Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
i divoratori | 149 |
tono via, invece di quel vago e remoto «stipendio» così insoddisfacente, non visibile, non tangibile, e privo di sorprese e di possibilità.
Ma Valeria, parlava:
— Un negozio! ma caro Aldo! che terribile idea! Come puoi pensare a una cosa simile?
E Nancy, che credeva ch’egli avesse detto per celia, rise con tutte le fossette in gioco.
— Ma sì, Aldo, ma sì! metteremo su una bottega di balocchi... avremo tutti i giocattoli del mondo per divertire béby! Cinquecento bambole per béby! Mille pecore di gomma per béby; dieci mila orsacchiotti di pelo, e mucche che a schiacciarle fanno mu-u! Sì, sì, Aldo! prendiamo subito un negozio di balocchi! — e saltò su a baciargli la dritta e sottile scriminatura che gli spartiva in due onde nere i lucidi capelli. — E se poi, — soggiunse, appoggiando la guancia ridente al capo di suo marito, — se poi béby avrà rotto tutte le teste, e leccato via tutti i colori, e strappato tutti i peli alle povere bestie, vuol dire che, per compenso, regalerò un poema autografo ai compratori di ogni animale danneggiato. E allora tu esigerai che te lo paghino due lire di più!
Questa allusione al poema autografo fece chiaramente comprendere ad Aldo che era impossibile che sua moglie, la celebre poetessa, potesse tenere un negozio.
Sospirò, e disse:
— Ho quasi idea di tentare Montecarlo. Non ci sono mai stato, ma De Cesari, quel mio amico genovese, mi ha detto di un magnifico sistema.
— Perchè non se ne serve lui allora? — disse Nancy. — A vederlo, si direbbe che ne ha bisogno.
— Ha provato, — assicurò Aldo, — ma lui non è l’uomo da giocare un sistema. Gli manca la forza di carattere. Un sistema è una di quelle cose che guai a non se-