Il guarany/Conclusione/Capitolo I
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CAPITOLO I.
LA DESOLATA.
Quando il sole, alzandosi sull’orizzonte, illuminò la natura colla sua splendida luce, un monte di rovine copriva le sponde del Paquequer.
Grossi massi di roccia, schiantati d’un colpo, vedeansi seminati per la campagna, come fosser stati divelti dal martello gigantesco di qualche nuovo ciclope.
L’eminenza su cui ergevasi la casa era scomparsa, e al suo luogo scorgeasi soltanto una larga spaccatura, somigliante al cratere di alcun vulcano sotterraneo.
Gli alberi sterpati dalle loro barbicaie, la terra sconvolta, la negra cenere che copriva la foresta, annunziavano esser colà avvenuto alcuno di quei spaventosi cataclismi, che si lasciano dietro la morte e la distruzione.
Qua e là fra i ruderi di quella rovina aggravasi qualche Indiana, avanzo della tribù degli Aimorè, rimasta per piangere la sorte de’ suoi e recare alle altre tribù la nuova di tanta vendetta.
Chi si fosse librato allora su quella solitudine, e avesse gettato lo sguardo (se l’occhio potesse aggiungere alla distanza di molte leghe) pei vasti orizzonti che gli s’aprian dintorno, avrebbe scorto in lontananza, sulla superficie del Parahyba, passar rapidamente una forma vaga e confusa.
Era la piroga di Pery, che sospinta dal remo e dalla brezza mattutina correva con una celerità spaventosa, come ombra che s’invola ai primi albori del giorno.
Per tutta la notte l’Indiano avea remato senza posare un istante; non ignorava che don Antonio de Mariz nella sua terribile vendetta avea sterminato la tribù degli Aimorè, ma desiderava allontanarsi dal teatro della catastrofe, e approssimarsi ai suoi luoghi nativi.
Non era il sentimento di patria, sempre tanto potente nel cuore dell’uomo; non era il desiderio di vedere la sua capanna inchinata sulla riva del fiume, e abbracciar la madre e i fratelli, il pensiero che lo dominava in quell’istante, e gl’infondeva quell’ardore e quell’entusiasmo straordinario.
Bensì l’idea di salvare la sua signora e compiere il giuramento fatto al vecchio fidalgo; era il senso d’orgoglio che s’impadroniva di lui, pensando che era bastato il suo coraggio e la sua forza per vincere tutti gli ostacoli, e mandar ad effetto la missione di cui s’era incaricato.
Quando il sole, nel mezzo del suo corso, versava torrenti di luce su quel vasto deserto, Pery si accorse che era tempo di riparar Cecilia da quei raggi cocenti; e fece approdar la piroga alla riva del fiume all’ombra di un padiglione di alberi.
La fanciulla, avvolta nel suo manto di seta, col capo appoggiato sulla prora della barchetta, dormiva ancora lo stesso sonno tranquillo della sera; il colore del volto avea fatto ritorno, e sotto la bianchezza trasparente della cute splendeva quel roseo incarnato, quel colorito soave, che solo la natura, artefice sublime, sa creare.
Pery prese la piroga tra le braccia, come fosse una cuna, e la posò sull’erba che copriva la sponda del fiume; dipoi si assise da lato, cogli occhi fissi sopra Cecilia, aspettando che si destasse da quel sonno prolungato, che cominciava ad inquietarlo.
Tremava al pensiero del cordoglio che proverebbe la fanciulla apprendendo la sventura di cui egli era stato testimonio la sera innanzi; e non si sentiva bastante forza per rispondere al primo sguardo di stupore, che essa getterebbe attorno di sè, tosto che si svegliasse nel mezzo del deserto.
Finchè durò il sonno, Pery, col braccio appoggiato alla sponda della piroga e il corpo chino sul volto della fanciulla, attendendo con ansietà il momento che desiderava e temeva al tempo stesso, vigilava sopra di lei con una premura e una sollecitudine ammirabile.
La madre più amorosa non avrebbe vegliato tanto sul suo figliuolo, come quell’amico devoto sulla sua signora; un raggio di sole, che insinuandosi tra le frondi si posasse sul volto della fanciulla, un uccelletto che cantasse sul ramo di un arboscello, un insetto che saltellasse sull’erba, tutto egli allontanava per non turbare il riposo di lei.
Ogni minuto che passava era una nuova inquietudine per lui; ma era pure un istante di più di quiete e di tranquillità per la fanciulla, che tarderebbe a sapere la disgrazia da cui era colpita, e che l’orbava della sua famiglia.
Un lungo sospiro fece rialzare il seno di Cecilia; i suoi vaghi occhi azzurri si aprirono e si chiusero di nuovo, abbarbagliati dal chiarore del giorno; passò la mano dilicata sulle palpebre rosate come per fugarne il sonno, e il suo sguardo limpido e soave venne a posarsi sul volto di Pery.
Mandò un lieve grido di gioia, e alzandosi a sedere con vivacità, gettò un’occhiata di meraviglia e di stupore attorno a quella specie di padiglione di verzura che la circondava; pareva che interrogasse gli alberi, il fiume, il cielo, gli uccelli; ma ogni cosa era muto.
Pery non ardiva proferire una parola; scorgeva quanto avveniva nell’animo della sua signora, e non avea il coraggio di pronunziare la prima lettera di quell’enigma, che per certo non indugerebbe a comprendere.
Alla fine la fanciulla, abbassando la vista per vedere ove stava, si accorse della piroga, e gettando un’occhiata rapida per l’ampio letto del Parahyba, che scorreva lentamente per la foresta, si fece bianca come i lini delle sue vesti.
Si volse verso l’Indiano cogli occhi spalancati, le labbra tremanti, la respirazione repressa, il seno affannoso, e supplicando colle mani giunte:
— Padre mio!... padre mio!... sclamò ella singhiozzando.
Il selvaggio lasciò cadere il capo sul petto e si nascose il volto tra le mani.
— Morto!... Mia madre pur morta!... Tutti morti!..
E vinta dal dolore, la fanciulla strinse convulsivamente il seno che le scoppiava pe’ singhiozzi, e chinandosi come lo stelo dilicato di uno di que’ fiori che crescevano in riva all’acqua, lasciò scorrere liberamente le sue lacrime.
— Pery non potè salvar che te sola, signora! mormorò l’Indiano tristamente.
Cecilia rizzò alteramente il capo.
— Perchè non mi lasciasti morire co’ miei?... sclamò ella come presa da accesso febbrile. Ti chiesi forse di salvarmi? Abbisognava de’ tuoi servigi?...
Il suo volto vestissi d’un’espressione di energia straordinaria.
— Conducimi al luogo ove giace il corpo di mio padre. Colà deve rimanere sua figlia... Poscia puoi partire!... Non ho bisogno di te.
Pery trasalì.
— Ascolta, signora... balbettò egli in tuono sommesso.
La fanciulla gli avventò uno sguardo tanto imperioso, tanto sovrano, che l’Indiano ammutolì, e volgendo la faccia ascose le lagrime che gli bagnavano il viso.
Cecilia camminò fino alla riva del fiume, e cogli occhi tesi verso l’orizzonte, che supponeva ascondere il luogo di sua antica dimora, inginocchiossi e fece un’orazione lunga e ardente.
Quando si alzò era più calma; il suo dolore era stato mitigato da quel conforto sublime della religione, da quella dolcezza e soavità che infonde ne’ cuori la speranza di una vita celeste, che riunisce coloro che si amarono sulla terra.
Allora potè riflettere sopra l’accaduto della sera innanzi; e procurò di ricordarsi le circostanze, che aveano preceduto la morte della sua famiglia.
Ma tutte le sue rimembranze non giungevano che fino al punto, in cui già mezzo addormentata parlava a Pery, e proferiva quella parola ingenua e innocente che l’era sfuggita dall’intimo dell’anima.
— Piuttosto morire come Isabella!
Ricordandosi di queste parole arrossì, e vedendosi sola nel deserto con Pery provò un’inquietudine vaga, indefinita; un senso di timore e di affanno, di cui non sapea rendersi ragione.
Sarebbe per avventura quella subitanea diffidenza proveniente dalla collera ond’era stata assalita, all’accorgersi che l’Indiano l’avea scampata da morte e sottratta alla disgrazia, da cui tutta la sua famiglia era stata colpita?
No; non era quella la causa; al contrario Cecilia conosceva che sarebbe ingiusta col suo amico, che forse avea fatto l’impossibile per lei; e se non fosse stata quella tema istintiva, che involontariamente s’impadroniva della sua anima, già lo avrìa chiamato per chiedergli perdono di quelle parole dure e crudeli.
La fanciulla alzò gli occhi timidi, e incontrò quelli mesti e supplichevoli di Pery; non potè resistere, dimenticò la sua ambascia, e un dolce sorriso le volò dalle labbra.
— Pery!...
L’Indiano trasalì, ma questa volta di allegrezza e di contento; venne a cadere ai piedi della sua signora, che di nuovo trovava buona qual’era sempre stata.
— Perdona a Pery, signora!
— Sei tu che devi perdonarmi, perchè ti feci soffrire; non è così? Ma ben lo sai!... Non poteva abbandonare il mio povero padre!
— Fu egli che comandò a Pery di salvarti! disse l’Indiano.
— Come? sclamò la fanciulla. Raccontami, amico mio!
L’Indiano fece la descrizione della scena della notte scorsa, dal punto che Cecilia si era addormentata fino a quando la casa saltò in aria per l’accensione delle polveri, lasciando appena un monte di rovine.
Raccontò che avea preparato ogni cosa per la fuga di don Antonio de Mariz, affinchè salvasse Cecilia; ma che il fìdalgo avea ricusato col dire che la sua lealtà e il suo onore gli comandavano di morire al suo posto.
— Mio nobil padre! mormorò la fanciulla tergendosi le lagrime.
Vi ebbe un istante di silenzio, dopo il quale Pery concluse il suo racconto, riferendole che don Antonio de Mariz gli avea dato il battesimo e affidata la salvezza di sua figlia.
— Tu sei cristiano, Pery?... sclamò la fanciulla, ne’ cui occhi si pinse una gioia ineffabile.
— Sì; tuo padre disse: «Pery tu sei cristiano; ti do il mio nome!»
— Obbligata, Dio mio, disse la fanciulla giugnendo le mani e alzando gli occhi al cielo.
Dipoi, quasi vergognando di quel moto spontaneo, si ascose il volto nelle mani; il rossore che coperse le sue guancie tinse di un certo color di rosa le linee pure del suo morbido collo.
Pery alzossi, e andò a raccogliere alcuni frutti dilicati, che servirono a ristorare la sua signora.
Il sole avea alquanto rimesso della sua forza, era tempo di continuare il viaggio e giovarsi della freschezza della sera per vincere la distanza, che lo separava dalla dimora dei Goitacazi.
L’Indiano si accostò tremante verso la fanciulla.
— Che vuoi che Pery faccia, signora?
— Nol so; rispose Cecilia indecisa.
— Non vuoi che Pery ti conduca alla stanza dei Bianchi?
— È la volontà di mio padre?... Devi adempirla.
— Pery promise a don Antonio di condurti a sua sorella; ma Pery è tuo schiavo, e solo obbedisce a te.
L’Indiano ripose la piroga sulle acque del fiume, e quando prese la fanciulla sulle braccia per adagiarla nella barchetta, sentì ella per la prima volta in sua vita che il cuore di Pery palpitava sul suo seno.
La sera era magnifica; i raggi del sole che tramontava, insinuandosi tra le frondi degli alberi, indoravano i candidi fiori che crescevano lungo le rive del fiume.
Le tortorelle cominciavano a mandare i loro singulti nel fondo della foresta; e le laurette, che passavano ancora tiepide delle esalazioni della terra, olezzavano di aromi silvestri.
La piroga scivolò sulla superficie dell’acqua, come un cigno leggiero portato dalla correntìa del fiume.
Pery remigava seduto sulla prora.
Cecilia, collocata al basso, mezzo distesa sopra un tappeto di foglie acconciatevi da Pery, abbandonavasi ai suoi pensieri, e aspirava le emanazioni soavi e profumate delle piante, e la freschezza dell’aria e delle acque.
Quando i suoi occhi incontravano quei di Pery, le sue lunghe ciglia si abbassavano, e ascondevano un momento lo sguardo dolce e malinconico.