XIX - La mitragliatrice e i gigli

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XIX - La mitragliatrice e i gigli
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Capitolo XIX.

La mitragliatrice e i gigli.

Ma ormai venuto era il tempo della prima comunione per la piccola scimmia. Ella intanto, con le altre bimbe del vicinato, andava il dì dalle monache, in un vecchio convento di San Girolamo, a riempirsi di cibo spirituale, e tornava a casa la sera, piena di fame. Parlava delle monache e dei racconti delle monache. Esse usavano certi nomi.... L’orologio era la clèpsidra; la superiora era la camerlenga; una vecchia, color di cera, era la sepolta viva, e non sapeva nemmeno cosa era il tram. Facevano però grandi torte e ne davano qualche fettina.

«Le torte delle monache! — diceva con ammirazione la signora Alice. — Tutte cose fanno le monache! Si levano avanti il dì».

Dove aveva visto anche Beatus le monache? le mani gigliate delle monache fuor [p. 149 modifica]dalle maniche rimboccate? In qualche ospedale. E le torte delle monache? Si ricordava di aver letto che a Palermo le monacelle di Santa Rosalia offerivano torte a Garibaldi, dalla camicia rossa.

La scimmietta riferiva anche i racconti delle monache: racconti di diavoli, di inferno, di dannati, e specialmente di quelle lagrime così cocenti che se cadono sul palmo di una mano, la passano da parte a parte perchè sono di piombo fuso.

Sono superstizioni disapprovate dai pedagogisti; ma la signora Alice, invece, era soddisfatta come di una purga di olio da cui sperava benefici effetti. «Perchè — diceva — la Elena si va un po’ smaliziando. Già plebe è nata, plebe è, e plebe rimarrà».

La bimba, infatti, parlava dei diavoli senza troppa paura.

Forse il difetto di questi diavoli delle monache è che erano onesti diavoli, perchè perseguitavano soltanto i veri peccatori. [p. 150 modifica]

Ora quella mattina della prima comunione, Beatus era da tempo nel suo studio. Si vedeva il sole nascere in una chiarità di rosa: si sentiva nello studio una piccola sveglia.

Quel cosino con tutte quelle rotelline camminava disperatamente.

Si arrestò Beatus per ascoltare il rumore di quel cosino come lo udisse per la prima volta. Pareva andare sempre più disperatamente. Pareva la macchina trebbiatrice del tempo!

Allora Beatus mise fuori di equilibrio la sveglia, e la sveglia si fermò.

Il tempo si fermò.

E guardando i grandi uomini appesi alle pareti, Beatus domandò: «Foste voi, fummo noi a creare il tempo? Certo questo cosino meccanico che rode il tempo, lo abbiamo creato noi».

Rimise in equilibrio la sveglia; e la piccola macchina riprese, come un tarlo famelico, a rodere il tempo.

E così stando, Beatus sentì nel gran silenzio [p. 151 modifica]del mattino un altro rumore simile a quello della sveglia; ma più profondo e lontano.

Era un ritmo crescente, come di un mostruoso cuore: un aeroplano, lontano, nel cielo.

«Lassù c’è un uomo con una mitragliatrice».

Ma quello che più stupiva Beatus, era come un motore potesse così rimbombare nel cielo. E tutto il cielo stupiva.

E allora si ricordò di colui che fu il più grande ingegnere meccanico, ma aveva paura di fabbricare macchine per gli uomini; e in quella vece dipinse Cristo con le pupille velate.

A questo punto una vocina dietro la porta interruppe Beatus e disse:

— Si può?

Erano le bimbette per la prima comunione.

E prima entrò la scimmietta, e dietro lei due compagne più piccole. Erano vestite di bianco, il velo bianco, la corona bianca. Entrarono timidamente, senza far rumore, perchè avevano le scarpine bianche. Davano la sensazione di cose immateriali. [p. 152 modifica]

— Attente, bimbe, attente — disse Beatus.

Le bimbe girarono gli occhi per vedere dove era il pericolo.

Egli voleva dire: «quei grandi uomini, quei grandi pensieri; pericolo di infezione, di rimaner fulminati». Le fronti dei grandi uomini sono come i tralicci che sostengono i fili elettrici. Bisogna scriverci: Morte!

Le bimbe si fermarono in mezzo allo studio.

La scimmietta, sotto quel velo bianco, nascondeva un po’ il suo volto color di mattone. Ma le altre due bimbe come erano belle! Le chiome pallide d’oro cadevano sparse sotto i veli come una continuazione del loro essere. E gli occhi erano azzurri e così liquidi che facevano quasi pietà. Beatus le guardò stupefatto, come se la stanza si fosse riempita di immobili gigli.

Le due bimbette bionde stavano pavide e volgevano con stupore gli occhi su le pareti, dove erano sospesi i volti siderei dei benefattori dell’umanità. Poi guardavano il pappagallo verde.

— Siamo pronte, signo’ — disse la scimmietta.

— E queste chi sono? [p. 153 modifica]

— Sono le figlie di una signora che abita qui presso. Loro hanno paura, perchè credono proprio di dover mangiare il Signore. C’era poi la monaca che diceva che, se si muore dopo la comunione, si va subito in paradiso; ed esse volevano morire. Oh, sono ancora bambine, bambine.

Beatus guardò le due bimbe, e poi domandò:

— È vero, bimbe, che volevate morire?

— Allora sì, adesso no — disse una, movendo appena le labbra.

— Oh, brave bimbe! — disse Beatus. — Voi non volete lasciare la mamma....

— Ma — disse l’altra bimba — , avremmo veduto il babbo, che è in paradiso.

— Hanno il babbo che è morto in guerra — disse subito la scimmietta.

E allora Beatus si risovvenne di quelle parole, che il bellissimo giovane avea detto: che lui non si poteva permettere il lusso di morir per l’Italia.

Ah, la storia d’Italia è fatta dagli innocenti! [p. 154 modifica]

Entrò Scolastica, ma non era vestita per uscire. Accomodava in silenzio il velo e la corona alle bimbe.

Con quel ventre si accostava alle due bimbe!

E la scimmietta si accostò a Beatus, e disse in gran segretezza:

— Signo’, anche Scolastica tiene il fidanzato.

— Che ne sai tu?

— Tiene la creatura nella pancia. Non vedete?

Ma entrò la signora Alice.

Era tutta in festa, e aveva un cappello che pareva un girasole.

Cavalie’, e voi che fate? — disse la signora Alice. — Voi credete sempre che il tempo non passi mai. Sono le otto. Presto, andatevi a vestire.

— Devo venire anch’io?

— Ma come? L’avete promesso a queste figliuole. Dopo dovete pagare la festa.

Beatus andò di là a vestirsi, e tornò con [p. 155 modifica]una redingote nuova con risvolti di seta, lunga sì che pareva una toga.

— Ma come è bello quest’uomo! — disse la signora Alice.

La personcina nera di lui spiccava in fatti fra quelle bambine bianche.

— E quella donna non viene? — domandò Beatus quando furono sul limitare.

— E che deve venire a fare, la disgraziata, con quella pancia che tiene? — Così rispose la signora Alice. — E voi due, avanti. E tu, Elena, con me.

Pareva la signora Alice la gran madre Cibele.