I divoratori/Libro secondo/I

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Libro secondo Libro secondo - II
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I.

Quando delle quaranta mila lire ne furono dileguate diciotto mila, Aldo disse: «Qui bisogna fare qualche cosa». E quando delle quaranta mila lire non ne restarono più che diciotto mila, egli disse: «Qui, qualche cosa va fatto». Carlo non voleva saperne di lui nè dei suoi affari. L’unica cosa che avesse ricevuto da lady Sainsborough era una fotografia «presa in giardino col mio caro cane Fox», e un’altra di lady Sainsborough in amazzone «pronta per la cavalcata col barone Cuciniello».

— Vecchia matta, — brontolò Aldo, gettando le fotografie nel fuoco e conficcandovele ferocemente colle molle.

Poi chiamò Nancy e le espose lo stato delle cose. Nancy non parve oltremodo impressionata.

— Ah, non c’erano più che diciotto mila lire? Ma guarda un po’! — Poi andò carponi sotto la tavola e nascose la faccia dietro il tappeto ricamato: — Bau-bau! Kukù!

La piccolina le ruzzolò dietro e le tirò i capelli con molti strilli di gioia.

— E così, che cosa dobbiamo fare? — disse Aldo. [p. 146 modifica]

— Appena béby saprà camminare, — rispose Nancy da sotto la tavola, — la sua mamma... sì, sì, sì, chi è la sua mamma adorata? eh, tesoro piccolo, agnello del buon Dio?...

— Cosa racconti? — chiese Aldo impaziente.

— Dico che appena béby saprà camminare, la sua mamma, che sono io... nèh, béby, che sono io la tua mamma?... Di’ «mamma!» Mammam-mam...

— Ma va avanti, — gridò Aldo.

— La sua mamma, dicevo, si rimetterà al lavoro. Ma finchè questa creatura è un essere così piccolo — Nancy baciò la morbida testolina di sua figlia su cui i capelli spuntavano qua e là in ciuffi biondi — la sua mamma non sarà una crudele (bacio) brutta (bacio) feroce (bacio) tigre ircana (bacio, bacio) che abbandoni solo soletto al mondo un povero piccolo béby come questo (molti baci) per scrivere dei noiosi libri che nessuno ha voglia di leggere... bau-bau bau... Kukù!

Aldo seccato uscì dalla stanza, ma nessuno sotto la tavola si avvide della sua partenza.

Egli si recò dallo zio Giacomo, e gli parlò a lungo; e lo zio Giacomo, per amore di Nancy, lo prese nel suo studio e gli diede da fare dei disegni e dei piani d’architettura, con uno stipendio di duecento lire al mese.

Alla fine della terza settimana Aldo alzò gli occhi dal suo tavolo e, volgendo lo sguardo per la stanza dove altri quattro impiegati disegnavano dei piani, li osservò con aria meditabonda. Due di quei quattro erano giallicci e magri; uno era gialliccio e grasso; l’altro era grasso e rosso. I due giallicci e magri avevano pochi capelli; quello gialliccio e grasso non ne aveva affatto; quello grasso e rosso portava gli occhiali. Tutti quanti erano in quello studio da quattro, sei, e dodici anni a disegnare piani, con stipendi che variavano dalle duecento alle seicento cinquanta lire al mese. [p. 147 modifica]

Aldo fece un breve calcolo sulla sua carta asciugante. Ammettendo che egli stesse in quello studio cinque anni, e che per i primi due anni guadagnasse 200 lire al mese: fanno 4800 lire. Per i due anni seguenti gli darebbero probabilmente 300 lire al mese, diciamo, anzi, 350 — 8400 lire. L’anno dopo mettiamo che gliene dessero 400, o anche 450 al mese = 5400 lire. Totale in cinque anni: 18600 lire.

Diciotto mila seicento lire. Così che, dato che egli non spendesse nulla, assolutamente nulla, ma continuasse a vivere per cinque anni di ciò che rimaneva della dote di Nancy (il che era fuori di questione perchè non poteva bastare) egli si sarebbe trovato, in capo a cinque anni, esattamente al punto in cui si trovava oggi... con cinque anni di più sulle spalle. E probabilmente anche lui gialliccio e magro, o gialliccio e grasso, o rosso e grasso con gli occhiali. Era un programma assurdo, insensato. Era inconcepibile. Oggi, eccolo con le sue diciotto mila lire in tasca e i cinque anni ancora davanti a sè.

Prese il cappello e lasciò lo studio. Scrisse spiegando le cose allo zio Giacomo il quale gli rispose dandogli del cretino, dell’ingrato, del napoletano, dell’asino, del pover’uomo, del triplice estratto di egoista imbecillità. Aldo non discusse queste opinioni.

A casa spiegò matematicamente la situazione a Nancy e a Valeria, dilungandosi in ragionamenti e cifre che esse ascoltarono con occhi vaghi e aria imbambolata, pensando ad altro. Per farlo smettere gli diedero ragione.

— Diciotto mila lire — disse Aldo — impiegate con senno e intelligenza potrebbero essere la base di una vasta fortuna.

Valeria approvò con mite capo, e Nancy disse:

— Kukù!

Allora il béby, a richiesta di Aldo, fu mandato a passeggio con la donna rettilineare e arcigna, scelta con speciale cura per questo ufficio dalla zia Carlotta. [p. 148 modifica]

— Potresti metterti in società con qualcuno, — disse Nancy, dolcemente, con la testa un po’ inclinata per mostrare che prendeva interesse alla cosa.

Valeria assentì, e soggiunse:

— Ho sentito dire che le miniere sono sempre un buon affare.

Aldo non rispose.

— Diciotto mila lire! — disse, meditabondo. — Non è molto! — Poi azzardò: — Si potrebbe naturalmente aprire un negozio.

Nelle profondità crepuscolari dei suoi splendidi occhi passò la visione del nitido e ben fornito negozietto di suo nonno in via Chiaia a Napoli, coll’insegna: «Esposito Della Rocca, corals and mosaics; English spoken», con le sue file di coralli appesi, coi pettini di tartaruga e gli ornamenti di filigrana; con le spille di lava e di mosaico che si vendevano a una lira l’una; e le conchiglie di lucida madreperla, e le vedute del Vesuvio notturno su cristallo convesso; e poi quei piccoli album di vedute di Napoli ripiegate entro una copertina rossa, che gli inglesi compravano così volentieri. Gli pareva di vedere il nonno uscir fuori dal banco con uno di questi libriccini rossi in mano, e brrrr... scioglierli a volo davanti agli ingenui verde-velati forestieri. Il nonno! lo vedeva, come fosse oggi, consegnando con gesto di languida grazia i pacchettini avvolti in carta rosa ai clienti, poi, salutando con largo gesto della mano, e accompagnandoli fin sulla porta con blanda e dignitosa benevolenza. Anche ad Aldo sarebbe piaciuto avere un bel negozio a Napoli, con dei fidenti e ingenui avventori inglesi; e degli americani, insolenti, ma ricchi; e dei tedeschi, economici, ma sentimentali — che tutti pagherebbero i loro bravi denari... Ah! quei buoni piccoli denari che entrano lungo il giorno e che la sera si contano, si guardano, si ricontano e si met[p. 149 modifica]tono via, invece di quel vago e remoto «stipendio» così insoddisfacente, non visibile, non tangibile, e privo di sorprese e di possibilità.

Ma Valeria, parlava:

— Un negozio! ma caro Aldo! che terribile idea! Come puoi pensare a una cosa simile?

E Nancy, che credeva ch’egli avesse detto per celia, rise con tutte le fossette in gioco.

— Ma sì, Aldo, ma sì! metteremo su una bottega di balocchi... avremo tutti i giocattoli del mondo per divertire béby! Cinquecento bambole per béby! Mille pecore di gomma per béby; dieci mila orsacchiotti di pelo, e mucche che a schiacciarle fanno mu-u! Sì, sì, Aldo! prendiamo subito un negozio di balocchi! — e saltò su a baciargli la dritta e sottile scriminatura che gli spartiva in due onde nere i lucidi capelli. — E se poi, — soggiunse, appoggiando la guancia ridente al capo di suo marito, — se poi béby avrà rotto tutte le teste, e leccato via tutti i colori, e strappato tutti i peli alle povere bestie, vuol dire che, per compenso, regalerò un poema autografo ai compratori di ogni animale danneggiato. E allora tu esigerai che te lo paghino due lire di più!

Questa allusione al poema autografo fece chiaramente comprendere ad Aldo che era impossibile che sua moglie, la celebre poetessa, potesse tenere un negozio.

Sospirò, e disse:

— Ho quasi idea di tentare Montecarlo. Non ci sono mai stato, ma De Cesari, quel mio amico genovese, mi ha detto di un magnifico sistema.

— Perchè non se ne serve lui allora? — disse Nancy. — A vederlo, si direbbe che ne ha bisogno.

— Ha provato, — assicurò Aldo, — ma lui non è l’uomo da giocare un sistema. Gli manca la forza di carattere. Un sistema è una di quelle cose che guai a non se[p. 150 modifica]guirlo, e continuarlo, e giocar sempre quello, per quanto si possa essere tentati di far diversamente. Eh no! De Cesari non è l’uomo.... Ma il suo sistema è veramente straordinario.

E Aldo prese di tasca un taccuino, ne strappò un foglio, e con una matita fece vedere il sistema a Nancy e a Valeria.

— Vedete? «N» vuole dir nero e «R» rosso. — Poi fece tanti piccoli punti irregolarmente sotto ogni iniziale. — Vedete? su tutti questi punti io vinco.

— Davvero? — dissero Nancy e Valeria chinandosi sul foglietto con le teste vicine.

— Sì, sì; vinco su tutte le intermittenze.

— Cosa sono le intermittenze? — chiese Nancy.

— Oh! Poco importa cosa sono, — disse Aldo facendo degli altri puntini. — E vinco su tutti i colpi di due, di tre, di cinque....

— Di quattro, — corresse Nancy, che non capiva niente, ma voleva dimostrare il suo interessamento.

— No.... non vinco sui colpi di quattro, — disse Aldo. — Sui quattro, perdo. Ma guadagno poi sui cinque, e i sei, e su tutto il resto. E naturalmente i colpi di quattro vengono di rado.

— Naturalmente, — disse Nancy.

— Già, — disse Valeria.

Ed entrambe contemplarono con occhi vacui la duplice fila di puntini sotto l’N e l’R.

— Potrei rendere il gioco meno costoso, — disse Aldo meditabondo, — se aspettassi, e lasciassi passare le intermittenze, per non puntare che sui colpi di due.

— Già, sarebbe bene, — disse Nancy, che comprendeva di meno in meno.

— Ma — fece Valeria — se hai detto che vincevi sulle intermittenze? [p. 151 modifica]

— Eh! cara mia! se ~sono~ intermittenze! — disse Aldo con aria di profonda saggezza. — Ma se fossero dei quattro?

Questa frase per Nancy chiuse la porta definitivamente a ogni più lontano bagliore di comprensione. Ma Valeria, che durante il suo viaggio di nozze era stata a Montecarlo quattro giorni, disse con tono reciso:

— Io, se fossi in te, starei a vedere. Se fossero dei quattro, allora non punterei che sui cinque e i sei.

Aldo riflettè, stropicciandosi il mento.

— Questa non è forse una cattiva idea, — disse, — ma bisogna che provi. Adesso voialtre dite «rosso» o «nero», così, a caso, come vi salta in testa.

Nancy e Valeria dissero «rosso» e «nero», a caso, come saltava loro in testa; e Aldo giocò il sistema, puntando degli scudi immaginari, e raddoppiandoli secondo le regole del De Cesari. In meno d’un quarto d’ora, dimostrò che aveva guadagnato quasi duemila lire.

Allora fu deciso ch’egli sarebbe andato a Montecarlo e avrebbe giocato il sistema e niente altro che il sistema. E sarebbe partito il più presto possibile.

— Non ditene una sillaba a nessuno, — disse. — De Cesari raccomandava sopra tutto che non se ne parlasse. Capirete. Se tanta gente lo sapesse, Montecarlo non esisterebbe più. E allora tutto sarebbe guastato.

Non dissero una sillaba a nessuno; ma cominciarono subito i preparativi per la partenza di Aldo.

— Non mi fermerò più di un mese per volta, — disse lui. — Bisogna stare attenti che il Casino non sospetti che si ha un gioco sicuro.

— Si capisce, — disse Valeria.

E Nancy disse:

— Non è un po’ disonesto d’andar lì, sapendo di dover vincere? [p. 152 modifica]

Aldo spiegò che l’Amministrazione del Casino non era una persona, soggiungendo che, ad una società così ricca, quelle poche migliaia di lire che a lui occorrevano ogni anno non farebbero nè caldo nè freddo.

Nancy allora soggiunse:

— So che Montecarlo è un luogo terribile... pieno di cattive donne, strane e pericolose. Spero... oh Dio!...

Aldo le baciò la fronte rannuvolata.

— Mia cara, se vado a Montecarlo è per i denari. All’infuori di ciò, niente m’interessa.

Nancy sorrise e sospirò.

— Lo so! lo credo! — disse. — Ma certo quelle odiose creature ti guarderanno.

— Ah! a questo non c’è rimedio, — disse Aldo, blando e rassegnato.

Nancy rise e lo abbracciò.

— Che strano ragazzo sei tu! — disse. — Io credo che il tuo Giardino Chiuso, il tuo «hortus conclusus», non sia che un campicello di patate.... E ciò nonostante quante ore felici vi ho passato!