Il Governo Pontificio o la Quistione Romana/Capitolo 2

Capitolo 2

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CAPITOLO II


Necessità del temporale dominio.


«Non havvi indipendenza pel pontificato se non se nella sovranità stessa. Bisogna rilevante, innanzi a cui gl’interessi delle peculiari nazioni non han voce in capitolo, a quel modo che nello Stato il ben pubblico sta sopra al bene degli individui.»

E la non è mia; è di peso del signor Thiers nella sua Relazione di ottobre 1849 all’Assemblea legislativa. Nè mi pèrito a credere che cotesto santo Padre della Chiesa temporale non abbia nella sua sentenza espresso il voto di centrentanove milioni di ortodossi. E come a dire, l’intero cattolicismo che conforta i tre milioni centoventiquattromila seicentosessantotto Italiani con la voce dell’orrevole relatore: «Datevi mani e piè legati in braccio al Papa: non splenderanno i raggi mosaici sul fronte augusto di lui, nè sarà egli indipendente, se scettro dispotico non istringa sopra di voi. Se non cingesse le tempia di aurea corona; se assiso in trono non avesse privilegio di far leggi e, a suo talento, violare; se voi smetteste per poco dalla laudabile costumanza di recargli in mano fino all’ultimo obolo che possedele, si ch’ei possa spendere scialacquato per la edificazione e [p. 11 modifica]gloria nostra, tutti i monarchi dell’universo tosto lavriano in quel concetto che gli scaccini del Duomo: che le bisogne ed interessivostri punto non se ne immischino; le son fisime prette. »

Io mi do a credere di non cederla di un passo al signor Thiers in fatto di ortodossia, è se mi saltasse fantasia di piatir secolui, fareilo come campione di nostra fede comune.

Sia con Dio, direigli, che il Papa abbia ad essere sciolto d’ogni dipendenza: ma non potrà essere, senza che noi versassimo sangue a catinelle? Gli è proprio scritto, nè si può stingere, che tre milioni cenventiquattromila seicensessantotto individui abbiano a far sacrifizio di loro libertà, sicurezza e beni più caramente diletti per porre in sodo coiesta indipendenza, onde si mena cotanto vampo? Gli Apostoli con minor spendio avevano indipendenza a josa, nè recavano ad altrui nocumento. E per fermo, chi più indipendente di colui che nulla può perdere? Ei cammina dritto, nè guarda a ritta o a stanca se sia potente da piaggiare, avvegnadiochè il più avido conquistatore non avrebbe cosa a rapirgli.

Le più sterminate conquiste del cattolicismo avvennero allorquando i Papi non cingevano corona; ma da che s’imbrancarono co’re, il terreno acquistato alla Chiesa è conteso palmo a palmo.

I primi Papi che non erano monarchi non avevano, come ora direbbesi, bilanci e lista [p. 12 modifica]civile, nè deficit da appianare al cader d’ogni anno: quindi non dovevano protendere braccia supplichevoli al signor di Rothschild; non eran dessi più indipendenti dei Papi coronati?

Dal giorno che in mostruoso connubio lo spirituale, desiando gli amplessi del temporale, ad esso si congiunse, disonestò sua formosità, e scadde dalla goduta indipendenza. Ad ogni piè sospinto, trovasi il Pontefice Sovrano infra due di scerre fra gli interessi generali della Chiesa e gli interessi speciali di sua corona. Or, chi crederà ch’ei vada si rimesso e svogliato nelle cose di quaggiù, da immolare con eroico sacrifizio la terra che gli è da presso, al cielo che di tanto gli si dilunga? Novelle. Leggete nella storia: nè vi arrestate in quei Pontefici-re i quali l’avrebbero detta marchiana per un’ettara di terreno; cotesto sarebbe accorgimento di sleale strategia; e noi ci vantiamo leali atleti, nè vogliamo illaidire i Papi mediocri versando sopra di loro le ribalderie dei pessimi. Ma il Papa allo spergiuro di Francesco I, dopo il trattato di Parigi, dicendo: Ammenne; ha inteso imporre rispetto alla moralità della Santa Sede, o accender lo incendio di guerra che tornava utile alla sua corona?

E facendo delle indulgenze vilissimo mercato, vi che mezza Europa fu sospinta nella resìa, volle per avventura distendere il lembo del cattolicismo sopra più gran numero di regioni, o procacciar ricca dote ad una pulcella? [p. 13 modifica] Se entrò in alleanza co’ protestanti della Svezia, durante la guerra dei Trenťanni, ebbe in mente di chiarire le genti del disinleresse della Chiesa, o di raumiliare casa d’Austria?

Se scomunicò Venezia nel 1606, fu per ribadire i vincoli di amistà fra la repubblica e la Chiesa, o per rinfocolare le ire spagnuole a danno dei migliori alleati di Arrigo IV?

Se rivocò l’istituto dei gesuiti, volle ritemprare l’esercito della Chiesa, o gratificare la Francia che dominavalo a sua posta?

Se cessò ogni commercio con le provincie dell’America Spagnuola nel giorno in cui proclamaron desse la loro indipendenza, fu per lo migliore della Chiesa, o per approdare alla Spagna?

Se ha fatto roteare la folgore della scomunica sul capo ai Romani, i quali recavano la loro pecunia nelle banche straniere, era nell’intendimento di ricondurre i loro cuori alla Chiesa, o i loro scudi al tesoro?

Il signor Thiers in questa bisogna ne sa dire tanti più di me: or, non vide egli che unificando il monarca spirituale della Chiesa col temporale di picciol reame adagiava la monarchia spirituale, sto per dire, sopra letto di rose, la temporale sopra un pettine da lino? Noi vogliamo che sia indipendente il capo della religione, e bene sta; e poi il facciamo captivo di un gramo principuzzo d’Italia, sottoponendo per tal maniera le ragioni della [p. 14 modifica] religione alle povere bisogne municipali e, come dicesi, alle questioni di campanile.

Non solamente indipendenza va in fascio, ma dignità papale scápita nella unione dei poteri, i quali tallirebbero rigogliosi ove fossero separati. Triste necessità di governo costringelo a por mano ove insozzala. E non è laida cosa che il bargello staggisca magione e possessi in nome del Padre-santo? Che giudici dannino malfattori in nome del Capo della Chiesa? Che il carnefice mozzi il capo in nome del Vicario di Gesù Cristo? Non vi suonano disarmonici all’orecchio i due vocaboli: Lotteria Pontificia? E che cosa pensano i centrentanove milioni di ortodossi sapendo che il loro capo spirituale, per lo ministerio del prelato ministro della Finanza, è satisfatto del progresso del vizio, il Lotto avendo fatto ingordi guadagni?

Ai sudditi papalini coteste mostruosità le son bisciole, tanto vi han fatto il callo: ma un povero straniero, un cattolico, una sola unità di fra que’ centrentanove milioni ne rimane smemorato, ed insieme inuzzolito di assumere la difesa della indipendenza e dignità della Chiesa. E gli abitanti di Bologna o Viterbo, di Terracina od Ancona prendono maggior cura degli interessi nazionali che non dei religiosi, parte perchè non sono ortodossi cimati e bagnati quali vorrebbeli il signor Thiers; parte perché il governo della cherisia è giunto a far loro venire in uggia il cielo. Cattolici mediocri, ma cittadini [p. 15 modifica]eccellenti, gridano a piena gola l’affrancamento di loro patria. Stimano i Bolognesi sè non essere necessarii alla indipendenza del Papa, la quale si passerebbe di Bologna come si passa di Avignone: e ciascuna città ricanta la stessa canzone, e se tutte fossero ascoltate, il S. Padre, sgravato dal pesante fardello dell’amministrazione, potria anima e corpo darsi alle bisogne della Chiesa ed agli abbellimenti di Roma. I Romani nell’infrattanto, purché non sieno nè principi, nè preti, nė servi, nè mendici, affermano di essere da lunga pezza riverenti, e il signor Thiers ne potrebbe accrescere le falangi.

Ma guardiamci di prestar fede ad ogni ghiribizzo. Non proferirei verbo in loro vantaggio, se non avessi da presso veduto.