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i divoratori 157


Nino salì nel vagone a trovar due buoni posti; poi ridiscese, e stette davanti allo sportello, guardando su, verso di loro, con quell’espressione vuota, quel mezzo sorriso vacuo ed indeterminato che tutti hanno davanti al treno in partenza, quando gli addii sono fatti e il treno non si muove ancora.

Nancy affacciata, gli sorrideva con occhi soavi. V’era sul suo cappello qualche cosa di azzurro che faceva sembrare più azzurri i suoi occhi. Dietro di lei, in braccio a Valeria, la piccina agitava una piccola mano, inguantata di lana bianca, in segno di addio. Ecco: la campana battè il suo rintocco; si udì il fischio: il treno si mosse. Allora Nino con subitaneo impulso balzò sul predellino del vagone, girò la dura maniglia dello sportello, ed entrò.

— Vengo anch’io fin dove andrà Valeria.

Fu salutato con giubilo da tutti, e la piccola continuò con grande entusiasmo a fargli «addio, addio!» colla mano inguantata di lana bianca.

Oltrepassarono Alessandria. A Genova telegrafarono ad Aldo; e proseguirono verso Savona. La bambina guardava il Mediterraneo, e Nancy guardava la bambina, e Nino guardava Nancy. E Valeria li guardava tutti, avvolgendoli tutti nel suo doloroso amore materno come in un invisibile manto di Madonna.

Giunti a Savona Nino e Valeria smontarono. Avevano da aspettar mezz’ora il treno di ritorno che li avrebbe ricondotti a Milano. Ritti sulla piattaforma davanti allo sportello del vagone, guardavano in su, verso Nancy, coll’espressione vaga, il mezzo sorriso indefinito di coloro che hanno già detto addio....

Nancy si sporgeva dal finestrino guardando nel viso di sua madre, alzato così teneramente verso di lei. Poi guardava Nino; poi di nuovo sua madre.

La bambina, in piedi sul sedile accanto a Nancy, agi-