Gynevera de le clare donne/29. De Elysa Sforza de San Severino
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L’alto et fortunato Sforza de li Atendoli da Cotignola, oppido de Flaminia, infra li altri valorosi figliuoli hebbe una figliuola nominata Elysa, la quale, pervenuta de aetate de anni quindeci, cum alcuni mesi, al signore Leonello, de la illustre styrpe Sanseverina, in lo regno parthenopeo, matrimonialmente congiunse. Questa Elysa fu de mediocre grandeza et assai formosa; fu dotata di egregii costumi; fu de ingegno et lingua presta. Hebbe prestante animo, quale a le volte fu assalito da subìta colera per qualche offensione, ma presto quello temperava cum dolceza, in pacientia et tranquilitate. Lei divenne vedoa, havendo compito anni xvii de sua aetate; che solamente quindeci mesi era stata col marito; de la cui morte, per troppo memore, essendo gravida, quasi non perse ogni vital spirito, de subita morte, per il grande amore li portava; non altrimenti facesse Julia, che essendoli presentata dal servo la insanguinata vestimenta del caro marito Pompeio, per il scaturiente sangue de la occisa vitima credette fusse stato ociso; di che morta cadde subitamente, per l’infinito amore li portava.
Hebbe Elysa del caro marito uno unico figliuolo, al quale fu imposto nome Roberto, per la dolce memoria de Roberto re de Sicilia et de Hierusalem, che a quilli tempi, se a li codici de digni scriptori se può dar fede, fu re di re. Costei mai ad altri maritare se volse; sempre observò pudica gloria de perpetua viduitate. Mai volse abandonare l’unico et caro figliuolo, fin che possette portar l’arme, et cum el proprio suo lacte nutricolo. Quantunque havesse presso se costumate nutrice, non sdegnò lei essere propria nutrice del figliuolo, per tema non fusse d’alcuno corotto sangue inquinata la generosa infantia, de mali costumi et natura. Sempre orava Dio, li concedesse gratia el potesse alevare, et che de lui ne havesse consolatione et gloria, donandoli spesso a laude de Dio la sua benedictione; perchè la spessa benedictione de’ parenti in li figliuoli è de tanto splendore de divina gratia, che in terra et in cielo diventano beati; come per contrario, se la pietà de Dio non soccorre, la maledictione li fa in questa et ne l’altra vita miseri et prophanati et de ogni gratia privi. Oh felice pensiero et veramente degno et beato, del casto pecto de costei, in nutrire el figliuolo! Perchè esso de corporea belleza, de magnanimità, de liberalità, de clementia, de affabilità, de costumi clari et de strenuità fu unico ornamento, et gloria del nome latino, et in l’arte militare spechio de vera fede, la quale per stato, nè per thesauro, nè per fortuna, nè per altra cosa mai volse violare: per il che divenne, cum sapiente consiglio de tutta Italia, imperatore de armati, cum stipendio de cento et vintemilia ducati l’ anno, titolo che mai homo consequite al mondo.
De tanto figliuolo questa Elysa, presso la gloria del suo sphorcesco sangue, non ha dato a sè istessa manco splendore et illustratione, che facesse la regina di Macedoni Olympia, moglie de Phylippo illustre per singular tituli, del sangue de li Acedoli, nobilissimi de tutta Grecia, per l’habiuto figliuolo Alexandro. Elysa duncha, de tanto felicissimo figliuolo illustrata, vixe come magnifica vedoa piena de honestate. Fu sempre benigna et humana verso ciascuno; non fu ambitiosa nè superba, per essere matre de tanto figliuolo, altissimo capitaneo, et consorte de capitaneo, Leonello Sanseverino, et sorella de dui capitanei, fulghuri de Marte, Alexandro et Francesco Sforza, che fu de Lombardia glorioso principe.
Oh quanto haverebbe havuto felice fine et benigna fama Atalia de Acab re de Israel, moglie de Ioraam figlio de Iosaffath re de Hierusalem, se fusse stata humana et senza elatione de parenti, come Elysa Sphorza! Perchè tanto se accese ne l’ambitione et superbia, ne la cupidità del regnare, per essere figliuola de re, sorella di re, et moglie di re, che descaciato da sè ogni paura et feminile pietate, fece occidere tutti li congiunti de li proprii figliuoli, excepto Ioas, picolo fanciulo, figliuolo del suo figliuolo re Ozia, che fu per la sorella Iosabe, figliuola della crudelissima Atalia, secretamente salvato et nutrito. Et ancora cum ferro et cum altra generatione de morte fece occidere tutti li mascoli picoli et grandi de la generatione de David. Dapoi, come la divina justitia non perdona al perseverante male, che doppo Atalia hebbe septe anni regnata, per mandato de Iorodam, summo pontefice, alevato che hebbe Ioas nepote de lei et chiamatolo re, quale credea come gli altri fusse morto, fu la superba Atalia a furore de populo levata de la reale sedia, et messa ne le mane di scelerati et ribaldi, li quali senza pietate la strasinarono fin a la porta de Mulli, dove come rape fu minuciata, et bevuto il sangue da li cani. Così la misera , senza cognoscere lei essere mortale et futuro cibo de vermi, se ne andò a le tartaree force a patire etterno supplicio de la sua superbia et ambitione.
Elysa Sforza duncha, priva de tanto pessimo peccato, vixe catholicamente, cum deiunii, elemosine et oratione. Per la virtù di una sua continua oratione a la gloriosa Vergene regina del cielo, seppe, il tempo de trenta giorni avanti, la sua fine, per la qual cosa se partì da Pavia per andare ad fare reverentia a Loreto al templo de la gloriosa Vergene, et venne ad Bologna, dove era l’unico figliuolo, quale desiderava vedere prima che morisse, come questa gratia havea sempre dimandata a Dio. Giunta che fu a Bologna et stata alcuni giorni et visitata da molte nobile donne, fu oppressa da infirmità, essendo circa de anni septanta; per la quale infirmità, come devota cristiana, expirò in pace a la beata vita, et cum funebre pompa et singular exequio de tutto el bolognese clero, fu il pudico corpo sopra la barra ornata de drappo nero, cum l’arme sphorcesche, adcompagnato da tutti li cittadini honoratamente al templo del seraphico Francesco ad sepelire, dove le sue ossa ancora cum degno epytaphio reposano; che quando de quelle el sepulcro fia veduto da li visitanti el templo, la memoria de tanta donna cum dolce laude è ricordata. Così noi per precipuo honore ornaremo di gloria il nostro Gynevero, per essere stata sua amita felice, et splendore del femineo sphorcesco sexo.