I Caratteri/I caratteri morali/L'impudenza
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6.
L’IMPUDENZA
L'impudenza è pervicacia1 in fatti e parole invereconde, e l’impudente è cotal uomo che subito giura, non gode buona fama ed è capace d’insolentire. Nel costume poi è un piazzaiolo sfacciato2 e buono a tutto, e per verità egli sa anche ballare il cordace senz’essere briaco e portar3 maschera in una compagnia di comici. E nei giuochi di prestigio va a raccogliere i soldini da ciascuno, e litiga con quelli4 che non hanno biglietto ma pretendono veder gratis. Ed è tomo da far l’oste il pollastriere il gabbelliere, e non ricusa nessun mestiere indegno, ma fa il banditore il cuoco il giocatore di dadi, non dà gli alimenti a sua madre, si fa arrestare per furto abita più tempo in carcere che a casa propria. E questo parrebbe essere il costume di quelli che traggono a sé d’intorno e chiamano gente sghignando e ciarlando a voce alta e roca, e intanto alcuni se gli accostano, altri scappano prima di udirlo, ma egli ad alcuni il principio, a costoro una sillaba, agli altri una parte del fatto racconta, non altrimenti degnando di far spiccare la propria insolenza5 che quando siavi gran concorso di gente. Ed è bravo in subire processi e in promuoverne, e quelli li impugna con giuramento, a questi altri invece interviene tenendo in seno la cassettina degli atti e in mano i fascicoli delle scritture6. Non ha riguardo di mettersi a capo di molti trecconi insieme7, e di tosto prestar loro danari e guadagnarsi per ogni dramma un obolo e mezzo al giorno. E rifrusta le bettole le pescherie le salumerie, e i frutti del traffico se li caccia in bocca. Sono fastidiosi costoro che hanno la bocca sciolta all’ingiuria e che parlano a voce alta talché ne rimbombano il mercato e le botteghe.
Sono rimasto lungamente dubbioso se tradurre il greco ἀπόνοια con «impudenza» o con altro vocabolo affine, per esempio con «sfacciatezza». Ma ho pensato che l’impudenza offende le convenienze e il pudore, non rispetta persone o cose, ed è non soltanto concetto letterario ma anche politico. Ho auche tradotto ὑπομονή con «pervicacia», che è più forte di ostinatezza e di caponaggine o caponeria, essendo il pervicace colui che non si lascia vincere nell’opinione sua o nel volere.
ἀγοραῖος τις καὶ ἀνασεσυρμένος καὶ παντοποιός è benissimo detto, e il terzo è vocabolo nuovo che significa «buono a tutto fare». Il secondo corrisponde al latino spurcus homo; e il primo è per l’appunto veterator improbus. Il Cicerone degli «Uffizi» descrive costoro che vivono al mercato, qui mercantur a mercatoribus quod statim vendant carius, e comprano dai mercanti quel che poi venderanno a prezzo maggiorato senza nessun altro lucro che questo d’ingannare la gente. Più innanzi Teofrasto spiegherà anche meglio chi siano i «piazzaioli».
Leggo coi codici piu recenti ἔχειν, invece di ἔχων. Le altre correzioni sono inutili, giacché fare l’attore era ritenuta cosa disonesta, e più ancora fare l’attore in una compagnia di comici.
Leggo τοῖς senza τούτοις coi codici più recenti; e credo dittografia provocata dal segno tachigrafico corrispondente al τοῖς la lezione dei codici più antichi. Traduco ὁρμαθοὺς γραμματειδίων con fasciculos libellorum forensium.
In latino: non recusat (non veretur, non erubescit) ducem se rabulis forensibus praebere. Ma veramente ἀγοραῖοι sono «ciarlatani», sunt pusilli negotiatores qui κάπηλοι graece appellantur et latine cociones, cocionatores, arilatores. Rabulae forenses sono invece i nostri «paglietta» o avvocatucoli; e i Greci se vogliamo credere a Demostene che cosí vilipende Eschine, chiamavano il «paglietta» σπερμολόγον περίτριμμα ἀγορᾶς, «intrigante di piazza».
Note
- ↑ [p. 98 modifica]Sono rimasto lungamente dubbioso se tradurre il greco ἀπόνοια con «impudenza» o con altro vocabolo affine, per esempio con «sfacciatezza». Ma ho pensato che l’impudenza offende le convenienze e il pudore, non rispetta persone o cose, ed è non soltanto concetto letterario ma anche politico. Ho auche tradotto ὑπομονή con «pervicacia», che è più forte di ostinatezza e di caponaggine o caponeria, essendo il pervicace colui che non si lascia vincere nell’opinione sua o nel volere.
- ↑ [p. 98 modifica]Sono rimasto lungamente dubbioso se tradurre il greco ἀπόνοια con «impudenza» o con altro vocabolo affine, per esempio con «sfacciatezza». Ma ho pensato che l’impudenza offende le convenienze e il pudore, non rispetta persone o cose, ed è non soltanto concetto letterario ma anche politico. Ho auche tradotto ὑπομονή con «pervicacia», che è più forte di ostinatezza e di caponaggine o caponeria, essendo il pervicace colui che non si lascia vincere nell’opinione sua o nel volere.
- ↑ [p. 98 modifica]Leggo coi codici piu recenti ἔχειν, invece di ἔχων. Le altre correzioni sono inutili, giacché fare l’attore era ritenuta cosa disonesta, e più ancora fare l’attore in una compagnia di comici.
- ↑ [p. 98 modifica]Leggo τοῖς senza τούτοις coi codici più recenti; e credo dittografia provocata dal segno tachigrafico corrispondente al τοῖς la lezione dei codici più antichi.
- ↑ Questa volta ho tradotto ἀπόνοιαν con «insolenza» che è propria dell’impertinenza audace e malevola.
- ↑ [p. 99 modifica]Pagina:Teofrasto — I Caratteri.djvu/99
- ↑ [p. 99 modifica]Pagina:Teofrasto — I Caratteri.djvu/99