Giacinta/Parte prima/II
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II.
Verso le undici erano rimasti nel salotto soltanto il commendatore Savani, il capitano Ranzelli e Andrea Gerace.
La signora Marulli, stretta la mano alla signora Villa che andava via facendosi accompagnare dal Merli e dal Porati, si era avvicinata al Ranzelli già sul punto di prendere commiato.
— Capitano, — gli disse — questa sera avete un’aria... una cert’aria!... Non saprei...
E intanto lo guardava negli occhi, come per strappargli un segreto.
— Può darsi — rispose Ranzelli — che questa sera sia una delle poche veramente felici della mia vita.
— Per parlare così — aggiunse Giacinta, fermata più in là col Savani — aspetti che sia passata da un pezzo!
Ranzelli s’inchinò, muto, sopra pensiero, intanto che la signora Marulli lanciava un’occhiataccia alla figlia.
— Testolina! — disse a questa il commendatore, tentando di accarezzarle i capelli.
Ma ella si trasse indietro, e alzò anche il ventaglino per sviargli la mano.
Appena il capitano fu andato via, Giacinta fece un piccolo giro attorno, con aria di annoiata; poi, sedutasi al pianoforte, cominciò a suonare a mezzo tono una melodia del Ballo in Maschera. Andrea la raggiunse come per voltarle i fogli, mentre il commendatore e la signora Marulli, passavano nel salottino accosto per prendere la solita tazza di thè e latte.
A un tratto, Giacinta cessò di suonare e piantò in viso ad Andrea quel paio di occhi scintillanti che erano la sua bellezza.
— Che pretende il capitano? — domandò Andrea seccamente.
— Nulla — rispose Giacinta, senza cessar di fissarlo.
— T’ama, te lo ha detto!...
— Sta bene. Vorresti impedirglielo?
Andrea si rizzò sulla persona come morso da un serpe.
— Per carità, non farmi scene!
E così dicendo, Giacinta lo aveva preso per una mano e gli scuoteva un po’ il braccio.
— Ho forse torto?
Andrea le si accostò col viso al viso, rabbiosamente:
— Voleva sentirselo dire in faccia, se lei ne aveva il coraggio!
— Sì — rispose Giacinta, rimanendo imperterrita, a fronte alta.
Per alcuni momenti stettero immobili, silenziosi, guardandosi fisso.
— Dunque sposiamoci! — disse Andrea risoluto. — Vo’ metterti con le spalle al muro, sbugiardarti con la prova.
— Impossibile! — rispose Giacinta, abbassando il capo.
— Ecco, dunque! Sposerai lui!
— Nè te, nè lui.
— E tu m’ami?
— Con tutta l’anima!... Ma è un’altra cosa, Dio, mio!
— Chi ti capisce?
Giacinta fece una mossa di dispetto.
— Mi tormenti per capriccio! Non può essere altrimenti. Tu sai che io non mento — ella aggiunse; — ti ho detto che t’amo; sei il solo a cui l’abbia detto; non lo dirò a un altro, sta sicuro!... Ma t’amo a modo mio... Lasciati amare così; non tormentarmi!
A quella dolcezza di voce che contrastava coll’altiera fierezza degli sguardi, Andrea, un po’ rabbonito, rispose:
— E l’avvenire?
Giacinta stese un braccio sul leggìo, vi posò la testa in atto di abbandono e chiuse gli occhi un istante. Andrea l’osservava, ansioso, con le labbra inaridite.
— L’avvenire? — ella disse, come destatasi da un breve sonno. — L’avvenire è... che t’amerò sempre!... Che non posso, intendi? nè voglio amare altro che te! Ma è appunto per questo, intendi? che non saremo mai sposi!... Lasciati amare così, a modo mio. Non tormentarmi!
Andrea si sentiva vincere da quella voce carezzevole, insinuante. Ma che significavano tali parole in bocca ad una ragazza da cui appena gli era stato permesso, di furto, qualche bacio sulle dita?
Non riusciva a capirlo.
— E dopo? — insisteva.
Giacinta si era fermata a riflettere.
— Dopo?... Oh, no! no! — poi disse, tristamente. — È impossibile; no! L’uomo non è mai generoso. Dimenticare, perdonare non è per lui... Verrebbe un giorno, arriverebbe un momento che anche tu saresti così vile...
E tacque coprendosi la faccia con le mani. Un tremito di ribrezzo le correva per tutto il corpo.
— No, è impossibile!... Tu sai...
Esitava. Evidentemente il parlare le costava un grande sforzo. Andrea le fece cenno di no.
— Non mentire, tu lo sai! — replicò con dignitosa alterigia. — In questo punto non saprei tollerare nemmeno la tua pietà: comincerei a disamarti.
— T’amo! — rispose Andrea — T’amerò sempre! So dimenticare; l’hai già veduto. Perdonare?... Non è il caso.
— Non m’illudi — lo interruppe Giacinta. — Ti vo’ troppo bene da mettermi a repentaglio di doverti odiare o disprezzare, che sarebbe anche peggio. Senti, Andrea; non fare più scene; te ne supplico! Non far comprendere alla gente che tu sii per me qualcosa più degli altri... E se ti pesa l’essere amato a modo mio, se non hai più la forza o il coraggio di continuare ad amarmi... lasciami in pace; sarà quel che sarà!... Che posso dirti di più?
— Ma io t’amo tanto!
Giacinta, commossa, abbandonò la mano in quelle di Andrea.
— Già, ad una spiegazione dovevamo venirci. Ti vedevo, da qualche tempo, così irrequieto, così smanioso...
— Come non esserlo?
— Ora non più, è vero? Avrai fede in me, sarai prudente, non t’adombrerai di nulla; è vero? Sono un po’ diversa dalle altre donne; forse son fatta male. Non è colpa mia... Sì, son fatta male! Me ne accorgo... Ah se tu sapessi quello che ho sofferto!... Ma non sono cattiva. Orgogliosa, anche troppo. L’orgoglio è il mio coraggio.
— E, per l’avvenire? — tornò a ripetere Andrea.
— Oh! — esclamò Giacinta. — Vuoi dunque strapparmela per forza la terribile parola?... Vuoi dunque...
Tentò d’alzarsi; ma un lembo della veste, impigliato sotto il piede dello sgabello, la ritenne. Allora, chinatasi per scostare lo sgabello e nascondendo con quel pretesto il suo imbarazzo:
— Ebbene — disse — l’uomo del mio cuore potrà, forse, un giorno... diventare il mio... amante; marito mio, no; mai!
E si levò, strappando la veste.
Andrea, visto rientrare il commendatore Savani con la signora Marulli, gli andò incontro:
— Mi aveva detto di aspettarla... Eccomi qui.
— Ah!... Mi rammento — rispose il commendatore, prendendogli il braccio — Venite. Buona notte, Teresa.
La signora Marulli attese che fossero usciti dal salotto; poi, con una di quelle sue occhiate che dicevano tanto, le gridò sotto voce:
— Grulla!
— Mamma! — rispose Giacinta sdegnata.
— Che c’è? — domandava il signor Marulli apparso sull’uscio.
— C’è... che tua figlia è pazza! — rispose la signora Teresa, passando con tanta furia da dare appena tempo al marito di tirarsi da parte.
Giacinta con le braccia tese in giù irrigidite, coi pugni stretti, era diventata bianca come un cencio lavato.
— Che vuol dire? — tornò a domandare il signor Marulli, interdetto.
— Nulla, babbo — rispose Giacinta frenando a stento le lagrime — Tu lo sai bene... la mamma!
E si sforzava di sorridere.