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magna la città di Faenza, la quale tutta mandaro a robba et a confusione. Era ne la detta città un monasterio di monache, fra le quali v’era una fanciulla maravigliosamente bella del corpo, e molto più maravigliosamente era bella dell’anima. E sentendo questa benedetta fanciulla, che la Compagna mettevano a robba et a confusione tutta la città, corse in chiesa e gittossi ginocchioni dinanzi a la figura de la Vergine Maria. E con molto pianto e con molte lagrime cominciò a dire. — Tu sai Vergine Maria, che io ho botato et offerta la mia virginità al tuo figliuolo, et hollo eletto per mio sposo ora vedi che io so’ tutta intorniata di lupi infernali, e non ho nessuno aiuto nè

    orribile cosa, che non vi sono fasti di barbari che ne possano vantare un più bello! Fece orrore e rimorso allo stesso crudele Acuto. Nello stesso anno, poche settimane dopo questa strage, S. Caterina da Siena, dicono, ricondusse il Papa in Italia; che probabilmente venne avanti spinto da lei, ma guidato da quella sete ambiziosa di dominio, che non ha finito d’insanguinare l’Italia da allora a ora, e sono cinquecento sessanta sette anni. Veggasi questo miserando fatto in un dramma latino attribuito al Petrarca, inserito nell’Archivio Italiano T. 8. N. S. Par. 2. pag. 1. e segg. edito e dottamente illustrato dal Chiarissimo letterato Sig. Gregorio Gori.