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I Nibelunghi 263

Fulgido qui recò. Deh! che d’assai
250Mi fa rancura ch’io nascessi un giorno,
Se da tanta vergogna, o signor mio,
Non mi difendi tu. Sarà che allora
Io per sempre a te serva. — A noi ne venga
Sifrido qui per ciò, disse Gunthero.
255S’egli di tanto si vantava, a noi
Intender faccia, o questo a noi smentisca,
Di Niderlànd il sire. — Ecco! a l’istante
Indetto fu che là venisse il prode,
A Kriemhilde sì caro. Allor che scorse
260Prence Sifrido le crucciate donne,
Poi che nulla sapea, disse repente:
     A che piangon le donne? Io volentieri
Apprenderei cotesto. Ovver, per quale
Cagione il signor mio qui m’appellava?
     265Re Gunthero dicea: Grave dolore
È qui per me. La donna mia, Brünhilde,
Noto fecemi qui che ti vantasti
D’averne un dì la leggiadra persona
Goduta per amor. Disse cotesto
270La sposa tua, donna Kriemhilde. — Allora