Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/CLXXXI - Occhi leggiadri, amorosetti e vaghi

CLXXXI - Occhi leggiadri, amorosetti e vaghi

../CLXXX - Alma mia fiamma ch'or da me sí lunge ../CLXXXII - Tempo è, begli occhi, omai, che pur vi debbia IncludiIntestazione 12 marzo 2024 100% Poesie

CLXXXI - Occhi leggiadri, amorosetti e vaghi
Alcuni Fragmenti delle Rime - CLXXX - Alma mia fiamma ch'or da me sí lunge Alcuni Fragmenti delle Rime - CLXXXII - Tempo è, begli occhi, omai, che pur vi debbia
[p. 246 modifica]

CLXXXI.

È la prima delle tre Canzoni degli Occhi. Così noi le denominiamo analogamente a quelle del Petrarca in tal modo battezzate dal Leopardi (Canz., LXXI, LXXII, LXXIII). Anche queste del Bandello come quelle del Petrarca sono nel congedo dette «sorelle». E come delle petrarchesche vantate per «vaghissime, graziosissime, meravigliosissime» (cfr. ed. Petrarca cit., pp. 102-3), possiamo dire che costituiscono (la definizione è del De Sanctis) una «specie di poemetto lirico sugli Occhi di Madonna diviso in tre Canzoni».
        Il Bandello compone qui per gli occhi della Mencia il suo canto migliore, dopo averli incidentalmente — nè cesserà in seguito –
[p. 247 modifica]esaltati più volte. Nei Canti XI in lode di Lucrezia Gonzaga ben undici strofe del Canto III hanno questo esordio: «Questi son gli occhi dove Amor alberga»; «Questi son gli occhi dove Amor impera»; «Questi son gli occhi che la vita danno» ; «Questi son gli occhi sì lucenti e gai»; «Questi son gli occhi e le stellanti ciglia» ecc. Infine: «Questi occhi, Statue son, Colossi e Segni | Piramidi, Trionfi, Archi e Trofei | Che ne mostran d’Amor i grandi Regni».


Occhi leggiadri1, amorosetti e vaghi,
     Che ’n fuoco mi poneste,
     Ov’ardo, e qual Fenice2 mi rinnovo,
     Quanto mi giova, che per voi s’appaghi
     5Il cor, e che si deste
     L’alma a seguir il lume altiero e novo,
     Per cui dolcezze i’ provo
     Tante, e sì dolci che d’Ambrosia il cibo
     Quello che ’n voi delibo
     10Avanza, e quanta mai dolcezza avesse
     Chiunque Amor per più beato elesse!
Ma perchè l’alma in l’incredibil gioia3
     Tutta s’immerge, ed altro
     Non cerca, nè gustar vuol più diletto,
     15Resta la lingua muta, e sì m’annoia,
     Che ’l viver mio no scaltro4,
     Nè ’l piacer posso dir quant’è perfetto;
     Ch’un vostro solo effetto
     Se si potesse con parole dire
     20Farebbe ogni uom gioire.
     Ed io mostrato a dito ne sarei
     Detto beato e cinque volte e sei5.
E pur mi sforzo di vostr’alti effetti
     Mirabili e divini
     25Quel poco dirne di ch’io son capace.
     Ai vostri raggi al mondo sol perfetti,

[p. 248 modifica]

     Tutti gli altri occhi chini
     Stanno, così gli abbaglia vostra face.
     E dov’a quelli piace
     30Volger l’onesto, e fiammeggiante giro,
     Attorno, attorno in giro,
     Ride la terra, il mar s’acqueta, e l’aria
     Le nubi sgombra, ed in seren le varia;
Ch’esce un splendor da vostre sante luci,
     35E tanta apporta grazia,
     Che potrebbe allumar l’oscuro inferno.
     E dove sete voi le scorte e duci
     Ogni contento spazia
     Simile a quel che rende l’uomo eterno,
     40Tal che per quant’i’ scerno
     Lume più bel il ciel non mira o copre.
     Nè credo che s’adopre
     Per far natura cosa mai sì vaga,
     Ove del mondo tutto ’l bel s’appaga.
45Voi sete que’ begli occhi che donate
     Del Paradiso l’arra6
     A chi divoto il vostro lume segue.
     Sì gaiamente ognora vi girate,
     Che spesso in Voi s’inarra7
     50Eterna pace senza guerre o tregue.
     E tanto si consegue
     Lieti e gioiosi in vista a contemplarvi,
     Ch’eternamente starvi
     Vorria dinanzi ogni uom, e quest’i’ bramo
     55N’altra a Voi grazia, che mirarvi, chiamo.
I’ non vorrei già mai vedermi privo
     Della vostra presenza
     U’ la mia vita sol si fa felice.
     Mor io, begli occhi, moro, nè son vivo

[p. 249 modifica]

     60Allor che resto senza
     Vostr’alma vista, ond’ogni ben s’elice8.
     E tanto dir mi lice,
     Che tutto quel che spira in questo clima,
     (Se ’l dritto, e ver si stima)
     65Tant’ha di bello, e tanto par che vaglia,
     Quant’a Voi par che di mirarlo caglia.
Però s’io cerco in ogni luogo e tempo
     Starvi belli occhi innanzi,
     E tutto ’l resto poi non curo, o prezzo,
     70E se mi doglio, che non più per tempo
     Vi vidi, e vuo’ ch’avanzi
     Questa voglia tutt’altre senza mezzo,
     Vogliate omai che ’l rezzo
     Di miei sospiri angosciosi, e amari
     75Dilegui, e i vostri chiari
     Raggi vèr me volgete, e quelle ciglia,
     Ch’al mondo son l’ottava meraviglia.
Se guarderai, Canzone,
     Ch’ignuda se’ e parli in basso stile
     80Del bel lume gentile,
     Sola star non vorrai nel sacro fondo
     Di quest’acque tranquille, ov’io t’ascondo.

Note

  1. V. 1. Occhi leggiadri: propone l’argomento; cfr. Petrarca: «Occhi leggiadri, dov’Amor fa nido» (Canz., LXXI, v. 7).
  2. V. 3. Fenice, il favoloso augello che si dice rinascesse sempre dalle proprie ceneri. Anche il Petrarca chiama Laura, Fenice, Canz., CCCXXI, v. 1; CCCXXIII, v. 4.
  3. V. 12. Incredibil gioia, Petrarca: «incredibil bellezza», Canzoniere, LXXI, V. 62.
  4. V. 16. No scaltro, non scaltrisco.
  5. V. 22. Cinque volte e sei, verso di stampo dantesco: «Mostrarsi dunque in cinque volte sette».
  6. V. 46. L’arra, come di chi dicesse la caparra. È il lat. arrha, franc. arrhes.
  7. V. 49. Inarra, verbo foggiato sull’esempio del Petrarca (Canzoniere, son. CCXXIII, v. 4) di sul vocabolo precedente di cui ripete l’idea.
  8. V. 61. S’elice, si trae, si fa uscire; cfr. Petrarca, son. CCCXXI, v. 4.