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104 ATTO QUINTO
Per cui mille darei grandezze e vite1.

Deh! tu questa mi salva, al mondo tutto
Fa che occulta non sia la mia innocenza 2.
Ecco la spada e il diadema illustre,
Che dal marmoreo avel disotterraro
Con un fulmine lor gli eterni Numi.
A me, che uccisi nell’indegno Amanzio
Il ribelle più rio che Asia infestasse,
Tali spoglie negar sarebbe un’onta
A Zenon fatta, che di lor dispose.
Ma non le merto ancora; ma di mano3
Volontarie4 le reco a te, che sei
Il monarca d’Oriente, il mio sovrano.
Il mio benefattore. Usa a tuo grado
Di me non men che delle mie vittorie.
Se ti giova il mio braccio, ecco il mio braccio;
Se il mio sangue pretendi, ecco il mio sangue.
(si getta a piedi d’Anastasio
Anastasio. Oh grande, oh degno, oh valoroso eroe!5
Vieni al mio sen. Le illustri6 eccelse spoglie
Devonsi a te. Cingi la forte spada
All’invitto tuo fianco. Io le tue tempia
Del sacro diadema adorno e copro.
Cesare ti dichiaro; e se d’Arianna
Non si oppone il desio, ti chiamo a parte
Del greco soglio.
Arianna.   Io v’acconsento, e sia
Scarsa mercede alla virtù del prode.
Eufemia. Deh! rammenta, signor...

  1. Ms.: Per cui mille darei, se mille avessi, — Troni, scettri, grandezze, onori e vite.
  2. Nel ms. c’è qui punto e virgola; poi così segue: Di qual fosti ingannato, e chi tit trasse — Dal cor non già ma dalle labbra a forza — L’ingiustissimo cenno, e un’altro dono, — Non atteso da te, ti offre il mio core. — Ecco la spada, ecco il diadema Illustre — Che disserraro dal marmoreo avello — Con un fulmine suo gl’eterni Numi ecc.
  3. Ms.: ancor, ma di mia mano.
  4. Ms.: Volontario.
  5. Ms.: oh valoroso, oh degno eroe!’.
  6. Ms.: L’illustri.