signorina!

Con me che son regina e monarchessa,
Voler venir a far la dottoressa?
Ma pur troppo è così. Quando si dona
A certa gente bassa
Un po’ di confidenza,
Convien sempre temer qualche insolenza:
E poi, e poi l’invidia
È il vizio che a costoro il cor martella;
Or di questa, or di quella,
Si mormora da loro a più non posso,
E si taglian agli altri i panni addosso.
  Quando si trovano
  Le basse femmine,
  Dicono, parlano
  Sempre così:
  Ehi, non sapete?
  Nina l’ha fatta.
  Che cosa dite?
  Lilla fuggì.
  Le triste femmine
  Sono così.
  Ma di quel numero
  Io non voglio essere 3.
  Son fatta nobile,
  E il basso spirito
  Da me svanì.

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SCENA V.

Sala in casa di Ecclitico con piccolo tempio in prospetto, illuminato, con la statua di Diana e trono da un lato.

Ecclitico, Bonafede, Cecco da imperatore, Ernesto,
e seguito di Cavalieri e Servi.

Cecco. O uomo sublunare4,

In questo nostro mondo
Le figlie, quando sono da marito,
Si maritano tosto, e non si aspetta,
Come talor nel vostro mondo usate,
Che le femmine sian quasi invecchiate.
Bonafede. Eh signor, le mie figlie
Son pure ed innocenti.
Cecco.   E pur si dice
Che le femmine vostre
Nascon laggiù colla malizia in corpo.
Ecclitico. È vero, dite bene;
Appena una ragazza sa parlare,
Principia a ricercare
Cosa vuol dir sta cosa, e poi quest’altra,
E con il praticar diventa scaltra.
Le fanciulle alla moda
Sanno dove che il diavolo ha la coda.
Bonafede. Ma Flaminia non sa, non sa Clarice
Distinguer dalla rapa la radice.
Cecco. Orsù, se queste figlie
Hanno da star quassù,
Maritarle conviene,
Altrimenti così non stanno bene.
Bonafede. Io mi rimetto a quello che farà
Vostra più che lunare Maestà.
Eccunco. Ecco, viene Flaminia, ecco Clarice,
Corteggiando la nostra imperatrice.

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SCENA ULTIMA.

  Tutti.

Lisetta. Brave, brave ragazze, mi piacete.
Se voi mi servirete,
La mancia vi darò,
E quanto prima vi mariterò.
Cecco. Sposa, venite in trono;
Se vostro sposo io sono,
Vuò che siam promotori e testimoni
Di due altri felici matrimoni. (in trono con Lisetta
Espero, a voi destino (ad Ernesto
Flaminia per consorte.
La prenderete voi?
Ernesto.   S), mio signore,
Lieto la sposerò con tutto il core.
Cecco. E voi, Flaminia bella,
Siete di ciò contenta?
Flaminia.   Contentissima.
Ernesto. Sposa mia dilettissima.
Flaminia. Adorato consorte.
a due   Oh (elice momento! I oh lieta sorte!
Ernesto.   Cara, ti stringo al seno.
Flaminia.   Caro, già tu sei mio.

a due 6em

Oh che contento, oh Dio!
     Ah che mi balza in petto
     Tutto brillante il cor!

Bonafede. Oh figlia, oh sangue mio,

Nel vederti gioir, giubilo anch’io.
Cecco. Ecclitico, a voi tocca
Render lieta e felice
Con i vostri sponsali anco Clarice.
Ecclitico. Eccomi, pronto io sono,
E della destra sua sospiro il dono.
Cecco. Clarice, il prenderete?

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Clarice.   E perchè no?

Anzi con tutto il cor lo prenderò.
Ecclitico. Ecco la mano.
Clarice.   E con la mano il core.
a due Oh felice fortuna! oh lieto amore 1
Ecclitico.   Sposina mia cara.
Clarice.   Sposino diletto.
Ecclitico.   Mi sento nel petto
  Il core balzar.
Clarice.   La gioia, l’affetto
  Mi fa giubilar,

a due 6em

Ohimè, che contento!
     Ohimè, cosa sento?
     Non posso più star.

Bonafede. Cara la mia figliola,

Il vederti contenta mi consola.
Cecco. Bonafede, che dite?
Siete di ciò contento?
Bonafede.   Anzi ho piacere,
Che sian le mie figliole maritate.
Cecco. Voi stesso l’approvate?
Bonafede.   Signor sì...
Cecco. Quando dunque è così,
Per maggior sussistenza
Del loro matrimonio,
Acciò non si rendesse un giorno vano,
Congiungetele voi di vostra mano.
Bonafede. Sì signor, dite bene.
Questa funzione al genitor conviene.
  Qua la mano, qua la mano, (a Flaminia ed Ernesto
  Io v’unisco in matrimonio.
  Stia lontano quel demonio
  Che si chiama gelosia.
  Lunga vita il Ciel vi dia,
  E figlioli in quantità.

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  Qua la mano, qua la mano; (ad Ecclitico e Clarice

  Vi congiungo, e sposi siete.
  State uniti, se potete;
  Fra voi altri non gridate,
  E al dovere non mancate
  Della vostra fedeltà.
Cecco. Orsù, tutto è finito. (s’alza
Son fatti i matrimoni.
Bonafede è contento,
Voi siete soddisfatti.
Ognun vada a goder la sua fortuna,
E bisogno non v’è più d’altra luna.
Ecclitico. Sì, sì, voi dite bene.
Or che siam maritati,
Or ch’è ognuno di noi lieto e giocondo,
Tornar tutti possiamo5 al nostro mondo.
Ernesto. Al mondo ritorniamo,
E grazie a Bonafede noi rendiamo.
Bonafede. Come? che cosa dite?
Intendervi non so.
Cecco. Meglio dunque con voi mi spiegherò.
  Bonafede tondo tondo.
  Come il cerchio della luna,
  Ritornate all’altro mondo
  A cercar miglior fortuna.
Ecclitico.   E le vostre donne belle
  Resteranno qui con noi,
  Maritate con tre stelle,
  Che son furbe più di voi.
Ernesto.   Signor suocero garbato,
  Non son stella, qual credete;
  Benchè in stella trasformato,
  So che voi mi conoscete.

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Bonafede.   Ah bricconi, v’ho capito,

  Son da tutti assassinato;
  Ma tu sei che m’ha tradito, (ad Ecclitico
  Canocchiale disgraziato.
Lisetta.   È finito tutto il chiasso
  Per me, povera meschina.
  Lascio il trono e vengo a basso,
  Che mi attende la cucina.
  Tutti.
  Questo è quello che succede
  A chi vuol cambiar fortuna:
  Tutto spera, e tutto crede
  Nelle stelle e nella luna;
  Ma alla fin si pentirà,
  Chi lunatico sarà.


Fine del Dramma.


Note

  1. Guibert - Orgeas e Zatta: Ricordatevi.
  2. Fenzo e Tevernin: Vogl’esser.
  3. Nelle stampe del settecento: vogl’essere.
  4. Nelle stampe del settecento si legge soltanto: Uomo sublunare.
  5. Fenzo e Tevernin: potiam.