Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. V/Libro I/VIII
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CAPITOLO OTTAVO.
Dell’Isole di Capul, Ticao, Burias, Masbate, Marinduque, Mindoro,
Luban, Babuyanes, Paragua, Calamianes, di Cuyo,
Panay, Imaras, Sibuyan, Romblon,
Batan, e Tablas.
A Ponente di Ticao, quattro leghe discosto, è Burias; Isola dì cinque leghe di circuito. Tiene pochi tributarj, che si comprendono nella Parrocchia di Masbate; ch’è un’altra Isola maggiore a Mezzo giorno, e poco lungi da Ticao, ridotta all’ubbidienza degli Spagnuoli nel 1569. Dicono, che Masbate abbia 30. leghe di circuito, otto di larghezza, e lunghezza a proporzione. I suoi porti sono comodi, per farvi acqua qualsivoglia vascello. Vi abitano circa 250. famiglie Indiane, che pagano tributo in cera, sale, e zibetto. Quei, che stanno però nel monte, venuti da altre parti, sono molti. Vi sona così ricche miniere d’oro (di 22. carati) che il Contramestre del Galeone S. Giuseppe (sopra il quale io passai alla nuova Spagna) un giorno sceso dentro una di esse, in brieve tempo ne cavò fuori un’oncia, e una quarta d’oro finissimo. Non si lavora oggidì in queste miniere, per la poca applicazione degli Spagnuoli; i quali avendo ogni anno commessioni dalla nuova Spagna, d’impiegare le centinaja di migliaja di pezze d’otto, col profitto del dieci percento; poco si curano di buscar l’oro nelle miniere. Gl’Indiani poi quando hanno un piatto di riso, non pensano a sì prezioso metallo: e se talvolta se ne procacciano ne’ fiumi, ciò è, quando si veggono astretti dall’Esattore del tributo: e allora ne cavano quanto basta per pagarlo. Le rive di quella Isola sono allo spesso arricchite di preziosa ambra, gittata dalle correnti del Canale, che quivi terminano.
Lasciate alle spalle Ticao, Masbate, e Burias, e seguendosi il cammino delle navi, che vengono da Acapulco per Levante; è l’Isola di Marinduque, quindici leghe distante da Manila. Il suo circuito è di 18. leghe. Il terreno alto, e fertile di palme di Cocco, ed altre frutta; che servono di alimento agli abitanti, perche il riso non è molto. Vi si raccoglie molta pece, e poca cera. Vi abitano da 500. famiglie di gente quieta, aggregata alla nazione, e alla giurisdizione de’ Tagali; avvegnache siano differenti d’origine, come si scerne dalla particolar lingua, che usano fra di loro.
Mindoro sarà otto leghe lontana da Manila, e cinque da Marinduque. Questa Isola è lunga 15. leghe, 8. larga, e 70. ne ha di circuito. La sua maggior larghezza è nel Capo, che riguarda Mezzo giorno; dove giunta a un’altra Isoletta alta, e rotonda, detta Ebin, forma uno Stretto colla Terra di Panay, che dicono Potol. Un’altro, detto Calabite, ne forma con Luban, in quella parte, che mira Maestro. Gli abitanti di Mindoro si rendettero subito; avendo loro dato ad intendere il Capitan Juan de Salzado, che non era per far loro alcun male. Gli diedero eglino per riconoscimento alcuni ornamenti d’oro, detti Oimos, che allora usavano.
E’ la Terra di Mindoro alta, o montuosa, et abbondante di alberi di palme, e d’ogni altra sorte di frutta; di riso in alcune parti solamente. Abitano ne’ suoi Canali, e bocche di fiumi, Indiani pacifici, e tributarj, i quali dalla parte d’Oriente, di Greco, e Controcosta di Manila, sono Tagali; e da quella dì Panav, Bisay. Abitano nell’interiore dell’Isola Manghiani, i quali benche tutti differenti di favella, convengono però nell’esser privi d’alcuna sorte di Governo. Vanno essi nudi, fuorche nelle parti vergognose, che cuoprono con corteccie d’alberi, detti Bahaques: e perche si sostentano di frutta silvestri, mutano le loro abitazioni, secondo la varietà delle stagioni. Benche siano vicini a Manila, non hanno ancora lasciata la semplicità, di cambiare la cera de’ loro monti con chiodi, coltelli, aguglie, piatti, drappi, coltri, ed altre bagattelle. Mi dissero alcuni Padri della Compagnia, degni di fede, che questi Manghiani tengono un palmo di coda nella parte posteriore. Eglino per altro sono coraggiosi, e pagano tributo; però non hanno sin’ora abbracciata la Fede Cattolica, fuorche pochi del partito di Nauhan; e ciò perche stanno ritirati nella sommità de’ monti. Metropoli dell’Isola, dove risiede l’Alcalde maggiore, è Baco; luogo abbondante d’acque salubri, le quali nascono da monti, copiosi di salsa pariglia. Non molto lontano da Baco è un luogo, che dicono, Mindoro il vecchio, dal quale prese nome tutta l’Isola. Si stende una sua punta, detta Varadero, verso Tal, Casale della Costa di Manila, posto fra’ due Seni, di Bombon, e Batangas: e perche vi s’interpone anche un’Isoletta detta Verde; il passo delle navi, che vanno, e vengono da Cavite, non è largo più d’un miglio: e da questa strettezza vengono cagionati i vortici, et impeti delle correnti, che pongono in gran pericolo i Vascelli, quando non entrano nel Canale con vento, e corrente favorevole. Si numerano in Mindoro, e Luban 1700. abitanti, i quali pagano il tributo in cera, e una come canapa nera, prodotta da certe palme, che serve per far le gomene delle navi Regie, che si fabbricano nel Casale di Tal. Luban è Isola picciola, e bassa, di cinque leghe di circuito. Quivi vicino è l’Isoletta d’Ambil, che tiene un monte alto, e rotondo, che vomitando fiamme, fa scoprirsi ben lungi dalle Galeotte Indiane. La Gente di Luban è iraconda, e data all’ubbriachezza. Ella fu la prima, che facesse resistenza agli Spagnuoli, con alcuni piccioli pezzi d’artiglieria, posti sopra un Forte. In quest’Isola, a Giugno 1694. si perdè il Galeone, altre volte mentovato, di S. Giuseppe, che andava in Acapulco, carico di 12. mila fardi, che valeano circa due milioni, senza salvarsene altro, che poche persone.
Da Luban avanti, verso Tramontana, non si vede Isola di considerazione: solamente passato il capo del Boxeador, a fronte della nuova Segovia, ed otto leghe distante, si stendono le basse, e picciole Isole de los Babuyanes, sino all’Isola Hermosa, e las Lequios. Nella prima, ch’è più vicina, e conquistata, saranno 500. Tributarj. Produce cera, ebano, batatas, palme, plantani, ed altro, per sostentamento degli Abitanti, e di certi animali, detti Babuyes, in lingua del paese; donde venne il nome di Babuyanes.
Da Luban navigandosi 14. o 15. leghe verso Libeccio, s’incontrano los Calamianes, Provincia composta di 17. Isolette soggette, (oltre molte, non ancor soggiogate) fra le quali è una grande, per nome Paragua, parte degli Spagnuoli, e parte del Re di Borneo. E’ questa Isola di Paragua la terza in grandezza fra le Filippine, e di figura bislunga, come un braccio; col quale Manila, e Mindoro, par che si dian la mano colla grande Isola di Borneo. Di circuito ha 150. leghe, di lunghezza cento, e di larghezza non più, che dove 12. e dove 14. leghe. Il suo mezzo è tra’l 9. e 10. grado d’altezza; e’l suo ultimo Capo, verso Libeccio (detto Tagusau) è distante dall’Isola di Borneo 50. leghe; nel quale spazio sono molte Isole basse, che quasi congiungono le due terre. Gli Abitanti de’ luoghi marittimi di queste Isole, e di Tagusau, sono soggetti al Re di Borneo Maomettano, però dentro terra vivono Indiani Silvestri, indomiti, barbari, senza legge, e senza Re; anzi s’ingegnano, con ogni studio, di non farsi torre la libertà dal Re di Borneo, o dagli Spagnuoli. Ben due parti dell’Isola sono in lor potere; e l’altra, che riguarda Borneo, è di quel Re. Vi sono tributarj degli Spagnuoli circa 1200. Indiani negritti (simili a quelli d’Africa) che vanno da un luogo all’altro, senza tener giammai fissa abitazione. In tempo di freddo accendono un gran fuoco, e intorno vi s’aduna tutta la moltitudine. Sono per altro molto fedeli agli Spagnuoli; i quali vi tengono ducento Soldati di Presidio (parte Spagnuoli, e parte Indiani) con un’Alcalde maggiore, che abita in Taytay, nella punta opposta a Borneo, o (secondo il parlar degli Spagnuoli) Bornei; dove è un mezzano Forte. Il Lampuan, o Governadore del Re di Bornei, ha la sua residenza in Lavo. L’Isola è quasi tutta montuosa, e copiosa di varj alberi, et animali: produce moltissima cera ne’ monti; e per lo contrario, poco, riso. Mi riferì il Capitan D. Manuel ^d’Arguelles di Oviedo, Cavaliere per tutte le parti ragguardevole, che essendo andato, per alcuni affari, a ragionar col Lampuan; quelli, dopo averlo cortesemente albergato cinque dì, per stringer seco una buona amicizia, si cavò una goccia di sangue, e postala nel vino glie la diede a bere: ciò ch’egli fece parimente dal suo canto. I Mori dopo aver usata cotal cerimonia, sono così fedeli, che più, tosto faranno male a un fratello carnale, che all’amico.
Un’altro barbaro costume si pratica da’ Cristiani della Paragua, soggetta a gli Spagnuoli, che non han potuto giammai torre i Padri Missionarj (per quanto mi riferì l’Arguelles, che vi stette due anni Alcalde Mayor) ed è; che nascendo un bambino cieco, zoppo, monco, o difettoso, sicchè non porta faticare; lo pongono vivo dentro un tronco di canna, e così lo sotterrano; per farlo morire, come inutile a’ genitori, e al Mondo. Oltre il presidio Suddetto, l’Alcalde comandava, per lo passato, a una picciola Armata da remo, per difendersi da’ Bornei; ma poi fu tolta, per la pace conchiusa, nel 1685. da Don Juan Morales, Castellano del Castello di Manila.
Avendo più volte discorso col suddetto Morales intorno al Cerimoniale, che si osservò nell’Ambasceria, per sì fatta pace, mi riserì, che il Re di Borneo lo ricevette in pubblico, assiso alla maniera Maomettana, in un Trono, alto molti gradini; facendo lui sedere sopra alcuni origlieri, su d’un tappeto: però che questo ricevimento era stato singolare; costumando quel Re, di dare a gli altri audienza da dietro una cortina. Nè ciò dee esser di maraviglia; poiche egli è cosi superbo, ed austero, che al suo primo ministro solo, in casi gravissimi, permetta di vedere il suo volto: nè puote fare altrimente, avendo giurata tal ritiratezza nel principio del suo regnare. Dimorò tre mesi in Borneo il suddetto Morales; e fu ben trattato a spese Regie.
Non molto lontano da questo Capo Settentrionale della Paragua, verso Oriente, sono le tre Isole, dette Calamianes; che danno nome a una Provincia, o Alcaldia. Queste, e nove altre vicine, tutte picciole, sono abitate da Indiani pacifici. In alcune sono 150. tributi, in altre meno. Il principale frutto de’ loro monti è la cera; di cui due volteranno fanno raccolta. Nelle rocche sul mare si truovano anche i tanto stimati nidi di passero; e intorno i vicini lidi si pescano buonissime perle.
Passate le Calamianes, a veduta dell’alta montagna di Mindoro, sono le cinque Isole di Cuyo, poco lontane l’una dall’altra. Vi sono circa 500. famiglie tributarie, più ragionevoli, ed amiche degli Spagnuoli, che quelle di Calamianes, e Paragua. S’applicano grandemente alla fatica; e perciò raccolgono quantità grande di riso, legumi, ed altre frutta. I monti abbondano d’ogni spezie d’animali quatrupedi, e volatili. In quest’Isole termina la Provincia di Calamianes, e s’entra nella Provincia di Panay; di cui la prima Terra è Potol. Siccome la Paragua, dopo Manila, e Mindanao, è la maggiore in grandezza; così Panay è la più abitata, e fertile dell’Arcipelago. La sua figura è triangolare, et ha di circuito cento leghe. I nomi delle principali punte, sono Potol, Naso, e Bulacabi. La Costa da Bulacabi sino a Potol, è da Oriente a Ponente; da Potol a Naso, da Tramontana a Mezzogiorno; da Bulacabi sino ad Iloilo (ch’è un’altra punta minore delle tre principali) si cammina eziandio da Settentrione a Mezzogiorno; da Iloilo alla punta di Naso, da Levante a Ponente. Il mezzo dell’Isola è a 10. gr. di altezza. Nel lato Settentrionale, quasi in ugual distanza delle due punte di Potol, e Bulacabi, esce in Mare il famoso fiume di Panay; e appena uscito, s’incontra in una picciola Isola, detta Lutaya; nel cui porto, ebbero gli Spagnuoli sicuro ricovero, prima che scoprissero, e soggiogassero Manila, e Cavite. La fertilità di Panay, viene da molti fiumi, che irrigano il suo terreno (onde per la riva, non si cammina lega, che non s’incontri un ruscello, che si rende al Mare) sopra tutto però dal mentovato di Panay, che dà nome a tutta l’Isola, e continua il suo corso per 40. leghe. Mi riferirono Spagnuoli, degni di fede, che quando in questa Isola tuona, cadono in luogo di saette, alcune Croci di pietra nera verderognola, di gran virtù. Le Croci l’ho io vedute in mano di Spagnuoli: potrebbe essere, che l’avesero fatte dalle stesse pietre cadute; però essi affermano, esser naturali, e così cadute dal Cielo.
Per la buona amministrazione della Giustizia, è divisa l’Isola in due Giurisdizioni. La prima, detta di Panay, comprende tutto quello, ch’è dalla punta di Potol sino a Bulacabi; il resto dell’Isola soggiace all’Alcalde di Otton, che ha la sua residanza in Iloilo: punta, ch’esce in Mare dalla parte di Mezzogiorno, fra’ due fiumi di Tig Bavan, e Jaro; e viene a formare uno Stretto, non più, che mezza lega largo, o per dir meglio, un porto aperto, coll’Isola d’Imaras. In questa punta nel 1681. il Governadore D. Consalvo Ronquillo fece fabbricare un Forte. Farà l’Isola da 16361. tributarj, parte del Re, parte di Baronie particolari; tutti però pagano in riso: producendone l’Isola da cento mila saneghe, della misura di Spagna; e per lo contrario poco grano. Gli abitanti sono corpulenti, buoni agricoltori, e cacciatori; essendo piena l’Isola di Cinghiali, e Cervi. Le donne lavorano drappi di varj colori.
Sono nell’Isola 14. Parrocchie de’ PP. Agostiniani, tre Beneficj di Cherici, e un Collegio della Compagnia di Giesù; dove si amministrano i Sacramenti anche al Presidio d’Iloilo. Vi abitano, oltre i tributarj, di quei Neri, detti dagli Spagnuoli, negrillos; che furono già i primi abitatori dell’Isola, e poi furono spinti nel folto de’ boschi da’ Bisay, che vennero appresso ad acquistarla. Sono eglino meno crespi, e di minor corpo di quelli di Ghinea. Vivono nel più aspro de’ monti, colle loro mogli, e figli; e nudi, a guisa di fiere. Sono così veloci nel corso, che bene spesso giungono i Cervi, e Cinghiali. Si stanno essi intorno l’animale ucciso, finche dura; poiche non fanno altra raccolta, che quella, che dà loro l’arco, e le freccie. Fuggono dagli Spagnuoli, non per odio, ma solamente per timore. Otto anni già sono, essendo andato a visitar l’Isola l’Auditor D. Juan de la Sierra (Cavaliere di ragguardevoli qualità, e Ministro di molta integrità, e zelo nell’amministrazione della giustizia) scesero alcuni di essi, a dimandargli Padri Missionarj, per essere istrutti nella nostra Santa Fede; e portarono al medesimo, dentro un canestro, una negritta di 20. anni, alta non più che due palmi, e un quarto; alla quale battezzata fu posto il nome di Maria.
Fra l’Isole circostanti a Panai si conta Imaras, a fronte d’Ilo ilo, e discosta, un quarto di lega. Ella si è lunga, e bassa; di dieci leghe di circuito, e tre di larghezza: il suo terreno è fertile, abbondante di salsa pariglia, ed ha buona acqua. Ne’ monti si truovano cinghiali, e cervi, e buoni alberi. Vie il porto di S. Anna, tre leghe discosto da Ilo ilo.
Innoltrandosi dalla punta di Bulacabi verso Settentrione, si truova un’Isola, distante da dieci in undici leghe, detta Sibuyan, uguale alla medesima. Due leghe più oltre, verso Ponente, stanno Romblon, e Batan, e quindi l’Isola di Tablas; più grande delle mentovate, e distante cinque leghe della punta di Potol. Sono nella medesima molti Indiani, dell’istessa lingua, e poco diversi da quelli di Panay.