Il Tesoro (Latini)/Illustrazioni al Libro II/Capitolo X

Illustrazioni al Libro II - Capitolo X

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Brunetto Latini - Il Tesoro (XIII secolo)
Traduzione dalla lingua d'oïl di Bono Giamboni (XIII secolo)
Illustrazioni al Libro II - Capitolo X
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Capitolo X.


Siamo al caso deplorato da Orazio nell’epistola ai Pisoni, del cytaredus, qui chorda semper aberrai eadem.

Nel capitolo XLIX del libro I, il t dice: Et fu ceint de chaenes de fer; e Bono volgarizzò: E fu fatto mordere alli cani; scambiando chaenes in cani, e del resto gittando alla ventura alcune altre parole, che stessero bene coi cani. In questo capitolo, il t dice: Il fu enchaenez en une prison, e Bono volgarizza: Fu incarcerato in una prigione; quasi fosse fatto insolito l’incarcerare nelle prigioni, e bisognasse recisamente indicarlo, come sarebbe l’incarcerare in [p. 388 modifica]una cisterna, in una gabbia di ferro, o sopra una nave. Perchè non tradusse: Fu imprigionato in una carcere?

Nel capitolo L del libro I, dice: Le trainerent a chevaus; e Bono volgarizzò: L’uccisono a tradimento. In questo capitolo il t dice: Li Iuif le trainerent; e Bono volgarizza: Li Giudei lo tradirono. Nel trecento non si parlava, come oggi, di traini di ferrovie, per intendere senza difficoltà questo verbo.

Bisogna conchiudere: che Bono aveva un codice molto scorretto: o che non intendeva a sufficienza il francese: o che qualche amanuense ignorante e petulante, guastò il suo Volgarizzamento. Procedendo nella critica del Volgarizzamento del Tesoro, vedremo quale delle tre ipotesi sia più verisimile.


Ancora sul Capitolo X.


Leggono le stampe: Egli sanò Busil. Chi è codesto Busil? Nel ms. Ambrosiano è uno gottoso: e la Crusca insegna, che gottoso equivale a zoppo! Nella stampa 1533, un bosu. Nel ms. Bergamasco, I soto. Nel codice capitolare di Verona, un bum. Secondo il t è un clopin (claudus). Più sotto comparisce anche il padre di Busil! tanto famoso era un tempo codesto Busil da noi per nostra somma sventura ignorato! Il t legge poi, anzi che padre di Busil, le pere Publii, e lo annichila. Questo padre di Pubblio, guarito da s. Paolo, è rammentato negli Atti degli [p. 389 modifica]Apoztoli XXVIII, v. 7, dove pure è così indicato, senza nome proprio.