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cellenti, gridano a piena gola l’affrancamento di loro patria. Stimano i Bolognesi sè non essere necessarii alla indipendenza del Papa, la quale si passerebbe di Bologna come si passa di Avignone: e ciascuna città ricanta la stessa canzone, e se tutte fossero ascoltate, il S. Padre, sgravato dal pesante fardello dell’amministrazione, potria anima e corpo darsi alle bisogne della Chiesa ed agli abbellimenti di Roma. I Romani nell’infrattanto, purché non sieno nè principi, nè preti, nė servi, nè mendici, affermano di essere da lunga pezza riverenti, e il signor Thiers ne potrebbe accrescere le falangi.

Ma guardiamci di prestar fede ad ogni ghiribizzo. Non proferirei verbo in loro vantaggio, se non avessi da presso veduto.


CAPITOLO III


Patrimonio dello Stato temporale.


Gli Stati del Papa non han limite naturale e sembrano campati sopra la carta a casaccio, cui la bonarietà europea ha giunto sanzione. Separati da Modena e da Toscana per mezzo di una linea ideale; la parte meriggiana s’addentella nel reame napolitano, e la provincia di Benevento siede, quasi di straforo, fra gli Stati di re Ferdinando, come già il contado Venosino nel suolo francese, quando Berta filava. Il Papa a sua volta accoglie in sul proprio la repubblica di San Marino, vero ghetto di democrazia.