Il buon cuore - Anno XII, n. 36 - 6 settembre 1913/Educazione ed Istruzione

Educazione ed Istruzione

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Il buon cuore - Anno XII, n. 36 - 6 settembre 1913 Religione

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Le nostre Missioni ed i giovani



Il movimento missionario.


Molti ignorano il movimento missionario avvenuto in Europa in questi ultimi anni tra le Nazioni e i popoli cattolici.

In Germania, per esempio, nel popolo, nelle associazioni cattoliche, nei congressi, nella vita cattolica tedesca, le missioni, ed a ragione, sono sorte a grande importanza.

Nel grande Congresso annuale i cattolici tedeschi in questi ultimi anni hanno fatto delle missioni una sezione che è forse la più fiorente del congresso e ne è certo la nota più simpatica.

Questo interessamento del popolo tedesco per le missioni è avvenuto in seguito e contemporaneamente al fatto che centinaia, anzi migliaia di fanciulli, di giovani, d’un tratto, come scossi da un’unica chiamata, entrarono negli appositi istituti per diventare operai evangelici del vastissimo campo delle missioni.

Ciò che si è detto della Germania, lo si deve dire anche della Francia, del Belgio, dell’Olanda, dei cattolici di Inghilterra e di America e con letizia lo si può dire anche dell’Italia.

Limitandoci alla nostra Lombardia accenneremo solo, che in questi ultimi cinque o sei anni, circa duecento giovani usciti dalle file della gioventù cattolica lombarda sono entrati nella via delle missioni, parte sono già sui posti di combattimento e parte si preparano negli appositi istituti o conventi dei Gesuiti, dei Cappuccini, dell’Istituto Lombardo.

Chi avrebbe creduto venti, venticinque anni fa, in mezzo a tanto furoreggiare di idee e sopratutto di socialismo, talchè pareva che la stella del cattolicismo volgesse ad impallidire che dopo una passeggera tempesta, la luce viva ed affascinante di detta stella abbagliasse, attirasse la nostra gioventù, riconoscendo che fuori del suo raggio non v’ha vera vita, vera gioventù, non v’ha salvezza?

La letteratura missionaria.


Molti ignorano lo sviluppo che ha preso in questi ultimi anni la letteratura missionaria italiana, per non paralare della letteratura missionaria straniera di gran lunga più ricca della nostra. All’estero lo studio delle missioni è sorto a dignità di vera scienza, formando un ramo interessantissimo per la filosofia, la sociologia e l’etnologia, ecc. Basta accennare alla settimana missionaria tenutasi l’anno scorso a Malines nel Belgio, ed alla rivista tedesca «Antropos», rivista missionaria prettamente scientifica. Lo sviluppo della letteratura missionaria italiana non è dato solo da periodici, dei quali in Italia ne esistono circa una dozzina, alcuni settimanali, come la rivista «Le Missioni Cattoliche» dell’Istituto Lombardo, altri mensili come la «Negrizia», la «Fede e Civiltà», ecc.; ma è dato anche da molte brillanti publicazioni, da bellissimi libri, come l’«Apostolo dei due Continenti», grosso volume edito con lusso l’anno scorso, come «Lo Stato del Cristianesimo in Cina all’avvento della Repubblica», libri che possono competere e per il contenuto e per la veste editrice con le migliori pubblicazioni contemporanee.

Come nella vita sportiva l’alpinismo e la esplorazione occupano il primo posto, per simpatia e per idealità e per vantaggi che ne derivano, così nella vita religiosa militante, l’apostolato missionario, lo sviluppo, la vita, l’opera delle missioni vanno in prima linea.

E conseguentemente come la letteratura dello sport alpinistico e dei viaggiatori esploratori (escludiamo la letteratura ed i viaggi creati dalla fantasia: degli [p. 282 modifica]scrittori) è la letteratura che maggiormente piace e contribuisce alla creazione di idealità nobili e severe, alla formazione di caratteri, così la letteratura missionaria nel campo religioso è, senza forse, la parte più attraente, più bella, più simpatica per noi giovani e contribuisce potentemente al completamento dell’istruzione, dell’educazione cristiana e civile, ad allargare, a sostenere la idea cristiana. Peccato che sia poco conosciuta; merita di esserlo da tutti indistintamente, anche per avere un’idea sicura, precisa, viva non solo dello stato, della storia del cristianesimo nel tempo passato, ma anche e sopratutto nel tempo presente. La letteratura missionaria non è una letteratura di vita falsa, di vita inventata, frivola come ce la presentano certe letterature, ma è una vita reale, è una vita vissuta, dove in mezzo alle difficoltà, alle miserie brilla un ideale, brilla l’idea nostra cristiana, brilla la Croce, che per il contrasto che si riscontra nella abiezione della vita pagana, barbara e selvaggia, riesce agli occhi nostri ancora più bella, più affascinante e ci fa capire, ci fa sentire l’obbligo anche per ciò che riguarda la vita materiale di ringraziare Iddio di essere nati da genitori cristiani. Beneficio che con facilità il cristiano non scorda, non sa valutare perchè tra noi è un beneficio troppo comune, e sopratutto perchè manca il termine di paragone affinchè con evidenza se ne apprezzi il pregio. La letteratura missionaria ci fornisce in questo caso un magnfiico termine di paragone.

ha letteratura missionaria e la gioventù. Per noi giovani la letteratura missionaria ha un significato speciale, noi giovani abbiamo bisogno di qualche cosa che ci scuota, che ci trascini, che ci leghi, di qualche ideale pratico, vissuto, sentito continuo nel quale possiamo sfogarci, sbizzarirci. In ciò corrisponde pienamente la letteratura missionaria. Nella vita missionaria vi ha una vita intensa, una vita di intensità, di perfezione, che è difficile per tutti, anche per i giovani; ma vi ha anche una vita di estensione, di conquista, che è sempre nuova, facile, simpatica, accessibile a tutti, specialmente ai giovani. Sarebbe bello vedere un poco, che cosa sono capaci di fare i cosidetti superuomini, i moderni sacerdoti della laicità, le cosidette moderne, modernissime idee di liberalismo, di socialismo, di laicismo o laicità che dir si voglia e tante altre belle idee, belle sì, sulle nostre piazze o sotto la cappa del camino, che cosa sono capaci di fare di fronte allo Stato, in mezzo ai popoli barbari e selvaggi, infelici nostri fratelli, privi della luce vera del Vangelo? Per la redenzione di quei popoli non basta la libertà, l’uguaglianza, la fratellanza, occorre qual-che cosa d’altro, occorre la carità cristiana, la luce del Vangelo, il nostro Cristo. A mio modo di vedere per tutti, ma particolarmente per i giovani, molte anzi la maggioranza delle obbiezioni, delle illusioni, dei pregiudizi pseudo scientifici nei diversi campi di contesa, che tanto si affatica a studiare, a discutere, a confutare, cadrebbero- subito, diventerebbero ridicoli, conoscendo un poco la letteratura missionaria che ha avuto il suo inizio splendido con gli, Atti degli Apostoli. Non occorre poi accennare al grande vantaggio che deriva alla coltura profana dalla letteratura missionaria, dalla coltura missionaria. La coltura profana ne risente in modo straordinario e nella larghezza delle vedute e nell’aumento delle cognizioni, che solo chi ha provato, può testimoniare. Si conosce la storia passata, perchè dobbiamo trascurare, ignorare la storia presente che non è certo meno interessante, meno sentita, meno compresa?

11 missionario ed il soldato. Quest’anno si distribuirono in Italia le medaglie ai valorosi che combatterono in Libia. Per noi giovani nel campo religioso il missionario ha lo stesso significato che nei riguardi patriottici l’hanno avuto e l’hanno i nostri soldati in Africa. Come i giovani italiani seguono con ardore, con interesse e con entusiasmo le vicende dei combattimenti in Libia; come i giovani degli Stati alleati balcanici seguono con ardore e con entusiasmo la lotta della Croce contra la Mezzaluna, così i giovani cattolici italiani seguiranno con interesse speciale, con entusiasmo, con passione le vicende di lotta e di conquista della Croce, nei posti di avanguardia occupati dai Missionari, se i giovani stessi seguiranno, staranno al corrente della letteratura missionaria.

MI-alla, la lombardia e le loro missioni. L’Italia cattolica ha scelto vaste, popolose regioni da evangelizzare, ha scelto la sua parte, come hanno scelto la loro le altre nazioni cattoliche. La Lombardia sta innanzi a tutte le altre regioni d’Italia a dimostrare praticamente, a lavorare per la universalità, per la cattolicità della Chiesa di Roma. Le Missioni che dalla Provvidenza sono particolarmente affidate alla Lombardia e che specialmente devono interessare i giovani lombardi, perchè il personale è composto quasi tutto di missionari lombardi, in gran parte giovani di questi ultimi anni. Sono circa settanta milioni di nostri fratelli pagani, tra i quali i missionari nostri lombardi sono riusciti specialmente in questi ultimi anni, ad avere circa 300 mila seguaci, oltre un quarto di milione di cattolici. Nelle sei missioni dell’Istituto lombardo, le più popolate, circa sessanta milioni di infedeli, l’opera di evangelizzazione incominciò circa cinquant’anni or sono con pochissimi missionari, e solo in questi ultimi anni (2o anni) si è proceduto con una certa rapidità nelle conversioni. Il cattolicismo in quelle regioni ha posto piede fermo, ed ha un sicuro avvenire, giacche il periodo più difficile è superato. [p. 283 modifica]I primi missionari vi hanno seminato piangendo ora si incomincia a raccogliere su vasta scala e se la raccolta non è che una piccola parte di quello che dovrebbe essere ciò è dovuto alla deficienza del personale e dei mezzi. Queste missioni, lo si può dire, sono già e lo s’aranno ancora meglio per l’avvenire, altrettante glorie della cattolicità lombarda, il migliore frutto, il testimonio più grande ed iMperituro della sua fede, il monumento più glorioso e l’omaggio più gradito che essa può fare al Cuore di Dio. Giacchè per quei popoli con la diffusione del Vangelo, con l’avvento del cattolicismo, portatovi dai lombardi si inizia una nuova epoca, una nuova storia, la vera civiltà; nessuno vorrà contestare che il monumento spirituale al quale in questi ultimi tempi i lombardi hanno gettate le basi, di gran lunga la vince sullo splendido Duomo della metropoli lombarda innalzato dalla pietà e dalla fede degli avi nostri. Per non ripeterci e dilungarci ciò che si è detto della Lombardia va ripetuto per il Piemonte, per il Veneto, per l’Italia centrale, ecc... Ma, c’è un ma.

Piccola lacuna da colmare. L’opera delle Missioni italiane è relativamente poco conosciuta e studiata; v’ha a questo riguardo una piccola lacuna che bisogna ricolmare. E questa scarsa conoscenza si ripercuote penosamente sulle Missioni, nei momenti come ora di maggior bisogno, sopratutto per la scarsit àdi mezzi. Su questo punto non vorrei però essere frainteso. Ciò che le missioni italiane domandano in questo momento si è una cosa sola: di essere conosciute. Il resto verrà da sè, molto più che non occorrono affatto dei sacrifici, basterebbe che tutti si ricordassero di devolvere a questa opera qualche bricciola del loro avanzo. Verranno da sè il personale ed i - mezzi per sostenerle, ma sopratutto e su questo punto mi permetto di richiamare l’attenzione, verrà, aumenterà fra noi giovani quello spirito di fede e di virtù, che vedremo, che seguiremo nella nobile estrinsecazione della vita missionaria, anche perché Iddio, che non si lascia mai vincere in generosità, non permetterà che mentre noi cooperiamo alla diffusione della fede tra i popoli pagani, essa si affievolisca in noi. Iddio è un generoso banchiere che rende centuplicato l’interesse anche quaggiù del capitale spirituale depositato nella sua banca celeste che fàllisce mai. Più tardi tratteremo dei mezzi attuali ed attuabili per colinare questa piccola lacuna, ora finiamo con un voto ed un augurio. E cioè che fra i giovani, nei loro congressi risuoni questa nota simpatica delle Missioni; di più che tra essi, nei loro congressi, nelle loro adunanze vi sia spesso la presenza del missionario che tra noi giovani sarebbe come un reduce dai campi di battaglia. Poichè dal non conoscersi a vicenda tra giovani e missionari, dal non trovarsi a contatto, viene a manca

re un grande vantaggio per entrambi. Per noi giovani sarebbe un vantaggio educativo inapprezzabile. E’ venuto il momento che i giovani cattolici italiani, nelle loro adunanze, nei loro congressi, per mezzo della stampa, delle biblioteche, conferenze, ecc., si facciano iniziatori di un movimento di diffusione dell’Opera delle Missioni, della letteratura inissionaria, di una coltura scientifica missionaria, di una popolarizzazione delle Missioni tra il popolo nostro e specialmente tra noi giovani, che se per certe prediche, per certi argomenti facciamo alquanto l’indiano, ben difficilmente faremo orecchio da mercante all’argomento delle Missioni che può riempire, può colmare tanto vuoto delle continue inesauribili aspirazioni dell’animo, del sentimento, dell’idealismo nostro. Dott. RAMO.

Dove aleggia lo spirito verdiano

Da BUSSETO a SANT’AGATA

In quest’anno di ricorrenza centenaria convergono a Busseto i pellegrinaggi ufficiali, come non avrebbero certo osato se il maestro, nella sua ruvida e aspretta modestia pessimista, fosse stato ancor vivo ed avesse ancor, premuto, schivo e sereno, i viali ombrati di S. Agata. Ma là ancora, e questo certo sarebbe stato carissimo omaggio al maestro, ancorchè vivente, si volgono affettuosi i cuori degli italiani tutti, che nel rifiorente nazionalismo d’oggi, impersonano nel loro cantore il simbolo più fulgido della loro stirpe, geniale e forte, simbolo in cui il severo equilibrio del forte campagnuolo non si discompagna dalla ardita passionalità geniale dell’autore di a Rigoletto» e di a Falstaff». E va detto che un pellegrinaggio tranquillo a Busseto, un pellegrinaggio in stretto incognito, per dir così, riesce forse più caro e più intimamente soddisfacente di tutti i clamorosi cortei guidati ai luoghi verdiani dalle diverse intraprese commemoratrici. Voi vi recate a Busseto a per affari D. Nessuno - vi sospetta, e siete così libero sia da chi vorrebbe infinochiarvi aneddoti ed episodi, ai quali egli avrebbe assistito solo in sogno, come da coloro che si mettono in allarme e si ingelosiscono, quasichè col discorrer di Verdi se ne logori la memoria o si rimpicciolisca il Grande col metterlo a contatto delle contingenze della vita quotidiana. Voi potete così parlare col primo che passa, in via accidentale, e non è raro il caso che qualcuno si sbottoni a parlare coll’orgoglio giustificato del conterraneo, di quella grande illustrazione dell’arte che diede fama ad un borgo, il quale altrimenti sarebbe passato pressochè inosservato vicino ai tanti che conta la vaga itala contrada. Un venditore di cartoline [p. 284 modifica]illustrate — per l’occasione ne furono coniate in quantità con e senza cimeli verdiani anche a Busseto -- per esempio, mi si,è sbottonato dinanzi, e non solo in senso metaforico, poichè egli era nientemeno che un cimelio ambulante... recando addosso una giacca di seta che aveva appartenuto a Verdi, e che recava ancora i segni manifesti della sua autenticità! Se avete poi la fortuna di poter entrare in rapporti, sempre di «affari D, si capisce, con qualche bussetano,, allora la chiave che apre i cuori alle confidenze è trovata. E tra i simposi patriarcali, consumati bonariamente nelle sale vaste e sfogate, di qualche ospite gentilissimo che avvicinò intimamente il maestro e lo amò riverente, corrono queti e gai i conversari nei quali inevitabilmente il maestro in-j terviene di continuo, assai più che se fosse presente alla conversazione. Si parla per esempio del centenario della nascita, ed è ben naturale e lì si rievocan le feste intime che il Verdi tanto amava pel suo compleanno, in cui riuniva intorno a sè persone care, le quali magari per tutto l’anno non si facevan vedere a S. Agata, ma non volevan mancare in un giorno così specialmente solenne. E questa festa, contrariamente al parere degli storici e dei commemoratori ufficiali, il Verdi celebrava il 9 ottobre, dedicato a S. Donnino, patrono del luogo, poichè egli era convinto che quello fosse l’anniversario della sua nascita, e si faceva di un giorno più vecchio di quel che era voluto dai biografi ufficiali.

verdi iconoclasta. Il Verdi del resto non doveva aver troppa simpatia col feticismo per cui oggi si vorrebbe ridurre il mondo ad un museo. L’uomo che aveva dato al mondo opere memorande come a Aida» e «Traviata» pensava di aver legato il suo nome a qualcosa di meglio che ai ruderi delle Roncole, ed aveva meditato un giorno di acquistare la cascina dove era nato, nè più nè meno che per demolirla. Fortunatamente non riuscì al suo scopo, e così abbiamo un monumento nazionale a cui peregrinare, e un tema di più per considerare, se per caso non vi avessimo mai riflesso, che il genio nasce nelle stamberghe più umili, e Che col valore proprio vince gli ostacoli che si opporrebbero al suo fulgoreggiare. Verdi del resto non era conservatore per ciò che lo•riguardava, o almeno non lo voleva: essere: fin da molti anni prima della morte egli aveva fatto incetta, acquistandole anche a caro prezzo, di tutte le carte che egli aveva lasciato in giro a Busseto durante la sua dimora in quel luogo, e si ha ragione di credere che esse costituissero buona parte del materiale che si trovava chiuso nelle due casse che il maestro volle inesorabilmente condannate al rogo. Evidentemente il maestro non voleva essere conosciuto che nella edizione ufficiale per dir così delle sue opere: e quindi man mano egli ne ultimava, nel giorno del distacco, per lui dolorosissimo, dalla creatura alla quale aveva dato tanta consuetudine

di cura affettuosa, riuniva anche in un fascio tutti gli abbozzi, gli schizzi, i pentimenti che durante la composizione lo avevan turbato, e che eran stati il crogiuolo traverso cui era venuta formandosi la pura opera di bellezza, e li condannava al rogo: ma poichè troppo amava quei frammenti, pur tuttavia volendo sottrarli alle indagini dei critici, dei quali egli non aveva mai mostrato troppa stima, si limitava a raccoglierli in fasci e in cartelle e a scrivervi sopra a da bruciare». Avvenne così che, distrutte le due famose casse, distrutte con lacrime di molti, come si ricorderà, subito dopo la morte del maestro, per parecchio tempo si vennero scoprendo in angoli e cantucci dimenticati della villa di S. Agata, di questi pacchi di sfogliazzi,.sui quali la scritta a da bruciare» non rispettata per decenni dal maestro istesso, e non ricordata, a differenza delle due famose casse, neppur nelle disposizioni testamentarie, può interpretarsi forse più come una indicazione del nessun valore da attribuirsi a quelle carte, che non come una ingiunzione espressa dalla volontà del maestro. Se poi Verdi non aveva avuto il coraggio egli stesso di abbandonare quei fogli che registravano i primi vagiti delle sue creature, era forse troppo pretendere che questo coraggio dovessero averlo i suoi eredi, troppo investiti della importanza del deposito a loro affidato, e troppo devoti alla memoria del loro grande parente, per distruggere cimeli tanto preziosi, solo per la presunzione di un desiderio, che tuttavia non venne chiaramente espresso. D’altra parte a questa specie di espropriazione a cui il genio deve soggiacere ci siamo in certo modo abituati, e la nostra legislazione in proposito non si fa alcun scrupolo di sottrarre a lui la proprietà esclusiva per metterla a vantaggio della generalità.

A Sant’Agata.

Dopo queste notizie si può ben comprendere come, sempre parlando «d’affari», sia naturalissimo di dare una capatina a S. Agata, dove la messe di notizie verdiane può essere ancora più ricca. Anche qui se voi vi recate in veste di «pellegrino» siete ricevuto con la cortese freddezza di chi deve lasciar visitare i locali che il grande occupò e che rivivon delle sue memorie, e che questa sua cortesia ripaga col dover introdurre estranei in,casa propria ad ogni ora del giorno; se vi recate per caso, e con qualche amico della famiglia, nel tranquillo recesso, dove Verdi trascorse la più gran pran parte della sua vita, non avete più soltanto la fredda e rigida visione degli oggetti, allineati e schierati, quetamente, come nelle severa solitudine di lin museo, ma la memoria viva del maestro risorge traverso l’amorevole narrazione dei parenti. Curiosa ed interessante è sopratutto la visita delle due camere -dove si raccolgono i cimeli verdiani quando si voglia esaminarne con occhio scrutatore ed indagatore il contenuto. Ecco accanto al letto del grande uno scaffaletto dove si allineano, in una [p. 285 modifica]edizioncina nitida ed elegante, le partiture dei quartetti di Mozart, di Haydn, di Beethoven, e una serie di volumi dal contenuto più svariato, con prevalenza dei libri di interesse musicale, ma senza perciò escludere che vi si sia annidato, chissà come e chissà perchè, uno studio sui valori postali argentini!.... Ecco nel gabinetto vicino due modeste librerie colme ’della musica del maestro. Vi sono gli spartiti verdiani, ma non mancano a Vascello fantasma», a Maestri cantori», a Parsifal», a Lohengrin», quest’ultimo curiosamente annotato. Il maestro l’aveva con sè alle memorabili esecuzioni di Bologna, e in margine vi ha segnato i suoi commenti, sia all’esecuzione, sia all’effetto •che la musica produceva sul pubblico. Tra le opere moderne fanno bella mostra di sè nella biblioteca verdiana a Zazà» di Leoncavallo, le opere di Puccini, a Salambò» di Reyer ed alcune altre. (Continua).