Atto V

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Atto IV Nota storica
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ATTO QUINTO.

SCENA PRIMA.

Giorno.

Anastasio e guardie.

Amanzio traditor! Perfido Amanzio!

Mio nemico tu ancora? E1 che ti feci,
Onde tant’odio nel tuo cor sorgesse
Contro di me? Tutto fidai me stesso
E il regno mio e la mia gloria e il pieno
Comando de’ guerrieri alla tua fede.
Ah m’ingannai! Ah m’ingannasti! Io meglio
Conoscerti dovea. Que’ rei sospetti,
Che della fede altrui mi risvegliasti
Dovean farmi più cauto, e facil meno

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A creder tutto a chi tutti aborriva.

Ecco una nuova ribellion d’ogni altra 2
Più perigliosa. Il traditor ribaldo
M’involò de’ guerrier la miglior parte.
Chi sa sin dove l’alma nera 3 aspira?
Che risolvo? Che fo? Chi mi soccorre
In sì grand’uopo? Ah, se Giustin superbo
Stato non fosse, e se d’Arianna il core
Ito non fosse penetrando, in lui
Tutto fidato avrei. La sua fortezza
L’eroe di Grecia prometteaci in esso;
Ma la folle ambizion tutta in un punto
Del suo valor le forti prove 4 oscura.

SCENA II.

Eufemia e detto.

Eufemia. German, soffri ch’io torni un’altra volta

Di Giustino a parlarti. Ah te lo giuro,
Reo non è qual tu credi! Arianna è fida;
Salvò ad essa la vita il valoroso.
Era pietà cidò che ti parve amore.
Ah Cesare! 5 Ah german! torna in te stesso;
Dell’empio accusator, del crudo Amanzio,
Ravvisa in fin le scellerate insidie.
Della fé ch’hai prestata al traditore,
Mira qual frutto avesti. Ei ribellossi;
Egli è il maggior de’ tuoi nemici. E d’onde
Avrai la tua difesa? Oh Dio! preveggo
La rovina comun. Già mi preparo,
Del lascivo amator per tormi all’onte,
Colla mia stessa man passarmi il petto.

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Anastasio. E assicurar mi puoi, che d’Arianna

Non fu amante Giustin?
Eufemia.   Posso giurarlo
Ai venerati sacri Numi in faccia.
Anastasio. Ma s’io stesso lo vidi...
Eufemia.   E che vedesti?
Un eroe che svenò l’orrida tigre
Che in atto stava di sbranare Augusta.
Un provvido6 vedesti e fido servo,
Che alle piaghe di lei balsami offerse;
E richiamando i spiriti smarriti
Morte deluse, e ti serbò la sposa.
Che vedesti tu mai? Vedesti Arianna
Che grata al suo benefattor porgea 7
L’augusta man 8, e all’amorosa cura,
Ch’ebbe di lei, con generosi accenti
Grata rispose, ed innocenti sguardi.
Che vedesti tu mai?
Anastasio.   Basta, che quanto
Dell’innocenza di Giustin più vere
Vo’ le prove apprendendo, il mio rimorso
Si fa maggior.
Eufemia.   Stelle! Di che, germano,
Ti dovrai tu pentir?
Anastasio.   D’aver sì tosto
Condannato Giustino. Egli a quest’ora
Avrà perduti gli occhi9.
Eufemia.   Oh Dei! Che dici?
Che facesti, inumano? Ed hai potuto
L’innocente punir? Giustin senz’occhi?
Ma no, sento che il cor mi presagisce 10,
Che le belle pupille ancor riserba.
I carnefici suoi, di te men crudi,

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Sorpresa avran la barbara sentenza.

Tosto in traccia di lui le guardie invia;
Fa che a te si conduca, e lo vedrai,
Qual fulmine di guerra, i tuoi nemici
Tutti atterrar.
Anastasio.   Si tenti. Olà, miei fidi,
Ite, Giustin si trovi.

SCENA III.

Arianna e detti.

Arianna.   Invan Giustino

Speri di riveder.
Anastasio.   Perdè le luci?
Eufemia. Senz’occhi è l’idol mio?
Arianna.   No.
Eufemia.   Ma che avvenne?
Arianna. Dai custodi fuggì11. Spezzò le dure
Oltraggiose catene; unì d’armati
Poderoso drappello, e minaccioso
Ver Bisanzio s’invia.
Anastasio.   Perfido! in esso
Ecco un nuovo ribello. Ah quanti siete
Scellerati a tradirmi? Io benché solo,
Di voi tutti non temo 12. Olà soldati, (alle guardie13
Quella torre si schiuda: io vuo’ la destra
Di quel sangue saziar; vuo’ l’empio seno
Con questa spada trapassare 14 io stesso.
(sfodera la spada, e va nella torre colle guardie15

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SCENA IV.

Arianna ed Eufemia.

Arianna. Misere noi! Quale tragedia orrenda

Ci prepara il destin!
Eufemia.   Nulla pavento,
Se l’eroe vincitor sarà Giustino;
Conosco il suo bel cor.
Arianna.   Mira un presagio16
Delle nostre sventure. Infranto mira
L’alto marmoreo avello, ov’eran chiuse
Le ceneri di lui che mi fè Augusta.
Dov’è la spada? Dov’è l’aureo serto?
Ah l’involaro i 17 dei meco sdegnati
D’aver condotto all’orientale Impero
Anastasio, che ancor amo ed adoro 18.

SCENA V.

Anastasio dalla torre con guardie, e dette.

Anastasio. Perfidissime stelle! All’ira mia

Vitaliano sottratto? E chi di tanto
Colpevole sarà? Gli empi custodi
Complici della fuga, a giusta pena
Tratti siano. Soldati, all’alta cima
Guidinsi19 della torre i scellerati,
Indi precipitati, in giù si lancino20,
Si sfracellin gl’iniqui... Ah potess’io
Così punir chi dalle man mi trasse
Il perfido Giustino! Ecco l’indegna, (ad Eufemia
Che colorirmi del fellon volea

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Le sacrileghe colpe. Tu, spergiura, (ad Arianna

Incostante, infedel, tu l’hai sedotto;
Tu il rendesti superbo, e tu fors’anco
Della fuga di lui trovasti i mezzi.
Arianna. Ah sposo! il tuo dolor...
Anastasio.   Taci, crudele,
Sposo tuo non mi dir; 21 so che l’amore
Meco in odio cangiasti.
Arianna.   Io son...
Anastasio.   Tu sei
Una infedele, una spietata. Io sono
Tradito, abbandonato, in odio a tutti
Per tua sola cagion. Venga Giustino,
O Amanzio venga, o Vitaliano, o tutti
Volgano uniti ad assalir Bisanzio,
Non li temo, non fuggo. Io vuo’ morire
Coll’allor sulla fronte, in onta ancora
Degli uomini, dei Numi, e del mio fato.
Eufemia. Tu deliri, germano...
Anastasio.   Ah scellerata! (ad Eufemia
Tu di fasto accendesti il cor dell’empio
Coll’indegno amor tuo. Per te Giustino
Orgoglioso divenne. Agli occhi 22 miei
Toglietevi, d’orror barbari oggetti.
Non conosco la sposa; odio il mio sangue;
La luce aborro, sin 23 la vita istessa
Mio tormento divenne 24. Ombra superba
Dell’estinto Zenon, sarai contenta; 25
O Dei, del fato mio paghi sarete.
Il fulmine fatal sul non temente

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Capo mi pende... Piombi, e mi sfracelli.

Io l’attendo da forte, e ancor morendo
Sarò Anastasio e Imperator d’Oriente.
(parte colle guardie

SCENA VII.

Arianna ed Eufemia.

Arianna. Oh Dei! mi fa pietà26, seguirlo io voglio.

Eufemia. Deh non esporti al suo furor. Potrebbe
Obliar chi tu sei.
Arianna.   S’è già scordato
Dell’amor, del rispetto.
Eufemia.   Ah! non scordarti27
Tu almen della pietà.
Arianna.   No, principessa.
Non ho sì crudo il cor. Lo compatisco;
Lo sospiro placato, e l’amo ancora.

SCENA VIII.

Ergasto e dette.

Ergasto. Non l’agitate, no, lasciate pure

Ch’ei s’accheti, e riposi. Il duol non dura
Quando giunge 28 all’estremo. (parla verso la scena
Arianna.   Ah con chi parli,
Saggio pastor?
Ergasto.   Con quelli d’Anastasio
Indiscreti custodi. Egli sorpreso
Da un estremo dolor proruppe29 in pianto.
Sovra un tronco adagiossi, e le sue guardie

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Vorrian trarlo di là;30 ma so ben io

La cagion del lor zelo. Hanno timore
D’esser sorpresi dai nemici; e in vero
Ora di gente armata è il suol ripieno.
Rinvenuto Anastasio, in cauto sito
Condurrollo io stesso.
Eufemia.   E che dobbiamo
Oggi temer?
Ergasto.   Se deggio dirti il vero,
Spero più che temer.
Arianna.   Ma in che mai speri?
Ergasto. Nella virtù del mio Giustino. Ancora
Mio lo chiamo, benché sua regali stirpe
Pubblica or sia.
Eufemia.   Come! Pastor, che dici?
Ergasto. Tempo or non ho... Tutto saprete in breve;
Torno ad Augusto. Io n’ho pietà, quantunque
Crudel sia stato al mio Giustino, e ingrato.
Venni per accertarvi, ch’io perire
Nol 31 lascierò, che non temete.
Arianna.   I Dei
T’abbian quella pietà, che di lui senti.
Ma conviene agli Dei serbar rispetto,
Venerarli, temerli 32. Avea scordato
Anastasio, cred’io, d’esser mortale.
Credea che in suo poter stesse33 la vita
E la morte d’altrui. De’ suoi soggetti
Arbitro si credea. Misero! Il prova
Che s’ingannò. Son degli Dei ministri
I terreni monarchi, e non son Dei. parte

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SCENA IX.

Arianna ed Eufemia.

Arianna. Assistetelo, o Numi!

Eufemia.   Ah! che mai disse
Il vecchio Ergasto? Non è vil Giustino,
Qual si suppone?34 Ben mi avviddi, appena
Che nel volto gentil fissai 35 le luci.
Ma qual strepito sento?
Arianna.   Ah! siam perdute.
Ecco i nemici.
Eufemia.   Non temer36. Giustino
Vittorioso precede37.
Arianna.   Egli è sdegnato.
Eufemia. Egli un’alma d’eroe serba nel seno.

SCENA X.

Al suono 38 di militari strumenti s’avanzano Giustino, Vitaliano e Polimante con seguito di milizie; e dette.

Eufemia. Giustino, arresta il passo, e pria che giunga

Ad ingiuriar col vittorioso piede
Di Bisanzio le vie, guardami in volto.
Quella io 39 son che ti piacque. A farti degno
Del mio amor faticasti. Ah! se tu perdi
Con atto vil delle vittorie il merto,
Perdi ancora d’Eufemia e destra e core.
Giustino. Bella, non paventar40. Quivi non vengo
Nemico, no, ma vincitor, ma amico 41.
Mi piacesti, t’amai42. Mi piaci, e t’amo.
Partii degno di te, degno ritorno 43.

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Pace e non guerra 44.

Eufemia.   Ah! non tel dissi,
Che bell’alma ha nel sen? 45 (ad Arianna
Arianna.   Ma che pretendi
Alla testa di gente empia, ribelle? 46
Giustino. Venga Anastasio, e lo dirò.
Arianna.   Non basta.
Che Augusta t’oda?47
Giustino.   No.
Arianna.   Ma s’ei ricusa
Di portar qui, dove ti trovi, il passo?
Giustino. Venga sicuro sulla mia parola;
Non paventi d’oltraggio48.
Arianna.   A rinvenirlo
Vadasi dunque. Ah! di Giustin nel volto
Parmi veder della pietade il nume.
Non s’irriti, si umilii49 il cor feroce
D’Anastasio, e agli Dei la fronte inchini. parte

SCENA XI.

Giustino, Vitaliano, Eufemia, Polimante e soldati.

Eufemia. Ahimè! Che veggo? Vitaliano è teco? (a Giustino

È tuo compagno, o prigionier lo guidi?
Giustino. Stupisci, Eufemia, e in Vitalian conosci
Il mio germano.
Eufemia.   Oh Dei! Che temer deggio
Da un re crudel che alle mie nozze aspira?

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Vitaliano. Eufemia, non temer50. T’amai, noi niego,

Pria di vederti ancor. Veduta, oh quanto
S’accrebbe il foco mio! La vita esposi
E il mio regno per te. Non soffrirei
Ceder altrui le preziose e care
Fiamme d’un tale amor, s’altri 51 il rivale
Fosse che un mio germano, e che Giustino52,
A lui 53 deggio la vita, a lui la gloria
Deggio d’avermi risarcito, e deggio
Ricompensa 54 maggior, che dar non posso.
Prendila, o valoroso, ella è ben degna
Dell’amor tuo, del tuo bel cor. Felice
Rendati il Ciel colla tua sposa a lato.
Invidio la tua sorte, ma turbarla
Non ardirei. (Povero core afflitto,
Soffri l’eccesso del dolor; per sempre
Perdemmo Eufemia, desiata tanto! 55)
Principessa, Giustino, io mi confesso
Debole troppo per mirare in volto
Eufemia, e non amarla. Ah! col partire
Mi si tolga dagli occhi il violento
Stimolo, che a virtù forte contrasta 56.
Addio, sposi felici, addio, germano;
Tu a Cesare favella, e tu sostieni
Le mie ragion. Parto, perchè più certo
Tu sia dell’amor mio57. Non è minore
Delle nostre comuni alte vittorie
Quella che 58 riportai sopra gli affetti59,
Sia questa ricompensa un grato dono;
Cedo Eufemia a Giustino, e mi riserbo
Di sì rara virtù l’eroico vanto. parte

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SCENA XII.

Giustino, Eufemia, Polimante e soldati.

Eufemia. Misero! eppur mi duol del suo dolore.

Giustino. Una giusta pietà sempre è virtude.
Eufemia. Come scopristi il grado tuo?
Giustino.   D’Ergasto
Opra è cotesta. Ogni minuta parte
Dell’arcano saprai. Ma torna Augusta,
E con essa il suo sposo.
Eufemia.   Ah! ti rammenta
Ch’è germano d’Eufemia.
Giustino.   Aggiungi, o bella,
Ch’è il monarca d’Oriente e il mio sovrano.

SCENA XIII.

Anastasio, Arianna e detti.

Anastasio. Giustino, eccomi a te. Vieni, e il tuo sdegno

Sazia nel sangue mio. Lo so, codesto
È il trionfo che brami. Io d’evitarlo
Vanamente sperai. Tutti gli amici.
Tutti m’abbandonare, e un sol fra tanti 60
Non ritrovai, che me seguir volesse 61.
Sopravvissi al dolor, e la sventura
Mi trasse umile al mio tiranno in faccia.
Sù, che tardi? Perchè il 62 vittorioso
Ferro non vibri nel mio sen? 63 Se temi,
Ch’io difender mi voglia, invan lo temi:
Eccoti al suol l’inutile mia spada; 64
Vieni pure, ferisci, eccoti il petto.

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Giustino. Ch’io ferisca Anastasio? Ch’io la spada

D’Augusto Imperator rivolga al seno?
Parla così chi mal conosce il core
Di Giustino qual sia. Cesare, io sono
Un tuo fido vassallo. Il Ciel pietoso
Riserbò queste luci alla mia fronte,
Perchè a te riserbassi il trono augusto.
Contro Amanzio pugnai. L’empio ribelle
Da un colpo di mia man cadde trafitto.
Non è questa però l’unica spoglia
Ch’oggi reco al tuo piè. Di Vitaliano
Più non devi temer; comune ha meco
Come il sangue, il desio. Non si contrasti
Ch’ei pacifico in Asia il frutto goda
Del suo valor, di sue conquiste, e avremo
Un rege amico, un difensor fedele.
Umiliati, signor 65; ecco i ribelli.
Rei seguaci d’Amanzio, eccoli in atto
Di chiederti pietade, ed io per essi
Chiedola ancora; io che di man lor tolsi
Le inique spade, ed al tuo piè le 66 trassi.
Non pugnai per desio di rea mercede,
E non per folle vanità d’impero 67.
Bastami l’amor tuo, l’aver serbato 68
A te in un giorno solo e trono e vita.
Deh! perdona, signor, s’io ti rammento
Quel rigor, che costati avrà al tuo core
I più fieri rimorsi. Arianna, Eufemia,
Da me in vita serbate, ed un sì vasto
Popolo che sottrassi 69 a’ tuoi nemici,
M’ottengano 70 da te pietade almeno.
Cesare, la mia fama è quel tesoro

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Per cui mille darei grandezze e vite71.

Deh! tu questa mi salva, al mondo tutto
Fa che occulta non sia la mia innocenza 72.
Ecco la spada e il diadema illustre,
Che dal marmoreo avel disotterraro
Con un fulmine lor gli eterni Numi.
A me, che uccisi nell’indegno Amanzio
Il ribelle più rio che Asia infestasse,
Tali spoglie negar sarebbe un’onta
A Zenon fatta, che di lor dispose.
Ma non le merto ancora; ma di mano73
Volontarie74 le reco a te, che sei
Il monarca d’Oriente, il mio sovrano.
Il mio benefattore. Usa a tuo grado
Di me non men che delle mie vittorie.
Se ti giova il mio braccio, ecco il mio braccio;
Se il mio sangue pretendi, ecco il mio sangue.
(si getta a piedi d’Anastasio
Anastasio. Oh grande, oh degno, oh valoroso eroe!75
Vieni al mio sen. Le illustri76 eccelse spoglie
Devonsi a te. Cingi la forte spada
All’invitto tuo fianco. Io le tue tempia
Del sacro diadema adorno e copro.
Cesare ti dichiaro; e se d’Arianna
Non si oppone il desio, ti chiamo a parte
Del greco soglio.
Arianna.   Io v’acconsento, e sia
Scarsa mercede alla virtù del prode.
Eufemia. Deh! rammenta, signor...

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Anastasio.   Sì, mi rammento

Che tu l’ami. Se piace a lui tua destra,
Io non m’oppongo.
Giustino.   La sospiro e bramo
Sovra a ogn’altro 77 trionfo.
Eufemia.   Al fin sei mio. (a Giustino
Giustino. Polimante, signor, ti raccomando;
Egli è il servo fede), che a Vitaliano
Offrì lo scampo dalla torre.
Anastasio.   A lui,
Se ha il favor di Giustin, tutto si deve.
Esponga il suo desir.
Polimante.   Del mio signore
Seguir l’orme derio.
Anastasio.   Vanne, e i tesori
Che Amanzio possedea, sian degno premio
Della tua fedeltà.
Polimante.   Prosperi il Cielo
Lungamente i tuoi giorni. (Oh come è vero 78
Che non si perdon mai l’opere degne), (parte 79

SCENA ULTIMA.

Ergasto e detti.

Ergasto. Permettesi all’antico e fido Ergasto

Del comune gioire entrar a parte?
Giustino. Padre, oh quanto in vederti esulta il core!
Sappi ch’io son...
Ergasto.   Lo so: Cesare e sposo
Della tua bella Eufemia. A più alto grado

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Ascender non potevi; altro piacere

Non sospirava il tuo bel core amante.
Un consiglio però darti vogl’io:
Non ti fidar della fortuna 80. È cieca,
È volubile, è donna; ai Dei t’affida;
Essi in tanti perigli hanno prestato
Il lor braccio al tuo aiuto. Avverti, o figlio,
(Non mi posso scordar un sì bel nome)
Avverti, io ti dicea, che la superba
Vanità non t’acciechi. Alla capanna
Dove fosti allevato, qualche fiata
Pensa, e a’ tuoi primi pastorali arredi.
Credimi, gioverà tal rimembranza
A conservarti umile. E tu, che sei (ad Eufemia
La sposa sua, ricordati che devi
Amar lui solo, e odiar l’empio costume
Di quelle che altrui fan parte81 del core.
Giustino. Perdona in lui l’etade. (ad Eufemia
Eufemia.   Ah! sì, fedele
Sempre ti adorerò.
Giustino. Questo, mia vita,
È l’unico piacer che il mio cor brama.
In ogni fier cimento, in ogni pugna
Presi gli auspici miei dal nostro amore.
Ei fu che resse il braccio mio; che forza
Diemmi per debellar uomini e fiere 82.
Grazie, superni Dei, grazie di tante
Prodigiose vittorie. Ah! non fu sogno
Quel che ieri m’apparve: ora il comprendo 83.
Fu vision, fu presagio. Ecco avverato
Ciò che il Ciel mi promise. Il Ciel non mai
Favella invano. Oh! quali voti, oh quanti
Offrir dovrò de’ sagri 84 Numi all’ara!

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Chi vide mai in 85 un girar di sole

Tante strane vicende? E troverassi
Barbaro o insano cor, che attribuisca
Le avventure dell’uomo al cieco fato?
No, no, Giove governa, ed ei fu quello,
Che me guidò dalla capanna al trono.


Fine della Tragedia86.


Note

  1. Ms.: Ah.
  2. Ms.: ogn’altra.
  3. Ms.: il suo delitto'.
  4. Ms.: la rimembranza.
  5. Qui e dopo german c’è nei ms. la semplice virgola.
  6. Ms.: provido.
  7. Ms.: gli porse.
  8. Ms.: mano.
  9. Ms.: Avrà perse le luci.
  10. Ms.: pressagisce, e più sotto risserba.
  11. Segue nell’autografo: Le sue catene — Franse, disciolse; unì di gente armata — Poderoso drappello ecc.
  12. Segue nell’autografo: Ad uno ad uno — Vi punirò! Cominci l'ira mia — Contro di Vitalian le sue vendette, — Schiudasi quella Torre. io vuo’ la destra ecc.
  13. Questa didascalia, ch’è nel ms-, manca nell’ed. Zatta.
  14. Ms.: trappassare.
  15. Ms.: ed entra nella Torre con Guardie.
  16. Ms.: pressagio.
  17. Così nel ms.; nell’ed. Zatta, par isbaglio: gli.
  18. Ms.: che ancora amo ed adoro.
  19. Ms.: Guidansi.
  20. Ms.: Indi al piano gettati, abbian castigo — Misurato alla colpa. Ah potess’io ecc.
  21. Nel me. c’è qui il punto fermo.
  22. Inutile ripetere che il Goldoni scrive agl’occhi, degl’uomini ecc.
  23. Ms.: e sin.
  24. Ms.: diviene.
  25. Nell’autografo c’è punto fermo. Poi segue: Più non ti sdegnerà veder nel Soglio, — E nel tuo letto un successor, che spiacque — Forse al tuo fasto. Crudi Dei, sarete — Paghi alfin del mito Fato. Attendo, attendo — Il fulmine fatal, che à fin mi tragga, — Ma l’attendo da forte, e ancor morendo — Sarò Anastasio, Imperador d’Oriente. Avverto che sulle preposizione a e sulla congiunzione o il Goldoni pone sempre l’accento.
  26. Nel ms. c’è il punto fermo.
  27. Segue nel ms.: Tu la pietà. Ar. No, Principessa. Non ho sì crudo in sen. ecc.
  28. Ms.: giugne.
  29. Ms.: diruppe.
  30. Nel ms. c’è il punto fermo.
  31. Così il ms.; nell’ed. Zatta è stampato: non.
  32. Ms.: Venerarli e temerli.
  33. Così nel ms.; nell’ed. Zatta è stampato: stesse.
  34. Ms.: credea?
  35. Ms.: fisai’.
  36. Nel ms. c’è punto e virgola.
  37. Ms.: preccede.
  38. Ms.: A suono.
  39. Ms.: t'.
  40. Nel ms. punto e virgolea.
  41. Ms.: Nemico, no, glorioso oengo, e fido.
  42. Nel msi. punto e virgola.
  43. Ms.: Partij (sic) indegno di te, degno ritorno.
  44. Queste parole, che sono nell’autografo, mancano nell’ed. Zatta.
  45. Nel ms. c’è qui l’esclamativo; e l’interrogativo dopo dissi.
  46. Ms.: empia, e ribelle?’.
  47. Ms.: Che Augusta oda i tuoi detti? Giu. No, non basta. — Ar. E s’ei ricusa di portar qui il passo? — Giu. Venga sicuro pur sulla mia Fede ecc.
  48. Ms.: l’oltraggio.
  49. Ms.: umilj.
  50. Nel ms. punto e virgola.
  51. Ms.: se altri'.
  52. Ms.: e tal germano.
  53. Nel ms. dopo germano c’è la virgola, e poi segue: A cui deggio la vita, a cui ecc.
  54. Ms.: riccompensa.
  55. Segue nel ms.: E tanto invano sospirata e pianta.
  56. Ms.: contrasta, e oppone.
  57. Ms.: Ti rendi del mio amor.
  58. Ms.: ch’io.
  59. Segue nell’autografo: Del mio tenero cor. Siasi codesta — Ricompensa, ò favor, giustizia, ò dono ecc.
  60. Ms.: frattanti.
  61. Segue nell’autografo: Sopravissi al dolor, per mia sventura; — Passar voleami il sen; ma quest’Ingrata — Ebbe ancora il poter sovra il mio cuore — Di sedurmi, e di trarmi in atto umile — Al mio nemico, al mio tiranno in faccia.
  62. Ms.: quel.
  63. Ms.: al seno mio?’.
  64. Nel ms. c’è punto fermo.
  65. Ms.: Signore.
  66. Ms.: li.
  67. Nel ms. c’è punto e virgola.
  68. Nel ms. si legge: Bastami l’amor tuo, bastami il vanto — D’aver più volte In un sol dì serbato — E trono e vita da chi voleami estinto. — Deh perdona. Signor ecc.
  69. Ms.: ch’io sotrassi.
  70. Ms.: Mi ottengano.
  71. Ms.: Per cui mille darei, se mille avessi, — Troni, scettri, grandezze, onori e vite.
  72. Nel ms. c’è qui punto e virgola; poi così segue: Di qual fosti ingannato, e chi tit trasse — Dal cor non già ma dalle labbra a forza — L’ingiustissimo cenno, e un’altro dono, — Non atteso da te, ti offre il mio core. — Ecco la spada, ecco il diadema Illustre — Che disserraro dal marmoreo avello — Con un fulmine suo gl’eterni Numi ecc.
  73. Ms.: ancor, ma di mia mano.
  74. Ms.: Volontario.
  75. Ms.: oh valoroso, oh degno eroe!’.
  76. Ms.: L’illustri.
  77. Ms.: Sacro ogn’altro.
  78. Ms.: Oh me felice! Poi segue: Non si perdono ecc
  79. Questa didascalia, ch’è nel ms., manca nell’ed. Zatta.
  80. Nel ms. c’è punto e virgola.
  81. Ms.: fan parte altrui.
  82. Ms.: Fere.
  83. Nel ms. c’é punto e virgola, e così dopo pressagio.
  84. Ms.: sacri.
  85. Ms.: ad.
  86. Nell'autografo è scritto: Fine della Tragicommedia.