Gli assempri/Come una vergine fu guardata da la Vergine Maria per martirio

Come una vergine fu guardata da la Vergine Maria per martirio

../Come un uomo diceva che Dio non l'aveva gionto ../Come un soldato dette al diavolo una sua figliuola, acciò che gli prestasse certa quantità di denari, e come la Vergine Maria la guardò IncludiIntestazione 16 luglio 2023 75% Da definire

Come una vergine fu guardata da la Vergine Maria per martirio
Come un uomo diceva che Dio non l'aveva gionto Come un soldato dette al diavolo una sua figliuola, acciò che gli prestasse certa quantità di denari, e come la Vergine Maria la guardò

[p. 213 modifica]Come una vergine fu guardata da la Vergine Maria per martirio.

CAP. 58.°


Intorno agli anni domini mille trecento settanta, nel qual tempo una Compagna d’uomini diabolici et infernali, de la qual Compagna n’era capitano un pessimo cavaliere inghilese, el cui nome era misser Giovanni Aguto;1 questa diabolica Compagna presero in Ro[p. 214 modifica]magna la città di Faenza, la quale tutta mandaro a robba et a confusione. Era ne la detta città un monasterio di monache, fra le quali v’era una fanciulla maravigliosamente bella del corpo, e molto più maravigliosamente era bella dell’anima. E sentendo questa benedetta fanciulla, che la Compagna mettevano a robba et a confusione tutta la città, corse in chiesa e gittossi ginocchioni dinanzi a la figura de la Vergine Maria. E con molto pianto e con molte lagrime cominciò a dire. — Tu sai Vergine Maria, che io ho botato et offerta la mia virginità al tuo figliuolo, et hollo eletto per mio sposo ora vedi che io so’ tutta intorniata di lupi infernali, e non ho nessuno aiuto nè [p. 215 modifica]riparo per lo quale io mi possa difendere da loro. Prego te, dolcissima madre di Dio, che tu mi guardi, si ch’io non venga ne le mani de’ lupi, e che io non sia vitoperata e confusa di tanta brutta confusione, e che io non venga a tanta inopia e miseria e viltà. E pregoti che ora in tanta necessità tu sia mia avocata dinanzi a la maestà del tuo dolcissimo figliuolo e che tu non mi abbandoni che sai che io so’ sua sposa. E poi si volse al figliuolo che ella teneva in collo, e disse: Tu sai, Signor mio Gesù Cristo, che lo sposo temporale si debba mettare, e mettesi a ogni pericolo di morte e di fadiga per aitare e liberare la sposa sua d’ogni pericolo, e vergogna, e confusione. E tu sai che io non volsi mai, nè desiderai altro sposo che te; et a te ho data e botata e consecrata la mia virginità, et hotti eletto per mio sposo: e però, se tu non m’aiti in questo pericolo, vedi bene che io non ti potrei osservare vera fede, come io t’ho promessa; però che sai che senza te non si può far cavelle. E nonestante che io sia peccatrice e indegna de la grazia tua, non dimeno ti prego per quello amore e carità che ti costrense a creare el Cielo e la terra et ogni cosa, che in essi sono; et anco ti prego, per quello amore e carità che ti costrense a prendare [p. 216 modifica]carne umana e venire a ricomprare l’umana generazione con tante pene e fadighe e vergogne e morte sì amara, che tu abbi misericordia di me, e non mi abbandonare in tanto pericolo, che pur sai ch’io so’ tua sposa, et ogni mio vitopero e vergogna sarebbe tua. Sicchè io ti prego che tu mi liberi, sicchè io non venga a tanta miseria, e che io non vegga tanto male de la mia città. E cosi perseverando nell’orazione; e dicendo a Gesù Cristo et a la sua Santa Madre queste e molt’altre e consimili parole, venne un Caporale di quella maladetta Compagna, et entrò nel monastero; et andando ne la chiesa, e vedendo questa fanciulla cotanto bella, fu subitamente preso di lei. Et andando verso lei, la prese per lo braccio per levarla ritta. Allora la fanciulla, sentendosi prendare per lo braccio, cominciò a piangere e gridare in alta boce, diceva verso la figura de la Vergine Maria: Oimè! madre mia, aitatemi in tanto pericolo. Oime! madre mia, non mi lassate venire a tanta vergogna e miseria. Oimè! figliuol di Dio, io so’ tua sposa, non mi abbandonare. E con queste e con altre simili parole, faceva a Dio et a la sua santa madre grande lamento. Doppo questo, come Dio permisse, un’altro caporale entrando doppo lui [p. 217 modifica]nel monasterio, e vedendo questa fanciulla cotanto bella, gli colse quistione, e disse, che la voleva, però che era sua in prima che di lui. Unde si sfidaro a morte l’uno l’altro, e ciascun disse che la voleva venciare per battaglia. E cosi menaro la fanciulla in su la piazza; et ine cominciaro a combattere insieme, però che ciascuno voleva questa fanciulla. Allora el lor capitano, cioè Misser Giovanni Aguto, vedendo che per quella fanciulla era per perdà due così fatti caporali, e non avendo altro modo di fare ch’eglino non combattessero insieme, e dispartirgli non poteva, andò verso la fanciulla con una daga in mano; la quale stava ginocchioni e pregava el suo sposo Gesù Cristo e la sua Santissima Madre, che la traesse di quella quistione: e dettele di quella daga per lo petto; unde ella cadde morta in terra subbitamente. E cosi la Vergine Maria la esaudì e liberolla; cioè che vergine e martire e Sposa del suo Figliuolo ne la meno al regno di vita etterna, acciò che, come è scritto nel salmo, el giusto non estenda la mano sua a la iniquità. Questo sopra detto assempro udii nel tempo che la sopra detta città di Faenza andò a robba.


Note

  1. Successe nel 1377. Il fatto di questa fanciulla di Faenza è celebre nelle storie. Le stragi e ruberie della sua patria, precedettero di pochi giorni l’Eccidio di Cesena. Questo ultimo è più famoso e si rammenta quasi solo. Il Cardinal di Gebenna, uomo d’orrenda memoria, onde ridurre i cittadini ad obbedienza della Santa Chiesa, velandosi colla menzogna il tradimento, adoprò le armi degli Inglesi e dei Bretoni sotto il comando del ferocissimo Giovanni Acuto. Antico connubio della politica papale col brigantaggio! L’eccidio di Cesena del quale è una primizia questo assempro, fu si orribile cosa, che non vi sono fasti di barbari che ne possano vantare un più bello! Fece orrore e rimorso allo stesso crudele Acuto. Nello stesso anno, poche settimane dopo questa strage, S. Caterina da Siena, dicono, ricondusse il Papa in Italia; che probabilmente venne avanti spinto da lei, ma guidato da quella sete ambiziosa di dominio, che non ha finito d’insanguinare l’Italia da allora a ora, e sono cinquecento sessanta sette anni. Veggasi questo miserando fatto in un dramma latino attribuito al Petrarca, inserito nell’Archivio Italiano T. 8. N. S. Par. 2. pag. 1. e segg. edito e dottamente illustrato dal Chiarissimo letterato Sig. Gregorio Gori.