I solitari dell'Oceano/23. L'arrosto di carne bianca

23. L'arrosto di carne bianca

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CAPITOLO XXIII.

L’arrosto di carne bianca.


Ioao prese la lanterna e mentre i pirati si sdraiavano dietro la barricata formata con casse e barili, si diresse verso il cassero, chiamando a voce alta:

— Cyrillo! Signor Vargas! Non fate fuoco! Siamo noi! —

Una voce a lui ben nota e che lo fece sussultare, rispose subito:

— Sei tu, Ioao?

— Sì, fratello, — rispose il giovane.

— E Sao-King?

— È con me.

— Ed i pirati?

— Tengono la coperta, ma non faranno nulla finchè noi ci parleremo.

— Aspetta che rimuoviamo la barricata. Signor Vargas, aiutatemi. —

Pochi momenti dopo la porta del quadro si apriva ed i due fratelli si slanciavano l’uno nelle braccia dell’altro, mentre l’ufficiale argentino, comparso dietro Cyrillo, stringeva vigorosamente la mano al bravo chinese.

— Siamo presi, è vero? — chiese Cyrillo.

— Sì, fratello e la nostra missione ha avuto un insuccesso completo. —

Entrarono tutti quattro nel quadro, barricando nuovamente la porta con due pesanti casse ed alcuni mobili presi nelle cabine.

Ioao raccontò brevemente quanto gli era accaduto sulle rive settentrionali dell’isola, la morte del capo, la loro prigionia nella caverna, la loro fuga miracolosa e finalmente la loro cattura da parte dei pirati che avevano conquistata la nave e le proposte fatte dal capo di quella banda d’audaci bricconi, facendo comprendere ai compagni che ormai qualunque resistenza sarebbe stata non solo inutile, ma anche pericolosissima.

Cyrillo da canto suo li mise al corrente degli avvenimenti succedutisi dopo la loro partenza a bordo della piroga dei selvaggi.

L’invasione della nave da parte dei pirati era avvenuta di notte, per sorpresa.

Quei furfanti erano giunti presso la scala a nuoto per non farsi scorgere, poi approfittando dell’oscurità si erano precipitati in coperta sparando all’impazzata i loro moschetti che avevano tenuti fuori dall’acqua. [p. 164 modifica]

Cyrillo e l’ufficiale avevano avuto appena il tempo di sfuggire nel quadro e di barricare la porta, abbandonando i pezzi d’artiglieria.

Da quattordici ore si trovavano strettamente assediati, senza viveri e con poche munizioni, aspettando ansiosamente l’arrivo del capo selvaggio e dei suoi guerrieri.

— Giacchè non possiamo ormai più contare su alcun aiuto arrendiamoci, — disse Cyrillo. – Che ne dite, signor Vargas?...

— Che la resa s’impone, — rispose l’ufficiale. — Anche riuscendo a vincere, noi non potremmo, da soli, disincagliare la nostra nave.

— Nè ripararla, — aggiunse Sao-King.

— Manterranno le loro promesse, quei birbanti? — chiese Cyrillo.

— Hanno interesse a tenerci a bordo, — disse Sao-King, — perchè non vi è fra loro alcuno che possa dirigere la nave.

— Se potessimo ingannarli! — disse l’ufficiale.

— In quale modo?

— Dirigendo invece la nave in qualche porto australiano e farli prendere dalle autorità inglesi.

— Ci massacrerebbero prima di giungere a terra, — rispose Sao-King. — Sono uomini capaci di tutto. Che viaggio con simili canaglie!

— Alla prima occasione li pianteremo, signor Vargas. Per ora arrendiamoci, poi si vedrà. —

Era passata circa un’ora e si udivano i pirati ad impazientirsi. Bestemmiavano, percuotevano la tolda coi calci dei fucili e gettavano in aria le casse.

— Andiamo, — disse Cyrillo, rassegnato. — Non irritiamo quelle tigri marine. —

Rimossero la barricata, aprirono la porta e uscirono sul ponte inermi.

Il capo dei pirati s’era fatto innanzi, tenendo il moschetto spianato.

— La resa o la morte? — chiese con voce minacciosa.

— Vedete che siamo senz’armi, — disse l’argentino.

— Accettate le condizioni?

— Ci pieghiamo dinanzi alla forza. Manterrete le vostre promesse?

— L’ho giurato.

— Vedremo quale conto dovremo fare dei vostri giuramenti.

— Strong è un pirata, ma è anche leale. In fondo al mio cuore è rimasto ancora qualche cosa di buono. Siete voi il comandante?

— Sì, — rispose Vargas.

— Darete gli ordini necessari per disincagliare, prima di tutto, la nave. Domani i selvaggi di Mua saranno qui e non si sa quello che può succedere. [p. 165 modifica]

— Quanti uomini avete?

— Siamo in sei qui e due sono a terra.

— Ci saranno necessari. La marea è alta?

— Raggiungerà il suo massimo fra mezz’ora.

— Basteranno due ancore gettate a poppa e pochi giri d’argano perchè il banco è sabbioso e molto inclinato, — disse l’argentino.

— Agiamo subito, signore, perchè domani avremo ben altro da fare. Mua diverrà furioso e darà l’assalto alla nave per avervi e credo che preferirete la nostra compagnia a quella di lui.

— Fate portare le due ancore e chiamate i vostri due compagni.

Due pirati scesero nella piroga e si diressero verso la spiaggia, mentre gli altri, aiutati da Sao-King, preparavano le ancore e le gomene.

Un quarto d’ora dopo la piroga tornava portando i due pirati che erano rimasti a terra. Uno era il bandito che Sao-King aveva veduto in conciliabolo sulle rive del fiume, l’altro il briccone che aveva condotti alla caverna Sao-King e Ioao.

Questi nello scorgerli non potè far a meno di sorridere.

— Dik è ben felice di rivedervi, — disse. — Compiango il selvaggio che aveva lasciato a guardia della caverna. Voi siete uomini veramente prodigiosi e mi racconterete un giorno in qual modo siete riusciti a fuggire.

— Presto, — disse Strong. — I guerrieri di Mua hanno sospettato qualche cosa e si preparano. Non vogliono perdere l’arrosto di carne bianca.

Il momento era opportuno per disincagliare le nave. La marea stava per raggiungere la sua massima altezza e lo scafo cominciava a rialzarsi.

La piroga riprese il largo gettando le ancore su un fondo roccioso, poi le funi furono passate all’argano.

L’argentino aveva già visitato il banco ed era tornato a bordo assai soddisfatto.

— Basteranno pochi giri d’argano, — aveva detto a Cyrillo.

Le sue previsioni non dovevano ingannarlo.

I pirati, aiutati da Sao-King, da Cyrillo e anche da Ioao, avevano appena dati pochi urti alle aspe dell’argano, che l’Alcione scivolava dolcemente sul banco, indietreggiando verso le due ancore.

Quell’operazione si era compiuta con una facilità veramente straordinaria, mercè forse una grande marea.

— Signore, — disse il capo dei pirati, a Vargas. — Abbiamo a bordo vele sufficienti?

— Pel momento dovremo accontentarci della randa, della vela di trinchetto e dei flocchi, — rispose l’ufficiale.

— Potremo vincere le piroghe? [p. 166 modifica]

— Il vento è buono e le lasceremo indietro. Prima però di abbandonare questo arcipelago e d’intraprendere la traversata dell’oceano, saremo costretti a fermarci in qualche luogo per rizzare almeno un albero di trinchetto.

— Ho due carpentieri con me, — rispose Strong. — Approderemo a Tonga o, meglio ancora, a Pylstard.

— Avete molta conoscenza delle isole del Pacifico, a quanto sembra, — disse l’argentino un po’ ironicamente.

Il pirata sorrise senza rispondere.

— Fate spiegare le vele, — riprese Vargas, dopo qualche istante. — Mi sembra di vedere delle piroghe verso la costa. —

— Sono quei cani di selvaggi che vengono a reclamarvi, — disse. — Cercheremo d’ingannarli. —

I suoi compagni e Sao-King, accortisi della presenza delle piroghe, si erano slanciati alle vele, ma spiegarle non era cosa facile, mancando gran parte delle manovre.

— Signor Vargas, — disse il chinese. — Quei selvaggi saranno qui prima che noi possiamo lasciare la baia.

— Lo vedo, — rispose l’argentino. — Penserà Strong a trarci d’impiccio. Quel birbante deve essere un furbo di prima qualità.

— Ad ogni modo proviamo, — disse il chinese, correndo verso poppa, dove i pirati lavoravano ad inferire la randa e la controranda.

I selvaggi, accortisi forse delle intenzioni dei loro alleati, si avanzavano remando furiosamente. La loro flottiglia si componeva di dieci piroghe e tutte assai cariche. A bordo vi dovevano essere per lo meno un centinaio di guerrieri.

— Chi comanderà la flotta? — chiesero Cyrillo e l’argentino a Strong.

— Mua, — rispose questi.

— Un capo potente? — domandò Cyrillo.

— Sì ed è un uomo che già voi conoscete. È quello che si era offerto di condurre i vostri compagni sulle coste settentrionali.

— Quel traditore! — esclamò l’argentino.

— Avete dei liquori a bordo? — chiese il pirata.

— Due casse piene di bottiglie.

— E viveri?

— Pochissimi avendo gettato in mare tutte le nostre provviste perchè erano state avvelenate.

— Da chi?

— Ciò non vi riguarda, — disse l’argentino.

— Basteranno i liquori, — disse Strong, rinunciando, almeno pel momento, a chiedere maggiori spiegazioni.

I pirati avevano appena spiegata la randa e la vela di trinchetto, quando le piroghe circondarono da ogni parte la nave.

I selvaggi parevano furiosi. Urlavano come se fossero indemoniati e mostravano con gesti minacciosi le lance e le mazze. [p. 167 modifica]

Mua aveva abbordata la nave presso la scala, preparandosi a salire.

— Signori, — disse Strong, volgendosi verso Cyrillo ed i suoi compagni. — Nascondetevi nel quadro e non abbiate timore: noi sapremo difendervi.

I tre americani e Sao-King avevano appena chiusa e barricata la porta, quando Mua, seguìto da otto guerrieri armati di clave, comparve sulla tolda.

Strong, dopo d’aver mandato quattro uomini sul cassero, dove aveva fatti portare i due piccoli pezzi d’artiglieria per poter spazzare la coperta della nave, nel caso d’un assalto, si era avanzato verso il capo degli antropofagi, tenendo in mano il moschetto.

— Ti aspettavo, — gli disse.

— E dove sono gli uomini bianchi che ci hai promessi? — chiese il capo, con voce minacciosa. — La mia tribù è impaziente di mangiarli.

— Non perderà nulla nell’attesa, — rispose il pirata con voce tranquilla. — Prima di consegnarteli e di andarmene voleva offrire a te ed ai tuoi bravi guerrieri una bevuta di gin, il liquore che ti piace tanto.

Udendo quelle parole, la collera del capo si spense di colpo.

— Tu hai di quella bevanda che rode la gola? — chiese avidamente.

— E tanta da accontentare tutti i tuoi guerrieri.

— Mi viene un’idea, — disse il selvaggio. — Penso di fare qui il banchetto e di innaffiarlo col tuo delizioso liquore. Farò portare gli spiedi e la legna.

— Sei pazzo! — esclamò Strong. — Mi bruceresti la nave, e poi tu sai che a noi ripugna la carne umana, specialmente la bianca.

— I tuoi prigionieri li mangeremo allora questa sera. Sono sotto buona guardia?

— Li ho fatti incatenare.

— Lasciameli vedere.

— Sì, dopo che avrai bevuto, — rispose Strong, con un risolino sardonico.

Fece un cenno ai suoi uomini e questi si avanzarono portando le due casse piene di bottiglie che avevano levate poco prima dal quadro di poppa.

Era l’ultima riserva del capitano, trovata nascosta sotto il lettuccio della sua cabina.

Mentre i selvaggi dietro invito del loro capo salivano a bordo per prendere parte all’orgia, Strong, aveva aperte le due casse, levando le bottiglie.

Ve n’erano ottanta, quantità sufficiente per ubriacare per bene quegli antropofagi non abituati a bevande così spiritose. [p. 168 modifica]

Mua ne aveva già presa una e spezzatole il collo si era messo a bere a garganella, manifestando la sua gioia con salti da scimmia.

I pirati intanto sturavano le altre ed empivano bicchieri facendoli circolare fra i guerrieri, i quali li vuotavano con rapidità prodigiosa.

Non si erano mai trovati in mezzo a tanta abbondanza e ne approfittavano con un’ingordigia incredibile.

Calmata per un istante la sete, Mua inviò alla costa parecchi dei suoi, facendo portare banani, porci arrostiti, noci di cocco, polpa d’albero del pane ed ignami.

Divorate quelle provviste, i selvaggi si rimisero a bere con novella foga, decisi a non lasciare una bottiglia piena.

I pirati d’altronde li incoraggiavano, riempiendo i bicchieri senza posa. Strong soprattutto incitava il capo, premuroso di vederlo rotolare sulla tolda per togliersi dai piedi quel pericoloso avversario.

Mua invece, quantunque avesse già vuota la sua bottiglia e ne avesse incominciata un’altra, resisteva come un marinaio russo od inglese e di quando in quando, coll’ostinazione degli ubriachi, tornava sempre sulla sua primiera idea, ossia di completare l’orgia mettendo allo spiedo Cyrillo ed i compagni.

Se il capo teneva ancora duro, i suoi sudditi invece cadevano a dozzine, vinti dai bicchieri che sempre si rinnovavano.

Parecchi avevano impiegato l’ultimo istante di forza per ridiscendere nelle piroghe, dove si erano profondamente addormentati.

Sulla tolda, sul castello di prora, e sul cassero e fors’anche nella camera comune dei marinai, ne erano caduti molti.

Finalmente anche Mua cadde spezzando la bottiglia che teneva in mano e scorticandosi atrocemente il viso coi frammenti di vetro.

Un bicchiere di wisky offertogli da Strong, lo aveva abbattuto come se avesse ricevuto un colpo di mazza in mezzo al cranio.

Restavano ancora in piedi venti o trenta selvaggi, già quasi completamente ebbri.

Strong disse alcune parole ai suoi compagni.

Un momento dopo i due cannoni, volti verso il mare, tuonavano insieme.

A quel rimbombo improvviso, i selvaggi che ancora resistevano, atterriti si precipitarono verso le murate, slanciandosi in mare, ed ululando spaventosamente. Cyrillo, l’argentino ed i loro compagni, credendo che si fosse impegnata la battaglia, si erano affrettati a uscire dal quadro armati di scuri e di sciabole, essendo stati privati delle armi da fuoco.

— Calmatevi, signori, — disse Strong, ridendo. — Ho fatto scaricare i cannoni per sgombrare la coperta da quei beoni.

Poi prese Mua fra le robuste braccia e lo gettò in acqua, mentre i suoi compagni rovesciavano gli altri, senza badare se cadevano nelle piroghe o sul banco. [p. 169 modifica]

Pochi minuti dopo, mentre i selvaggi, svegliati bruscamente da quel bagno inaspettato, si salvavano a nuoto, l’Alcione lasciava l’ancoraggio, veleggiando verso l’uscita della baia.