I Caratteri/I caratteri morali/La ciarleria
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7.
LA CIARLERIA
La ciarleria1, a volerla definire, parrebbe essere intemperanza di parlare, e il cicalone un cotal uomo che alla persona che gli si fa incontro, se mai essa gli parli di un qualunque argomento, dice che non ne racconta nulla ma che lui invece la sa tutta e se lo ascolterà ne sarà messo al fatto. E, intanto che quegli risponde, incalza: L’hai detto... Non dimenticare quel che sei per dire; e E bene che in me l’abbia richiamato a mente; e Il chiacchierare com’è utile!; e Non ti ho detto che...; e Certo, hai capito subito la cosa; e Da un pezzo ti cercavo, se in questo tu consentissi con me. E altre cosiffatte smozzature2 di discorsi egli mette fuori da non lasciar neppur rifiatare chi mai lo intoppi. E dopo che li ha ristuccati3 a uno a uno è capace anche di andare da quelli che stanno insieme raccolti per affari, e li fa scappar via mentre essi discutono. E poi entrando nelle scuole e nelle palestre impedisce che i ragazzi faccian profitto; mettendosi a spettegolare co’ lor maestri e istruttori. Ed è capace di accompagnare quelli che dicono di andar via, e di lasciarli soltanto sull’uscio di casa; e se viene conoscer le discussioni dell’assemblea le va raccontando, e per di più narra il dibattimento di Demostene4 che ci fu allora che era arconte Aristofonte, e l’altro dei Lacedemoni al tempo di Lisandro, e i discorsi che tenne anche lui con bello onore dinanzi al popolo. E mentre fa cotesti racconti getta di mezzo invettive contro la moltitudine5, talché gli ascoltanti o perdono il filo, o dondolano il capo, o piantatolo a mezzo se ne vanno. E se è giudice insieme con altri impedisce di giudicare; e se siede a teatro non lascia goder lo spettacolo; e a tavola non lascia mangiare. E dice che per un uomo ciarliero è penoso star zitto, e che la lingua è in mollo6, e che non saprebbe star zitto neppur se dovesse apparire più chiacchierino di una rondine7. E sopporta d’essere motteggiato anche dai propri figlioletti, quand’essi, volendo addormentarsi, lo pregano così: «Babbino, chiacchiera un po’ affinché ci prenda il sonno».
So che «ciarleria» è raro nell’uso, ma non saprei tradurre diversamente, avendo già tradotto il titolo del terzo carattere con «loquacità». E traduco λάλος con «cicalone», che è ciarliere per vizio e lo fa senza garbo perdendosi in ciarle dannose e soprattutto noiose. In latino il «cicalone» è, come si lesse in Plauto, lingulàca, che Aulo Gellio glossa con blatero o locutuleius o linguax.
Traduco «smozzature» il greco ἀρχάς, che letteralmente sarebbe «cominciamenti».
ἀπογυμνώσηι, che sarebbe «denudare»; bellissima immagine, ma forse in italiano poco efficace se tradotta alla lettera. O, se no, da tradurre «dopo che li ha messi a nudo».
Un adagio di Erasmo s’intitola future loquacior.
- ↑ [p. 100 modifica]So che «ciarleria» è raro nell’uso, ma non saprei tradurre diversamente, avendo già tradotto il titolo del terzo carattere con «loquacità». E traduco λάλος con «cicalone», che è ciarliere per vizio e lo fa senza garbo perdendosi in ciarle dannose e soprattutto noiose. In latino il «cicalone» è, come si lesse in Plauto, lingulàca, che Aulo Gellio glossa con blatero o locutuleius o linguax.
- ↑ [p. 100 modifica]Traduco «smozzature» il greco ἀρχάς, che letteralmente sarebbe «cominciamenti».
- ↑ [p. 100 modifica]ἀπογυμνώσηι, che sarebbe «denudare»; bellissima immagine, ma forse in italiano poco efficace se tradotta alla lettera. O, se no, da tradurre «dopo che li ha messi a nudo».
- ↑ Leggo τοῦ ῥήτορος, intendendo che si alluda a Demostene oratore per eccellenza e alla sua orazione per la Corona del 330. Più innanzi, sarà da intendere che Teofrasto alluda alle competizioni per la nomina dei trenta tiranni nel 404, allorché, occupata Atene da Lisandro e dai Lacedémoni, fu imposto il governo oligarchico.
- ↑ Probabilmente «contro il governo democratico», che sarà certamente un oligarca il nostro cicalone. Cfr. il carattere ventesimosesto.
- ↑ Ho tradotto letteralmente. E a tal proposito ricordo che Aulo Gellio, nel decimoquinto capitolo del primo libro delle sue «Notti Attiche», ci parla dei cicaloni innixi verbis uvidis, e della stulta loquacitas biasimata da Cicerone e anche dal vecchio Catone che la definiva morbus loquendi. Anche il cicalone di Teofrasto è tutto in verba protectus.
- ↑ [p. 101 modifica]Un adagio di Erasmo s’intitola future loquacior.