I naufraghi dello Spitzberg/3. In rotta pel nord

3. In rotta pel nord

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2. A bordo della Torpa 4. I primi ghiacci


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CAPITOLO III.

In rotta pel Nord.


I
l capitano Tompson non si era ingannato sulla scelta della Torpa.

Era una nave di piccolo tonnellaggio, poichè, come dicemmo, non stazzava che trecentoventi tonnellate, ma era il veliero più adatto per un’ardita spedizione nei mari polari.

Era corta ma larga di fianchi, la forma migliore per sopportare le pressioni irresistibili dei campi di ghiaccio e che permette il sollevamento evitando così di correre il pericolo di farsi schiacciare; era salda di costole con doppio fasciame e doppi puntali rinforzati presso i bagli e le murate alte per proteggere meglio l’equipaggio dai colpi di mare.

La sua prora, quasi ad angolo retto, come in generale hanno le navi da pesca norvegiane, era munita da un largo sperone di ferro che le permetteva d’investire i ghiacci, per aprirsi il passo attraverso i palks, gli streams e gli ice-field. [p. 21 modifica]

La sua alberatura era poi altissima e le sue vele avevano uno sviluppo enorme, per poter approfittare delle più leggere brezze. Le vele quadre del trinchetto, la randa e contro-randa dell’albero maestro ed i flocchi del bompresso erano stati cambiati di recente e la loro tela, che era grossa assai, poteva sopportare, senza tema di lacerarsi, i più tremendi venti polari.

L’equipaggio, scelto con cura dal signor Foyn, valeva la nave. Erano tutti bei pezzi di giovanotti, colle membra robuste, le braccia potenti, già tutti abituati alle fredde regioni del nord e alle pericolose campagne dei balenieri. Solamente il pilota dei ghiacci o ice-master, era un po’ attempato, ma i suoi cinquant’anni non gli pesavano di certo sulle spalle e manovrava come un giovine.

– Buona nave e bravi marinai, disse Tompson allo scienziato, che gli si era seduto accanto, su di una corcoma di gòmene. Con questa gente giungeremo alle Spitzberg malgrado i campi di ghiaccio ed i nebbioni.

– Credete che incontreremo presto i ghiacci?

– La stagione è assai inoltrata per queste regioni e al di là del capo Nord troveremo di certo qualche ice-berg, e quelle montagne sono le avanguardie degli ice-fields, ossia dei grandi campi.

– Ma passeremo egualmente?

– Per bacco! Se sarà necessario lavoreremo di sperone, ma andremo innanzi.

– Quando sperate di giungere alle Spitzberg?

– Fra due settimane, se il diavolo non ci mette la coda o se non ci arrestiamo a cannoneggiare qualche balena. Sono curioso di provare le palle del signor Foyn.

– Adoperate ancora il rampone voi?

– Sì, professore. Le palle che si adoperano ora saranno buone, efficaci, ma io preferisco ancora la vecchia [p. 22 modifica] arma dei nostri valenti balenieri. La caccia col rampone è più emozionante, e se è più pericolosa, di rado però fallisce.

– Avete ramponate molte balene?

– In quindici anni ne ho prese almeno centocinquanta, oltre una sessantina di capodogli.

– Che terribile distruzione fanno i balenieri. Se questa caccia spietata continua, distruggeranno ben presto tutti i giganti del mare.

– È vero, signore, e le balene cominciano a scarseggiare. Mi ricordo che nella mia gioventù se ne vedevano alcune entrare perfino nei fiord, ma ora si tengono lontane e di rado si accostano alle sponde della Norvegia. Continuano a ritirarsi nelle regioni dei ghiacci eterni e fra qualche ventina d’anni bisognerà andarle a cercare presso il polo. Anche in Islanda, una volta erano così numerose, ma ora cominciano a diventare rare, anzi certi anni non se ne trovano affatto.

– Ma l’allontanamento delle balene dalle coste d’Islanda è dovuto ad una causa, disse il professore.

– A quale?

– Allo spostamento delle correnti marine avvenuto nel 1868. Prima di quell’epoca, le correnti equatoriali e polari s’incontravano con grande forza presso le coste orientali dell’Islanda, accumulando in quei paraggi il cibo ordinario delle balene, ma poi deviarono verso il nord e nord-est, tenendosi lontane dalle coste islandesi e perciò i cetacei si allontanarono pure.

– Deve essere vero, professore, poichè in quell’epoca io mi trovavo precisamente sulle coste d’Islanda, imbarcato su di una nave a vapore olandese ed in tre mesi non ho potuto ramponare che una sola balena.

– Avete conosciuto Hammer di Copenaghen? [p. 23 modifica]

– Sì, professore. È uno dei più famosi lupi di mare ed uno dei più audaci balenieri che vanti la Danimarca.

– Ebbene, fu lui che s’accorse dello spostamento della corrente e delle balene. Era partito con una vera flotta di navi a vapore pieno di speranza, sapendo che su quelle coste i cetacei abbondavano, ma non ne trovò che pochi assai e così inquieti che non si lasciavano avvicinare e fu a grande fatica che potè ramponarne sei durante tutta la stagione.

– Tanto pochi da non coprire le spese.

– Lo credo. Certo, le balene erano furibonde per non aver trovato il loro solito cibo che le correnti avevano trascinato altrove.

– Quello spostamento però è tornato vantaggioso al vostro amico Foyn.

– È vero, poichè mi dissero che in quell’anno pescò una trentina di balene.

– Oh! Oh! – fece in quell’istante Tompson, alzando vivamente il capo.

– Cosa avete?

– Temo che alle Spitzberg sia già cominciato l’inverno.

– E da cosa lo arguite?

– Vedete in alto quelle schiere di uccelli bianchi che fuggono verso il sud?

– Sì..., signor Tompson.

– Vanno a svernare sulle rive dell’Ural e del Volga.

– Sono pellicani, forse?

– Sì, professore, e la fuga di quegli uccelli in questa stagione che non è ancora fredda, indica che nelle isole dello Spitzberg sono già cadute le prime nevi, ma bah!... Se il vento si mantiene così fresco, giungeremo presto a destinazione. Signor professore, andiamo a far colazione intanto. [p. 24 modifica]

Mentre il capitano ed il signor Oscar scendevano nel quadro, la Torpa navigava a tutte vele spiegate verso le regioni boreali, filando senza fatica i suoi sette nodi all’ora, colle mure a babordo.

Già le alte coste della Norvegia co’ suoi fiords profondi e le sue montagne ancora coperte di neve verso le cime, erano quasi scomparse e solamente verso l’ovest si delineavano ancora, ma confusamente, le ultime coste che vanno ad appoggiarsi al capo Nord.

Il mare era tranquillo e spumeggiava solamente dinanzi alla prora del buon veliero e la temperatura dolce, tiepida, mentre il cielo aveva quella tinta azzurra così splendida, così vaporosa, che solamente si ammira nei mari delle coste italiane. — Qualche procellaria e qualche gabbianello solcavano l’aria, tuffandosi di quando in quando in mare per prendere i pesciolini, mentre dalla scia spumeggiante e candida della Torpa emergevano di tratto in tratto le teste d’una coppia di delfini.

L’equipaggio, disperso sul ponte, chiacchierava e discuteva sull’esito della spedizione, mostrandosi fiducioso dell’audacia del suo nuovo capitano. A quei bravi e valenti uomini di mare aveva bastato uno sguardo per giudicare il signor Tompson ed erano più che certi di non essersi ingannati sulle buone qualità di quel lupo di mare.

Durante quella prima giornata, la Torpa s’avanzò verso il nord mantenendo una velocità che variava fra i quattro e sette nodi all’ora, senza fare alcun incontro, quantunque il capitano avesse dato ordine di esaminare attentamente l’orizzonte, premendogli di mettersi in comunicazione con qualche nave proveniente dai mari del nord, per sapere se il gelo era già cominciato nei dintorni dello Spitzberg. [p. 25 modifica]

Verso le otto di sera – sera per modo di dire, poichè il sole non tramontava che verso le 11 – una calma quasi assoluta venne ad imprigionare la nave baleniera, a meno di settanta miglia dalle coste della Norvegia. Quel brusco interrompersi della brezza, parve che suscitasse delle inquietudini nel signor Tompson. Il suo sguardo acuto interrogava con una certa ansietà l’orizzonte settentrionale e la sua faccia tradiva un vivo malumore.

– Bah!... – disse il professore, che si era accorto della irrequietezza del baleniere. Il vento non ritarderà a soffiare, e poi un giorno perduto non porterà grande disgrazia ai pescatori del signor Foyn.

– Non è questa immobilità che m’importuna – disse Tompson. Temo che il vento giri al nord e ci trascini addosso quelle terribili flottiglie di ice-bergs, che navigano costantemente dinanzi all’isola degli Orsi.

– Si trovano sempre barriere di ghiacci, dinanzi a quella terra?

– Sì, professore, specialmente verso la fine dell’estate.

– Allora dinanzi alle Spitzberg troveremo i grandi campi di ghiaccio?

– Non sempre, signore.

– Questa è strana, trovandosi quelle isole molto più al nord.

– Pare, professore, che le barriere di ghiacci siano capricciose poichè non tengono tutte una linea identica. Ve ne sono di quelle che scendono molto verso sud e altre che lasciano delle profonde aperture o che marciano verso l’est.

– E mai verso l’ovest?

– No, signore. La corrente ed i venti dominanti dell’ovest, spingono sempre quelle masse galleggianti verso la Siberia. [p. 26 modifica]

– E voi mi dite che non scendono tutti sulla stessa latitudine?

– No, ed io sono in caso di saperlo meglio di qualunque altro, avendo pescato sulle coste della Groenlandia, dell’Islanda, di Jan Mayen, delle Spitzberg e della Nova Semlia.

Nello stretto di Danimarca, per esempio, fra l’Islanda e la costa meridionale della Groenlandia, le barriere di ghiaccio scendono fino al 69° parallelo e qualche volta più al sud ancora, al 68° e anche al 67°. Di là salgono descrivendo un’immensa linea obliqua che va ad appoggiarsi alle coste meridionali delle Spitzberg.

– È la grande barriera che ha arrestato l’Hansa della spedizione germanica del 1869, disse Oscar.

– In nessun altro luogo si trovano gli ice-bergs ad una così bassa latitudine, continuò Tompson. Si ritrovano verso il 70° parallelo, all’est dell’isola di Jan Mayen, poi risalgono fino al 75°: ridiscendono dinanzi all’isola degli Orsi, poi tornano ad inalzarsi formando una grande barriera, quasi insuperabile, che pare si estenda dinanzi ad una terra che alcuni balenieri hanno scorta molto più al nord delle Spitzberg1, va ad appoggiarsi al capo Mauritius della Nova Semlia e quindi s’ingolfa nel mar di Kara, accumulandosi dinanzi alla grande penisola di Jalmal.

– Ditemi, signor Tompson, credete voi che dietro le Spitzberg si accumulino sempre dei grandi campi?

– Non parrebbe, professore.

– Pure, Parry nella spedizione del 1827 ha dovuto arrestarsi dinanzi a degli ice-fields che avevano delle [p. 27 modifica] estensioni enormi, e se volle avanzare, fu costretto a procedere colle slitte spingendosi, con una rara audacia, fino all’82° 45 di latitudine.

– Non tutti gl’inverni sono uguali, signore, e poi dipende anche dalla direzione dei venti. Io so che dei balenieri hanno potuto spingersi, e senza difficoltà, a sessanta ed anche a cento miglia a nord delle Spitzberg.

– E non hanno incontrato altre terre, al nord di quelle isole?

– No, il mare era libero.

– Allora qualche nave potrebbe tentare di giungere al polo, tenendosi sui meridiani delle Spitzberg.

– Potrebbe, ma chi dice che più al nord non esistano delle terre? Come vi ho detto, all’est dell’arcipelago, fra il 40° ed il 70° meridiano e l’80° di latitudine, i balenieri hanno veduto delle terre ed io sospetto che al di là dell’80° si estenda un vasto continente che potrebbe unirsi alle coste occidentali della Groenlandia.

– Lo credete?...

– Non lo credo positivamente, ma lo sospetto.

– Può essere, signor Tompson, disse il professore che era diventato pensieroso. Nessun esploratore ha potuto sapere fin dove si spingono le coste orientali della Groenlandia, ma pare che invece di seguire il 20° meridiano, tendano appunto ad allargarsi in direzione delle Spitzberg. Ah! Come sarei contento se potessi avere una nave a mia disposizione per tentare di sciogliere il grande problema dei passaggi che conducono al polo! Vi verreste, signor Tompson?

– Sì, professore, ma purchè ci fossero molte balene da pescare, rispose il capitano, sorridendo. Se potrete organizzare una spedizione, pensate pure a me e vedrete che io vi condurrò bene innanzi, fra i ghiacci del polo.

Note

  1. Le terre Francesco Giuseppe, Zichy e Wilczeck, scoperte dal tenente Payer durante la spedizione austriaca del 1873.