I solitari dell'Oceano/22. Gli avoltoi dello stretto di Torres
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CAPITOLO XXII.
Gli Avoltoi dello Stretto di Torres.
Essendovi bassa marea, le acque erano meno agitate che al mattino, sicchè i due fuggiaschi non avevano molto da faticare per giungere alla piccola cala, lontana non più di quattro o cinquecento passi.
Vi era sempre il pericolo di fare l’incontro di qualche squalo o di qualche banda di murene e perciò Ioao e Sao-King cercavano di tenersi sempre lontani dagli scogli e dalle caverne sottomarine.
Con poche bracciate superarono la scogliera che aveva servito a loro di rifugio e si diressero lentamente verso la cala, guardandosi incessantemente attorno per non venire sorpresi da quei pericolosi abitanti delle acque.
Anche quella seconda traversata si compì felicemente e verso le dieci i due nuotatori entravano nella cala, costeggiando la fila di scoglietti che la riparava dall’urto delle onde.
Nessun fuoco brillava sulla spiaggia, ma la piroga vi era, semiarenata su un banco di sabbia.
Vedendola, il chinese aveva respirato a lungo.
— Temeva che il selvaggio se ne fosse andato, — disse a Ioao.
— Anche a me era venuto questo sospetto, — rispose il giovane. — Dove si sarà coricato il suo guardiano? A terra o nella barca?
— È probabile che sia nella piroga, — disse Sao-King. — La spiaggia è coperta di pietre così angolose da rompere il dorso anche ad un antropofago.
— Accostiamoci adagio, Sao-King.
— Non temete, signor Ioao. E poi ho il vostro coltello. —
S’appressarono alla piroga nuotando lentamente onde non fare rumore e giunti sul banco, s’alzarono con precauzione.
Sao-King non si era ingannato. Il selvaggio incaricato di sorvegliare la caverna, aveva accumulate delle alghe nel fondo della scialuppa e vi si era coricato, dopo d’essersi messo ai fianchi l’arco, le frecce e la pesantissima clava.
I remi erano stati piantati nella sabbia, dinanzi alla poppa, onde impedire all’alta marea di portar via il galleggiante.
— Siete pronto? — chiese Sao-King.
— Sì, — rispose Ioao.
— Voi impadronitevi subito delle armi.
— E tu dell’uomo.
Il chinese si slanciò nella piroga con un salto solo e piombò sul selvaggio, puntandogli il coltello sul petto, mentre il giovane peruviano alzava la clava, facendola molinare, con molta fatica però, in alto.
L’isolano, svegliandosi bruscamente, aveva allungato le mani per cercare le proprie armi, poi si era alzato sfuggendo alla stretta del chinese.
Vedendosi dinanzi i due prigionieri, che egli credeva ancora rinchiusi nella caverna, si gettò fuori dalla piroga mandando urla di terrore.
Nè Sao-King, nè Ioao si erano opposti a quella fuga.
— Lasciamolo correre, — aveva detto il chinese.
Ed il selvaggio, preso da uno spavento inaudito, correva davvero su per la spaccatura, saltando come una scimmia e non cessando di urlare. Certo non gli pareva vero d’essere fuggito prima che lo accoppassero.
— Signor Ioao, partiamo, — disse Sao-King. — Forse quell’isolano ha dei compagni sulla cima del cono.
Con una spinta vigorosa cacciarono la piroga in acqua, poi vi balzarono dentro, ponendo mano ai remi.
Due minuti dopo si trovarono fuori dalla cala, al sicuro da ogni assalto.
— Al sud-ovest, — disse Sao-King, il quale arrancava con furore.
— E le nostre vesti!
— Me le ero dimenticate, signor Ioao. Abbiamo anche i due granchi da raccogliere. —
Virarono di bordo e si diressero verso lo scoglio.
Imbarcate le vesti ed i due granchi, ripresero la corsa allontanandosi dal cono.
Sulla cima si udiva il selvaggio a urlare con quanto fiato aveva nei polmoni.
Non doveva essere troppo contento nel vedere la sua barca a fuggire.
— È idrofobo, — disse Ioao.
— Gli rincresce forse di perdere i due arrosti, più che la sua barca, — disse Sao-King.
— Che torni qui il pirata?
— Non ne dubito.
— Che brutta sorpresa per quel briccone.
— E anche pei selvaggi che lo accompagnano.
— Siamo lontani dalla baia dell’Alcione?
— Parecchie ore di certo, signor Ioao.
— La ritroveremo?
— Navigheremo lungo la costa, così non potrà sfuggire ai nostri occhi.
— Appoggiamo verso l’isola?
— Sì, signor Ioao.
— In corsa adunque!
La piroga era un po’ troppo pesante per essere manovrata da un uomo e da un giovane mal pratico, pure i due fuggiaschi non si scoraggiarono.
Il mare d’altronde era calmo e nessuna ondata ostacolava la corsa.
Sao-King, dopo di essersi accertato che nessuna scialuppa si trovava in quel tratto di mare, diresse la piroga verso l’isola, lontana, come fu già detto, non più di quattro chilometri.
A mezzanotte i due fuggiaschi giungevano presso la spiaggia, di fronte ad un fiumicello il quale si scaricava fra due file di scogli.
Riposarono una mezz’ora, essendo entrambi stanchissimi, quindi dopo essersi dissetati, ripresero la corsa verso il sud.
Cominciavano a riconoscere quelle coste quantunque le avessero percorse una sola volta a bordo della piroga del selvaggio che li aveva traditi.
Certe scogliere, certi seni profondi e stretti e certi isolotti coperti d’alberi di cocco, li avevano già veduti e da ciò ne desumevano che non dovevano essere molto lontani dalla baia dell’Alcione.
— Guardate quello scoglio, che termina in tre punte aguzze, — disse Sao-King.
— Sì, l’ho veduto ancora, — rispose Ioao.
— E anche quella specie di canale che s’inoltra entro terra.
— Sì, Sao-King. Noi lo abbiamo osservato ancora.
— Se possiamo resistere, prima dell’alba rivedremo il signor Cyrillo e anche l’ufficiale. Siete stanco?
— La piroga è pesante, Sao-King.
— E voi non avete l’abitudine di remare, è vero? — chiese il coolie, ridendo.
— Lo confesso.
— Quando avremo superato quel promontorio ci riposeremo un quarto d’ora.
— Più lontano, Sao-King; ho fretta di giungere.
— Ma... toh! Quel promontorio deve essere... possibile?
— Che cosa vuoi dire?
— Signor Ioao, o m’inganno assai o noi siamo più prossimi alla baia di quello che crediamo.
— Che quel promontorio sia...
— Quello che chiude la baia a settentrione, signor Ioao, — disse il chinese.
— Allora siamo tanto vicini che un colpo di fucile potrebbe essere udito da mio fratello, — disse Ioao, con viva emozione.
— Facciamo forza di remi; se non facciamo cattivi incontri fra mezz’ora saremo a bordo dell’Alcione.
— Non abbiamo più nulla da temere.
— Anzi, al contrario; avete dimenticato i pirati? Quei miserabili devono sorvegliare la nave.
— Ci terremo al largo dal promontorio, Sao-King.
— Era quello che stavo per dirvi.
Quantunque quasi esausti, si allontanarono dall’isola, onde imboccare la baia a eguale distanza dai due promontori.
Si erano portati al largo circa mezzo chilometro, quando la baia apparve ai loro sguardi.
Un grido sfuggì simultaneamente dai loro petti:
— L’Alcione!
Infatti la enorme massa della nave, si delineava in mezzo alla baia, presso un gruppo di scogliere e di banchi.
Occupava ancora il medesimo posto, segno evidente che non aveva ancora potuto disincagliarsi, anzi pareva che si fosse un po’ sbandata sul tribordo.
— Forza, signor Ioao – disse Sao-King. — I nostri compagni sono là!
— Proviamo a gridare! Forse non dormono.
— No, signore! — esclamò il chinese. — Guardate! Ve lo dicevo io che ogni pericolo non era cessato? —
Una scialuppa si era staccata fra le rizophore che coprivano le rive del promontorio, avanzandosi verso quella montata dai due fuggiaschi.
— I pirati? — chiese Ioao, impallidendo.
— E cercano di tagliarci la via, signore, — rispose il chinese. — Però non è montata che da due uomini e siamo in due anche noi.
— Che ci raggiungano?
— Hanno da percorrere doppia via di noi. Forza, signore, e giungeremo primi all’Alcione.
La scialuppa che dava loro la caccia, era del pari pesante e si era staccata troppo tardi dal promontorio, pure continuava la corsa, spinta da quattro remi robustamente manovrati.
Essendo ancora troppo lontana, non si potevano distinguere le persone che la montavano. Forse invece che pirati erano selvaggi, perchè diversamente avrebbero già cominciato a far uso dei moschetti.
Sao-King, curvo sulle pagaie, arrancava con furore, senza perdere una battuta, aiutato alla meglio del giovane peruviano.
L’Alcione non si trovava che a quattro o cinquecento passi, potevano quindi ormai mandare qualche grido ed avvertire Cyrillo e Vargas del loro ritorno.
— Provate a chiamare, signor Ioao, — disse Sao-King, senza voltarsi.
Il giovane abbandonò per un istante le pagaie e fatto colle mani una specie di portavoce, gridò con quanto fiato aveva:
— Cyrillo! Signor Vargas! —
Nessuno rispose a quelle due chiamate.
Ioao ed il chinese si guardarono l’un l’altro con angoscia. Non erano che a mezza gomena dalla poppa e nessuno aveva risposto.
— Che dormano nel quadro? — si chiese il chinese.
— Che abbiano abbandonata la nave, per sfuggire all’assalto dei pirati? — disse Ioao.
— I banditi sarebbero già a bordo, mentre io non vedo nessuno.
— Vedo la scala abbassata.
— L’abborderemo. —
Il chinese guardò la scialuppa che li aveva seguìti. Distava quattrocento passi e aveva rallentata la corsa.
— Pare che ci voglia lasciare, — disse.
— Meglio per noi.
Con un’ultima spinta abbordò la scala, legò la piroga e si slanciò in alto, seguìto da Ioao.
Era in preda ad una viva ansietà, non sapendosi persuadere come i compagni rimasti a bordo non avessero risposto alle due chiamate.
Era giunto agli ultimi gradini e si era aggrappato alla murata per issarsi sulla tolda, quando si sentì appoggiare alla fronte qualche cosa di freddo, mentre una voce imperiosa diceva in inglese.
— Arrenditi o sei morto! —
Un uomo erasi alzato dietro la murata, puntandogli contro un moschetto ed un altro era comparso subito dopo mirando Ioao.
Il chinese aveva mandato un grido di rabbia ed aveva impugnata la navaja, pronto a vibrare un colpo all’aggressore.
Il timore di provocare una doppia scarica e di fare assassinare il giovane che lo seguiva, gli arrestò la mano.
— Miserabili! — esclamò. — Che cosa volete voi?
— Passatemi il coltello che tenete in pugno, prima di tutto! — disse l’uomo che gli aveva intimato d’arrendersi.
— E se non acconsentissi?
— Vi ucciderei senza battere ciglia, — rispose il pirata con accento risoluto.
Sao-King esitò un momento, poi vedendo che l’aggressore puntava nuovamente il fucile, gettò l’arma al di sopra della murata.
— Ora potete salire, — disse il bandito.
Il chinese con un salto si era slanciato in coperta, guardandosi intorno.
Altri quattro uomini che stavano sdraiati dietro alcune casse disposte come una barricata, si erano alzati, circondandolo.
— Siamo perduti, — mormorò. — Questi furfanti ci hanno preceduti. —
Ioao lo aveva raggiunto. Il povero giovane, non vedendo suo fratello, aveva mandato un grido straziante.
— Me lo hanno ucciso! Miserabili!...
— Che cos’è che vi abbiamo ucciso? — chiese il pirata, il quale pareva il capo di quella collezione di furfanti. — Io non vedo alcun morto qui.
— Dov’è mio fratello?
— Ah! Forse che uno di quei due era vostro fratello? Io lo ignoravo.
— Cosa ne avete fatto di lui?
— Non ve l’ho guastato, giovanotto, ve lo accerto, — disse il pirata. — Se però non si arrenderanno, la passeranno male quei due ostinati.
— Dove sono? — chiese Sao-King.
— Si sono barricati nel quadro e rifiutano di disarmare. Ciò non la può durare.
Sono dieci ore che li assediamo e comincio ad averne abbastanza.
Se non cedono farò mettere in batteria uno di questi pezzi e frantumerò la loro barricata.
Ora però ci siete voi.
— Che cosa sperate da noi? — chiese Ioao.
— Li costringerete ad arrendersi.
— Rifiutiamo.
— Là là, giovanotto!... Avete da fare con persone che non hanno scrupoli e che vi getteranno in mare con due palle di cannone legate ai piedi, se vi rifiuterete di ubbidirmi.
Ohe, Stoven, porta una lampada onde possa vedere i volti di questi due signori.
Devi avere anzi ancora una bottiglia di gin.
— Sì, Strong.
— Ne offriremo una goccia a questi signori. Non vi farà male, è vero giovanotto?
Mentre il marinaio chiamato Stoven portava la lampada, Ioao ed il chinese guardavano con un misto di curiosità e di timore quei banditi.
Strong era un uomo di media statura, con un collo da toro, un dorso da bisonte, membra enormi.
Al pari degli altri, aveva una foresta di capelli rossicci ed una barba lunga ed arruffata, con un naso in forma di becco di pappagallo e rosso come un peperone, probabilmente in causa del troppo gin bevuto.
Una larga cicatrice, profonda e rossiccia, gli solcava la fronte, prodotta forse da un terribile colpo di scure o da una sciabolata.
I suoi accoliti non facevano brutta figura accanto a quell’orso marino.
Erano tutti di forme massicce, biondi, con capelli e barbe arruffate, lineamenti duri, angolosi e occhi azzurrastri.
Al pari del capo erano vestiti di tela bigia, con larga fascia rossa ai fianchi e cappelli a larghe tese, di paglia grossolana.
Strong, dopo d’aver osservato attentamente i due prigionieri, sturò la bottiglia che gli era stata portata, riempì tre tazze che si trovavano su un barile e ne offrì due ai prigionieri, dicendo:
— Tocchiamo, miei cari diverremo buoni camerati.
Ioao prese la sua e versò il contenuto sul ponte, facendo un gesto di disprezzo.
Il bandito invece di offendersi per quell’atto si mise a ridere.
— Per Bacco! — esclamò. — Mi ero dimenticato che voi siete persone oneste mentre noi non siamo che dei bricconi che fanno parte della Società degli Avoltoi dello Stretto di Torres.
Poi cambiando bruscamente tono e fissando Ioao, riprese:
— Parliamo dei nostri affari, giovanotto. Mi preme sapere se devo lasciarvi vivere o gettare ai pesci-cani.
La vostra pelle sta nelle vostre mani: cercate di salvarla.
— Che cosa volete? — chiese Ioao.
— Ve l’ho già detto: costringere i vostri compagni ad arrendersi. Orsù decidete.
— E quando si saranno arresi, che cosa ne farete di noi? — chiese Sao-King.
— Rimarrete al comando della nave e ci condurrete nel golfo di Carpentaria, dove abbiamo il nostro rifugio ed altri compagni.
— E poi?
— Poi andrete dove vorrete.
— E la nave?
— Rimarrà a noi per diritto di conquista, — rispose il pirata.
— E come faremo ad andarcene poi?
— Abbiamo un piccolo cutter, un po’ vecchio, è vero, tuttavia in grado di tenere il mare e che per voi quattro sarà più maneggievole di questa nave, troppo grossa per le vostre braccia.
— E chi ci garantirà che voi manterrete i patti?
— La mia parola.
— Potremo fidarci? — chiese Ioao.
— Sì, ve lo giuro.
— Eppure noi abbiamo saputo che ci avevate venduti ai selvaggi per soddisfare i loro mostruosi appetiti.
— Chi vi ha detto questo? — chiese il bandito, con sorpresa.
— Ve lo diremo un’altra volta.
— È vero, — disse il pirata. — Vi avevamo promessi ai selvaggi di Mua per ricompensarli dei loro aiuti, a parole però. Voi ci siete troppo necessari per condurre la nave in Australia e quando Mua ed i suoi antropofagi verranno per reclamarvi, li getteremo in mare.
— Andrò a parlare con mio fratello, — disse Ioao. I due pirati si diressero verso la spiaggia.... (Cap. XXIII).
— Siete libero di farlo, guardatevi però dalle fucilate. I vostri compagni non risparmiano le munizioni.
— Vieni, Sao-King, — disse il giovane, in lingua chinese. — Ormai siamo presi e ogni resistenza sarebbe inutile.