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Qua e là fra i ruderi di quella rovina aggravasi qualche Indiana, avanzo della tribù degli Aimorè, rimasta per piangere la sorte de’ suoi e recare alle altre tribù la nuova di tanta vendetta.

Chi si fosse librato allora su quella solitudine, e avesse gettato lo sguardo (se l’occhio potesse aggiungere alla distanza di molte leghe) pei vasti orizzonti che gli s’aprian dintorno, avrebbe scorto in lontananza, sulla superficie del Parahyba, passar rapidamente una forma vaga e confusa.

Era la piroga di Pery, che sospinta dal remo e dalla brezza mattutina correva con una celerità spaventosa, come ombra che s’invola ai primi albori del giorno.

Per tutta la notte l’Indiano avea remato senza posare un istante; non ignorava che don Antonio de Mariz nella sua terribile vendetta avea sterminato la tribù degli Aimorè, ma desiderava allontanarsi dal teatro della catastrofe, e approssimarsi ai suoi luoghi nativi.

Non era il sentimento di patria, sempre tanto potente nel cuore dell’uomo; non era il desiderio di vedere la sua capanna inchinata sulla riva del fiume, e abbracciar la madre e i fratelli, il pensiero che lo dominava in quell’istante, e gl’infondeva quell’ardore e quell’entusiasmo straordinario.

Bensì l’idea di salvare la sua signora e compiere il giuramento fatto al vecchio fidalgo; era