laudevole fama passò di questa vita fragile con onore di ampie esequie. Jeronimo che rimasto era capo e signore di casa, e con assai migliara di fiorini in contanti, come colui che poca fatica in acquistarli avea durata, deliberatosi non ponere in quelli molto amore, e cominciatosi suntuosamente a vestire, e discorrer continuo con compagni per la città, e ad innamorarsi, e in mille altri modi a dissipare il suo senza alcun ritegno, non solamente gli fuggì del tutto l’animo di studiare, ma li rimasti libri e dal padre in tanta estima tenuti e venerati, gli vennero si fieramente in odio che per capitali nemici li reputava. Costui dunque essendo un dì per avventura, o forsi per alcuna sua opportunità, entrato in lo studio del morto padre, e in quello visti tanti e sì belli e bene ordinati libri, come in simili lochi sogliono stare, e a la prima vista temendo e parendogli che gli volesse1 correre addosso, e alquanto poi rassicuratosi, rivoltosi con mal viso a detti libri in tal modo a dire incominciò: Libri, libri, finché mio padre visse, voi me facestivo contìnua guerra, quando che ora in comperarvi ora in ornarvi avia per tal maniera ogni sua cura e studio dirizzato, che occorrendomi lo bisogno di qualche fiorino o altra cosa, come i giovani desiderano, sempre da quello mi furono dinegati, dicendone che voleva i soi dinari solo in libri convertire; ed oltre a ciò contra mia voglia intendea che io avessi vostra dimestichezza: sopra il che avute più volte con colui sconce parole, festivo spesse fiate cagione di farmi da questa mia casa avere perpetuo esilio. Dunque a Dio non piaccia, poi
- ↑ Intendi il padre gli volesse correre addosso.