I Nibelunghi (1889)/Avventura Ventitreesima
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Avventura Ventitreesima
In che modo Kriemhilde pensò di vendicare il suo dolore
Con onor grande assai, gli è questo il vero,
Elli vivean fino al settimo anno
L’uno accanto dell’altro, e la regina
D’un figlio intanto si sgravò. Più lieto
5Mostrarsi non potè re Ètzel mai
Qual per cotesto. Ed ella mai non volle
Questo lasciar ch’ella chiedesse ognora
Che d’Ètzel il figliuol battesmo avesse
Conforme al rito cristiano. Detto
10Ortlieb ei fu. Di tanto una gran gioia
D’Ètzel fu allor per tutte le contrade.
Quante in donna Hèlche fûr virtudi egregie,
Donna Kriemhilde curar volle in tanti
Giorni che venner poi. Herràt, l’estrania
15Fanciulla, le apprendea costumi e riti,
Ma in secreto ell’avea fiero dolore
Per Hèlche estinta. Agli amici, agli estrani
Era d’assai nota Kriemhilde; e invero
Elli dicean che donna mai non resse
20Terra di prence in più leggiadra guisa,
Con dolcezza maggiore. Elli cotesto
Avean per vero, ed ella intanto questo
Ben vide e s’avvisò che niuno a lei
Resistere potea (così pur fanno
25Cavalieri di re presso la donna
Del lor signore), e che dinanzi a lei
Dodici re si stavano ogni tempo.
Anche a dolori assai che già le incolsero
In sua casa, pensava; anche agli onori,
30Che fûr molti per lei de’ Nibelunghi
Nella terra, pensava, ond’ella fue
Tanto possente, quali tolse a lei
D’Hàgen la mano, allor che le fu morto
Il suo Sifrido. E pensava se in doglia
35Potea cotesto volgersi per lui.
Questo avverrà, dicea, se a questa terra
Trar lo potrò. — Sognava che con lei,
Rasente al fianco suo, venìa Gislhero,
Il suo fratello. Spesso e a tutte l’ore
40Ella il baciava ne’ suoi dolci sonni.
Ma grave poi ne venne a lui rancura!
Credo che un tristo dèmone a Kriemhilde
Cotesto consigliò, perch’ella amica-
mente da re Gunthèr si separasse,
45Quand’ella lui baciò, per far la pace,
De’ Burgundi in la terra. A farsi molli,
Per sue lagrime calde, incominciaro
Le vestimenta sue. A mane, a sera,
Questo le stava in cor di qual mai guisa
50Altri, senza ragion, l’addusse a punto
Ch’ella a un pagano dar dovesse amore.
A l’opra estrema Hàgen l’astrinse in prima
E Gunthèr seco. Di questo le uscìa
Raro dal cor la brama, onde ella fea
55Questi pensieri: Tanto io mi son ricca,
Tante ho dovizie, che a’ nemici miei
Anche aggiunger potrei rancura grave.
A ciò, per Hàgen di Tronèga, assai
Presta son io. Sovente al mio fedele
60Sospira questo cor. Che se giammai
Accanto a quelli un dì sarò, che tanto
Mi fean dolor, del mio diletto amico
Fia vendicata la persona. A stento
Questo aspettar poss’io. — Così la donna
65D’Ètzel dicea. Ma tutti ella del sire
Amici avea gli uomini fidi, tutti
Cavalieri a Kriemhilde, e ciò si fea
Con giustizia davver. De’ suoi tesori
Avea cura Eckewardo; ei s’acquistava
70Molti amici però. Niun di Kriemhilde
Allor potea resistere alla voglia.
Ella a ogni tempo si pensava: Il sire
Io ne vo’ supplicar, — ciò, perchè a lei,
In cortese atto, ei conceder volesse
75Che i suoi congiunti altri menasse a quella
Terra degli Unni. Volontà sinistra
Niun ritrovò nella regina allora.
Ed una notte ch’ella stava accanto
Al suo prence e signor (lei fra le braccia
80Egli stringea, nobil donna e fedele,
Come solea, chè qual la sua persona
Cara gli era costei), l’inclita donna
A’ suoi nemici iva pensando. O assai
Diletto signor mio, ben volentieri,
85Al re dicea, vi pregherei, se tanto
Fia con vostro piacer, quand’io cotesto
Merti da voi, che a me veder lasciate
Se a’ miei congiunti voi recate affetto
Dall’intimo del cor. — Le rispondea
90(Era leale il suo pensiero) allora
Il potente signor: Ciò ben vogl’io
Concedervi. Degg’io provar contento
Di quanto a’ cavalieri1 e dolce e grato
Esser potrà, ch’io penso che giammai,
95Di donna per l’amor, migliori amici
Acquistati non ho. — Da voi cotesto,
La regina dicea, bene si afferma,
Chè illustri assai son li congiunti miei.
E però m’è dolor che raro assai
100Prendonsi cura di vedermi. Intanto
Odo la gente non chiamarmi in altro
Nome che in quello di straniera donna.
E re Ètzel dicea: Dolce mia donna,
Se troppo lungi a voi non sembra, a quale
105Qui volentier vedreste in la mia terra,
Di là dal Reno farò invito. — Allora
Gioì la donna, chè toccò sua brama.
Signor mio, rispondea, se fè mi date,
A Worms di là dal Reno è d’uopo a voi
110Messaggieri invïar. Ciò ch’io pur bramo,
A’ miei congiunti farò noto; e ratto
Molti verranno qui alla terra illustri
E buoni cavalier. — Fate che avvenga
Ciò che v’è caro, egli dicea. Davvero!
115Che volentier così, com’io vedrolli,
Voi non potrete qui mirar que’ vostri
Congiunti, d’Ute glorïosa i figli;
E ciò crucciami assai, ch’elli sì a lungo
Ci sian stranieri. Che se a te ciò piace,
120O donna mia diletta assai, con lieto
Animo invïerò là da’ congiunti
Tuoi, de’ Burgundi ne la terra, i miei
Suonatori di giga. — Ed egli intanto
Di giga addur si fece i suonatori.
125Veloci ei s’affrettâr là ’ve daccanto
Alla regina era seduto il prence,
E ad ambo ei disse che partir per quella
De’ Burgundi contrada elli dovessero
Quai messaggieri. Vesti assai pompose
130Lor fe’ intanto apprestar. Così le vesti
A ventiquattro cavalieri illustri
Fûro apprestate, e fu detto dal sire
Anche qual fosse lor messaggio, e come
A Gunthero ei dovessero ed a’ suoi
135Uomini fare invito. Incominciava
Donna Kriemhilde a favellar con elli
Secreta, e il re possente anche dicea:
Io vi dirò ciò che farete. A’ miei
Congiunti amore ed ogni cosa bella
140Augurando desìo, perch’essi vogliano
Qui venir cavalcando alla mia terra.
Ospiti sì graditi assai di rado
Fûr per me conosciuti. Or, se i congiunti
Di Kriemhilde di tanto al voler mio
145Ceder vorranno, dite voi che questo
Non lascin mai perchè al vicino estate
Vengano alla mia festa. Io sì mi penso
Che assai del piacer mio si sta da presso
Di mia donna ai congiunti. — Allor dicea
150Di giga il suonator, Swemmelin baldo;
Quando adunque sarà la vostra festa
In questa terra? perchè là da noi
Dir si possa cotesto ai vostri amici.
Re Ètzel disse: Del vicin solstizio
155Ai giorni. — Farem noi, Wärbelin disse,
Ciò che ingiungete a noi. — Ma la regina
Segretamente fe’ condurli a sue
Stanze riposte ed ebbe là coi messi
Lungo sermone. — Da ciò nacque poi
160Ben poca gioia a molti valorosi.2
Ad ambo i messi ella dicea: Cospicua
Grazia fia che da voi oggi si merti,
Se il voler mio con buono animo e fido
Eseguirete, ciò che ingiungo a voi
165A casa mia dicendo, in la mia terra.
Gran dovizia farovvi e donativi
Di vestimenta ricche. A qual vedrete,
A Worms, al Reno, de’ congiunti miei,
Non dite mai che d’anima turbata
170Vista m’avete qui. Li miei servigi
Offrite ai buoni e arditi cavalieri,
Pregate sì ch’ei facciano cotesto
Che loro ingiunse il re, perch’io da tutto
Il mio dolor per questo mi disciolga.3
175Stimar gli Unni potrìan ch’io qui mi sono
Senz’amici del cor. Deh! se foss’io
Un cavalier, là presso a quelli andrei
Qualche fïata! Anche a Gernòt voi dite,
Al nobil fratel mio, che niuno in terra
180Di me più l’amerà. Sì lo pregate
Ch’ei qui m’adduca in questa terra i nostri
Migliori amici, perchè ciò ad onore
Di noi si volga. A Giselhero ancora
Direte voi ch’egli a cotesto pensi
185Ch’io mai non ebbi alcuna doglia o cruccio
Per sua cagione. Oh! volentieri assai
Lui qui vedranno gli occhi miei! Per quella
Sua fede grande, volentieri assai
Io l’avrei meco! E l’onor che le porto,
190Anche noto farete alla mia madre.
Ma se là rimanersi Hàgen volesse
Di Tronèga, oh! chi mai potrìa guidarli
Per le contrade? Fin dagli anni suoi
Di fanciullezza, note ben gli sono
195Tutte le vie che adducono fra gli Unni.
Perchè cotesto si facesse mai,
Ond’elli non dovessero di niuna
Guisa soffrir che sul Reno restasse
Hàgene di Tronèga, i messaggieri
200Non sapean veramente. Oh! ma ne venne
Lor grave doglia poi. Solo per trista
Morte a parecchi cavalieri allora
Fu disdetta la pace! — Ecco, messaggio
Lor s’affidò con l’epistola ancora,
205Ed elli si partîr con doni assai
Onde potean viver fra gli agi. Diede
Ètzel commiato, e loro il diè pur anco
La leggiadra sua sposa. Era fregiata
Di vesti ricche assai la lor persona.