Il Trentino/Capitolo II
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Capitolo Secondo.
Cenni sulla conoscenza geografica del Trentino.
1. Nella prima opera in cui si parli sicuramente della geografia d’Italia, in Polibio, non si fa menzione del nostro paese; Trento — pure essendo di vetusta origine — comincia ad avere per Roma manifesta importanza solo ai tempi d’Augusto.
La guerra cimbrica e la retica cominciano ad attirare l’attenzione degli storici sulla regione trentina; il nome di Trento esce un po’ alla volta dall’oscurità delle prime memorie; le estremità dell’impero si congiungono per mezzo di vie al centro d’Italia; s’iniziano ovunque censimenti e rilievi.
Strabone, come dicemmo, è forse il primo scrittore che ricordi i Tridentini fra i popoli posti alle radici delle Alpi. Dopo di lui una serie di poeti e di storiografi hanno frequenti accenni alla nostra regione, all’Athesis, e alle nostre Alpi, la cui conoscenza si limitava certo ai passi e non si estendeva alle vette.
Nel secondo secolo dell’E. V. Tolomeo stabilisce, mediante coordinate astronomiche, la posizione delle principali località dell’orbe. Alcune delle latitudini da lui date sono discretamente esatte; le più erronee sono quelle dell’Italia settentrionale; fra queste Trento posta a 43° 45’ invece che a 46° 5’. Le longitudini invece sono pochissimo esatte e poco comparabili non essendo determinabile con sicurezza l’origine delle stesse in Tolomeo.
Man mano che ci avviciniamo ai tempi della bassa latinità le cognizioni sulla geografia d’Italia e quindi anche della nostra regione diventano più scarse, incomplete, erronee, e dettate puramente da criteri di pratica opportunità. Con tale intento si facevano — come ognuno sa — i così detti itineraria scripta (elenchi di strade con le rispettive distanze da città a città) e gli itineraria picta (rappresentazioni grafiche dei più importanti elementi di un itinerario). Fra i primi è noto l’itinerario di Antonino d’epoca incerta, dei secondi la tabula peutingeriana che pare debba farsi risalire alla seconda metà del quarto secolo, contenenti ambedue i nomi di alcune stazioni trentine lungo la via che dalla pianura padana attraverso Matreio Vipiteno (passo del Brenner) conduceva ad Augusta.
E pure alla fine del IV secolo che ci si presenta — del tutto inaspettata in mezzo a tanta scarsità di notizie geografiche — la chiara descrizione che Vigilio, vescovo di Trento, ci dà dell’Anaunia, valle tridentina, e gli scarsi cenni che Cassiodoro ci ha tramandato di Trento e dell’Agro atesino nelle sue lettere.
Alcuni secoli dopo, Paolo Diacono — attingendo alla succinta istoria di Secondo, monaco trentino, morto nel 612 — ci dà della nostra regione particolari tali che meritano d’essere ricordati.
Unitamente a ragguagli topografici intorno al ducato longobardo di Trento egli ci dà l’elenco dei castelli distrutti dai Franchi; pure sono così scarse le notizie, che si hanno prima e dopo il tempo a cui si riferisce Paolo Diacono, che alla critica storica non fu ancora possibile stabilire quali fossero i castelli indicati da Paolo. Addentrandoci nei più oscuri secoli del Medioevo fra il IX e il X secolo, noi ci troviamo di fronte, oltre che alla scarsità delle fonti e dei documenti geografici, ad una speciale condizione di cose, per cui le stesse notizie topografiche sono alterate dalla passione politica e gli scrittori sono troppo spesso interpreti del volere dei dominatori, anzichè della realtà dei fatti. Pochissima fiducia — a cagion d’esempio — noi possiamo avere nelle notizie topografiche ed etnografiche sulla nostra regione tramandateci da scrittori che vissero in quel periodo di tempo in cui gli imperatori sassoni aspiravano a fare della Germania e dell’Italia un solo stato. In un atto dell’imperatore Federigo I — per citare uno dei molti fatti di tal genere — si annovera Trento tra le città dei regni teutonici, mentre Ottone di Frisinga colloca presso Bolzano il confine fra la Germania e l’Italia e un cronista dello stesso tempo, cioè l’autore del Chronicon Gozacense, giunge a collocarlo a Verona. 1
Se non pochi, sono però sempre dubbi ed incerti, come quelli che siam venuti citando, gli accenni al nostro paese degli storici e cronisti fino a Marin Sanuto (sec. XV), che nel suo Itinerario per la Terraferma veneziana ci dà due piccoli prospetti d’Arco e di Riva con relativa descrizione 2, al Flavio Biondo 3, che nella sua Italia illustrata dà del nostro paese tocchi abbastanza sicuri ed evidenti, al Volterrano e a molti altri minori, che spesso camminano, e non sempre bene, sulla falsariga del Biondo. Solo negli ultimi anni del quattrocento si doveano avere dei lavori che, se non di carattere geografico, potessero dirsi almeno particolarmente diretti all’illustrazione della nostra regione. Il primo documento di tal genere è il panorama della città di Trento, dipinto fra il 1490 e il ’94 con minuziosa esattezza e con squisito sentimento d’arte da Alberto Dürer 4 al quale seguono alla distanza di quasi un secolo le carte prospettiche di Trento del Braun (1574), dell’Hogenberg (1581), del Bertelli (1599), quella del territorio di Trento del Magini (1596), la carta della Rezia nel Teatro dell’Ortelio di cui un’edizione porta la data del 1573, nonché quella del Mercatore comprendente la Marchia Tarvisina e il Tirolo del 1589. Durante questo secolo però non mancano scrittori che s’occupano estesamente del Trentino; per citarne tre soli ricordo lo storico G. P. Pincio che ne trattò nel suo Cronicon tridentinum (Mantuae 1546), il geografo Leandro Alberti nella sua Descrittione di tutta Italia (Bologna 1550) e fra i viaggiatori stranieri Michele de Montaigne nel suo viaggio in Italia. 5
Si ebbe poi in questo periodo di tempo un fatto di grande importanza, che servì ad attirare lo sguardo di molti sulla regione trentina: il famoso Concilio. Non v’è edizione degli atti di quel congresso a cui non sia premessa una descrizione della città di Trento e dei suoi dintorni; giova però notare che i giudizi sono spesso dettati da spirito di parte e che quasi sempre la narrazione non riguarda se non le cose che direttamente interessavano chi scriveva: l’abbondanza o la scarsità dei cibi, le condizioni del clima, della pubblica sicurezza ecc.6
Il seicento nulla ci offre che valga la pena d’esser ricordato, fatta eccezione delle opere del Mariani e del Brandis.
Il libro di Michelangiolo Mariani (Trento con il Sacro Concilio. Trento 1673) è ricco di notizie sull’agricoltura, sui costumi, sulla vita del Trentino, ma farragginoso e talvolta ridicolo, come quando afferma che sul Tonale hanno dimora i diavoli e che nella Valle di Non si parla il francese; l’opera del tirolese Brandis già esprime col titolo (Des tirolischen Adlers immergrümmendes Eherenkrantzel. Bozen 1678), il criterio poco solido che la informa. All’infuori dell’opera del Mariani, gli accademici e le accademie trentine di quel secolo non ci hanno dato che strane personificazioni dell’Adige, del Leno, dei monti e delle città nostre.
Il secolo scorso invece e la prima metà di questo oltre a molte opere geografiche ed enciclopediche, italiane e straniere, in cui il principato trentino è descritto abbastanza estesamente, ci offrono una serie notevole di storici trentini nelle cui opere alla geografia si fa un largo posto, trattandovisi dell’intera regione o di una parte di essa.
Fra questi ricordiamo il Tartarotti (Memorie antiche di Rovereto. Venezia 1764), che studia la corografia dei tempi di mezzo del Trentino ed è ricco di notizie topografiche e toponomastiche; il Bonelli (Monumenta ecclesiae tridentinae. Trento 1760-65); il Baroni (Idea della storia della Valle Lagarina. S. l. 1770?), il Montebello (Notizie storiche, topografiche e religiose della Valsugana e Primiero. Rovereto, 1793) che per ogni paese della Valsugana offre copiosi dati economici e fisici; il Maffei (Periodi storici e topografici delle valli di Non e di Sole. Rovereto, 1805) nella cui opera la parte geografica ha il sopravvento sulla storica; il Barbacovi (Memorie storiche della città e del territorio di Trento. Trento 1821-24), e infine il Giovanelli in parecchie opere di carattere archeologico e il Pinamonti con alcune monografie storico-geografiche.
Delle opere d’indole generale potremmo ricordarne oltre a quelle notissime del Granelli,7 del Büsching,8 del Marmocchi,9 del Rampoldi,10 del Zuccagni-Orlandini,11 dell’Amati.12 molte altre, se l’economia del presente lavoro non esigesse che, tornando sui nostri passi, ci accingessimo a vedere gli avanzamenti della conoscenza del Trentino — più che nelle opere enciclopediche — nelle varie discipline, che concorrono a dare il concetto complessivo del modo d’essere geografico di un paese.
Solo in base ai primi risultati di queste ricerche parziali nel campo limitato dei singoli rami della scienza, fu possibile, alla metà del secolo nostro, la compilazione di alcune opere geografiche di carattere sintetico; la prima di esse è quella dello Staffler (Tirol und Vorarlberg Statistich mit geschichtlichen Bemerkungen. Innsbruck 1848), scrittore equanime e molto veridico nel costatare le numerose differenze che corrono fra il Trentino e il Tirolo; più importante è l’opera di Agostino Perini (Statistica del Trentino, vol. 2. Trento, 1852) opera che ancor oggi si consulta con molto vantaggio e che, giudicata alla stregua dell’avanzamento scientifico di quei tempi, può dirsi veramente ottima.
Poche pagine, infine, di Cesare Correnti, pubblicate in un calendario, il Nipote di Vesta Verde, (Anno 1853) quasi completamente ignorato, riproducono con una genialità singolare in forma viva e sintetica la fisionomia della nostra regione, le sue condizioni etniche, politiche e storiche. Nessun’altra opera generale e sintetica noi possediamo, che meriti d’esser ricordata nella seconda metà del secolo13, nella quale si continua quel lavoro assiduo di paziente analisi e di ricerche particolari che dà al Trentino una delle più ricche bibliografie scientifiche.
2. Condizioni speciali del nostro suolo fecero sì che più di tutto vi fiorisse la scienza geologica, sorella prima della geografia. Fu nel Trentino che il Marzari Pencati fece nei primi anni di questo secolo la scoperta della sovrapposizione di roccie eruttive a roccie calcaree, scoperta, che distrusse gran parte delle idee e delle teorieFonte/commento: Pagina:Il Trentino.djvu/354 fino allora ammesse rispetto all’età relativa delle roccie e che sollevò vivissime discussioni.
E fu allora che cominciò un vero ininterrotto pellegrinaggio di scienziati di tutte le nazioni nel Trentino, (specialmente nella valle d’Avisio) talchè oggi esso vanta nelle opere dell’Humboldt, del Marzari Pencati, del Lepsius,14 del Richthofen, del Moysisovics15, del Benecke, del Gümbel, del Rath, del Bittner, del Doelter e del Salomon e in centinaia di minori monografie, un’illustrazione se non esauriente, certo ricchissima, e delle ottime carte geologiche.
Nè poteva esser altrimenti per un paese che è la vera terra promessa della geologia.
Più tardi si iniziarono gli studi orografici. Solo nella seconda metà del nostro secolo per opera degli alpinisti inglesi e tedeschi prima, degli italiani poi, furono vinte le maggiori vette dei gruppi dell’Ortler e dell’Adamello a ponente, della Marmolata e delle Pale di S. Martino all’oriente, e di conseguenza procedettero alacremente gli studi dell’altimetria, della topografia e della nomenclatura.
Dei plessi montuosi appartenenti alla regione trentina, unicamente il Baldo fu soggetto a studi scientifici fin dal sec. XVI, per opera di botanici famosi, il Calzolaris, il Pona, ecc., per non citare che quelli del 1500, mentre già nel 1620 il gesuita Biancani ne determinava l’altimetria coll’uso della diottra16 assegnandogli 1056 metri, invece che 2200 come danno le recenti misure.
Negli ultimi cinque lustri lo studio delle montagne trentine ricevette forte impulso ed incremento dalla Società degli Alpinisti tridentini (sorta nel 1874), che promosse l’illustrazione del paese con una copiosa serie di annuari e di guide17, e dai turisti e alpinisti stranieri che nelle loro riviste alpine dedicarono non poche pagine al nostro paese.
Più imperiosamente dello studio dell’orografia si impose agli abitanti della nostra regione l’applicazione all’idraulica. Nel secolo scorso e nel nostro sono frequentissime le memorie idrauliche per arginare e sistemare l’Adige, e i suoi affluenti (la Fersina, l’Avisio e il Noce), la Brenta e il Sarca; per prosciugare le malsane paludi ecc. Però dal punto di vista scientifico tali memorie lasciano molto a desiderare, e all’infuori dello studio del Penk sull’Adige e di quelli del Damian su alcuni laghi, e pochi altri, che citeremo a suo luogo, tutto il vasto campo scientifico della potamologia, della limnologia e dell’idrografia sotterranea è pel Trentino ancora inesplorato.
Le ricerche meteorologiche ebbero inizio nel Trentino alla fine del secolo scorso per opera di Gian Domenico Romagnosi che coprì la carica di podestà di Trento nell’anno 1791.
Non meno importanti sono le osservazioni del generale Wesselj fatte in Trento dal 1816 al 1832 e quelle di Francesco Lunelli dal 1821 al 1858. Morto il Lunelli nel 1858, si tralasciò completamente questo campo di studio fino al 1870, anno in cui, parallelamente al risveglio che ebbero nel Regno d’Italia (per opera di società e di privati), gli studi meteorologici, si fondò a Riva di Trento il primo osservatorio, al quale seguirono in altri paesi della regione moltissimi altri a breve distanza di tempo. Attualmente si hanno 18 osservatori nei quali si fanno delle osservazioni meteorologiche complete e 54 stazioni pluviometriche. Il materiale di questi osservatori trovò ottimi illustratori nell’Hann e nel Busin18.
Piuttosto pigro e non molto fiorente fu lo sviluppo degli studi statistici e sociologici nel Trentino. Non ci è nota l’esistenza d’alcun censimento anteriore al 1700 e può darsi che in realtà di completi non ne siano stati fatti perchè il Trentino fu un principato sul quale più d’uno volea contemporaneamente comandare e del quale uomini di governo e ambasciatori molto si occuparono come di un’ottima posizione strategica, come strada di passaggio fra la Germania e l’Italia, ma che da nessuno o da pochi certo, fu amministrato e studiato con quella larghezza di vedute che fin dal secolo XIII distingueva gli uomini di Stato della vicina repubblica di Venezia. Dei dati demografici posteriori al 1700 diremo a suo tempo; però, fatta eccezione di una statistica della pretura di Rovereto del 1766,19 e di alcuni dati statistici sulla val di Fiemme al principio del secolo,20 l’opera già citata del Perini è l’unica che meriti d’esser ricordata assieme alle recenti statistiche ufficiali del governo austriaco, alle pazienti ricerche che un modesto curato di campagna fece emigrazione trentina in America21 e a parecchi lavori del Dottor Vittorio Riccabona22. Furono invece oggetto di molteplici studi le condizioni politiche-amministrative del Trentino che ebbero valorosi illustratori nel Baisini23, nel Bassetti24, nel Festi25, nel Gazzoletti26, nell’A. Prato, nel Bertolini, ecc.
Ci resta ora da dire qualche cosa su quanto concerne gli argomenti etnografici dialettologici e di completare quanto già dicemmo sulla cartografia.
Gli studi etnografici, del pari che la dialettologia, il folklore e l’antropologia, ebbero inizio nel Trentino non tanto come ricerca scientifica quanto come strumenti di lotta dei germanofili, che tendenziosamente cercavano di dimostrare la prevalenza dell’elemento germanico nella formazione delle popolazioni del Trentino e che da questa pretesa prevalenza traevano argomento per vantare dei diritti. Questi studi — determinati da lotte più o meno palesemente politiche — non potevano non riuscire inquinati da spirito di parte, specie nei primi decenni della seconda metà del secolo, quando più acuto era l’antagonismo fra la razza italiana e la germanica. Di qui le esagerazioni che si ebbero da una parte e dall’altra, la vacuità degli argomenti assai spesso cavillosi, la retorica imperante al posto della critica, il degenerare degli studi in astiose polemiche personali. Questo metodo poco fruttuoso di studio, che fu comune anche alle ricerche storiche sul Trentino, venne man mano cessando di fronte alla indagine serena, scevra di preconcetti della critica moderna; si iniziò così un periodo di attività seria e scientifica.
La scuola dei germanofili ebbe fra i suoi più tenaci rappresentanti, il Lotz, lo Schneller, il Gimmer negli studi dialettali, il Tappeiner27 negli antropologici, ed ha ancora qualche pertinace paladino, che non merita d’esser citato; appartengono al secondo periodo, per gli studi linguistici, Graziadio Ascoli28, B. Malfatti29 e Vittore Ricci30; per gli etnografici ancora il Malfatti31; per gli antropologici il Canestrini32, l’Holl e lo Zuckerhandl.
Per quanto concerne la cartografia — fino ad ora, per dire il vero, non molto studiata33 — eravamo arrivati alla fine del sec. XVI citandone i primi tentativi. Nel sec. XVII e XVIII la cartografia trentina assurge ad uno sviluppo notevole, per opera però quasi esclusiva di cartografi tedeschi, che nelle loro carte vi rappresentano assai spesso il Trentino come parte integrale della contea tirolese. Di carte italiane a stampa, che riguardino il Trentino in questi due secoli e che non sieno o mappe in grande scala, fatte per uso privato, o prospetti di città, non ne esistono, per quanto è a nostra conoscenza, che due di un certo Manfroni, una delle quali merita d’esser ricordata perchè il suo titolo: Tyrolis pars meridionalis Episcopatum et principatum tridentinum continens (anno 1778; scala 1:280.000 circa), evidente offesa al concetto di indipendenza del Trentino dai pretesi diritti feudali dei Conti del Tirolo, sollevò vivaci proteste nel popolo, nel clero e negli scrittori contemporanei.
Fra le più importanti produzioni dei cartografi stranieri riguardanti il Trentino o «il Trentino annesso al Tirolo», come essi amavano chiamare il nostro paese, vanno annoverate le carte del Tirolo e delle regioni finitime dell’Igl (Tirolis Comitatus ampliss. regionum finitam, nova tabula. Praga 1605; scala 1:247.000 circa), quella del Burgklehner in 12 fogli (Die Presanella - Monte Bianco - Cima di CornicelloGruppo della Presanella fr. Grafschafft Tirol, 1611. Vienna; scala 1:135.000 circa), quella dell’Ianson (Comitatus tirolensis; scala 1:531.000 circa) nel suo Atlas (Amstelodani 1664). quella dei fratelli Gumpp, (1707; scala 1:329.000 circa), pure dell’intero Tirolo, e quella dello Spergs (Tirolis pars meridionalis episcopatum tridentinum finitimasque valles complexa ecc. Viennae. 1759; scala 1:121.000 circa) che servì di base alla citata carta del Manfroni34.
La carta più importante però che abbia avuto il nostro paese in scala abbastanza grande (1:104.000 circa) fu quella dell’Anich e dell’Hueber (Atlas Tirolensis, Wiennae 1774), composta di 20 fogli, ciascuno dei quali misura cm. 56 X 43.05. Questa carta — pel suo tempo una delle migliori d’Europa — ha nella parte trentina i nomi scritti in lingua italiana. Tutte le carte posteriori fino al 1825 — fatta forse eccezione per la carta del Bacler D’Albe, direttore del Depòt de la Guerre a Milano (Carte generale du thèatre de la Guerre en Italie et dans les Alpes, depuis le passage du Var le 20 Sptbr 1792 ecc.; scala 1:259.200 Milano. 1792-1800) carta pur essa imperfetta, — sono assai scadenti; spesso sono riproduzioni della carta dell’Anich e molte di autori tedeschi rispecchiano nella nomenclatura quella lotta politica a cui abbiamo accennato a proposito degli studi etnografici. Fra il 1825 e il 1831 si pubblicò per cura, dell’Istituto Geografico militare di Vienna la carta del Tirolo (Karte des Gefürst. Grafschaft Tyrol nebst Vorarlberg u. d. angrenz. souverainen Fürstenthume Lichtenstein, scala 1:144.000. N.° dei fogli 24) che fu più volte riveduta e corretta fino al 1875 circa, anno in cui vennero pubblicati i primi fogli della carta austriaca al 75.000, ultimata nel 1890. Questa carta consta di 760 fogli dei quali 15 spettano, o in parte o del tutto, al Trentino35. Per la parte che spetta al nostro territorio essa fu eseguita in base ai vecchi rilievi catastali riveduti dagli ufficiali dello stato maggiore austriaco fra il 1869 e il 1881 e sui recenti lavori di campagna36. Nel 1885 fu iniziata una revisione non ancora compiuta.
Una carta recente, adattatissima per dare all’occhio la comprensione sintetica della regione trentina, è la Carta corografica del territorio della I. R. Sezione di Luogotenenza in Trento del Locchi e De Manincor (Torino 1897, scala 1:75.000).
Esposto così brevemente lo stato della conoscenza del Trentino nel vasto campo delle più importanti discipline che hanno attinenza colla geografia, possiamo soggiungere, come osservazione generale, che le caratteristiche principali della bibliografia geografica del Trentino sono da una parte la ricchezza esuberante di pubblicazioni di piccola mole e di carattere analitico, d’altra parte la povertà se non l’assenza quasi assoluta di opere generali e sintetiche. Ora, se non è difficile il ritrovare le cause di questa seconda caratteristica, comune a gran parte delle regioni italiane e all’Italia stessa, che dopo l’abbozzo di Strabone non ne ebbe alcuno che valesse a superarlo, più facile ancora riesce scoprire il perchè di una bibliografia tanto copiosa.
Questo fatto è in stretta relazione ed in gran parte dipende dalla posizione speciale del paese posto all’estremo lembo della penisola. Esso, come la maggior parte delle regioni di confine linguistico, presenta circostanze tali che concorrono a renderlo campo d’osservazione degli abitanti e degli stranieri ad un tempo e talvolta anche campo di una lotta apparentemente scientifica, che non è se non il riflesso di una lotta, etnica. La Bibliografia del Trentino del prof. Largaiolli, più volte citata, mette in grado di vedere assai chiaramente questo nostro asserto che trova d’altronde ampia conferma nelle bibliografie di paesi posti in simili condizioni, in quella del Bellunese p. e. compilata da Augusto Buzzati (1890) e in quella del Canal del Ferro di Giovanni Marinelli (1894).
- ↑ Rolando. Geografia politica e corografia dell’Italia imperiale nei secoli IX e X. In «Arch. Stor. ital.» Serie IV, vol. V, 1881.
- ↑ Itinerarium Marini Sanuti filij patritij Veneti cum sjndicis Terre Firmae. Edito nel 1847 a Padova da Rawdon Brown.
- ↑ Flavii Blondi. Italiae illustratae. Veronae, 1482.
- ↑ Alberti G. La più antica veduta di Trento. Trento, Zippel, 1898.
- ↑ Al. D’Ancona. L’Italia alla fine del sec. XVI; giornale del viaggio di Michele Montaigne in Italia nel 1580 e 1581. Città di Castello, 1889.
- ↑ Cfr. Giuliani. Trento al tempo del Concilio. In «Archivio Stor. trent.» 1882.
- ↑ Carolus Granelli. Topografia Germaniae austriacae. 1759. Vindobonae.
- ↑ Büsching. La geografia universale. I due volumi riguardanti l’Italia furono tradotti da G. Jagemann e pubblicati a Venezia nel 1780.
- ↑ Marmocchi. Prodromo della storia naturale d’Italia. In «Corso di geografia universale.» Torino, 1856.
- ↑ Rampoldi. Corografia d’Italia. Milano, 1833-34.
- ↑ Zuccagni Orlandini. Corografia storica e statistica dell’Italia e delle sue isole. Firenze, 1840-45.
- ↑ Amati. Dizionario corografico d’Italia. Milano, Vallardi.
- ↑ Per debito di giustizia non va dimenticato il bel libro di C. Gambillo (Il Trentino. Appunti e impressioni di viaggio. Firenze, 1880) libro che non ha alcuna pretesa scientifica, ma che è uno splendido giornale di viaggio.
- ↑ Lepsius. Das westliche Südtirol geologisch dargestellt. Berlin, 1898.
- ↑ Mojsisovics Edmund. Die Dolomitriffe von Südtirol u. Venetien.
- ↑ Marinelli, op. cit. Vol. IV, pag. 28.
- ↑ Le migliori guide pubblicate dalla «Soc. degli Alp. trid.» sono opera del prof. O. Brentari. Quella che comprende tutto il Trentino è tutt’ora in corso di pubblicazione.
- ↑ Hann. Die Temperaturverhältnisse der österreischen Alpen-länder. Wien, 1886. In «Sitzungs-berichte der Math-Naturwiss. Classe d. K. Acad. der Wissenschaften». XCII. B. II. Abtheilung. Iahrg, 1885. — Busin. La meteorologia nel Trentino. «Annuar. Soc. Alp. Trident.». Rovereto, 1887.
- ↑ Cristani Nicolò. Breve descrizione della pretura di Rovereto nel 1766. Rovereto, 1893.
- ↑ Questi dati che si devono a Giuseppe Sanger furono pubblicati nello «Sammler f. Geschiehte u. Statistik in Tirol». Innsbruck, 1806-1810.
- ↑ Un curato di campagna (Don Lorenzo Guetti) Statistica dell’emigrazione americana avvenuta nel Trentino dal 1870 in poi. Trento, 1888.
- ↑ Dott. V. Riccabona. Delle condizioni economiche del Trentino. Borgo, 1880. — Del credito pubblico come mezzo al risorgimento economico del Trentino. Trento, 1881.
- ↑ Baisini I. Il Trentino dinanzi all’Europa. Milano, 1866.
- ↑ Bassetti F. Memoria sul Trentino e sul Tirolo. S. 1. ed a.
- ↑ Festi. La nazionalità del Trentino. Torino, 1864.
- ↑ Gazzoletti. La questione del Trentino. Milano, 1860.
- ↑ Vedi per la bibliografia di tal genere il Cap. V dell’opera citata del Largaiolli.
- ↑ Ascoli G. Saggi ladini. In «Arch. Glott. It.» Roma, 1873.
- ↑ Malfatti B. Degli idiomi parlati anticam. nel Trentino. In «Giorn. di filol. romanza» Livorno, 1878.
- ↑ Ricci V. Vocabolario trentino-italiano. Trento, 1898 (in corso di pubblicazione).
- ↑ Malfatti B. Etnografia trentina. In «Arch. Stor. p. Trieste» ecc. Roma, 1881.
- ↑ Canestrini G. e Moschen L. Sull’antropologia fisica del Trentino. in «Atti Soc. Ven. Trent. Sc. Nat.» V. XII., f. 2. Padova, 1889. Cfr. la bibliografia contenuta in questa memoria.
- ↑ Cfr. Marinelli. Saggio di cartografia della regione veneta. Venezia 1881 — Hartl. Die Aufnahme von Tirol ecc. In «Mitth. d. K. K. Mil. Geogr. Inst.» V. B. Wien 1885. — Battisti Cesare. Appunti di cartografia trentina. In «Ann. Stud. trent.» Anno IV. Firenze, 1898.
- ↑ V. la descrizione di queste carte nel citato lavoro: Battisti Cesare. Appunti di Cartografia, ecc.
- ↑ V. in Marinelli G. Saggio di Cartografia italiana. Programma dell’opera. Firenze 1894, pag. 27 un elenco di pubblicazioni riguardanti questa carta.
- ↑ I fogli di questa carta corrispondenti o completamente o in parte alla regione trentina sono i seguenti: col. IV, zona 19, Merano; col. V, zona 19 Klausen; col. III, zona 20, Bormio; col. IV, zona 20, Cles; col. V, zona 20 Bolzano e V. di Fiemme; col. VI, zona 20, Pieve di Longarone; col. III, zona 21, Tione e Adamello; col. IV, zona 21, Trento; col. V, zona 21, Borgo e Fiera di Primiero; col. VI, zona 21, Belluno e Feltre; col. III, zona 22, Storo; col. IV. zona 22, Rovereto e Riva; col. V, zona 22; Sette Comuni; col. III. zona 23, Lago di Garda; col. IV, zona 23, Avio e Valdagno.