I divoratori/Libro secondo/II
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II.
Maggio portò alla bambina un dente. Giugno gliene portò un altro, e le gettò uno sprazzo di luce dorata sui capelli. Agosto le mise sulle labbra una parola o due. Settembre la mise ritta e titubante sui piedini. E Ottobre la spinse a correre con passi vacillanti, attonita ed estasiata, nelle braccia della mamma.
I suoi nomi erano Liliana, Astrid, Rosalynda, Anne-Marie.
— Ora che béby sa camminare, — disse Valeria a sua figlia, — tu dovresti riprendere il tuo lavoro.
— Sicuro che devo, — disse Nancy, sollevando tra le braccia la sua bambina e ponendosela in grembo. — Hai visto, mamma, i braccialetti che ha? — E tese verso Valeria le due brevi braccia paffutelle della bambina, a mostrare intorno al minuscolo polso una triplice lineetta rosea, che solcava deliziosamente le tenere carni. — Vedi? tre piccoli braccialettini «porte-bonheur»!
E Nancy baciò il polso grassetto, mordendolo un poco.
— Dove è stato messo il tuo manoscritto? — chiese Valeria.
— Oh! non so! disopra, forse... o altrove, — disse Nancy, fingendo di mangiare il piccolo braccio nudo della bambina. — Oh! che bontà! che bontà! Proprio stuisito!... Mamma, questa creatura sa di erbetta e di vaniglia e di viole mammole. Assaggia un po’, che buon sapore! Assaggia!
E porse il piccolo braccio da mordere anche a Valeria.
— Saggia, — disse la piccina.
La nonna assaggiò e trovò eccellente e squisito. Allora dovette assaggiare anche l’altro braccio; e lo trovò squisito. E poi un pezzetto di guancia; e poi l’altra guancia... e tutto era squisito. Poi la bambina alzò il piedino nella sua scarpetta di cuoio bianco, e lo tese alla nonna:
— Saggia!
Ma la nonna non volle assaggiarlo e disse:
— Beh! beh! cattivo! — E anche all’altro piedino teso perchè lo assaggiasse, la nonna disse — beh! beh! — e aggiunse anche un’altra parola, indicante grande schifo.
Ma la piccola disse: — Saggia! — e gli angoli della sua bocca cominciarono a curvarsi ominosamente in giù.
Allora la nonna assaggiò la scarpetta e la trovò molto gustosa; eppoi l’altra scarpetta e la trovò eccellentissima anche lei. Eppoi Nancy dovette cominciar da capo ad assaggiare tutto: le braccia, e le guancie, e le scarpette...
Così i giorni passavano affaccendati, pieni di importanti occupazioni.
Aldo, da Montecarlo, scriveva che il «sistema» era impareggiabile. L’unica sua paura era che l’amministrazione se ne accorgesse. Ora giocava con puntate doppie.
...Pochi giorni dopo scrisse che nel sistema c’era un difetto. Ma poco importava. Aveva scoperto un sistema nuovo, molto migliore dell’altro. L’aveva comperato per cento franchi da un individuo che era stato espulso dal Casino, perchè l’amministrazione aveva paura di lui e del suo sistema. Naturalmente Aldo s’era impegnato a fargli un regalo adeguato, a vincita fatta. La sera precedente aveva guadagnato ottocento lire in dieci minuti con questo nuovo sistema. Doveva però andar molto cauto, perchè il difetto di quell’altro sistema era stato disastroso.
Giunse una terza lettera. Aldo, dopo aver vinto costantemente per quattro giorni di seguito, era vittima della più incredibile disdetta; la vera «guigne»! Una serie di ventiquattro neri, mentre lui raddoppiava sul rosso. Comunque, intendeva di attenersi rigidamente al nuovo sistema. Era l’unico modo di salvarsi. La gente che esita, che cambia, che salta da un sistema all’altro, deve perdere per forza. Baci a tutti.
Due giorni dopo venne una cartolina. «Ho scoperto che tutti i precedenti S erano sbagliati. Ho fatto conoscenza di un Cr. che rimetterà le cose a posto.»
Valeria e Nancy restarono perplesse davanti al «Cr.». Naturalmente l’«S» significava sistema. Ma «Cr.»? che cosa poteva significare «Cr.»?
Valeria, inquieta, mandò un biglietto a Nino. Nino lasciò subito lo studio di Carlo e si affrettò a correre in via Senato dove, dalla partenza di Aldo in poi, Valeria abitava con Nancy e la piccina. Tutte e tre erano sul balcone ad aspettarlo, e gli fecero dei cenni di saluto non appena lo videro spuntare sul ponte di Sant’Andrea; Nino si affrettò traverso i Boschetti e salì a corsa le scale del numero 12.
— Come va, Valeria? — e la baciò in fronte. — Come va, Nancy? — e le baciò la mano. — Come va, Anne-Marie? — e la baciò sul capo biondo. — Cos’è successo? Che cosa ha fatto Aldo?
— Oh! — esclamò Nancy, — come hai fatto a indovinare che si tratta di Aldo?
Nino sorrise.
Valeria gli porse la cartolina, e coprendola tutta eccetto l’ultima riga, disse:
— Che cosa significa «Cr.»?
Nino guardò; poi domandò:
— Da dove scrive?
Nancy e Valeria scambiarono uno sguardo incerto. Poi risolvettero di affidarsi a Nino. Tanto, Nino non si sarebbe servito del sistema, nè lo avrebbe rivelato ad altri. Inoltre il sistema aveva un difetto...
— Da dove scrive? — ripetè Nino.
— Da Montecarlo, — dissero all’unisono Valeria e Nancy.
Nino strinse le labbra come se stesse per zufolare. E poi non zufolò.
La piccola, seduta sul tappeto, lo osservava, e quella smorfia le piacque. Sperò che la rifarebbe.
— Allora suppongo che «Cr.» significhi «croupier», — disse Nino.
Vi fu una pausa. Indi Nino disse:
— Quanti denari ha preso con sè?
— Tutto, — disse Valeria.
Allora Nino rifece la bocca di prima; e la piccola se ne rallegrò.
— Non c’è che andare a prenderlo! — disse Nino, guardando Nancy. — E subito.
— Oh Dio! — fece lei, trasalendo. — Ma ti pare che ci sia qualche cosa di grave?
— Di gravissimo, — disse Nino. — Probabilmente a quest’ora metà delle tue quarantamila lire sono sfumate.
— Non ne aveva che diciotto, — disse Nancy, con un lampo di malizia negli occhi chiari.
— Meglio così, — disse Nino. — Ma ad ogni modo farai bene di andarlo a prendere.
Nancy si sentì molto agitata e anche lieta. La piccola vedrebbe il Mediterraneo! Valeria... la nonna! sarebbe venuta anche lei, ben inteso...
— No, cara; impossibile, — disse questa. — Ho promesso alla zia Carlotta di aiutarla nel suo ricevimento domani sera. Ma ti accompagnerò per un tratto di strada. Fino ad Alessandria o a Genova.
— Ma tu, Nino, — disse Nancy, volgendosi a lui, — tu potresti pur accompagnarmi, non è vero?
— Oh sì! — esclamò Nino. Poi disse subito di no; gliene spiaceva tanto, ma non poteva abbandonare lo studio di Carlo. — D’altronde, — soggiunse, — t’intenderai meglio con Aldo senza di me.
La mattina seguente Nino era alla stazione per vederle partire. Valeria portava in braccio Anne-Marie; e Nancy le camminava a fianco, e pareva la sorella maggiore del béby. Non avevano altro bagaglio che una piccola valigia, poichè Valeria ritornava a Milano quel pomeriggio stesso, e Nancy era certa che anche lei vi tornerebbe con Aldo il giorno seguente.
Nino salì nel vagone a trovar due buoni posti; poi ridiscese, e stette davanti allo sportello, guardando su, verso di loro, con quell’espressione vuota, quel mezzo sorriso vacuo ed indeterminato che tutti hanno davanti al treno in partenza, quando gli addii sono fatti e il treno non si muove ancora.
Nancy affacciata, gli sorrideva con occhi soavi. V’era sul suo cappello qualche cosa di azzurro che faceva sembrare più azzurri i suoi occhi. Dietro di lei, in braccio a Valeria, la piccina agitava una piccola mano, inguantata di lana bianca, in segno di addio. Ecco: la campana battè il suo rintocco; si udì il fischio: il treno si mosse. Allora Nino con subitaneo impulso balzò sul predellino del vagone, girò la dura maniglia dello sportello, ed entrò.
— Vengo anch’io fin dove andrà Valeria.
Fu salutato con giubilo da tutti, e la piccola continuò con grande entusiasmo a fargli «addio, addio!» colla mano inguantata di lana bianca.
Oltrepassarono Alessandria. A Genova telegrafarono ad Aldo; e proseguirono verso Savona. La bambina guardava il Mediterraneo, e Nancy guardava la bambina, e Nino guardava Nancy. E Valeria li guardava tutti, avvolgendoli tutti nel suo doloroso amore materno come in un invisibile manto di Madonna.
Giunti a Savona Nino e Valeria smontarono. Avevano da aspettar mezz’ora il treno di ritorno che li avrebbe ricondotti a Milano. Ritti sulla piattaforma davanti allo sportello del vagone, guardavano in su, verso Nancy, coll’espressione vaga, il mezzo sorriso indefinito di coloro che hanno già detto addio....
Nancy si sporgeva dal finestrino guardando nel viso di sua madre, alzato così teneramente verso di lei. Poi guardava Nino; poi di nuovo sua madre.
La bambina, in piedi sul sedile accanto a Nancy, agitava le due brevi braccia in segno d’addio, e i riccioli ambrati le cadevano sugli occhi.
— In vettura! — gridò il conduttore.
— Saremo di ritorno dopo domani, — disse Nancy per la terza o quarta volta, — anzi, forse domani.
— Folse domani, — ripetè la piccola, che faceva sempre eco a quello che si diceva.
Nino si avvicinò alla finestra e stese la mano per toccare la manina della bimba.
— Cosa dici tu? — chiese ridendo. — Domani? Ma tu non sai neppure quando sia domani.
Anne-Marie lo guardò, seria... Nino sentiva nella sua mano il tepore di quella piccola mano imprigionata.
— Dunque, sentiamo: quando è domani, Anne-Marie?
Anne-Marie lo guardò, grave e concentrata.
— Domani — disse — è quando... domani è quando mi daranno sempre tutto quello che voglio.
— Ahi, che giornata lontana! — disse Nancy, ridendo.
— Molto lontana! — disse la nonna.
— Molto lontana, — fece eco la bimba.
— Partenza! — gridò il conduttore.
— Addio, Nancy! Addio, béby! — disse Valeria tremando un poco.
«Pronti!» S’udì il fischio e la campana.
Il treno si muoveva e Nancy salutò colla mano.
— Addio, mamma mia cara!
Valeria sentì nel cuore uno strappo strano e profondo.
— Addio, Nancy! Addio, béby! Addio, miei due tesori!
Il treno correva.
— Forse domani! — gridò ancora Nancy, sporgendosi dal finestrino.
Poi si ritrasse, per paura che una scintilla volasse negli occhi alla piccina.
Valeria, immobile, guardava il treno fuggente... e le parve di sentirselo correre sul cuore.
— Addio, Nancy! Addio, béby!
Erano partite.
E «domani» era molto lontano.