Il Quadriregio/Libro quarto/XIV
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CAPITOLO XIV
L'autore vede il tempio della fede, e gli appare san Paolo,
il quale gli ragiona di questa virtú.
In su ’l partir che fe’ la bella Astrea,
mi disse la primaia di sue dame,
fulgurando una luce come dea:
— Se tu l’aiuto pria da Dio non chiame,
5non ti sperar potere andar giammai
alle Vertudi del quinto reame.—
Per questo gli occhi al cielo io dirizzai,
dicendo:— O Maiestá, sempre invocanda
nelli principi e negli atti primai,
10chiunque verso alcun fin senza te anda,
siccome cieco convien che cammine,
se pria l’aiuto da te non si manda.
Dell’altre tre vertú tu sei il fine
e segno o «Alfa» ed «O»; e son per questo
15«teologiche» ditte ovver «divine».—
Allor vid’io uno splendor celesto
venirmi al volto alquanto da lontano,
che quel ch’or dico, mi fe’ manifesto.
La statua grande vidi in un gran piano,
20che vide giá Nabucodonosorre,
significante ogni regno mundano.
Er’alta vieppiú assai che nulla torre
e forse piú che non fu quel cavallo,
che fe’ da’ greci la gran Troia tôrre.
25E di fin oro aveva il capo giallo,
le braccia e l’orche e ’l petto aveva bianco
di puro argento senza altro metallo.
Le reni, il ventre e l’uno e l’altro fianco
eran di rame rubro e resonante,
30e quel, con che si siede, ramengo anco.
Le cosce e gambe insin giuso alle piante
eran di ferro e i piè di terra cotta,
parte non cotta, e su quelli era stante.
Poi una pietra men ch’una pallotta
35se stessa si ricise e si remosse
d’un alto monte e venne a valle in frotta.
E nelli piedi all’idolo percosse
e sminuzzollo e prostrollo confratto,
sí che appena parea che stato fosse.
40Quella petruccia in questo crebbe ratto
e fecesi un gran monte, e su la cima
tosto un tempio alto ed ampio vi fu fatto.
Dal loco, ove quell’idolo era prima,
io mi partii e salsi il monte tanto,
45ch’andai tre miglia e piú, alla mia estima.
Quel tempio risplendea da ogni canto,
e, quando vidi com’era costrutto,
ne sospirai con lacrime e con pianto,
ch’era di corpi morti fatto tutto;
50e per calcina v’era il sangue posto
recente sí, ch’ancor non era asciutto.
Vapore acceso nel mese d’agosto
mai non trascorse il ciel tanto veloce,
né polsa da balestro va sí tosto,
55come scese dal ciel con una croce
donna vestita in bianco, e, giú discesa,
benigna a me proferse questa voce:
— Il tempio sacro è questo, ovver la Chiesa,
fermata in su la pietra; e ferma siede,
60bontá del fundamento, ond’è difesa.
Ed io, che or ti parlo, son la Fede:
a me con tanto sangue e con martíro
fu fatto il tempio, che quassú si vede.
E questi santi su di giro in giro
65mi fenno il fundamento lá giú in terra
colla vertude del superno spiro.
Questi per me si misero alla guerra,
armati di vertude e cogli scudi
di quella veritá, che mai non erra.
70Essendo agnelli tra li lupi crudi,
combatteron per me li forti atleti,
come per ’manza gli amorosi drudi.
E, se lor corpi fûn morti e deleti
di quella vita, che, vivendo, more,
75nell’alma fûn vittoriosi e lieti.—
E, ditto questo, con grande splendore
ritornò al cielo, ed io rimasi solo,
ancor chiamando aiuto a Dio col core.
Allor apparve a me l’apostol Polo,
80mostrando blando aspetto e lieto viso;
e poscia disse a me come a figliolo:
— Hai vista quella che del paradiso
venne con Cristo e fondossi nel sasso,
che dal celeste monte fu exciso?
85Fu impugnata pria da Satanasso,
il qual commosse scribi e farisei
per atterrarla, ovver per darla al basso.
Allora Pietro e li compagni miei
gli funno defensori in ogni corte,
90innanzi a’ prenci e innanzi alli gran réi.
E pensa quanto a noi pareva forte
a suader che l’uomo a Dio s’unisse
ed incarnasse e sostenesse morte,
e che, resuscitando, rivestisse
95glorificato il corpo, ch’avea pria,
e poi per sua virtú ch’al ciel salisse.
E, benché questo paresse pazzia
e che li predicanti fusson vòti
d’umana possa e di vana sofia,
100nientemen da pochi ed idioti,
colla vertú del sacrosanto foco,
che dal ciel venne in lor petti devoti,
seminôn questo vero in ogni loco;
e questo è tal miracol, se ben miri,
105ch’ogni altro respective a questo è poco,
pensando che tra morti e tra martíri
corse alla fede il mondo, e li fedeli
non si curavan de’ tormenti diri.
Ed onde esser porría, se non da’ cieli,
110che ’n cosí poco tempo tanta schiera
credesse a noi tra le pene crudeli?
E, per provare ancor la fede vera,
permise Dio che ’l maladetto drago,
che sempre adopra che la fede pèra,
115unisse la sua possa a Simon mago
e mostrasse miraculi e gran segni,
non però ver, ma ’n apparente imago,
e ch’egli commovesse in molti regni
piú altri nigromanti e suoi satelli
120contra la fede con forza ed ingegni.
Allor li cavalier pochi e novelli,
dodici e pochi piú, fên resistenza
tal, ch’elli confutôn tutti i ribelli.
E, perché sappi di quant’è eccellenza,
125quanto a Dio piace e quanto merto acquista
la vera fede con ferma credenza,
ella è che ’nsino al ciel alza la vista
e vede il premio, il qual alla fatiga
fa esser forte, perché si resista.
130Ella è che vince la triplice briga
del mondo, del dimonio e sensuale;
e la vittoria è ben che ’l mondo affliga.
Ell’è che mostra la pena infernale
a’ peccatori e col timor gl’induce
135a far il bene ed a lassare il male.
E, come la Prudenza è guida e luce
alle vertú moral, cosí questa anco
alle vertú divine è scorta e duce.
E, come senza gli occhi nullo è franco
140fra’ suoi nemici, ed è persona stolta
quella, in cui al tutto ogni prudenza è manco;
cosí colui, al qual la fede è tolta,
va come cieco, e l’avversario el mena
unque gli piace e come vuole el volta.
145E, se saper tu vuoi la piú serena
loda ch’ell’abbia, attendi e fa’ ch’impari
di quanto merto questa fede è piena.
Se promettesse alcun tutti i denari
ad alcun altro, acciò che gli credesse
150alcuni effetti a suoi sensi contrari,
non sería mai che credere el potesse;
nientemeno el credería per fermo,
senza denari ovver senza promesse,
se fusse ditto a lui dal divin sermo.
155Allora quel che non puote natura,
a creder l’intelletto non è infermo.
E questo solo avvien, se ben pon’ cura,
ché la mente fedel si fonda in Dio,
onde ha autoritá Sacra Scrittura.
160E, se tu ben attendi al parlar mio,
nulla è maggior offerta e piú eccellente,
nullo olocausto è piú efficace e pio,
che quando volontá stringe la mente,
che tanto crede a Dio, ch’assente quello
165che pare a’ sensi suoi contradicente.
Chi questo fa, non è a Dio rubello.—