I Caratteri/I caratteri morali/L'adulazione

I caratteri morali - L'adulazione

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Teofrasto - I Caratteri (Antichità)
Traduzione dal greco di Goffredo Coppola (1945)
I caratteri morali - L'adulazione
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2.


L’ADULAZIONE

L’adulazione si potrebbe intender che sia consuetudine di vita1 vergognosa, ma vantaggiosa per chi adula, e l’adulatore un cotal uomo che accompagnandoti dice: guarda come la gente ha gli occhi a te. È cosa cotesta che non avviene a nessuno in città, ma solo a te. Ieri sotto i portici si parlava bene di te, giacché in più di trenta che li sedevano, caduto il discorso su chi fosse il migliore cittadino, tutti che avevano da lui cominciato col suo nome conchiusero. E mentre dice altre cose del genere ti leva dal mantello un bioccolino; e se dal vento ti è stata portata sulla capelliera una pagliucola la raccatta con garbo, e poi sorridendo dice: Ecco, due giorni che non ti ho incontrato, e hai la barba piena di peli bianchi, e pur, se mai altri, tu serbi rispetto agli anni nero il capello. E se parla l’Eccellenza2, egli ordina agli altri di far silenzio, e ascolta facendo cenni di consenso, e poi, quando quello ha finito; applaude con un Bene; e se dice una freddura, egli ci ride su e si porta il mantello alla bocca come per non potere contenere le risa. E quelli che incontra li fa fermare finché l’Eccellenza non sia passata; e ai figlioletti dell’Eccellenza compra pere e mele, e gliele porta a casa e gliele regala che il babbo lo veda, e baciandoli esclama: Pollastrelli di papà galantuomo. E andato con lui a comprar scarpe3 dice [p. 83 modifica]che il suo piede è anche più galante delle calzature; e se l’Eccellenza va da un suo amico corre innanzi a dire: Viene da te, e torna indietro a dire: T’ho annunziato. Ma egli è perfino capace di correr su e giù per la spesa dal mercato delle donne4 senza render fiato; ed egli per primo di tutti i convitati loda il suo vino, e continua a dirgli5: Che cibi delicati tu mangi!; e, preso alcunché di tavola, esclama: E questo com’è buono!; e gli domanda se ha freddo, se vuole coprirsi e ancor lo dice che già l’avvolge col mantello6, e accostandosegli all’orecchio gli parla sottovoce, e col viso rivolto a lui discorre con gli altri. E in teatro tolti di mano al paggio i cuscini glieli pone sotto da sé. Dice che la sua casa è stata costruita bene, il suo podere è ben piantato, il suo ritratto somigliante. E insomma si può dunque vedere che l’adulatore fa e dice tutto con che egli pensa di riuscirgli gradito7.

Traduco ὁμιλία «consuetudine di vita»; e ricordo che in Platone sono dette ἕξεις ὁμιλητικαί le virtú pertinenti alla consuetudine della vita quotidiana, le virtú necessarie della cosiddetta buona educazione.

In greco αὐτός, latino ipse. E si sa, anche dalle commedie di Menandro, che αὐτός, «lui», è il padrone, il signore, così come αὐτή, «lei», è la padrona. Dunque, in italiano, l’Eccellenza, o, se volete, il Commendatore. Poco più innanzi leggo ἐπαινέσαι δὲ ἀκούων, invece dell’ἀκούοντος largamente attestato.

Leggo, e non c’è dubbio che così, ἐπὶ κρηπῖδας due parole. [p. 84 modifica]

  1. [p. 91 modifica]Traduco ὁμιλία «consuetudine di vita»; e ricordo che in Platone sono dette ἕξεις ὁμιλητικαί le virtú pertinenti alla consuetudine della vita quotidiana, le virtú necessarie della cosiddetta buona educazione.
  2. [p. 91 modifica]In greco αὐτός, latino ipse. E si sa, anche dalle commedie di Menandro, che αὐτός, «lui», è il padrone, il signore, così come αὐτή, «lei», è la padrona. Dunque, in italiano, l’Eccellenza, o, se volete, il Commendatore. Poco più innanzi leggo ἐπαινέσαι δὲ ἀκούων, invece dell’ἀκούοντος largamente attestato.
  3. [p. 91 modifica]Leggo, e non c’è dubbio che così, ἐπὶ κρηπῖδας due parole.
  4. Vi si noleggiavano ballerine, giocolieri, flautisti e donne da spasso e da conio. Cfr. il carattere decimosettimo: e considera che l’adulatore farebbe anche il ruffiano.
  5. Interpreto παραμένων perseverans. Ma potrebbe significar anche assidens; e in tal senso un codice presenta lezione errata che però potrebbesi correggere in παρακείμενος, accumbens.
  6. Leggo, con Ussing e i codici più recenti, περιστεῖλαι, variando di poco l’ordine delle parole.
  7. Abbiamo già ricordato a pag. 72 che Filodémo di Cadara nell’opera intitolata «I vizi» mostra di conoscere anche dell’adulatore descritto da Teofrasto, e non soltanto quello del piallone che è il quinto. Possiamo aggiungere che Filodemo però considera, come Aristotele, anche l’aspetto politico dell’adulatore, e che dai suoi frammenti resulta pure che dell’adulatore si occupò l’epicureo (o peripatetico?) Nicasícrate di Rodi. Qualità dell’adulatore è in Filodémo questa di πρὸς χάριν λέγειν, «parlare per far piacere», e l’altra di frequentar spesso la persona adulata, donde assai probabilmente il vocabolo nuovo ch’egli propone di προςτροχαστής corrisponde, a mio parere, esattamente al latino grassator. Filodemo visse nei dintorni di Napoli e in Roma e fu amicissimo di Pisone, di quel Calpurnio Pisone contro il quale Cicerone scrisse una famosa orazione e in essa rivelò apertamente l’amicizia del graeculus Filodémo col nobile romano. Filodémo fu anche amico di Virgilio e di Orazio e capo di un cenacolo epicureo: niente di strano, dunque, ch’egli abbia tradotto con τροχάζειν il latino grassari intensivo di gradi. L’uso di grassari nel senso di «adulare» è documentato da Sallustio, da Orazio e da Livio, ed è poi illustrato da Verrio Flacco-Paolo-Festo cosí: grassari antigui ponebant pro adulari.

Note