Idilli (Leopardi)/La vita solitaria

La vita solitaria

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Il sogno
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Idillio
v
La [V]ita solitaria


        La mattutina pioggia, allor che l’ale
Battendo esulta ne la chiusa stanza
La gallinella, ed al balcon s’affaccia
L’abitator de’ campi, e il Sol che nasce
I suoi trepidi rai fra le cadenti
Stille tramanda, a la capanna mia
Dolcemente picchiando, mi risveglia;
E sorgo, e i lievi nugoletti, e ’l primo
Degli augelli sussurro, e l’aura fresca,
E le ridenti piagge benedico;
 Poichè
[Perchè] voi, cittadine infauste mura,
Vidi e conobbi assai, dove si piglia
Lo sventurato a scherno; e [sf] sventurato
                                                tosto
Io nacqui, e tal morrò, deh [presto]! Alcuna
Ben che1
Benchè scarsa pietà pur mi concede

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Natura in questi lochi, un giorno oh quanto
Verso me più cortese. E tu pur anche
Da[’]i miseri ti volgi[,] e a la reina
Felicità servi o [n]Natura. In cielo
In terra amico agl’infelici alcuno
E rifugio non resta altro che il ferro.
     Talor m’assido in solitaria parte,
Sopra un rialto, al margine d’un lago
Di taciturne piante incoronato.
    Ivi quando
[Quivi mentre] il meriggio in ciel si volve,
La una tranquilla imago il Sol dipinge,
Ed erba o foglia non si crolla al vento,
E non onda incresparsi, e non cicala
Strider, nè batter penna augello in ramo,
Nè farfalla ronzar, nè voce o moto
       presso               lunge
Da [lungi] nè da [presso] odi nè vedi.
Tien quelle rive altissima quiete;
Ond’io quasi me stesso e ’l mondo obblio
Sedendo immoto; e già mi par che sciolte

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Giaccian le membra mie, nè spirto o senso
Più le commova, e lor quiete antica
Coi[’] silenzi del loco si confonda.
     Amore amore, assai lungi volasti
Dal petto mio che fu sì caldo un giorno,
Anzi rovente. Con sua fredda mano
Lo strinse la sciaura, e in ghiacchio è volto
Nel fior de gli anni. Mi sovviene il tempo
Che mi scendesti in seno. Era quel dolce
E irrevocabil tempo allor che s’apre
Al guardo giovanil questa infelice
Scena del mondo, e gli sorride in vista
Di paradiso. Al garzoncello il core
  vergini2
Di vergine speranza e di desio
Balza nel petto; e già s’accinge a l’opra
                                                       gioco
Di questa vita come a danza o [festa]3
Il misero mortal. Ma non sì tosto,
Amor, di te m’accorsi, e ’l viver mio
Fortuna avea già rotto, ed a questi[’] occhi
Non altro convenia che ’l pianger sempre.
Pur se talvolta per le piagge apriche,

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Su la tacita aurora[,] o quando al sole
Brillano i tetti e i poggi e le campagne,
Scontro di vaga donzelletta il viso;
O qualor ne la placida quiete
D’estiva notte, il vagabondo passo
Di rincontro alle ville soffermando,
L’erma terra contemplo, e di fanciulla
           opra4
Che a l’opr[e]a di sua man la notte aggiunge
Odo sonar ne le romite stanze
L’arguto canto; a palpitar si move
                                                                 ritorna
Questo mio cor di sasso: ahi, ma [pensando]
           [di me]5
[Che di lui non si cura anima viva],
  tosto                                ch’è fatto estrano
[Riede] al ferreo sopor, [chè la più bella]
        Ogni moto soave al petto mio.
[Parte di questa vita il ciel negommi.]
     O cara luna, al cui tranquillo raggio
Danzan le lepri nelle selve; e duolsi
A la mattina il cacciator, che trova
L’orme intricate e false, e da i covili
Error vario lo svia; salve o benigna
De le notti reina. Infesto scende
Il raggio tuo fra macchie e balze[,] o dentro

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A[’] deserti edifici, in su[l] l’acciaro
Del pallido ladron che a teso orecchio
Il fragor de[l] le rote e de’ cavalli
Da lungi osserva[,] o [’]il calpestio de’ piedi
Sul tacito sentier[o]; poscia improvviso
Col suon de l’armi e con la rauca voce
E col funereo ceffo il core agghiacc[h]ia
Al passegger,6 cui semivivo e nudo
Lascia in breve tra’ sassi. Infesto occorre
Per le contrade cittadine il bianco
Tuo lume al drudo vil, che de gli alberghi
Va radendo le mura e la secreta
Ombra seguendo, e resta, e si spaura7
De le ardenti lucerne e de gli aperti
Balconi. Infesto alle malvage menti,
A me sempre benigno il tuo cospetto
Sarà per queste piagge, ove non altro
Che lieti colli e spaziosi campi
                                        io soleva ancora8
M’apri a la vista. Ed [ancor io soleva],
Bench’[chè] innocente io fossi, il tuo vezzoso
Raggio accusar ne gli abitati lochi,

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Quand’ei
Quando m’offriva al guardo umano, e quando
umani volti al mio guardo scopri[v]a.
Or sempre loderollo, o ch’io ti miri
                   tra
Veleggiar [fra] le nubi, o che serena
Dominatrice de l’etereo campo
Questa flebil riguardi umana sede.
Me spesso rivedrai solingo e muto
Errar pe[’]i boschi e per le verdi rive,
O seder [sop] sovra l’erbe, assai contento
                       e core
Se [core e] lena^ a sospirar m’avanza.

Note

  1. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  2. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  3. tripudia in, brilla, giubbila. Di traverso sul margine destro.
  4. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  5. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  6. peregrin, viator. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  7. e ne l’[nell’] andar, e nel suo cuor, e ad ora ad or s’attrista, e seco si rattrista. Tra parentesi di traverso sul margine destro.
  8. e già ben soleva anch’io. Tra parentesi di traverso sul margine destro.