Il buon cuore - Anno XIV, n. 45 - 6 novembre 1915/Religione

Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

[p. 306 modifica] Religione


Domenica terza dopo la dedicazione

Testo del Vangelo.

Il Signore Gesù ricominciò a parlare ai Principi dei Sacerdoti e ai Farisei per vie di parabole dicendo: il regno dei cieli è sirttile ad un re, il quale feci: lo sposalizio del suo figliuolo, mandò i SUO servi a chiamare gli invitati alle nozze, e non volevano andare. Mandò di nuovo altri servi, dicendo: Dite agli invitati: il mio desinare è già in ordine, si sono ammazzati i buoi e gli animali di serbatoio, tutto è pronto, venite alle nozze. Ma quelli misero ciò in non cale, e se ne andarono chi alla sua villa, chi al suo negozio; altri poi presero i servi di lui, e trattaronli ignominiosamente e li uccisero. Udito ciò il re si sdegnò; e man, date le sue milizie, sterminò quegli omicidi, e diede alle fiamme la loro città. Allora disse ai suoi servi: Le nozze sono all’ordine, ma quelli che erano stati invitati, non ne furono degni. Andate dunque ai capi delle strade, e quanti incontrerete, chiamate tutti alle nozze. E andati i servitori di lui per le strade, rat:1narono quanti trovarono: e buoni e cattivi; il han chetto fu pieno di convitati. Ma entrato il re per vedere i convitati, vi osservò un uomo che non era in abito di nozze. E dissegli: amico, come sei tu entrat9 quà, non avendo la veste iniziale? Ma egli amrnutolì. Allora il re’ disse ai suoi ministri: Legatelo per le mani e pei piedi, e gettatelo nelle tenebre esteriori: ivi sarà piantò e stridore di denti. Imperocchè molti sono i chiamati e pochi gli eletti. (S. GIOVANNI Cap.

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Pensieri. E’ una pagina di storia universale, è una pagina di storia intima dell’anima nostra, che ci ricorda l’odierno Vangelo. Da una parte è Dio, dall’altra è il mondo, siamo noi; Dio coi suoi benefici prima, poi coi suoi castighi; il mondo, noi, colla nostra ingratitudine sempre, colla nostra rovina temporale, spesso, talvolta è irreparabilmente colla nostra rovina eterna.

Il regno dei cieli, dice Cristo, è simile ad un re che fece lo sposalizio del suo figliuolo. Il re è Dio: le nozze del figlio rappresentano l’unione della natura divina colla natura umana, l’Incarnazione di Cristo. Le nozze sono amore, l’espressione più viva dell’amor tra gli uomini: l’Incarnazione è l’espressione più viva dell’amor di Dio verso gli uomini: Sic Deus dilexit munlum ut filium suum unigenitum daret: l’amore di Dio verso il mondo si manifestò in modo supremo nel dono che egli, per redimerci, ci ha fatto del figliuol suo. Il dono finale è preceduto da doni- di preparamenro. Manda servi ad invitare alle nozze una prima volta: manda servi una seconda volta; finalmente, come è detto in altra parabola che completa questa, manda [p. 307 modifica]il figliuol suo. I servi son tutti i mezzi usati da Dio per preparare gli uomini alla venuta del figliuol suo sulla terra. Quaranta secoli dalla creazione dell’uomo precedettero la venuta di Cristo: furono secoli di preparazione, secoli di inviti. Le promesse, le figure, le profezie, i miracoli, sono altrettanti richiami, altrettanti inviti che Dio rivolge all’umanità, perchè l’umanità si prepari, si rende degna a riceverlo, quando arriverà, il gran dono. Il primo invito suona all’esordio della vita umana: l’uomo cade nel paradiso terrestre; nello stesso giorno Dio fa la promessa della Redenzione coll’Incarnazione. Seguono le promesse fatte a Noè, ad Abramo, a Giacobbe, a Mosè, a Davide. La storia antica del popolo ebreo è popolata di figure, di fatti grandiosi, che sono come una anticipazione vivente, frammentaria, della persona e delle opere del futuro redentore: Abele innocente ucciso dal fratello; Abramo benedetto nelle sue generazioni; Giuseppe •venduto; Mosè legislatore; Sansone che morendo uccide i nemici.... Queste sono le figure; unite alle figure le profezie: la nascita del Redentore da • una vergine, il luogo della nascita di Betlemme, il tempo della nascita quattro secoli dopo la ricostruzione del Tempio; la predicazione di Giovanni che dice alle turbe: Voi non lo conoscete, ma il redentore, agnello di Dio, lo sposo è in mezzo di voi; e finalmente ecco lo sposo stesso, ecco il figlio di Dio, che si presenta e apertamente dice r Io sono il mandato dal Padre; venite tutti a me, venite alle mistiche nozze dell’anime vostre con Dio; sia t e tutti con me una cosa sola, come io sono una cosa sola col Padre. A questa pagina di storia universale fa riscontro la pagina dell storia intima dell’anima nostra con Di ). Quanti inviti ha fatto a noi Dio perchè l’anima nostra si unisse a lui! Il primo invito è Eaverci fatto nascere nel grembo della Chiesa Cattolica; e son poi tutte quelle grazie successive che prepararono, cheaccrebbero la vita spirituale in noi, finchè, consumazione di tutti i doni di Dio, ci fu concesso il bene della nostra unione sacramentale con Cristo, le nozze dell’anima nostra coll’agnello: L’Eucaristia è sulla terra verso gli uomini l’ultima parola dell’amor di Dio!

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Come si condussero gli uomini dinnanzi ai benefici di Dio? Trascurandoli. Gli uomini trascurarono i doni di Dio prima del diluvio universale; li trascurarono dopo la dispersione della Torre di Babele. A scemare le dolorose cònseguenze di questo oblio, il Signore, fra tutti i popoli prescelse un popolo privilegiato, che mantenesse viva la speranza.e l’idea delle nozze del figlio; fu il popolo Ebreo. Ahi, quante volte questo popolo si macchiò di ingratitudine! Ingratitudine nel viaggio pel deserto, ingratitudine nella dimora della terra promessa; ingratitudine nel modo con cui trattava i Profeti, che oli parlavano in nome di Dio. La vigilia dell’apparizione del figlio del re, dello sposo, viene in scena il precursore, Giovanni: Giovanni è messo in prigione, Giovanni, nel capo moz

zo, è portato sopra un disco da una cortigiana in un banchetto lascivo. Finalmente ecco lo sposo in persona: viene nella casa de’ suoi, ma i suoi non lo ricevettero, anzi l’uccisero! Come un bambino, sulle ginocchia di una madre in Betlemme, compiva, nella storia dell’umanità, la serie dei benefici di Dio, un uomo insanguinato, pendente da una Croce, ehiude la serie della ingratitudine degli uomini! La storia dell’anima nostra segna uno svolgimento. ahi troppe volte pari alla storia dell’umanità. Quante ingratitudini verso Dio! S. Paolo ha una parola terribile: egli dice che il peccatore, che commette un peccato grave, ripete moralmente il delitto dei Giudei, mette di nuovo in Croce il figlio di Dio. Riandando nel segreto della nostra coscienza la nostra vita dinanzi a Dio, possiamo noi escludere che un peccato grave non sia mai stato da noi commesso? La croce del Calvario, ingratitudine dell’umanità, si è eretta purtroppo più di una volta nella nostra vita, terribile testimonio dell’ingratitudine nostra!

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Che ha fatto il re, quando si vide maltrattati i suoi servi, che inviato lo stesso suo figlio, si trovò dinnanzi lo spettacolo di un cadavere? Mandò le sue milizie, sterminò gli omicidi, e diede alle fiamme la loro città. Iddio è buono, ma Dio è giusto: come buono, è inclinato a beneficare e benefica al di là di ogn’merito; ma Dio è giusto, e il punire diventa una necessità intrinseca della sua natura, della sua santità e della sua giustizia. Il Diluvio spazza dinnanzi a Dio l’umanità corrotta; le fiamme divorano le nefandità di Sodoma, di Gomorra; la schiavitù di Babilonia, e la distruzione del Tempio, segnano un primo castigo del popolo Ebreo: il secondo castigo, più terribile perchè segue al maggior dei delitti, è la distruzione di Gerusalemme, la rovina del secondo Tempio, e la dispersione del popolo ebreo sulla faccia della terra; fatto strano, fatto unico, avveramento vivente, perpetuo, di una profezia divina. E noi? Non sfuggiremo alla legge generale, chè homo natus de muliere repletur multis miseriis; la,terra è per tutti una valle di lacrime; membri della umana famiglia, le sventure, antiche o nuove che percuotono la terra, terremoti, innondazioni, lotte di classi, sono pur nostre sventure, e rappresentano la porzione di castigo, che i nostri peccati hanno attirato sopra di noi; ma ai castighi generali non dovremmo forse aggiungerne degli altri, nostri particolari, nostri non soltanto perchè caddero sopra di noi, ma perchè hanno in causa una nostra colpa, una malattia contratta, una figliuolanza indocile, una riputazione perduta; senza cancellare dall’orizzonte della nostra vita le ombre del rimorso che racchiudono la minaccia di un castigo misterioso, ultra mondano?

I disegni di Dio non saranno frustrati dall’ingratitudine degli uomini. Le nozze del,figlio si effettueran [p. 308 modifica]no egualmenté: solo il beneficio sarà goduto da altri che non furono i primi indicati. Andate, disse il re ai suoi servi, andate ai capì delle strade e quanti incontrerete, chiaritate tutti alla nozze. E i servi andarono; e furono gli Apostoli che, datisi l’addio dopo la discesa dello Spirito Santo, si diffusero sulla faccia della terra e tutti chiamarono senza distinzione di classe o di nazionalità, ricchi o poveri, ebrei e gentili, alla fede cattolica, alle nozze del figliuol, di Dio. E si avverò quel fatto che non può mai essere ricordato senza destare nell’animo un senso di meraviglia e di soave compiacenza, la conversione dei popoli dal paganesimo al cristianesimo, il sorgere, il formarsi, l’affermarsi, in mezzo all’errore e alla corruzione dei costumi, quella società pura, santa, lieta fraternizzante, che faceva esclamare: Guardate come i cristiani si vogliono bene; sembrana tanti fratelli, una famiglia sola! E l’agape, li convitto era la forma esterna di questa unione fraterna. Nè solo la Chiesa deve dirsi la sposa di Cristo; é sposa di Cristo ogni anima che riceve in sè la fede di Cristo, la grazia di Cristo. Vi ha un momento nvlia vita di ciascun fedele, nel quale questo ’sposalizio non è soltanto simbolico, ma reale; è quando Cristo nella realtà del Corpo suo si unisce all’anima nostri nel Sacramento dell’Eucaristia, e si fa di noi e di Cristo una cosa sola, tanto da poter ripetere, come espressione di un fatto reale, la frase: non sono io che vivo, ma è Cristo che vive in me! Ho veduto dipinto lo sposalizio di Caterina da Siena con Cristo. Il Bambino, seduto sulle ginocchia di Maria, si volge amoroso e sorridente a Caterina, che trasfigurata in un impeto di religioso affetto, gli sta inginocchiata ai piedi. Il Bambino stende la sua manina, e pone nel dito a Caterina l’anello. Non lo dice colla parola; lo dice ben ’Più;col sorriso, lo dice coll’atto.: Caierina, tu sei mia sposa! Si guarda; l’anima è commossa; si prova un senso d’invidia; si vorrebbe essere al posto di Caterina.... Anime buone, lo siete, quando in grazia di Dio ricevete il Corpo di Cristo! Il banchetto fu pieno d’invitati. E’ l’umanità, in una parte notevole dei suoi membri, convertita al cristianesimo. L’Asia, l’Europa, l’Africa, l’America, la Grecia, l’Italia, la Spagna. la Germania, la Francia, l’Inghilterra, la Russia, gli Stati Uniti.... Ma entrato il Re per vedere i convitati vi osservò un uomo ce non era in abito da nozze. Non basta essere nel grembo del Cristianesimo, per avere il diritto di rimanere assisi al banchetto del figlio del re; bisogna appartenere alla Chiesa Cattolica, che sola rappresenta nella sua forma autentica e completa la istituzione di Cristo non basta neppure appartenere alla Chiesa Cattolica: si può essere materialmente in grembo della Chiesa, ma non ’appartenervi, o per dottrine-érrtinee professate, o per colpe che hanno fatto

esulare la grazia di Dio dall’anima; per essere degni di rimanere al banchetto, al quale si fu pure invitati, bisogna avere la veste nuziaole; bisogna avere ja fede, bisogna avere la grazia. L’abbiamò? possiamo dire a noi stessi con animo tranquillo di averla? In questo caso restiamo tranquilli; anzi fidenti. Non l’abbiamo?... Nessuna forza umana può impedire che non si abbia ad applicare a noi la minaccia dell’odierno Vangelo: legatelo per le mani e pei piedi e gettatelo nelle tenebre esteriori; f -ki sarà pianto e stridore di tutti. Dio vuol salvi tutti noi! ma non ci vuol salvi scalza di noi, senza la nostra positiva cooperazione: la veste nuziale dobbiamo prepararla noi: Dio ci fa l’alto onore di associarci, colla nostra cooperazione, alla be nefica, alla sublime opera di redenzione. Non vogliamo? La nostra colpa prende ragione e misura dal grado infinito della sua bontà. Dio non può riman3re indifferente dinnanzi alla misericordia ed alla giustizia égualmente offese dalla nostra stolta resistenza a suoi inviti di ossequio alla verità, di pratica della urtò. Non è Dio che 21111i 2 bisogno di noi; siamo oi abbiamo bisogno di Dio. Molti sono chiamati, pochi gli eletti. Parola, che malgrado tutte le attenuanti che una teologia indulnte può escogitare, suona sempre terribile. Più che pensare ad eluderne l’applicazione con delle scanpatoie, eludiamola col modo certo che sta nelle nostre mani: siamo credenti, siamo buoni. E’ il solo modo di poter dire: gli eletti siano pur pochi; io sarò di quel numero. L. V

Tiepolo... dal Ciel

El Tiepolo, dal Ciel, guardand in.giò, La vist la soa pittura bombardada, Piangend l’ha.ditt: me l’aspettaPa no, Dalla Kultur tedesca tant vantada! Ah se podess dal Ciel tornà ancamò ’In terra a fa domà osa scappada, Che gust me ciaparia,de pesta giò Sul Cecco-Bepp e sulla soa armada! Purtropp mi sont costreit a sta chi su. Magari spettator d’alter barbari De lor, che se ne irnpipen del Gesù Però mi sont content de senti Lu A dimm: ghe faroo mi da giò qui ari Al pontò che rialzai podarii pu!

ERRATA CORRIGE

La prima strofa del sonetto del sig. F. Bussi, intit9tato «Guglielmo l’è matt,» si legga: Sì, sì, l’è matt, l’è matt propi de bon! [p. 309 modifica]DISCORSO DEI MORTI

detto nella Chiesa Prepositurale di Sellano il 1° Novembre 1915

Il giorno dei Morti è, nel corso dell’anno, un Nor’io dei più sacri e solenni. Vi si pensa prima che arrivi, lo si ricorda dopo che è passato. E’ il giorno in cui i vivi si - ricongiungono col pensiero ai defunti, e si fa, per un: istante, una famiglia sola coi rimasti e partiti. Quest’anno il giorno dei morti è più sacro e solenne degli altri anni. E’ l’anno della grande guerra, l’anno nel quale l’Italia, travolta nel rivolgimento universale, si è levata, come un sol uomo,, per strappare all’Austria, nemica tradizionale, i suoi confini naturali, condizione assoluta ed indispensabile della sua difesa, della sua forza, della sua grandezza futura. Tutta la nazione si trovò unificata nel pronunciare il fatidico grido: Va fuori d’Italia, va fuori stranier. Ma quante morti nella lotta immane! Non solo le grandi città, le grosse borgate, ma i più piccoli villaggi piansero la morte di qualcuno dei propri figli. Pur nell’orgoglio ricordando nobili eroismi, il lutto è universale. Dall’Alpi alla Sicilia, non v’è angolo d’Italia che non pianga sul tumulo di giovani vite, prematuramente troncate. E ai, nostri vanno aggiunti i morti delle altre nazioni: è un’onda, un fiume di persone,, che, dal pieno vigor della vita, sonò travolte nell’oceano della Morte. Il Sommo Pontefice Benedetto XV, padre comune dei fedeli, tocco nel cuore da questo spettacolo di ’tante anime che si presentavano quasi in modo improvviso al tribunale di Dio, bisognose del suo speciale perdono, ha ordinato ai sacerdoti la celebrazione di tre, Messe, nel giorno dei Morti,.come già vien fatto nel giorno di Natale: pia e gentile coincideza: il Natale ricorda la nascita del Figliuol di Dio; la morte, nel linguaggio cristiano, ricorda la nascita degli uomini alla seconda vita: natalis dies. Il Cimitero è il luogo in cui questa mescolanza di vivi e defunti A accentua, i defunti, colle loro tombe; i vivi colla loro visita e colle loro • preghiere. Il Cimitero, anche nel rapporto puramente sociale, si eleva a grande importanza, come richiamo a serie considerazioni, come insegnamento di virtù:. il campo della morte diventa lezione della vita. I Cimiteri hanno sempre fatto parte d’ella vita organica delle popolazioni: il culto dei morti è preso da tutti come indizio di animo gentile e di civiltà: borgate e città, hanno sempre avuto, come un elevato bisogno di rendere i loro cimiteri degni di ammirazione e di rispetto, per bellezza di posizione, per imponenza di fabbricato, per bellezze di arte. Sono celebri i cimiteri di Pisa, di Bologna, di Staglieno a Genova. Noi bellanesi, specialmente coll’ampliamento fatto quest’anno, possiamo andare superbi del nostro

camposanto, e mostrarlo come argomento di alta religiosità e di onore pel nostro paese. Andate quindi quest’oggi al campo santo, ma andatevi con sentimento cristiano: andate nel camposanto, non solo per curiosità, ma col nobile. intento di riportarne gli insegnamenti della vita: Tre sono i grandi vizi, causa dei. mali più grandi, che affliggono l’umanità: l’avarizia, la dissolutezza, l’irreligione; l’avarizia che offende la giustizia, la dissolutezza che offende l’innocenza, l’irreligione ’che offende la fede. Andate al Camposanto: da quelle tombe i morti parlano; oh! come parlano forte i morti; ascoltateli. Ecco una tomba: è di un piccolo proprietario: che piccolo spazio occupa’. Quando era vivo, quanto, ha litigato, quanto ha dato da fare agli avvocati, ai tribunali! Ha litigato con quelli di famiglia nella divisione, ha litigate coi parenti per, l’eredità, ha litigato con vicini per la determinazione dei confini; quindi collere, ire, invidia... ed ora? E’ qui, sotterra, ridotto ad un pugno di polvere! Ecco un’altra tomba: è la tomba di un operaio vedrete operai e contadini spender troppo in scassi e divertimenti alla festa, e che poi si rifiutano di far certe spese necessarie per la famiglia, e quando si tratta di aiutar qualche opera buona, dicono: non posso. Cosa vi dice il povero morto dalla sua tomba? Sentitelo: povero me! mi sono presentato all’altro mondo in fretta, mi son trovato nudo e misero. Invece delle opere btione, mi sono trovato davanti ad altri vuoti, ed ho sentito la voce del Giudice eterno. che mi ha rinfacciato tutte le grazie cot cessemi e non corrisposte, e poi mi ha condannato! Ecco un’altra tomba: anche da questa esco to lamenti e rimpianti. E’ la tomba di un ricco. Morì h ni in mezzo all’oro, in un bel palai., ciato fuori subito di casa. come un poveretto che non può pagare l’affitto. Ora ci-2 è sottèrra, fra quattro assi inchiodate: che gli valgono i capitali, che gli giovano le molte cartelle? Anch’egli si è presentato al giudizio di Dio, e mè disgraziato, grida: potevo fare tante opere buone, aiutare i poveri, le istituzioni di beneficenza, le chiese, gli oratori, invece non ho pensato che a godere ed accumulare ricchezze. Il Signore mi trovò mancante e mi cacciò maledetto da sè. C’è una parola anche per voi, ragazze, ’che andate al Cimitero più per farvi vedere che per devozione. Conoscete di chi è questa tomba? Altrochè; era una vostra compagna, la più ambiziosa, la più sfacciata; tutto quello che guadagnava se lo metteva indosso: nastri, carme ette, trasparenti, vesti strette. E poi divertimenti, festini.... Fu appunto ìn una festa che si buscò una polmonite, che a diciott’anni, la mondò all’altro mondo. Non voleva morire così giovane, (ppure è qui: sentite come piange, come si dispera, come vede le cose diverse da [p. 310 modifica]quello che credeva, e vi dice: fate giudizio, assicuratevi colla buona vita una buona morte. Ecco un’altra tomba. E’ quella di uno che non ebbe religione, che si condusse come Dio non esistesse, che soleva dire: io non credo se non quetlo che vedo; morti noi, tutto è finito... Ed ora eccolo qui a piangere e a disperarsi, perchè ha visto. che non basta credei-e a qudlo che si vede, ma c’è da credere anche a Dio, che non si vede, ma che esiste, e col quale non si scherza. Se non ci fosse la morte, potrebbe essere possibile l’incredulità, disse un celebre filosofo; ma colla morte! Religion, senza la cui presenza ’ Troppo a vedersi orribile è. una tomba. Ricordo un fatto di attualità, che prova la forza della morte nel provare la necessità della fede. Lovredan, noto scrittore e poeta francese, conosciuto come ateo, dinnanzi alla ecatombe di tante giovani vite, rapite dalla morte, nella guerra attuale in Francia, scrive: Un popolo di morti ricopre il campo. Quanto è grave essere ateo dinnanzi a questo cimitero nazionale! Io non lo posso più. Ingannai me stesso, e voi, voi che leggeste i miei libri, e cantaste le mie canzo i. Fu una pazzia, un vaneggiamento! Francia, Francia, ritorna alla fede de’ tuoi giorni più belli! Abbandonare Dio è lo stesso che essere perduto! Ecco le lezioni che ci danno i nostri morti dalle loro tombe. Ora, con tutta la popolazione, avviamoci in processione al Cimitero. Io non sò se si conserva ancora fra di voi una espressione che era ripetuta, quando io era giovinetto: andiamo a prendere i morti, per condurli questa sera intorno al nostro focolare. E la sera dei Santi, vigilia dei morti, tutte le famiglie si raccoglievano intorno al focolare, a recitare il Rosario, sotto la misteriosa irr pressio2e, che insieme ai vivi ci fossero i morti. Non è un’illusione; è una consuetudine che ha il fondamento nelle principali verità della fede: la verità della,Comunione dei Santi, porta che vi è relazione tra i membri delle tre Chiese: la militante, la purgante, la trionfante: noi possiamo pregare per chi è partito; chi è partito, sia ancora nel’purgatorio, o sia già nel cielo, può pregare per noi, non con ragione di merito, ma di invocazione. Anche i vostri cari, che caddero per la patria, sui campi di battaglia, possono essere con voi: all’annuncio della loro morte voi, piangendo, avete esclamato: oh, almeno avessi potuto assisterlo negli ultimi momenti: è morto lontano, senza poterlo vedere. E’ morto lontano, ma nella fede; asciugate le lagrime, vi è vicino. Andando al Cimitero, ascoltate le lezioni salutari che i morti vi danno, pregate in loro suffragio, e se, vedendo l’ampliamento che ne fu fatto, provate una greta impressione, come cittadini e come credenti,

ricordatevi di chi ve l’ha procurata; per riconoscenza non vi domando che una preghiera: un’Ave Maria, mentre son vivo, e quando sia morto, e data la mia avanzata età, il tempo non può essere troppo lontano, vi domando un Requiem! L. VITALI.

NOZZE D’ORO

della Signora TERESA RONCORONI

Nozze, per modo di dire, senza l’uno dei coniugi. La signora Teresa Brambilla, vedova Roncoroni, madre di tredici figli, dieci dei quali ar.cora viventi, nel giorno 30 novembre di quest’anno vedeva compiersi il cinquantesimo anniversario delle sue nozze, celebrate il 30 novembre 1865. I figli, già tutti adulti, con professioni distinte, ragionieri, medici, un sacerdote, due suore, separati nelle condizioni ma riuniti nell’animo intorno alla madre, come una famiglia sola, desiderarono di far celebrare una Messa di ringraziamento a Dio, per la conservazione, in così tarda età, di colei, a cui sentono di andar debitori di una severa e cristiana educazione, che li rese onorati cittadini, cattolici esemplari. La Messa venne celebrata all’ahar: della Madonna nella Chiesa di S. Ambrogio i e fu sp-ttacolo commovente di edificazione pei molti parenti e conoscenti accorsi, vedere i figli insieme alla madre, accostarsi tutti alla Mensa Eucaristica. Al Vangelo della Messa, il celebrante. Mons. Luigi Vitali, amico di famiglia, che già aveva celebrate le nozze, or son cinquant’anni, pronunciò le seguenti parole: «Congratuliamoci del fausto avvenimento che oggi ne raccoglie qui nel Tempio. Sono oggi cinquant’anni che la signora Teresa Brambilla vedeva benedette le sue nozze col signor Roncoroni Faustino. Ricordo ancora quella mattina: si era nella capella di S. Anna, nella. Chiesa di Santo Stefano, della quale io era da pochi anni coadiutore. Erano due le sorelle che si presentavano per ricevere insieme, nello stesso giorno, dinnanzi allo stesso altare, la benedizione nuziale. Ed oggi, qui, nella vetusta basilica di S. Ambrogio, la signora Teresa Roncoroni, coi figli, ha desiderato di ricordare le sue nozze, che, se fosse ancor vivo il marito, sarebbero nozze d’oro. colla celebrazione di una Messa, detta dallo stesso sacerdote, allora giovinetto, oggi coi capelli bianchi. «Il celebrare il ricordo delle proprie nozze,.pepo cinquant’anni, è fatto che a ben pochi è concesso. E’ un premio di Dio, che Dio concede a chi se ’o ha meritato. La grazia della lunga vita è premio a chi ha tenuto condotta sobria e attiva, ed ha formato la buona famiglia. [p. 311 modifica]«E’ il tuo caso, o Teresa Roncoroni. Tu hai la compiacenza di vederti qui intorno la schiera ancor numerosa de’ tuoi figli, presentati >,come esempio di onorati cittadini e schietti e fervorosi credenti. Essi vennero formati dall’opera della tua educazione assidua, vigilante,affettuosa e severa ad un tempo: ed io ricordo una tradizione che ancora dura nel mio paese di Bellano, sul lago di Como, di una madre venuta a villeggiare con una numerosa schiera di figli, che, stretti gelosamente intorno (i sè, elevava alla vita della virtù e della fede, e riconduceva spesso ad esercizio di pietà nel Santuario della Madonna miracclosa di Lezzeno. La pietà fu sempre il salutare ingrediente della fede sua e dei figli, ed io non posso dimenticare un fatto che ne è una chiara prova, e segna un prezioso ricordo della sua vita: l’andata in pellegrinaggio in Terra Santa, accompagnata dal figlio sacerdote, che nelle processioni precedeva l’Arcivescovo colla Croce. Il cammino della sua vita, soggetta alle condizioni umane, non mancò di sventure: è il contrassegno delle anime dilette e provate da Dio: non è qui al tuo fianco il compagno presente nel giorno ’delle nozze, rapito da improvviso malore; non è qui la madre; nci è qui la prima delle figlie, un fiore di bellezza e di bontà, giovine sposa, rapita alla vita nel daq la vita. Essi non sono qui colla presenza materiale,.ra sono qui colla presenza morale, nella consolante verità della Comunione dei Santi, per cui i membri della Chiesa trionfante vedono ed attendono in Cielo i membri della Chiesa militarie rimasti in terra. A queste meritate consolazioni di carattere domestico, io non posso dimenticarne, come complemento, alcue di carattere patriottico. Il matrimonio celebrato cinquant’anni sono, si compieva all’indomani di avvenimenti che avev.! io dato la libertà e l’indipendenza alla maggior parte del paese, la battaglia di Magenta, la spedizione dei /INle; avveniva alla vigilia della guerra del 1866, che dava la libertà alla Venezia: oggi, dopo cinquant’anni siamo nel furore di una guerra nazionale, speriamo l’ultima, guerra che compirà i voti di tutti, nel vedere finalmente, finalmente ridonati alla nazione i suoi confini naturali, guarantigia della suo forza e della sua grandezeza futura. «La celebrazione della Messi, che chiamiamo la Messa delle nozze d’oro, coincide quindi con una bella ricorrenza: le nozze furono celebrate nel principio del Risorgimento nazionale, la Messa, che le ricorda, al compimento. «Le gioie religiose si confondono colle gioie cittadine, per formare una gioia sola, la gioia or1stiana, che nasce sulla terra e si perpetua nel Cielo )5. Sua Eminenza il Cardinale Andrea Ferrari, Arcivescovo di Milano, che aveva già conosciuto la si

gnora Teresa Roncoroni nel pellegrinaggio lombar do in Terrasanta, da lui guidato, fece dono alla signora Roncoroni, nell’attuale circostanza, di una bella fotografia, fatta più preziosa dalla seguente ‘ledica, in autografo: «Alla Riverita ed Ottima Signora Teresa Roncoroni Brambilla, splendido modello di Madre cristi:;na, che ricorda il 50° di sue sante Nozze, mando una speciale benedizione, e con Lei benedico i cari figli, nipoti e pronipoti suoi, augurando che l’es Ampio vivo di tanta Madre sia conservato per molti anni ancora a tutta la famiglia, e sia poi largamente da tutti ricopiato. Milano, 29 Ottobre 1915. Andrea C. Card. Arciv.

PADRE GAZZOLA PIETRO Barnabita.

Una notizia che colpiva dolorosamente molti nell’udirla, ci giunse per telegrafo il 2 novembre da Livorno: Padre Gazzola è morto! La notizia arrivò senza aggiunte, colla sorpresa accrescendo il dolore. Informazioni posteriori fecero sapere che Padre Gazzola si pose a letto il 27 ottobre, colpito da polmonite ribel le, che l’uccise. Una grave perdita ha fatto il clero italiano. Padre Gazzola era un guidatore di anime, un formatore di coscienze. Nei molti anni che egli resse, come Prevosto, la sua importante Chiesa di S. Alessandro in Milano, colla sua dotta parola sul pulpito, coi suoi autorevoli e pii ammonimenti nel Confessionale, coi suoi consigli nelle private conversazioni, egli esercitava una profonda influenza su molti spiriti, e specialmente sopra uno scelto manipolo di giovani colti. Egli fu vittima delle delicate questioni, sollevate dal Modernismo. Volendo accennare un neo nella sua condotta, forse non fu troppo prudente nel toccare sul pulpito argomenti scabrosi, forse usò qualche espressione, facilmente fraintesa da un pubblico, non sempre composto di persone dotte. Malgrado ciò, in una visita accordatami nel 1906 dal Sommo Pontefice Pio X, egli mi assicurava che il Gazzola sarebbe sempre rimasto a Milano. Quali influenze sopravvennero a modificare le benevoli disposizioni del Pio Pontefice? Per la sua virtù, cosi provata specialmente in questi ultimi tempi, pei meriti infiniti di Cristo, ifvenerato padre godrà ora le compiacenze serene di quel regno, che «Sol luce ed amore ha per confine.» Le anime nostre viventi del tuo ricordo, le illumina e conforta, o venerato amico,*colle tue súte preghiere, che noi corrisponderemo col nostro vivo e costante suffragio. L. V. [p. 312 modifica]I libri di Cadorna

ií generale Cadorna, non solo nella sua qualità di soldato, nella volontà di condottiero, nella dirittura della sua coscienza e nei suoi più intimi affetti, poggia la forza spirituale con la quale conduce l’Italia nella faticosa guerra nel Trentino; ma questa forza. oltre che su tutto ciò, è basata, in lui, colla profonda incrollabile Fede che egli nutre e professa. Perchè Luigi Cadorna, come la maggior parte degli uomini non destinati alla mediocrità e come tutti i grandi condottieri di eserciti, è credente e praticante, senza iattanza e senza rispetti umani, indegni della lealtà militare. Di sera, prima di riposarsi qualche ora 31.1 un Tettuccio cla campo, Luigi Cadorna apre due volumi lasciatigli dal padre: La T eodicea di Antonio Rosmini e la Bibbia. Sono questi i libri della sua spirituale

predilezione: il libro della parola di Dio e il libro di un grande filosofo, nel quale tutto parla di Dio e della sua Provvidenza nel governo del mondo. Si può dire davvero, del nostro grande generale: Dimmi che libri leggi e ti dirò chi sei!