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i divoratori 147


Aldo fece un breve calcolo sulla sua carta asciugante. Ammettendo che egli stesse in quello studio cinque anni, e che per i primi due anni guadagnasse 200 lire al mese: fanno 4800 lire. Per i due anni seguenti gli darebbero probabilmente 300 lire al mese, diciamo, anzi, 350 — 8400 lire. L’anno dopo mettiamo che gliene dessero 400, o anche 450 al mese = 5400 lire. Totale in cinque anni: 18600 lire.

Diciotto mila seicento lire. Così che, dato che egli non spendesse nulla, assolutamente nulla, ma continuasse a vivere per cinque anni di ciò che rimaneva della dote di Nancy (il che era fuori di questione perchè non poteva bastare) egli si sarebbe trovato, in capo a cinque anni, esattamente al punto in cui si trovava oggi... con cinque anni di più sulle spalle. E probabilmente anche lui gialliccio e magro, o gialliccio e grasso, o rosso e grasso con gli occhiali. Era un programma assurdo, insensato. Era inconcepibile. Oggi, eccolo con le sue diciotto mila lire in tasca e i cinque anni ancora davanti a sè.

Prese il cappello e lasciò lo studio. Scrisse spiegando le cose allo zio Giacomo il quale gli rispose dandogli del cretino, dell’ingrato, del napoletano, dell’asino, del pover’uomo, del triplice estratto di egoista imbecillità. Aldo non discusse queste opinioni.

A casa spiegò matematicamente la situazione a Nancy e a Valeria, dilungandosi in ragionamenti e cifre che esse ascoltarono con occhi vaghi e aria imbambolata, pensando ad altro. Per farlo smettere gli diedero ragione.

— Diciotto mila lire — disse Aldo — impiegate con senno e intelligenza potrebbero essere la base di una vasta fortuna.

Valeria approvò con mite capo, e Nancy disse:

— Kukù!

Allora il béby, a richiesta di Aldo, fu mandato a passeggio con la donna rettilineare e arcigna, scelta con speciale cura per questo ufficio dalla zia Carlotta.