Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/CLXXXI - Occhi leggiadri, amorosetti e vaghi
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CLXXXI.
È la prima delle tre Canzoni degli Occhi. Così noi le denominiamo analogamente a quelle del Petrarca in tal modo battezzate dal Leopardi (Canz., LXXI, LXXII, LXXIII). Anche queste del Bandello come quelle del Petrarca sono nel congedo dette «sorelle». E come delle petrarchesche vantate per «vaghissime, graziosissime, meravigliosissime» (cfr. ed. Petrarca cit., pp. 102-3), possiamo dire che costituiscono (la definizione è del De Sanctis) una «specie di poemetto lirico sugli Occhi di Madonna diviso in tre Canzoni».
Il Bandello compone qui per gli occhi della Mencia il suo canto migliore, dopo averli incidentalmente — nè cesserà in seguito – esaltati più volte. Nei Canti XI in lode di Lucrezia Gonzaga ben undici strofe del Canto III hanno questo esordio: «Questi son gli occhi dove Amor alberga»; «Questi son gli occhi dove Amor impera»; «Questi son gli occhi che la vita danno» ; «Questi son gli occhi sì lucenti e gai»; «Questi son gli occhi e le stellanti ciglia» ecc. Infine: «Questi occhi, Statue son, Colossi e Segni | Piramidi, Trionfi, Archi e Trofei | Che ne mostran d’Amor i grandi Regni».
Occhi leggiadri1, amorosetti e vaghi,
Che ’n fuoco mi poneste,
Ov’ardo, e qual Fenice2 mi rinnovo,
Quanto mi giova, che per voi s’appaghi
5Il cor, e che si deste
L’alma a seguir il lume altiero e novo,
Per cui dolcezze i’ provo
Tante, e sì dolci che d’Ambrosia il cibo
Quello che ’n voi delibo
10Avanza, e quanta mai dolcezza avesse
Chiunque Amor per più beato elesse!
Ma perchè l’alma in l’incredibil gioia3
Tutta s’immerge, ed altro
Non cerca, nè gustar vuol più diletto,
15Resta la lingua muta, e sì m’annoia,
Che ’l viver mio no scaltro4,
Nè ’l piacer posso dir quant’è perfetto;
Ch’un vostro solo effetto
Se si potesse con parole dire
20Farebbe ogni uom gioire.
Ed io mostrato a dito ne sarei
Detto beato e cinque volte e sei5.
E pur mi sforzo di vostr’alti effetti
Mirabili e divini
25Quel poco dirne di ch’io son capace.
Ai vostri raggi al mondo sol perfetti,
Tutti gli altri occhi chini
Stanno, così gli abbaglia vostra face.
E dov’a quelli piace
30Volger l’onesto, e fiammeggiante giro,
Attorno, attorno in giro,
Ride la terra, il mar s’acqueta, e l’aria
Le nubi sgombra, ed in seren le varia;
Ch’esce un splendor da vostre sante luci,
35E tanta apporta grazia,
Che potrebbe allumar l’oscuro inferno.
E dove sete voi le scorte e duci
Ogni contento spazia
Simile a quel che rende l’uomo eterno,
40Tal che per quant’i’ scerno
Lume più bel il ciel non mira o copre.
Nè credo che s’adopre
Per far natura cosa mai sì vaga,
Ove del mondo tutto ’l bel s’appaga.
45Voi sete que’ begli occhi che donate
Del Paradiso l’arra6
A chi divoto il vostro lume segue.
Sì gaiamente ognora vi girate,
Che spesso in Voi s’inarra7
50Eterna pace senza guerre o tregue.
E tanto si consegue
Lieti e gioiosi in vista a contemplarvi,
Ch’eternamente starvi
Vorria dinanzi ogni uom, e quest’i’ bramo
55N’altra a Voi grazia, che mirarvi, chiamo.
I’ non vorrei già mai vedermi privo
Della vostra presenza
U’ la mia vita sol si fa felice.
Mor io, begli occhi, moro, nè son vivo
60Allor che resto senza
Vostr’alma vista, ond’ogni ben s’elice8.
E tanto dir mi lice,
Che tutto quel che spira in questo clima,
(Se ’l dritto, e ver si stima)
65Tant’ha di bello, e tanto par che vaglia,
Quant’a Voi par che di mirarlo caglia.
Però s’io cerco in ogni luogo e tempo
Starvi belli occhi innanzi,
E tutto ’l resto poi non curo, o prezzo,
70E se mi doglio, che non più per tempo
Vi vidi, e vuo’ ch’avanzi
Questa voglia tutt’altre senza mezzo,
Vogliate omai che ’l rezzo
Di miei sospiri angosciosi, e amari
75Dilegui, e i vostri chiari
Raggi vèr me volgete, e quelle ciglia,
Ch’al mondo son l’ottava meraviglia.
Se guarderai, Canzone,
Ch’ignuda se’ e parli in basso stile
80Del bel lume gentile,
Sola star non vorrai nel sacro fondo
Di quest’acque tranquille, ov’io t’ascondo.
Note
- ↑ V. 1. Occhi leggiadri: propone l’argomento; cfr. Petrarca: «Occhi leggiadri, dov’Amor fa nido» (Canz., LXXI, v. 7).
- ↑ V. 3. Fenice, il favoloso augello che si dice rinascesse sempre dalle proprie ceneri. Anche il Petrarca chiama Laura, Fenice, Canz., CCCXXI, v. 1; CCCXXIII, v. 4.
- ↑ V. 12. Incredibil gioia, Petrarca: «incredibil bellezza», Canzoniere, LXXI, V. 62.
- ↑ V. 16. No scaltro, non scaltrisco.
- ↑ V. 22. Cinque volte e sei, verso di stampo dantesco: «Mostrarsi dunque in cinque volte sette».
- ↑ V. 46. L’arra, come di chi dicesse la caparra. È il lat. arrha, franc. arrhes.
- ↑ V. 49. Inarra, verbo foggiato sull’esempio del Petrarca (Canzoniere, son. CCXXIII, v. 4) di sul vocabolo precedente di cui ripete l’idea.
- ↑ V. 61. S’elice, si trae, si fa uscire; cfr. Petrarca, son. CCCXXI, v. 4.