Il Re della Prateria/Parte prima/10. Il golfo del Messico

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Capitolo Decimo.

Il Golfo del Messico.



Se quel breve, ma terribile combattimento, era costato alla piccola nave da guerra un terzo del suo equipaggio, anche i negrieri non potevano certo rallegrarsi molto.

Di trentadue uomini, nove giacevano spenti sul ponte insanguinato della nave, chi attraversati dalle baionette dei soldati o uccisi dalla prima scarica; altri sette erano istati trasportati nell’infermeria coperti di ferite, e due fra essi parevano in istato disperato. Dei ventitrè inglesi, invece, neppur uno era sopravvissuto, e giacevano uno sull’altro attorno all’albero di trinchetto, orribilmente squarciati dalle scuri o dalle sciabole d’abbordaggio dei negrieri, o sfracellati dalla pesante sbarra di ferro dell’erculeo Mumbai.

Due veri torrenti di sangue sfuggivano dal disotto di quell’ammasso di cadaveri, e raccogliendosi lungo le murate di babordo e di tribordo, si riversavano in mare attraverso gli ombrinali.

— Lampi e tuoni! — esclamò Nunez crollando il capo. — La vittoria l’abbiamo pagata un po’ cara, a quanto pare. È vero che tutti quei miscredenti d’oltre-oceano sono andati a tenere compagnia a loro compare Belzebù. Bisognerà rifornirsi in qualche porto messicano, o se m’imbatto ancora in quella dannata goletta, lo pagherò io questa volta il conto. [p. 82 modifica]

— Volete poggiare su qualche porto? — chiese il signor di Chivry.

— Non occorre, per ora. Ma quando giungeremo alla laguna della Madre, manderò la mia nave a Vera-Cruz ad arruolare altri uomini.

— E perchè no a Galveston, che è più vicino?

— Avete ragione, barone. Vi fermerete voi alla laguna?

— No, — rispose di Chivry. — Terminato il mio incarico, tornerò in Europa con voi. —

Il negriero lo guardò con stupore.

— Verrete con me? — chiese dopo alcuni istanti.

— Sì, se mi accetterete, pagando il mio viaggio.

— Ma con tutto il piacere, signor di Chivry; e vi assicuro che vi terrò buona compagnia. Vi avverto però che io mi reco a Cadice e non in Francia.

— A Cadice troverò qualche legno che mi condurrà in patria.

— Ne troverete non uno, ma dieci, venti. E... ditemi, perchè non accompagnate il marchesino?

— Perchè altri uomini sono incaricati di condurlo fino al territorio indiano.

— Saranno sicuri quegli uomini?

— Lo credo.

— Io non mi fiderei.

— Ed io ho ricevuto l’ordine di non accompagnarli.

— Che mistero! — esclamò il negriero. — Orsù, non riuscirò mai a spiegarlo.

— E forse nemmeno io, perchè non ne so più di voi. Eseguisco gli ordini ricevuti dal cacciatore di prateria mio amico, e nulla di più. Ah! E il marchesino? Lo dimenticavo.

— Andate a liberarlo?

— Subito, capitano. Deve averne abbastanza della sua prigionia, e sarà furibondo.

— Per precauzione, prendete con voi due marinai.

— Il consiglio è buono; ma dove lo metteremo dopo? La sua cabina è pericolosa.

— Farò preparare la mia, che ha un finestrino tanto stretto da non lasciar passar un gatto. [p. 83 modifica]

— Siamo d’accordo. —

Il signor di Chivry chiamò due marinai e scese nel frapponte, dirigendosi verso il pozzo delle catene che si trovava presso la prua. Levate le botti che Mumbai aveva fatto colà trascinare per coprire meglio l’apertura e alzata la piastra che lo chiudeva, apparvero il giovane marchese, strettamente legato e in parte imbavagliato, e il marinaio che gli teneva compagnia.

Vedendo il barone, Almeida fece uno sforzo potente per rompere i legami, ma inutilmente, poichè erano forti. I due marinai, fatto salire il loro compagno, presero il giovane brasiliano e lo trassero fuori sciogliendogli le funi e liberandolo del bavaglio.

Appena il marchesino si trovò libero, fece per slanciarsi contro il barone; ma i suoi guardiani furono pronti a trattenerlo.

— Vile! — urlò con voce strozzata. — Non bastava che voi mi aveste rapito, bisognava ancora tormentarmi.

— Calmatevi, marchese, — rispose di Chivry. — Mi dispiace sinceramente d’avervi fatto legare, imbavagliare e nascondere in quel pozzo; ma voi, colla vostra imprudente condotta avevate compromesso non solo la sicurezza della nave, ma la vita di tutto l’equipaggio.

— Avrei voluto vedervi appiccati tutti!

— Ne avete fatti uccidere fin troppi, signor marchese. Per colpa vostra lassù, sul ponte, vi sono più di trenta persone che hanno cessato di vivere, m’intendete?

— Tanto peggio per voi!

— Fortunatamente la maggior parte di quei disgraziati appartenevano alla nave che ci diede la caccia.

— Mi rincresce che invece non siano stati uccisi i vostri.

— Tacete, marchese.

— Andate al diavolo!

— Più tardi, ma non ora, — disse di Chivry ridendo.

— Che cosa pretendete adesso di fare di me? — chiese Almeida incrociando le braccia e guardandolo minacciosamente.

— Vi chiuderò nella cabina del capitano.

— Salterò ancora in mare.

— Non vi sarà un sabordo a vostra disposizione, ve lo assicuro. [p. 84 modifica]

— Ma quali idee avete voi, sinistro uomo? Parlate, almeno una volta!

— Non posso dirvi nulla, poichè ignoro le intenzioni che avrà la persona che vi attende al Rio Fernando o più oltre. Ma vi giuro che voi non vi pentirete di essere stato rapito.

— E chi è questa persona che mi fece rapire?

— Lo ignoro io stesso.

— Menzogne!

— Lo giuro sul mio onore. —

Almeida proruppe in una beffarda risata.

— L’onore d’un pirata! — esclamò.

— Basta, marchese, o io...

— Cosa fareste?

— Conducetelo nella cabina del capitano, — disse il barone, che era diventato pallido come un morto.

Poi volse le spalle quasi avesse paura di non potersi più frenare e salì rapidamente in coperta, mentre Almeida, furibondo, gli urlava ancora dietro:

— Mentisci, pirata!... —

Quando di Chivry giunse sul ponte, i negrieri avevano già gettati in mare i cadaveri dei nemici e dei camerati, e stavano facendo sparire le larghe chiazze di sangue, mentre il carpentiere cacciava a forza dei grossi tappi nei fori aperti dalle palle della nave da guerra.

Il capitano, vedendolo pallido e in preda ad una viva agitazione, indovinò che il colloquio doveva essere stato burrascoso.

— Vi ha fatto una brutta accoglienza il marchesino, a quanto pare, — gli disse.

— È vero, — rispose di Chivry. — È meglio che non lo riveda più.

— Ha la lingua tagliente e del coraggio, il giovanotto. —

Il barone non rispose. Si era seduto su di un rotolo di cordami e si passava e ripassava una mano sulla fronte, che era bagnata di sudore.

— Fortunatamente, — riprese il negriero, — oggi o domani entreremo nel golfo del Messico, e fra una settimana toccheremo la laguna. [p. 85 modifica]

— Dove ci troviamo ora? — chiese il barone.

— All’altezza delle Piccole Antille. Fra poche ore avvisteremo la Barbada.

— Meglio così! —

Poi ricadde nel suo silenzio, si prese la testa fra le mani e non parlò più.

L’Albatros, intanto, navigava a gonfie vele verso il nord-ovest, avvicinandosi all’arcipelago delle Antille, il quale forma una grande barriera che si estende dinanzi al così detto Mar Caraibo, fra l’isola di Portoricco, che si trova sotto il 18° parallelo, e l’isola della Trinità, che è presso la foce dell’Orenoco, il grande fiume della regione venezuelana.

Filava con una velocità di sette nodi all’ora, quasi fosse ansioso di frapporre fra sè e la piccola nave da guerra il maggiore spazio possibile. Se continuava a procedere così, non doveva tardare a scoprire le prime isole, la cui vicinanza si faceva sentire da un’aria più profumata e da un clima più mite.

Alle sette di sera un marinaio di guardia segnalava una terra.

Era la Barbada, una delle prime isole che s’incontrano venendo dall’est, essendo la più avanzata dell’intero arcipelago, non considerando quella di Fonseca, che si trova tanto più innanzi da non doverla comprendere nel gruppo.

La Barbada è una delle mediocri, in fatto di estensione, non avendo che una lunghezza di ventotto chilometri su una larghezza di venti e una popolazione di circa 130,000 anime, per la maggior parte composta di antichi schiavi trasportati dall’Africa. Come importanza però, e come ricchezza, viene citata fra le migliori dell’arcipelago, quantunque la terribile insurrezione degli schiavi del 1816, che costò fiumi di sangue e causò tante devastazioni, l’avesse in parte rovinata.

Scoperta dai Portoghesi pochi anni dopo lo sbarco di Cristoforo Colombo sulle isole del golfo messicano, passò nel 1626 nelle mani degli Inglesi, i quali fecero ogni sforzo per renderla più bella e più produttiva. Ora conta una bella capitale, che si chiama Bridgetown, popolata da circa 20,000 anime, con una cittadella, un collegio, forti, caserme, e un porto così ampio, da contenere oltre [p. 86 modifica]cinquecento navi. Si calcola che renda annualmente dai 28 ai 30 milioni di lire sterline.

L’Albatros, avvistata l’isola, filò lungo le sue coste per qualche tratto, poi piegò verso l’ovest dirigendosi verso l’isola di San Vincenzo; ma il vento essendo caduto, dovette contentarsi della corrente equatoriale che lo spingeva, quantunque debolmente, in direzione del golfo messicano, o meglio del Mar Caraibo.

Il 30 aprile, verso le dieci del mattino, anche l’isola di San Vincenzo apparve all’orizzonte, ma come una leggera nebbia, tanto era lontana; e poche ore dopo l’Albatros, che aveva ripresa la sua rapida corsa entrava nel Mar Caraibo, detto anche Mare delle Antille, le cui acque bagnano le grandi isole di Cuba, di Giamaica, di Haiti e di Portoricco, l’arcipelago delle Piccole Antille, le coste dell’Yucatan, di Honduras, dell’istmo di Panama, della Columbia e del Venezuela.