I suicidi di Parigi/Episodio primo/XII

Episodio primo - XII. Oh! i consigli, i consigli!

../XI ../XIII IncludiIntestazione 10 agosto 2009 75% romanzi

Episodio primo - XI Episodio primo - XIII


[p. 71 modifica]

XII.

Oh! i consigli, i consigli!

Erasi in carnevale.

Il ballo del ministro aveva avuto luogo il lunedì. Il giovedì, Sergio riceveva questo viglietto:

«Sabato, all’una del mattino, al Foyer dell’Opéra, seguite il domino a faveur rosa che vi toccherà la spalla. Trattasi del vostro onor di marito.»

Sergio lasciò scappar lentamente un buffo di fumo azzurro dal suo sigaretto, e sclamò gittando il viglietto su i tizzoni:

— Sempre e poi sempre delle infamie anonime!

Il viglietto cadde in un angolo del caminetto e si bruciò a metà.

— Ma, mi pare riconoscere quella scrittura — mormorò Sergio tirando dal fuoco la metà del foglietto.

Non ne restavano che due motti: «domino a faveur rosa» ed «onor di marito.» [p. 72 modifica]

Sergio esaminò attentamente quella scritta, poi disse:

— M’ero ingannato. È la scrittura di un uomo — scrittura cattiva, ma a sangue freddo; penna pesante; spirito distratto. Si direbbe che l’è una copia. Al diavolo allora!

E rigettò la carta nel fuoco. La fiamma l’assorbì: essa si annerì da prima, poi delle scintille vivide vi serpeggiarono, si accasciò, si ridusse in cenere grigia. Sergio assistè alle diverse fasi della distruzione della denunzia con compiacenza e rimase a meditare sul suo auto-da-fè. A capo di qualche tempo, gettò il sigaretto che gli bruciava le labbra e riprese la penna.

Egli scrisse una pagina o due molto sgorbiate e cancellate — e’ che di consueto scriveva di un fiato, senza radiare una virgola, senza cangiare un motto! Le sue idee si presentavano adesso ingarbugliate, confuse, le immagini cozzavano nel suo cervello e svanivano in briciole scure. Era distratto. Il mondo a cui impartiva movimento e vita, svaporavasi per cedere il posto a fantasmagorie abrupte e strane. Franse la penna sur un presse-papier e levossi.

— Che natura milensa ed incorreggibile ch’è quella dell’uomo! — si disse egli. L’assurdo lo sedurrà mai sempre!

Accese un altro sigaretto, fece qualche passo pel gabinetto, aprì la finestra, poi prese un’altra penna.

Le sue idee nascevano più arruffate che prima. Volle farsi violenza. Fissò il suo spirito sur un obbietto: impossibile! Aveva le traveggole e scriveva una frase, mentre ne pensava un’altra. Allora egli tolse via la sua vareuse grigia, si cacciò addosso un pastrano, ed uscì per passeggiare e far visite.

Voleva recarsi all’atelier di Delacroix. Sul boulevard, incontrò un romanziere dei suoi amici, il quale, il naso al vento, era a caccia di tipi e di scene.

— Ebbene, caro, — gli disse Prospero Dalleux — i tuoi Sixièmes Etages de Paris finiranno per darti un château. Essi sono deliziosi.

— Piaggiatore! — rispose Sergio sorridendo. Li si leggono: ecco tutto.

— Li si leggono? di’ dunque che li si divorano, che se li strappano, che non si parla che d’essi. [p. 73 modifica]

— Tu non ne diresti altrettanto in un articolo bibliografico, ve’! Ma, a proposito, vuoi tu darmi un consiglio?

— Più volentieri che venti franchi, figliuolo.

— Io mi son cacciato in un angiporto, nel mio romanzo.

— Sfonda l’angiporto, o sollevati in pallone.

— Su mo’! Trattasi semplicemente di questo: un marito à ricevuto una lettera anonima che l’invita a recarsi al ballo dell’Opéra, ove un domino a faveurs bleues vuole intrattenerlo sul di lui onore di marito. Occorr’egli che il mio piccolo brav’uomo si trasporti all’Opéra ed accetti l’invito?

— Innanzi tutto, mon petit, codesto è vecchio arci-vecchio, anti-diluviano, e tu faresti meglio frugar per altra cosa. Ma non importa. Noi viviamo tutti di bric à brac nel passato. Dimmi un po’: il tuo marito conosc’egli il carattere della lettera? Sospetta egli l’autore di codesta missiva?

— No, o quasi no.

— In questo caso, tu non ài bisogno assoluto di codesto vecchio intingolo per la catastrofe. Io gli farei dunque sprezzar la denunzia e nol farei gire al ritrovo.

— Nol farei gire, nol farei gire...! L’è facile a dir codesto, in fra noi. Ma il mio marito non è un pizzicagnolo che può e che vuole passar oltre sur una simile circostanza. Senza essere geloso, egli à un profondo sentimento di dignità. Senza credere che una donna sia una proprietà inviolabile, per un articolo del codice civile, egli pretende, nonostante, che questa donna rispetti gl’impegni liberamente contratti, spontaneamente presi, sapendo tutta la portata dei suoi doveri, quali la società, a torto od a ragione, gliel’impone. Egli dà piena libertà a sua moglie, piena confidenza; ma egli non tollererebbe di guisa alcuna che codesta donna abusasse della lealtà di lui per coprirlo di ridicolo e di vituperio. Egli è indulgente per i capricci; inesorabile per le colpe. Infine, la di lui fierezza s’insorgerebbe a cogliere sulla bocca di sua moglie il guaime dei baci di un altro. Egli vede nell’infedeltà coniugale non una violazione di proprietà, ma una rottura di patto ed un segno di disprezzo per la sua persona. Tu comprendi [p. 74 modifica]allora ch’egli non può restare indifferente alla lettera del domino, quantunque anonima.

— Poichè tu ài messo al mondo un marito di così cattiva tempra, bisogna pur essere conseguente — lo veggo. Ora, innanzi tutto, non considerando in ciò che addimandasi disonore se non una rottura di contratto, egli non può volerne al suo rivale, non avendo egli trattato che con sua moglie. È dessa dunque che debb’essere sola risponsabile dell’infrazione, secondo la tua teoria. Non potendo per conseguenza vendicarsi da uomo, egli è sconvenevole e grottesco fare strepito, chiamare il prossimo a testimone delle sue piccole brighe con la moglie. Arrogi a ciò, ch’e’ non bisogna giammai disonorare una donna con la pubblicità. Imperciocchè, anche decaduta e gualcita, la donna è sempre augusta pel dritto divino della bellezza e del piacere. Gli antichi, che non erano pertanto mica galanti, dichiaravano sacrilega, tu il sai, la mano che toccava il velo di una donna. Il velo! figurati la fama. Laonde, caro, da banda il contatto con denunziatori.

— Ma allora?...

— V’ànno altri mezzi per sapere a che stanno le cose — mezzi non buoni neppur dessi, però men fragorosi. Conosci tu una casa da ragguagli?

— No.

— In questo caso, tu farai fare al tuo marito ciò che fatto ò io stesso.

— Vale a dire?

— Ecco qui. Io aveva un’amante dotata di tutte le virtù cardinali e teologali del catechismo — e di altre ancora. Ella faceva sbocciar sulle sue spalle del Cachemire, cui io non le aveva mai regalati. Ella innestava ai suoi polsi, alle sua dita, alle sue orecchie, e dovunque, dei gioielli, cui io non aveva mai avuto la tentazione di comperare. Ella faceva fiorire sul bel suo corpo delle vesti magnifiche, cui io contemplavo solo con ammirazione negli étalages — a cinquanta mila franchi lontani dalla mia borsa. La madre della mia maîtresse era portinaia, ed il padre invalido. Per lo che, quei belli oggetti non le venivano certo mica dai dominii paterni. Malgrado ciò, la mia innamorata, che aveva la frega di poser, voleva pas[p. 75 modifica]sare assolutamente per donna onesta. Io abbomino le donne oneste, io: esse costano troppo caro! Io aveva un bel dire a Fanny ch’io non volevo punto della sua virtù, ma dei suoi vezzi. Ella mi avrebbe assolto, mi perdoni Iddio! che io l’avessi trovata brutta, gobba, sciancata, butterata... che so io? basta che io l’avessi sospettata capace di aver della morale e di andare a messa. Io mi piccai al gioco e volli finire per provarle, fatti in punto, ch’ella non aveva alcun titolo al compenso della virtù di Monthyon.

— Tu avevi ragione.

— Io era un imbecille, mon petit. Io perdetti la mia amante, la quale non costavami assolutamente altro che il soffio dei miei baci.

— E poi?

— Poi? Regola generale: la donna non debbe giammai aver torto che ai suoi proprii occhi, nel suo foro interno, senza che si dubiti mai ch’altri pure conoscano i suoi peccatuzzi. A questa condizione sola, ella può correggersi — e si corregge. La donna, se potesse giammai amar altro che il suo squisito visuccio, amerebbe l’uomo generoso.

— Borsa alla mano?

— Moralmente. Ma io mi condussi come uno gnoccolone. Me ne andai da madama Goupil.

— Cosa è codesta madama Goupil, innanzi tutto?

— Un tipo, mio caro, un tipo restato incognito per fino al gran Colombo di Parigi — il nostro sommo pontefice Balzac. Vuoi tu che ci rechiamo da lei?

— Non ne ò il tempo, oggi. Continua pure.

— Ebbene, nella via dei Martyrs, alla casa che fa angolo con la via di Naverin, al quarto piano, dimora una certa donna di cinquanta anni. Ella à perrucca, denti posticci, belletto sulle guance. Il suo alloggio è popolato di gatti e di conigli, che non vivono sempre nella più completa armonia. Le mura sono gremite di gabbie ripiene di canarini. Sul caminetto del suo salone si sguaia, sotto una campana di vetro, un barboncello imbalsamato, affiancato da due Gesù-bambino cacciati in boccali di alcool. Delle sedie a testa di sfinge, in velluto di Utrecht giallo, vi permettono — non senza inconvenienti, a causa dei chiodi [p. 76 modifica]che vi germogliano fitti — di mortificarvi le natiche, se siete stanco, mentre delle testuggini bene educate guizzano fra le vostre gambe, ed una dozzina di gazze e di corvi malappresi vengono ad appollaiarsi sul vostro cappello e lo marmorizzano di guano...

— L’è dunque l’arca di Noè codesto alloggio di monna Goupil?...

— Un’arca, sotto il regime d’una volpe — madama Goupil — ex... ecc.., ecc... — Voi potete soggiungere tutto ciò che vi aggrada, senza pericolo di calunnia.

— La vedo proprio.

— Tanto meglio. Madama Goupil, vedova, ecc., ecc..., à fondato una casa di ragguagli — quantunque, sia detto fra noi, io m’immagino ch’ella n’abbia un poco rubata l’invenzione. Comunque sia, voi vi presentate da questa nobile dama — la quale ne sa cinquanta volte più che monna polizia — e le dite...

— Ella parla dunque?

— Qualche volta. In ogni modo, ella ascolta. Le dite dunque: Madama, vorrei sapere vita e morte del signore o della signora Tal dei Tali. Direte il nome se vi piace, basta alla cosa d’indicar la persona. Ovvero, le direte: — Vorrei sapere come il signore o la signora So-and-So — come dicono gl’inglesi — passa il suo tempo. Date quindi l’indirizzo ed il segnalamento esatto, più esatto che all’uffizio dei passaporti, e pagate.

— Quanto?

— L’è secondo. Nelle circostanze in cui trovasi il tuo marito, l’è venti franchi al dì — più, le spese di carrozza, se carrozza v’à. Madama Goupil à i suoi agenti. Ella li apposta, o li slancia sulle piste della persona indicata, e... fouette cocher! Voi riceverete ogni dì, per messaggiere o per la posta, il giornale dei fatti e delle gesta dell’individuo sorvegliato. Quando credete di averne abbastanza, saldate i conti... e riposate tranquillo. Madama Goupil è una donna onesta, e la sua casa è una tomba. Altri dettagli sono superflui. Va a vederla. L’è una fisionomia a delineare che quella di madama Goupil — ed il tuo puntiglioso marito te ne presenta un’opportunità magnifica.

— Credo di averne quanto basta per questa fiata. Ci andrò un altro dì. Per il momento, vado a veder di [p. 77 modifica]meglio: una principessa russa, a cui mi àn servito l’altra sera, in fra due tazze di the — come un tigre del Bengala. Le debbo una visita per apprenderle che sono francese.

— Ed io men vado a spigolar da Granville. Molto di Sesti Piani, eh!

— Grazie.


Sergio prese un fiacre e se ne andò dritto da madama Goupil.