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Novella VIII - Un giovene legista non vole più studiare, vende li libri, e con un novo mutto morde un predicatore che promettea fare resuscitare li morti

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Novella VIII - Un giovene legista non vole più studiare, vende li libri, e con un novo mutto morde un predicatore che promettea fare resuscitare li morti
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NOVELLA VIII.




ARGOMENTO.


Un giovine legista non vuole studiare, vende i libri, e godesi li dinari. Un frate predicando promette far risuscitare i morti: il giovine con alcuni compagni va a la predica, e con una piacevole facecia crede mordere il predicatore: lui con subita e degna risposta si vendica.


AL NOBELE E VIRTUOSO FRANCISCO SCALES REGIO SEGRETARIO:1


ESORDIO.


Giudico, soavissimo mio Scales, che al cominciamento de nostra amicitia a me si appartenga dare a lo scrivere principio, siccome tra gli amici assenti è costumato farsi. Volendo dunque per non parere al tutto ingrato dei ricevuti onori e colti frutti di tua giocondissima amistà, non solo al presente [p. 101 modifica]visitarti di familiari scritture che comunemente usar si sogliono, ma come singulare amico, mi è parso de una bella piacevoleza e degna di avviso farti copia. La quale con otio leggendo te ricorderai di nostri accorti ragionamenti; che quantunque con niuno religioso sia laudevole la soperchia pratica, non dimeno cognoscerai quanto sono meno ree le conversatione di alcuni che nell’estrinseco di loro apparenze ci dimostrano continuamente quello che è già dentro il centro de’ lor cuori. Vale.


NARRAZIONE.


Napoli, città eccellente, come che meritamente sia capo del nostro Siculo Regno, cosi è e sarà sempre fìorentissima in armi e in lettere perii suoi generosi cittadini illustrata; ne la quale non sono già molti anni passati fu un dottor legista de onorevole famiglia, ricchissimo, e molto costumato. Costui, oltre gli altri beni concessili da fortuna, aveva un suo unico figliuolo Jeronimo di Vitavolo nominato; il quale amandolo il padre unicamente, e desiderando lassarlo dopo lui, oltre la ricchezza, di alcune virtù come beni incommutabili adornato, con ogni sollecitudine si dispose farlo studiare; e come che comprendere gli pareva che il figliuolo a ciò il capo non avesse, e più volte fra sé medesimo e con suoi congiunti dolutosene, essendo con tutto ciò di anni pieno, e finalmente venendo a morte, fatto a sé venire il suo Jeronimo, lo costituì de tutti i suoi beni erede, ed ordinatoli dovesse la legge studiare, etiam tutti i suoi libri e di gran valore li lassoe: e così posti in assetto i fatti soi, non doppo longo spatio con [p. 102 modifica]laudevole fama passò di questa vita fragile con onore di ampie esequie. Jeronimo che rimasto era capo e signore di casa, e con assai migliara di fiorini in contanti, come colui che poca fatica in acquistarli avea durata, deliberatosi non ponere in quelli molto amore, e cominciatosi suntuosamente a vestire, e discorrer continuo con compagni per la città, e ad innamorarsi, e in mille altri modi a dissipare il suo senza alcun ritegno, non solamente gli fuggì del tutto l’animo di studiare, ma li rimasti libri e dal padre in tanta estima tenuti e venerati, gli vennero si fieramente in odio che per capitali nemici li reputava. Costui dunque essendo un dì per avventura, o forsi per alcuna sua opportunità, entrato in lo studio del morto padre, e in quello visti tanti e sì belli e bene ordinati libri, come in simili lochi sogliono stare, e a la prima vista temendo e parendogli che gli volesse2 correre addosso, e alquanto poi rassicuratosi, rivoltosi con mal viso a detti libri in tal modo a dire incominciò: Libri, libri, finché mio padre visse, voi me facestivo contìnua guerra, quando che ora in comperarvi ora in ornarvi avia per tal maniera ogni sua cura e studio dirizzato, che occorrendomi lo bisogno di qualche fiorino o altra cosa, come i giovani desiderano, sempre da quello mi furono dinegati, dicendone che voleva i soi dinari solo in libri convertire; ed oltre a ciò contra mia voglia intendea che io avessi vostra dimestichezza: sopra il che avute più volte con colui sconce parole, festivo spesse fiate cagione di farmi da questa mia casa avere perpetuo esilio. Dunque a Dio non piaccia, poi [p. 103 modifica]che per voi non rimase che io non fossi discacciato, che da me non siate per tal modo licenziati che nissuno ne vederà più questo mio uscio; e massimamente dubitando non mi facessivo impazzire, come poca fatica ci durerestivo, volendo far di me come più volte mi ricordo facestivo di mio padre, il quale come troppo invaghito di voi parlando solo, e con strani atti e de mani e de testa non altro che per matto tal fiata lo giudicai: pertanto averete patientia che io vi voglio in questo punto vendere, e dei ricevuti oltraggi ad un’ora vendicarmi, et etiam de possibili pericoli de sfreneticare liberarmi. E ciò detto, e con l’aiuto d’un suo fante composti dei detti libri alquanti volumi, in casa d’un legista suo amico li mandoe, col quale in poche parole convenutosi, quantunque buttati e non venduti fossero, toccatine paricchie centinara di fiorini, con gli altri insieme rimastigli nel cominciato godere continuò. Donde e per la sua ricchezza, e per altre sue continue facecie e piacevolezze era sempre da più acconci giovini accompagnato: del che abbattendosi un di con suoi compagni in la veneranda chiesia de San Lorenzo, dove un dottissimo padre predicando aveva al popolo prenunciato che intendeva lare la predica del giudizio la seguente matina, e in quella i morti parenti di ciascuno far resuscitare, occorse al detto Jeronimo intorno a questo un faceto motto appropriare. E venuta la matina, lui con la sua brigata e con un dottore legista in loro compagnia, quivi condottosi e modestamente da parte tiratisi con piacere aspettavano quando la predica s’incominciasse. Venuto finalmente il predicatore, e con grandissimo fervore cominciato del giudizio a predicare, [p. 104 modifica]stando col capo discoperto né altramente movendosi che falcone quando esce di cappello, e senza interrompere punto il suo sermone, de continuo in un lato verso una donna vedova si volgea la quale era da lui sopra ogni altra cosa amata; ed essendo a quell’orribile detto, Venite mortui ad judicium, avendo fatti occultare dentro ’1 pergolo dui trombetti, e subito a quella parola un suono spaventevole e crudo in maniera incominciarono, che quanti ve n’erano non solamente ammirati e stupefatti ma attoniti e perplessi restarono: taccio di alcuni venuti forse da Grosseto i quali or qua or là volgendosi per le sepolture veramente aspettavano che in quel punto dovessero i morti resuscitare. Jeronimo che con gli altri compagni separato stava, e de la bestiaggine del grosso popolo se ridevano, vedendo quello generalmente piangere e gridare misericordia senza intender la cagione, parsogli omai tempo di dire la soa già pensata piacevolezza, cavatosi un fiorino falso di borsa, e al dottore che con loro stava rivoltosi, cosi gli disse: Io son certo che tra’ resuscitati e de’ primi sarà mio padre, come colui che per poco mio provedimento niuno gli sta addosso, e de tracta3 vorrà sapere da me perchè non ho studiato, e tal volta mi ripeterà i libri, e mille altri piati mi ponerà addosso. Dunque togli questo fiorino, e come mio avvocalo per me questa matina risponderai, che de certo vinceremo il nostro piato. Finito el suo detto, quanti d’intorno avevano udita tale piacevolezza e rimirato con che acconcio modo e gratia la porse, il dottore e gli altri cominciarono sì forte a ridere che pareva che de petto scoppiar tutti dovessero. Il [p. 105 modifica]predicatore che alto stava e lontano, girandosi intorno, come per cognoscer li venti suol fare il prudente nocchiero, e facilmente accortosi de l'atto di Jeronimo, e del gran riso faciano li soi compagni dal pianto di tutto l’altro popolo assai difforme, dubitando del suo vagheggiare si fossero accorti, come colui che era un gran praticone, e pronto e ottimo parlatore, e oltre a ciò non avendo niente de l’ipocrita, si deliberò voler intendere da coloro la cagion del loro ridere, e, se fosse stato per quello che lui dubitava, con subita e acconcia risposta racconciarlo. Finita dunque la predica, senza alcuna dimora ov’era Jeronimo con sua brigata se condusse, e salutatigli tutti con piacevole viso in tal modo gii parlò: O gentiluomini miei, se egli non è disdicevole, vi prego del vostro festeggiare quando li popoli più piangevano mi diciate la cagione. Jeronimo istimando costui ciò volere sapere per qualche matta presumptione, come a’ più di lor pari è de costume, nè altramente cognoscendo la fodera del suo mantello, volendo con cambiato detto morderlo, fattosi avanti così gli disse: Padre mio, avendo noi donata indubbia fede alla vostra promessa, stavamo lieti aspettando il resuscitare d’una leggiadra giovenetta morta già nella prossima passata peste, la quale essendo ammorbata, e dal marito vôto d’ogni carità abbandonata, mandato per me che più che la propria vita l’amava, feci per quella e con medici e con ogni altro opportuno rimedio quello che ad un tanto amore si aspettava; del che per mostrarmi la gratitudine de’ ricevuti benefizii nel cospetto di più persone mi si donò del tutto, promettendomi che guarendo non del marito ma mia esser volea. Onde la [p. 106 modifica]poveretta pur morendosi, ed essendo in questa vostra chiesa sepelita, pensando io che il marito abbia benché tardi pianto la sua avara crudelità, e per tanto sentendo anche lui questa vostra resurrectione col suo parentado se sia qui condotto per menarsene la mogliera a casa; aveva io da l’altro canto menato qui il mio avvocato e pagatolo molto bene per difendere la mia giustissima ragione e con ogni audacia piatirla innanzi di voi, come vero cognoscitore e ottimo decisore d’ogni amorosa passione; a tal che se il caso succedeva, avessivo donato giusta e pubblica sentenza di cui esser doveva. Ma vedendo ultimamente tal fatto in favola converso, come il più de le volte le vostre parole sogliono riuscire, ne facciamo festa ridendo come già visto avete. Il prudentissimo frate udita la trasgressa4 e ben composta leggenda, ancora che del primo avuto sospetto se rimovesse, propose tal proposta non esser senza condegna risposta da trapassare, tal che coloro cognoscessero de che grasso il suo cervello fosse condito, e verso Jeronimo voltatosi, così disse: Voi altri secolari ve site avvezzati le vostre donne sin che sono giovani godervi, ma poi che invecchiano, e che ad altro che ad incantare i vermi ai fanciulli o medicare le matrone5 non vagliano, le rimettere a noi che le scortichiamo; e confessando i loro peccati e ricontandoci tutti gli avuti piaceri nella loro gioventù con voi, non ne avanziamo altro ascollandole che un raddoppiamento dei nostri intollerabili dolori: e quando avviene che alcuna ne passa da questa [p. 107 modifica]vita, la mandate subito a i frati, ove vogliendo6 li puzzolenti cadaveri a nostro mal grato sepelirle ne conviene. Cosi adunque voi de le lor dilicate carni godete, e noi de le corrotte ossa triboliamo. Per le quali cagioni possete considerare in che maniera noi poveri frati siamo da voi crociati, e come di questo mondo non avemo altro che quello che per nostra industria ne procacciamo, E quel che con manco patientia tollerare possemo è il non lassarne con quiete e pace le nostre donne monache possedere, le quali ab eterno ne avemo giustamente vendicate; e volesse Iddio che depredar vi bastasse la sola parte che ragionevolmente non vi contingeria, e lassassivo il persuaderle che ne arrobino, sì come fanno, per darlo a voi: e se vero testimonio alcuno rendere ne puote, veramente io sarò quello, imperò che dopo ch’io sono in questa città non senza mio grandissimo interesse so bene come il fatto sia andato. E se non che alcuni animali mal tinti di nostro pelo, a li quali voi altri con poco senno troppa fede prestate, ancora che osservanti si chiamino, hanno bandita la croce contro l’onore e facultà vostre, e per amore de l’ordine di dette ingiurie ci vendicano, la nostra religione staria male. Né contenti anche del sopra detto, venite de presente a ponerne piati di cose morte e putride tra le mani per non deviare dal vostro principiato camino. Nientedimeno se alcuno di voi vuol fare l’ultima esperientia se io son buon cognoscitore de le amorose differentie e di soe passioni ottimo decisore, menatemi una bella giovenetta viva e sana, de la quale fatto che ne [p. 108 modifica]averò presso di me el sequestro, come la ragion vuole, io spero, condotta che sia la quistione al costituto termine, darne sì fatta e più che giusta sententia che a la giovene piacerà sommamente, e quantunque ognuno dei litiganti ne appellerà, le loro appellationi non saranno ammesse. Rimanetevi in pace, e Dio sìa con voi. Rimasto Jeronimo e i suoi compagni non solo ammirati ma confusi de la degna e sententiosa risposta di messere il frate, tutti s’accordarono a dire che tra gli altri poltroni costui come meno cattivo se possea in parte commendare: ma io col mio poco senno ad ognuno persuado che senza far distintione alcuna, di lungi i termini de le nostre case tutti insieme andar li facciamo.


MASUCCIO.


Non dubito che saranno alcuni dei moderni desiderosi di riprendere altri, che pigliandomi in sermone mi dannaranno ov’io ho detto, che per aversi lascivamente parlato il prescritto predicatore ne debba esser in parte commendato. E come che a questi tali saprei da me medesimo con facilità rispondere, pure e per approbatione del mio parlare, e per esempio de’ posteri ho voluto come necessario produrre in mia difesa a questo proposito la irreprobabile autorità del novo san Paolo, dico di fra Roberto da Lecce7, trombetta de la verità, il quale per ferma conclusione tiene e con vere ragioni prova rarissimi religiosi esser oggi sopra la terra che li precetti delle lor Regole compiutamente osservino secondo da’ santi fondatori di quelle fu ordinato: e [p. 109 modifica]discendendo a l’ultimo a la parlicolarità dei suoi Minoristi afferma che quelli tra i Minori li quali Osservanti vogliono esser chiamati, mancano evidentemente in le più alte ed importanti cose che per lo loro serafico Francesco fossero ordinate, e alcune inutili e superstitiose inviolatamente osservano; portano li zoccoli grossi e mal fatti, che mai san Francesco ne vide, per mostrarsi a l’ignaro volgo umili poveri e ubbidienti; vestono i mantelli di varii colori repezzati, col corame per fibia, e lo legno per bottone, e altre simili ipocrite apparenze né scritte né alla loro santissima regola pensate. Né tacerò da l’altra parte trasgredendo del necessario per l’umiltà, non solamente superbi elati e pieni di fasto diventano, ma di gloria e più d’altra gente che viva desiderosi; e per la obbedienza ogni di a li lor Prelati si rubellano, massime quelli che tornando predicatori vogliono la mula portante con li famigli a piedi, e col somaro di biade cargo, tal che più tosto erbaroli ovvero cerretani, che servi di Dio potriano esser giudicati. Ma che dirò dei confessori che a bastanza lo precetto della santa povertà osservano, e massimamente di non toccar denari che siano falsi, ma accumulare li boni; e certo pare che la loro insatiabile gulosità mai si abbia da empire. E così evidentemente deviando dai detti doi espressi precetti e solenni voti dicono che l’autorità de’ sommi Pontefici loro ha dispensato; ma al lerzo voto de la castità essi medesimi senza autorità papale ogni dì se ne dispensano. Quanto miseri coloro, che con le loro brigate conversar li permettono! Potremone dunque con le prime parole confermare, che quelli tali che nessuna superstizione d’ipocrisia non [p. 110 modifica]usano, come meno cattivi sono da essere onorati, amati, e commendati, e gli altri da noi con decreto eterno a perpetuo esilio banditi e discacciati. Ed al presente di loro tacendo dirò in quest’altra nona novella di un prete, al quale essendo stata interdetta l’arte allo cognoscere carnalmente una soa comare, adoperò l’ingegno a satisfare al comune desiderio.

Note

  1. Nel Codice Aragonese vol.2.° Messer Francesco Scales nella lettera 689 è detto Presidente della Summaria; nella lettera 692 è detto dal Re Messer Francisco Scales nostro dilecto secretario: nella lettera 719 è detto uomo togato. Tutte queste lettere sono del 1493. Quando Masuccio gii intitolava questa novella era già dei secretarii, ossia era tra quella schiera di regii secretarii dei quali era capo Antonello Petrucci. In uno dei sonetti del Conte di Policastro Giovanni Antonio Petrucci, pubblicati da S. d’Aloe in appendice alla Congiura dei Baroni del Porzio, è detto soave Scales. Se egli fu fedele sino al 1493, non so perchè questa novella nelle altre edizioni fu dedicata a Messer Francesco Gisolerio regio secretario, del quale non so alcuna cosa.
  2. Intendi il padre gli volesse correre addosso.
  3. de tracta, subito.
  4. trasgressa, trapassata, anzidetta.
  5. le matrone, il mal di matre.
  6. L’ediz. dell'83 dice: ove volgedo le puzolete cadavere ad nostro mal grato sepelirle ne conviene. — Forse vuol dire involgendo.
  7. Roberto da Lecce, gran predicatore del Quattrocento.