Il buon cuore - Anno XIII, n. 38 - 21 novembre 1914/Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

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Domenica seconda d’Avvento

Testo del Vangelo.

Nell’anno quintodecimo dell’iMpero di Tiberio Cesare, essendo procuratore della Giudea Ponzio Pilato, Tetrarca dela Giudea Erode, e Filippo suo fratello Tetrarca dell’Iturea e della Traconitide, e Lisania Tetrarca dell’Abilene; sotto i pontefici Anna e Caifa il Signore parlò a Giovanni figliuolo di Zaccaria, nel deserto. Ed egli andò per tutto il. paese intorno al Giordano, predicando il battesimo di penitenza per la remissione dei peccati, conforme sta scritto nel libro dei Sermoni di Isaia profeta: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore; raddrizzate i suoi sentieri, tutte le valli si riempiranno, e tutti i monti e le colline si abbasseranno; ed i luoghi tortuosi si raddrizzeranno; ed i malagevoli si appianeranno, e vedranno tutti gli uomini la salute di Dio. Diceva adunque (Giovanni) alle turbe, che andavano per essere da lui battezzate; Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire l’ira che vi sovrasta? Fate dunque frutti degni di penitenza e non vi mettete a dire: Abbiamo Abramo per padre. Imperocchè già anche la scure è alla radice degli alberi. Ogni albero adunque che non porta buon frutto. sarà figliata e gettato nel fuoco. E le torbe lo interrogavano, dicendo: Che

CUORE abbiamo noi dunque a fare? Ed ei rispondeva loro: c.hi ha due vesti ne dia a chi non ne ha: e il simile faccia chi ha dei commestibili. E andarono anche dei pubblicani per essere battezzati, e gli dissero: Maestro, che abbiamo da fare? Ed egli disse loro: Non esigete più di quello che vi è stato fissato. Lo interrogavano ancora i soldati dicendo: Che abbiamo da fare anso noi? Ed ei disse loro: non togliete il suo ad alcuno per forza, nè per frode, e contentatevi della vostra paga. Ma stando il popolo in aspettazione e pensando tutti in cuor loro se mai Giovanni fosse il Cristo, Giovanni risposi, e disse a tutti: Quanto a;ne, io vi battezzo con acqua, ma viene uno più possente di me, di cui non sono io degno dì sciogliere le corregge delle scarpe: Egli vi battezzerà collo Spirito Santo e col fuoco: Egli avrà alla mano la sua pala, e pulirà la sua via, e radunerà il frumento nel suo granaio, e brucerà la paglia in un fuoco inestinguibile. E molte altre cose ancora predicava al popolo istruendolo. S. LUCA, ca p 3

Pensieri. La parola di Dio venne:la Giovanni, figlio di Zaccaria; ed egli andò intorno per le rive del Giordano predicando la penitenza.e la conversione. Questo del predicare la conversione e la penitenza 4 l’ufficio dei Sacerdoti; ma quando non la predicassero i Sacerdoti, ognuno di noi dovrebbe predicarla a sè stesso. Dobbiamo vedere come Giovanni predicava la conversione, e quale importanza aveva questa predica. Giovanni predicava con efficacia grande, straordinaria. Dobbiamo dicercare il segreto di questa sua efficacia, perchè predicatori dal più al meno siamo tutti, sacerdoti, genitori, maestri. Giovanni adunqúe; predicava la penitenza. Cominciamo a metter per base che l’uomo non ama il male, il disordine, per il disordine; ma ama il male per il piacere che vi è congiunto, che da questo deriva. Evidentemente è Cosi. Se fuggiamo la virtù, non è perchè non piaécia il bene, ma perchè il bene, la virtù costano •sacrificio. E’ chiaro come il sale. Ora se il predicatore vuol operare la conversione, se vuole essere efficace, deve elidere il piacere inerente al male morale; allora soltanto riesci rà a migliorare l’uomo, e fargli amare la virtù. Questo è il segreto dell’eloquenza. Se riusciamo a ciò, la predica sarà efficacissima. Vediamo come riesciva Giovanni ad elidere il piacere annesso al male morale. Guardate, diceva Giovanni, certo voi operate il male, per il piacere che vi è congiunto, che il male vi procura. Ma badate che al male è annesso un piacere che non dura, e al contrario porta con sè un dolore più grande del piacere. Ogni albero clic non reca frutto, sarà tagliato e gettato al fuoco. E’ un paragone scelto magnificamente! Immagini stupende! Il fuoco è il più terribile dei tormenti. C’è da tremare; paragonate il pia cere che il male vi procura, ai fuoco che vi attende! E’ certo un buon argomento: par che dica Gio [p. 300 modifica]vanni. Ognuno davanti alla prospettiva di andare al fuoco, ci pensa seriamente e deve aver paura. Voi, amate il male per il piacere, ma il piacere che •ne viene, dura un istante, fugge e ne resta il dolore. Che cosa è mai il piacere annesso al male morale, paragonato al fuoco, cioè al dolore? Chi si investe di questo pensiero, non può che tremare! Il fuoco conseguenza del peccato! Ma c’è un altro argomento, ancor più efficace. Guardate che il piacere congiunto al male morale, è istantaneo, che passa, mentre il dolore che ne consegue, è eterno. «Sarete gettati nel fuoco che dura eternamente». L’eternità spaventa chi 4rla guarda ben davvicino. Egli avrà nella sua mano il ventilabro e purgherà la sua aia, e radunerà il frumento nel granaio e brucierà la paglia su un’fuoco inestinguibile. Se pensassimo veramente al tormento eterno, inevitabile di colui che lascia il bene, che ama il disordine, la nostra vita sarebbe ben diversa. Che cosa è mai il piacere fuggevole che il disordine ci arreca, in confrontò del male eterno ch’esso porta con sè? Ma i cristiani ci pensano poco. Se gli uomini considerassero il fuoco inestinguibile, i predicatori trovereb-hero maggiori aderenti, perchè il piacere fuggevole annesso al male, non farebbe presa su di loro. Ma notate la difficoltà. Chi predica la penitenza è sempre in uno stato di inferiorità co’ suoi argomenti, rispetto agli uditori, perchè è vero che conseguenza del male è il fuoco, e fuoco eterno, ma il fuoco predicato, è nel futuro, mentre il piacere annesso al peccato è nel presente. Qui sta la grande alternativa: tra il presente certo, ed il futuro incerto e lontano. Un futuro più o meno lontano, non impressiona tanto, ’mentre il presente affascina. Che m’importa avere delle grandi gioie nel futuro se posso averne ora, nel presente? e per aver quelle, debbo rinunciare a queste? Il presente e qui, il futuro è lontano. Che efficacia vi può essere nel presentare dei beni futuri? Eppure quanti spropositi eviterebbero gli uomini se pensassero al futuro! Ma il piacere del presente è pungente, potente, irresistibile; quale efficacia si avrebbe se si potessero presentare beni e gioie presenti! Questa inferiorità della virtù rispetto al vizio, è sentita da tutti coloro che vogliono ritrarre altri dal male, e l’efficacia sarebbe tutta per colui che sapesse fare delle.promesse di felicità presente. Ma chi di noi può far ciò? Noi predicatori abbiamo splendide promesse, ma future! Minaccie di castighi tremendi, ma nell’avvenire! Le promesse non attuate subito, valgono ben poco! Giovanni non sarebbe stato efficace, se non ayesse cercato di ovviare a queste difficoltà, cioè presentare ai suoi uditor: questo danno come presente. Il fuoco è già su di voi, egli dice, il giudizio è imminente, la scure è già alla radice dell’albero! la scure è già là! E’ imminente il rendiconto! il giudizioì la fine del mondo è qui, adesso, subito! E’ venuto il momento, dice Giovanni, di separare i buo ni dai malvagi. Fate penitenza perché il regno dei cieli è vicino. Qui sta l’efficacia principale dellh predica. La persuasione deI predicatore era qui, che venisse subito la punizione del vizio, e il premio della virtù. Che possiamo sostituire noi? Vediamo se possiamo sciogliere il problema. E’ certo che noi, quando vogliamo indurre qualcuno a far giudizio, non usiamo più come argomento la’ fine del mondo. Che cosa diciamo invece?zuarda che la morte è vicina... ’Puoi morire.... il gffidizio particolare che -uccede immediatamente dopo la morte di ciascun uomo, può esser vicino per te. Questo argomento dovrebbe esser efficace. Per tutti? a dei malati, a dei vecchi, avrà efficacia. Bada che fai! hai un piede nella tomba. Il vecchio si scuoterà. Ma se predicate a dei giovani guarda che la morte è vicina... risponderanno: oh! comincio adesso la vita. Come predicare adunque ai giovani la penitenza? La soluzione sta qui. L’uomo religioso, più lo è e più lo sente che col male morale, l’uomo si mette in lotta, in opposizione, colla divinità, col principio della vita, e che in questà opposizione, c’è un male eterno, non futuro, ma istantaneo, attuale, potente, immediato. Certo questo sentimento è profondo nell’uomo religioso, e se esso è capace di far sentire ciò che egli sente e prova, è efficace indubbiamente, la sua parola converte. Giovanni diceva: Guardate che la fine del mondo è vicina. Solo per una ragione speciale perchè gli uditori suoi credevano che colla fine del mondo avesse luoga la punizione del vizio e il premio alla virtù; non prima. Quindi egli esprimeva i suoi sentimenti, adattandosi a quell’ambiente religioso e scientifico. Ora noi non la pensiamo più come gli ebrei. Si è fatto una trasposizione e si è detto la morte vicina. Questo ha la sua efficacia, ma non su tutti. E perciò dobbiamo spingere la nostra argomentazione e dire: la morte non è solo vicina, ma è nell’atto stesso in cui si commette il peccatch E’ questo l’importante da intendersi, cioè: anche se la morte è lontana, noi non dobbiamo,peccare, ma darci alla virtù; perchè il castigo stà nell’atto stesso immorale. Noi per scuoterci non abbiamo che ad entrare in noi stessi e considerare: che cosa è il principio della vita per l’uomo? Che cosa è Dio per ciascuno di noi? E allora ci convinceremo che nessun vantaggio, nessun piacere potrà esser paragonato al sentimento di non essere in opposizione colla Divinità. E’ argomento profondissimo, e sta a provare, come alla sola virtù vada congiunto il premio, la soddisfazione morale della coscienza. Nella predica di Giovanni vi è tutta la verità sostanziale, eterna: l’idea di un bene infinito congiunto alla virtù, di un male infinito, congiunto al vizio. Non possiamo esprimerle che con parole umane, accomodandoci alla concezione del mondo dei nostri contemporanei. [p. 301 modifica]Giovanni ai suoi tempi doveva dire «il mondo finisce». Noi possiamo dire: lasciate il peccato, perchè porta con sè la perdita del reale infinito. Il difficile sta appunto qui. Nel far sentire come tutto il bene sta nell’infinito, nel trascendente, nel possesso di Dio, Se il concetto è difficile, richiede quindi maggior raccoglimento, maggior meditazione. Senza questa convinzione, è impossibile che l’uomo si corregga. Essa mette nella coscienza morale dell’uomo la sicurezza che al male morale è immediato castigo consistente nella maggior perdita ch’egli possa fare -- l’amicizia di Dio.

LA GUERA

Se po minga parlann, senza sentì, Com’ona morsa che te streng el cceur, Pensand a quj ferii, a quj che mceur, Ri distruzion che fann inorridì, Che te par de vedei fina anca ti i Pia quell che. gh’è de peg e pussee dceur E che te cress i battiment del mar, L’è quell bombardament de nott, del dì, Che tra per terra i ca de tanta gent, Ch’el fa scappò lontan, tucc in miseria, I donn coni i bagni e i vece piangent i E tutt sti infamitaa, tutt sti torment, De chi la colpa? E colpa insti mai seria?! De duu re..... „...potent 1 i FEDERICO

BUSi.

o

-20, Una simpatica festa religiosa a Laghetto-Piona presso Colico sul lago di Como Il giorno t t. di questo mese, nel paese di Laghetto, vicino a Piona, territorio’di Colico, si svorgeva„lungo una strada campestre, una simpatica e modesta cerimonia. Il nostro Direttore, Monsignor Luigi Vitali, ben rimesso in salute, benediceva una Cappelletta, da Lui restaurata, dedicata a S. Luigi. Tutta la popolazione, seguita dal Prevosto Don Pietro Conca, portando, sotto baldacchino, dalla Chie sa Parrocchiale alla Cappelletta, una divota statua di S. Luigi, Presentava, colla lunga processione, un com movente spettacolo di fede e di divozione. La giornata, mite e soleggiata dell’estate di S. Martino, rendeva più bella, colla festa della natura, la festa della

fede. Mcmsignor Vitali, lesse un breve discorso di circostanza, che il Buon Cuore è ben lieto di pubblicare. SAN l, 1J I O- I, Credo bene esporre in’qual modo mi nacque l’idea di restaurare questa Cappelletta. Venendo un ’giorno a visitare il vostro Prevosto, nel passare, vidi questa Cappelletta: l’avevo già vista molti anni.fa, accompagnando l’allora Vescovò. di Como, ora_Arcivescovo di Milano, che, venuto in visita Pastorale, dalla Parrocchia di Villadico, passava a quella di Laghetto: Mi pareva allora una bellà Cappelletta: potete immaginarvi che brutta impressione mi facesse nel vederla ora così.sgretolata, disadorna! Che impressione doveva fare.sui passanti questa Cappelletta abbandonata? -Un’impressione penosa come la Cappella cadente fosse, per molti, l’immagine della fede cadente, a cui non si porta più amore, da tutti abbandonata. Pensai subito se si potesse ’restaurarla: la „costruzione si presentava solida: soltanto la ’superficie esterna ed interna era rovinata: non poteva importare neanche una grande spesa il rimetterla in buono stato." Manifestai al Prevosto, la mia idea: lo. trovai favorevole: gli dissi di preparare un preventivo e poi si sarebbe veduto. Gli dissi: io, una volta predicavo Molto: divenuto vecchio, non posso predicar più: non potendo più predicare colle parole, predicherò colle opere: questa Cappella sarà una predica permanente: alle persone che passano darà una buona ispirazione, porrà sulle loro labbra una preghiera. Non c’era alcun segno sulle pareti, per desumere a chi prima fosse dedicata. • " Chiesi al Sig. Prevosto: a chi la dedichiamo? A S. Luigi, rispose: chi restaura la Cappella ha nome. Luigi.; dedichiamola a S. Luigi. C’è divozione in paese per S. Luigi? Gli.domandai. Rispose: v’è la Compagnia dei Luigini. Bene, sia dedicata a S, Luigi. E,.fra i modi di ricordare il Santo, pittura sul muro, un quadro ’appeso, su carta o tela, parve più opportuno, resistente all’inclemenza del tempo, una statua. Ecco come la statua di S. Luigi sia,qui. Che cosa dirà la statua di S. Luigi a quelli che passeranno. dinnanzi alla Cappelletta? Dirà tante cose e tutte belle, come belle e tante furono le virtù• che in vita Luigi• ha- prati•cato, la purità, la rinuncia ai beni terreni, la carità eroica verso il prossimo.

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La purità. La purità è la virtù dif ficile e preziosa della gioventù. Difficile, perchè è circondata da molte insidie; preziosa, perché quando un giovinetto, una giovinetta sono puri, si trovano molto più preparati ad essere buoni, diligenti, rispettosi, studiosi, buoni figli, che diventeranno poi un giorno buoni cittadini. Luigi fu il tipoidealedella purità:-E sì che visse in [p. 302 modifica]età corrotta, in una casa principesca corrottissima. Non commise mai alcuna colpa, fosse pur leggerissima, contro la virtù della purità: parve anzi quasi esagerato nel modo di custodire questa virtù. O giovani, che passerete di qui, aprite il vostro cuore alle sante ispirazioni-del suo esempio,.e, se la tentazione si aggirasse intprnin di voi, pregate S. Luigi che vi aiuti a conservare una virtù che gli fu tanto cara, da meritargli il titolo di Angelo. in carne.

La rinuncia ai beni del inondo. Tutti desidetano di star bene, di migliorare la propria condizione: è un desiderio naturale. Voi, qui a Colico, avete una tradizione d’emigrare in altri paesi, d’andare specialmente in America a far fortuna. E molti ritornano colla fortuna fatta. Fanno del bene a sè, possono far del bene agli altri. Ma questa smania del far fortuna, quasi solo nei beni terreni fosse la felicità, porta degli inconvenienti. Molti che potrebbero far la fortuna qui,.vanno a trovar la fame, la morte, la perdita della salute, della fede, bene ancor maggiore della salute. Cercate di star bene, ma non esagerate: non spregiate la vita modesta, tranquilla, che potete aver qui, per correre dietro i fanta.s.tni della ricchezza. Guardate Luigi era ricco, era principe: poteva godersela in tutti i modi, esser felice, secondo il mondo. Eppure, lascia il mondo, i comodi di una vita principesca, e si ritira in un chiostro a pregare e far penitenza. Vile, umana grandezza, a che mi tenti? A che uno scettro, a che mi mostri un trono? Sono parole che gli inette in bocca il poeta, Vincenzo Monti. • Mi pare che Luigi fosse preso da quel disdegno contro i comodi della vita da cui fu preso il Pastore ricordato dal Tasso, che cosi narra ad Erminia il suo passato. Qtfi, in mezzo ai campi, vien bene questo racconto. Tempo fu già quando l’uotn.più vaneggia Nell’età prima che ebbi altro desio,.E disdegnai di pasturar la greggi-a E fuggii del paese a me natio: E vissi in Menfi un tempo e nella reggia Fra i ministri del Re fui posto anch’io: E benchè fossi guardian degli orti, Vidi e conobbi pur le inique sorti. E lusingato da speranza ardita Soffrii lunga stagion ciò che più spiace: Ma poi che insieme coll’età fiorita Mancò la speme e la baldanza audace Piansi i riposi di questa umil vita, E sospirai la mia perduta pace.: E dissi: o Menfi, addio: così agli amici Boschi tornando, ho tratto i di felici. Luigi, a far la rinuncia del mondo, non aspettò.di far l’esperienza del mondo: ne comprese subi to la vanità: pose per programma della sua vita: la stupenda frase, spesso da lui ripetuta: non è grande se non quello che è eterno.

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E’ stato dunque un egoista? Lo dice bene il inondo talvolta contro le persone religiose, che non pensano che a sè; e, dopo aver condannato la religione perchè colla sua penitenza rende la vita uggiosa, la condmannano poi perchè favorisce la vita tranquilla e allegra, quasi fosse vita oziosa e ghiottona. Luigi rinuncia ai comodi del mondo, ma per incontrarne i pericoli e i sacrifici: lascia il mondo nei comodi, per ritornare poi nel mondo a soccorrerlo ne’ suoi bisogni. Egli è a Roma novizio nella Casa dei Gesuiti: scoppia la peste. Potete immaginare lo sgomento generale all’apparire del morbo, allora specialmente che mancavano le difese, ora preparate dalla scienza. Chi si nasconde, chi fugge. I religiosi Gesuiti decidono di dedicarsi all’assistenza degli appestati. Luigi è gracile di salute e ì suoi Superiori non pensano neanche di slanciarlo a quella cura faticosa, pericolosa. Ci pensa ben lui: va dai Superiori e chiede e tanto insiste di essere mandato fra gli appestati che i Superiori cedono. Ecco i sublimi egoismi della religione, della carità! Luigi, nell’assistere gli appestati, contrae la febbre della peste, e a 23 anni, muore! Quest’ultimo atto della sua vita si potrebbe, in un certo senso, chiamare l’atto caratteristico, riassuntivo della sua vita. Un distinto scit!rore milanese, incaricato di fare una statura di S. Luigi che lo ritraesse nel punto più culminante della sua vita, scolpì W Santo nell’atteggiamento di raccogliere un giovane appestato.

Per timore che l’umido della Cappelletta, appena restaurata, entrando nella stagione invernale, potesse danneggiare la statua, Lino alla stagione primaverile la statua verrà riportata e custodita nella Chiesa parrocchiale. Nel frattempo, perchè la Cappelletta non resti priva di un emblema religioso, sulla parete dell’altare verrà appesa un’immagine della Madonna di Lezzeno’: quest’immagine della Madonna non è senza rapporti con questa Cappelletta: la,Mradonna di Lezzeno è la Madonna del celebre Santuario di Bellano, patria a un tempo di chi è proprietario e del restauratore della Cappella. La Madonna poi ha un’intima relazione con S. Luigi: la divozione alla Madonna si può dire l’in, )iratrice e la tutela delle sue virtù. In Firenze, io mi sono inginocchiato dinnanzi all’immagine della Madonna nella Chiesa dell’Annunciata: è ai piedi di quell’altare che Luigi, a 9 anni, fece il voto di virginità: il fiore della virtù che Luigi collocò su quell’altare non fu più tolto via da lui: non fu tolto che dagli Angeli, che lo trovarono intatto alla morte di Luigi e lo portarono in cielo" - Maria, Luigi, purità; [p. 303 modifica]che bell’unione delle cose più sante, delle cose più belle! Associate al culto di Luigi il culto di Maria, e avrete nella divozione della Madre il segreto della virtù del figlio, rendendovi imitatoti della virtù di entrambi. Quanto a me, vi chiedo una cosa sola: passando dinnanzi a questa Cappelletta, ricordate qualche volta chi l’ha fatta restaurare: pregate S. Luigi, che avendo portato io il suo nome sulla terra, possa un giorno trovarmi a dividere con lui il premio di Dio nel Cielo! Il Buon Cuore, ultimo a pubblicare la notizia del la rinuncia al posto di Rettore effettivo dell’Istituto dei Ciechi di Monsignor Vitali, e della nomina a suo successore di Don Pietro Stoppani, non è ultimo certo a inchinarsi reverente davanti alla figura veneranda di Chi si dimette, rimanendo pur sempre nell’Istituto Rettore Onorario, Consulente; e più il Padre per antonomasia dei poveri ciechi,.e a salutare con auguri sinceri Chi gli subentra, riassumendoli tutti nell’invocare sull’uno e sull’altro le benedizioni del Signore e la gratitudine dei beneficati. La rinuncia dri Monsignor Vitali, rendendolo più libero, ci dà la speranza, e vorremmo dire, la certezza, che la sua collaborazione al Buon Cuore, cominciando da oggi, diverrà. come nel passato, assai più frequente. i ‘ ~~kgr eki". 4A11 51/4. ~~ 9.

Le colonie dello Stato di P’Catharina (Continuazione del numer<•

n).

Fino a qualche anno fa era aperta la strada mulattiera, detta dì S. Bento, costruita dall’amministrazione della colonia, che da Nuova Venezia saliva l’alta e ripida parete della Serra, e la metteva in comunicazione coi Campos dell’altipiano, alti 9oo e più metri, e particolarmente coi municipi brasiliani di Lages, S.. Ioaquiin e Vaccaria. Era questa una delle tre strade che dall’altipiano della Serra Geral’scendevano alle colonie: le altre due fanno capo ad Orleans ed a Minas. Nuova Venezia aveva avviato un commercio discreto coi Campos:. numerose truppe di muli guidate dai cosidetti cargueiros, transitavano code,sta strada cariche di prodotti coloniali: da due anni in qua la strada è rovinata in più punti su per la salita, è divenuta inaccessibile anche ai muli, ed il commercio è finito. Mi dicevano in Nuova Venezia che basterebbero poche migliaia di lire per accomodarla; hanno avuto promesse dal Governo ma niente è stato fatto.

Condizioni economiche e sociali. Accade cosi che molti coloni si trovano nelle condizione stesse di 20 anni fa, quando iniziarono la colonia; non mancano del necessario per vivere, ma nella sovrabbondanza del vitto, scarseggiano di vestiti e ’di ogni altra cosa che non sia prodotto agricolo; é vedendoli nonostani e la migliore volontà, che il proprio lavoro non contribuisce al progresso

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di alcuna sorta, sono colti dà sfiducia; le promesse di strade e di miglioramenti, troppe volte e per troppo tempo ripetute inutilmente, li lasciano indifferenti. Altro fatto da notarsi è che, mentre in tutte le altre colonie di Stato i coloni, salvo eccezionali casi di disgrazie, hanno quasi tutti pagaito il debito coloniale e sono proprietari di uno o più lotti di terreno, in Nuova Venezia vi è una quantità di famiglie che non sono arrivate a riscattare il lotto di terra, e che, agràvando ogni anno più il debito contratto verso la Compagnia, vengono sfrattate dal terreno occupato. Dai coloni si attribuisce la causa di questa situazione al fatto che`nei primi tempi la Direzione della Colonia accordò in larga misura ai coloni prestiti ed assistenza di vario genere, e molti coloni ne profittarono spensieratamente, anche perchè si era sparsa la voce che tal denaro non avrebbe dovuto essere restituito. Invece i debiti così formati si accrebbero a mano a mano del cumulo degli intéressi, finché -da molti si è persa la speranza di poterli saldare; e la Compagnia, dopo molti anni di attesa, si rivale riprendendo i terreni coltivati. Si osserva che la maggior parte dei colòni indebitati non esercitavano in Italia, prima di emigrare, il mestiere dell’agricoltore; ma sono bergamaschi provenienti dalle fabbriche e dalle industrie, i quali per molto tempo non poterono adattarsi, come gli altri veneti, alla vita dei campi e dei boschi. La condizione di questi coloni espropriati e cacciati da un terreno che essi hanno dissodato ed ove hanno vissuto per tanti anni, e costretti ora a ricominciare di nuovo, è sovente penosa; peraltro mi consta che non mancano alcuni più previdenti i quali, comprendendo di non poter arrivare ad ammortizzare il debito accumulato sulla colonia, se ne procurarono per tempo altra che fu intestata ai figli, nella quale andarono a - stare abbandonando quella primitiva. (Cone imta)

LA CASA FAMIGLIA PER LE IMPIEGATE celebra l’inizio del suo quinto anno di vita con un cospicuo ingrandimento dei’ suoi locali. Spinta dal crescente numero delle domande e dal desiderio di offrire alle sue ospiti un ambiente sempre più simpatico, ha lasciato la vecchia sede e si è trasferita in una casa nuova in piazzale Sempione 4. Questa simpatica istituzione che svolge un’azione tanto efficace offrendo a molte coraggiose lavoratrici alloggio e vitto a condizioni eccezionalmente favorevoli, merita l’appoggio della cittadinanza ed il più prospero avvenire.